domenica 29 dicembre 2013

Come un tuono (The Place Beyond the Pines)

anno: 2012       
regia: CIANFRANCE, DEREK
genere: poliziesco
con Ryan Gosling, Craig Van Hook, Eva Mendes, Olga Merediz, Anthony Pizza, Mahershala Ali, John Facci, Ben Mendelsohn, Tula, Penny, Cynthia Pelletier-Sullivan, Mackenzie Trainor, Nicole Califano, Shannon Plumb, Tracey Agustin, Ean Egas, Bob Dieterich, Thomas Mattice, Adam Nowichi, Mark J. Caruso, G. Douglas Griset, Vanessa Thorpe, Gail Martino, Brian Smyj, Bradley Cooper, Dorothy Rutherford, Paul Steele, Gabe Fazio, Rose Byrne, Travis Jackson Campbell, Trevor Jackson Campbell, Harris Yulin, Jan Libertucci, Robert Clohessy, Bruce Greenwood, Subrina Dhammi, Heather Chestnut, Greta Seacat, Ray Liotta, Luca Pierucci, Jessica Layton, James J. Gleason, Patrick Husted, Emory Cohen, Joe B. McCarthy, Jefrey Pollock, Lynette Howell, Sarah Curcio, Dane DeHaan, Ephraim Benton, Mark McCracken, Adriel Linyear, Kevin Green, Jennifer Sober, Melissa Mills, Alex Pulling, Dante Shafer, Kayla Smalls, Frank J. Falvo, Leah Bliven, Whitney Hudson, Breanna Dolen, Hugh T. Farley, Michael Cullen
location: Usa
voto: 7,5

Quando viene a sapere di essere diventato padre della donna (Mnedes) che nel frattempo si è messa con un altro, Luke (Gosling) decide che è tempo di cambiare vita, arrotondando con qualche rapina l'attività di motociclista circense assai poco remunerativa. Così, forse, potrà riguadagnarsi la riconoscenza della sua ex e l'affetto del neonato. Ma l'ultima rapina finisce male: a ucciderlo, durante un inseguimento a piedi, è un poliziotto (Cooper) che nel giro di poche ore passa dalla gloria al rischio della sanzione disciplinare. Quello stesso poliziotto anni più tardi diventa procuratore distrettuale e mira ai piani alti della politica, mentre suo figlio (DeHaan) si fa di stupefacenti di ogni sorta e frequenta la stessa scuola del figlio di Luke.
Dopo il riuscito Blue Valentine, Derek Cianfrance si conferma cineasta di livello con un film che distribuisce salomonicamente il peso della pellicola tra i due protagonisti, affidando il terzo movimento dell'opera alla nemesi che investe i due figli, in una storia dal linguaggio visivo inusuale (molti piani sequenza e riprese in soggettiva, montaggio lontano dall'estetica da videoclip che ormai domina a Hollywood), dallo sviluppo piuttosto classico e dal solido impianto di sceneggiatura.    

giovedì 26 dicembre 2013

Checosamanca

anno: 2007       
regia: BELLOSI, CHIARA * BERRINI, MARCO * CERASUOLO, ENRICO * CRESSATI, FRANCESCO * D'AMBROSIO, ANDREA * FERGNACHINO, SERGIO * PARENTI, MARTINA * ROHRWACHER, ALICE * ROMAGNA, EMILIA * SEGRE, ANDREA * ZUCCHI, NICOLA 
genere: documentario 
location: Italia
voto: 4,5

Che cosa manca al Paese Italia provano a raccontarcelo alcuni giovanissimi registi che girano lo stivale da Nord a Sud a caccia dei problemi che coinvolgono direttamente la popolazione del belpaese. Dalla Calabria, dove un ragazzo si costruisce una specie di giardino privato rovistando nella discarica locale, fino alla delibera che approva la costruzione di una zincheria in Veneto, passando per i problemi della sanità, della ricerca, della tutela legale dei meno abbienti, della privatizzazione dell'acqua e altro ancora, gli episodi si susseguono senza soluzione di continuità (forse è per questo che il titolo del film è scritto tutto attaccato), con momenti più interessanti ed altri decisamente ripetitivi, a servizio di un'impronta documentaristica che esprime un appezzabile impegno sociale ma che è ancora fortemente vincolata al bigino di genere e piuttosto acerba.    

mercoledì 25 dicembre 2013

Venti anni

anno: 2012       
regia: GAGLIARDO, GIOVANNA  
genere: documentario  
con Enrico Iannello, Lea Gramsdorff, Edie Samland, Georg Meyer, Giuseppe De Rosa, Veronica Raucci, Michelangelo Pistoletto, Guido Rossi, Marianne Birthler, Jean-Paul Fitoussi, Joaquin Navarro-Valls, Ernesto Galli della Loggia  
location: Germania, Italia, Regno Unito, Usa
voto: 4

Non esattamente prolificissima (un film a decennio, a partire da Maternale, 1978), Giovanna Gagliardo continua a dondolare tra documentario e cinema di finzione. Quando, come in questo caso, non arriva addirittura a miscelare le due cose insieme. I venti anni del titolo sono l'età che hanno Giulio e Marta quando si conoscono a Berlino, proprio nei giorni della caduta del muro, e venti quelli che trascorrono nelle loro vite, tra il 1989 e la crisi del 2008. Lui (Iannello), è un analista finanziario di matrice ultraliberista che si trasferisce prima a Londra per poi compiere il grande salto negli States alla Lehman Brothers. Lei (Gramsdorff), tedesca dell'est, ha una passione per le lingue, ama la poesia ma vorrebbe fare la scrittrice. Le loro vite procedono parallele fino a quando non sboccia finalmente l'amore, proprio nel momento in cui la crisi provocata dalle degenerazioni di quello stesso turbocapitalismo tanto osannato dall'odioso Giulio toglie loro qualsiasi ambizione da benestanti, declassandoli a lavoratori precari ormai quarantenni.
La ricerca posticcia dell'originalità a tutti i costi (fermi immagine per mostrare i personaggi col lapis, recitazione in macchina da presa, eccetera) è l'elemento più irritante di questa docufiction pasticciatissima che si conclude con un pistolotto di Pistoletto sull'arte e interventi appiccicati con il bostik di intellettuali vari (Fitoussi, Galli della Loggia, Guido Rossi). Della serie "vorrei ma non posso".

Al prossimo decennio, Giovanna!

sabato 21 dicembre 2013

Dietro i candelabri (Behind the Candelabra)

anno: 2013       
regia: SODERBERGH, STEVEN
genere: biografico
con Michael Douglas, Matt Damon, Scott Bakula, Eric Zuckerman, Eddie Jemison, Randy Lowell, Tom Roach, Shamus Cooley, John Smutny, Jane Morris, Garrett M. Brown, Pat Asanti, Debbie Reynolds, Casey Kramer, Cheyenne Jackson, Tom Papa, Dan Aykroyd, James Kulick, Bruce Ramsay, Paul Witten, Deborah Lacey, Rob Lowe, David Koechner, Susan Todd, Nicky Katt, Austin Stowell, Francisco San Martin, Boyd Holbrook, Anthony Crivello, Mike O'Malley, Kiff VandenHeuvel, Nikea Gamby-Turner, Charlotte Crossley, Josh Meyers, Harvey J. Alperin, Paul Reiser, Jerry Clarke, Lisa Frantz, Shaun T. Benjamin, John Philip Kavcak
location: Usa
voto: 7

Gli ultimi 10 anni di vita (quelli che vanno dal 1977 al 1987) di Valentino "Lee" Liberace (Douglas), pianista, showman, quintessenza del kitsch pre-glam rock più spericolato, avidissimo cultore di sé stesso. Il suo narcisismo sconfinato e ipertrofico lo spinse a cercare di trasformare i suoi discepoli in mascheroni liftati che potessero somigliargli il più possibile. Ed è proprio a partire dalle memorie autobiografiche di uno di questi, Scott Thorson (interpretato da un trasformatissimo Matt Damon), che viene raccontata la storia vista costantemente sempre dalla quinta fila, in un pendolare continuo tra pubblico e privato, tra paillettes e maggiordomi rigorosamente in livrea, case faraoniche traboccanti vezzosità opulente e candelabri rigorosamente poggiati sui pianoforti. Scartati uno dopo l'altro come cioccolatini, tra i giovanissimi amanti di Liberace anche Scott, orfano e aspirante veterinario, fece la stessa fine, inciampando come tutti nel cinismo canagliesco e legalmente ferratissimo del più gigione degli animali da palcoscenico.
Soderbergh imprime spessore fisico, corpo, chirurgia estetica cafonissima e sudore da accoppiamenti prolungati (pare che, in anticipo sui tempi, Liberace si fosse fatto impiantare una protesi proprio lì) a un'opera frizzante, prodotta dalla televisiva HBO (in America è andato direttamente sul piccolo schermo), servita da un Michael Douglas troppo vecchio per il personaggio ma in forma smagliante, versione americana del Michel Serrault de Il vizietto, e da un Matt Damon orrendamente trasformato dai truccatori che ne hanno simulato i lifting. Un divertissement nel quale l'interpretazione è il vero centro di gravità.    

giovedì 19 dicembre 2013

Giovane e bella (Jeune et Jolie)

anno: 2013       
regia: OZON, FRANÇOIS
genere: erotico
con Marine Vacth, Géraldine Pailhas, Frédéric Pierrot, Fantin Ravat, Johan Leysen, Charlotte Rampling, Nathalie Richard, Djedje Apali, Lucas Prisor, Laurent Delbecque, Jeanne Ruff, Carole Franck, Olivier Desautel, Serge Hefez, Akéla Sari, Nathan N'Diaye, Anne-Elina N'Diaye, Stefano Cassetti, Patrick Bonnel, Gurvan Cloatre, Roland David, Rachel Khan, Caroline Breton, Iliana Zabeth, Charlotte-Victoire Legrain, Jules Gruault, Lilian Minas, Jules Bourbon, Ugo Bokhobza, Anaïs Clergeau, Achille Couderc, Tess Girault de Castilla, Victor Le Dauphin, Coline Mortier, Thaïs Becq de Fouquières, Mathilde Bleu, Victor Boulanger, Rosalie Charrier, Violette Deffontaines, Nassim Gouaini, Paul Hadji Lazaro, François Haueter, Roxane Khodabandehlou, Camille Lemoine, Zoé Lizot, Alice Paulet, Marie Sebillotte, Vincent Silhol, Camille Tilak, Félicie Cazaubon, Pauline Legrand, Tom Le Squer, Thomas Brazete
location: Francia
voto: 7,5

"Non si può essere seri a 17 anni", poetava Rimbaud. E lo sa benissimo Isabelle (Vacth), 17enne dai molti pruriti e dai pochi sentimenti, epitome più in ossa che in carne del nichilismo di un'intera generazione. Persa la verginità senza alcun piacere nella prima delle quattro stagioni che scandiscono rohmerianamente questo racconto di formazione, la ragazza comincia a proporsi come escort d'alto bordo per uomini di tutte le età e ogni genere di fantasia, per poi tornare a casa di mamma (che vive col fratellino e il patrigno) combinata da ragazza della porta accanto. Tutto fila liscio fino a quando non ci scappa il morto, un cardiopatico (il rugosissimo Leysen) per il quale la polizia si mette sulle tracce della ragazza.
Il film della settimana di Ozon (la sua prolificità è tale che tra un po' ci arriveremo…) colloca ancora una volta una ninfetta al centro di uno scenario morboso (era già accaduto con Swimming pool). Nella versione da Bella di giorno aggiornata ai tempi del crollo di qualsiasi coordinata morale, la protagonista sembra essere posseduta da un'avidità finalistica (non spende le enormi somme di denaro accumulate), rispetto alla quale il regista sospende totalmente il giudizio, evitando pistolotti moraleggianti con piglio che rasenta il documentarismo.    

sabato 14 dicembre 2013

Blue Jasmine

anno: 2013       
regia: ALLEN, WOODY
genere: drammatico
con Cate Blanchett, Joy Carlin, Richard Conti, Glen Caspillo, Alec Baldwin, Charlie Tahan, Annie McNamara, Louis C.K., Sally Hawkins, Bobby Cannavale, Andrew Dice Clay, Peter Sarsgaard, Michael Stuhlbarg
location: Usa
voto: 5,5

Liberamente ispirato alla storia alla storia di una mia parente, arriva puntuale come l'esazione delle tasse il 43esimo film di Woody Allen. Più melò che commedia, Blue Jasmine ci propone un mix tra Hannah e le sue sorelle (le dinamiche familiari) e Match point (l'arrivismo), concentrandosi sulla figura di arrampicatrice sociale della protagonista Cate Blanchett (ennesima gemma interpretativa dopo quelle di Babel, The aviator, Veronica Guerin e Diario di uno scandalo) che, con occhi incerottati, orecchie incotonate e le pastiglie di Prozac sempre a portata di mano, per anni se la spassa al fianco di Hal (Baldwin), pescecane della finanza che conduce una vita da nababbo a danno dei contribuenti. Quando il gioco finisce e i rubinetti del lusso si chiudono, la poverina è costretta a lasciare la sua faraonica magione di Manhattan per chiedere asilo alla sorella, vittima essa stessa dei raggiri dell'ex cognato, nella sua stamberga di San Francisco. Costretta a quella attività degradante, disumana e a lei sconosciuta che si chiama lavoro (ed è qui che le coincidenze con la mia parente tornano a farsi addirittura filologiche), Jasmine adesca un altro riccone (Sarsgaard). Ma il destino giungerà spietato a presentarle il conto.
Ormai a secco di battute, Allen si gioca le carte migliori da consumato Maestro della settima arte con un racconto snello, un montaggio alternato che trascura qualsiasi accorgimento negli inserti in flashback, affidandosi a un cast ben assortito e piuttosto affiatato. Ma siamo ormai da tempo a una regia col pilota automatico, che non va oltre l'estetica della carineria.    

mercoledì 11 dicembre 2013

Temporary road. (Una) vita di Franco Battiato

anno: 2013       
regia: POLLICELLI, GIUSEPPE * TANI, MARIO 
genere: documentario 
con Franco Battiato 
location: Italia
voto: 7,5

Soltanto per un giorno (l'11 dicembre: e se lo avete perso, peggio per voi) e a prezzo esorbitante (10 euro, nemmeno fosse un film in 3d, li mortacci!) (Una) vita di Franco Battiato sbarca nelle sale cinematografiche. A portarcelo sono un giornalista (Giuseppe Pollicelli) e un regista (Mario Tani) che lo hanno intervistato nelle sue case di Milo (in Sicilia) e Milano, cucendo il tutto con immagini di repertorio, stralci da concerti, ritagli dai film inguardabili che il musicista catanese ha girato come regista. Nel suo collocarsi perennemente "al di sopra", Battiato riesce nell'impresa di essere (involontariamente) assai più comico di Checco Zalone, sproloquiando per settanta minuti (giuro che a un certo punto partono inspiegabilmente, e per un tempo brevissimo, i sottotitoli, nemmeno stesse parlando in siculo stretto), come già aveva fatto una ventina d'anni prima in un libro dal programmatico titolo Tecnica mistica su tappeto. Apprendiamo dunque che in questa vita di Franco Battiato ci sono state tre fasi: quella indigente del trasferimento dalla Sicilia a Milano; quella della sperimentazione elettronica forsennata (esilarante una sua esibizione live dell'epoca, con un incredibile cespuglio di capelli) e quella della "illuminazione" mistica, oggi del tutto debordante. Eccolo allora che tra esaltazione della meditazione, richiami ai mistici indiani, ad Aurobindo, al Kybalion e a Gurdjieff, in una sorta di apodittico delirio metafisico nel quale mancano completamente i nessi logici, partono ad una ad una le massime del Maestro che farebbero impallidire anche uno come Razzi: "Ho conosciuto gente che ricordava perfettamente le proprie vite precedenti". Dai, Franco, puoi fare meglio: "La preghiera può aiutare i morti nel passaggio". Forza, ancora un piccolo sforzo. "Nisargadatta era totalmente ignorante, fumava 80 sigarette al giorno, ha avuto un'illuminazione e ha scritto cose così complesse che nemmeno Kierkegaard le capirebbe. E tutto questo semplicemente recitando il mantra 'io sono'". Oh, adesso sì! Imperdibile.    

martedì 10 dicembre 2013

Philomena

anno: 2013       
regia: FREARS, STEPHEN 
genere: drammatico 
con Judi Dench, Steve Coogan, Sophie Kennedy Clark, Mare Winningham, Barbara Jefford, Ruth McCabe, Peter Hermann, Sean Mahon, Anna Maxwell Martin, Michelle Fairley, Wunmi Mosaku, Amy McAllister, Charlie Murphy, Cathy Belton, Kate Fleetwood, Charissa Shearer, Nika McGuigan, Rachel Wilcock, Rita Hamill, Tadhg Bowen, Saoirse Bowen, Harrison D'Ampney, D.J. McGrath, Simone Lahbib, Sara Stewart, Gary Lilburn, Charles Edwards, Nicholas Jones, Paris Arrowsmith, Marie Jones, Frankie McCafferty, Vaughn Johseph, George Fisher, Jordan King, Amber Batty, Martin Glyn Murray, Elliot Levey, Florence Keith-Roach, George Michael Rados 
location: Irlanda, Regno Unito, Usa
voto: 5

Philomena (Dench) ha passato l'adolescenza in un rigidissimo collegio cattolico di suore irlandesi. La sua unica colpa è quella di essersi abbassata le mutandine e, in conseguenza di ciò, avere avuto un figlio che ad appena cinque anni di età le fu portato via per rimpinguare le casse del collegio che la ospitava. Quarantacinque anni dopo, un giornalista inglese appena cacciato dallo staff della BBC (Coogan) si mette in testa di raccontare una di quelle storie da rotocalchi per parrucchieri e casualmente si imbatte nella storia di Philomena. Con lei parte alla volta degli States per scoprire l'identità del figlio che fu dato in adozione.
Tratto da una storia vera, il film del prolifico Frears è un dramedy minimalista che assembla un divo della televisione poco noto fuori dai confini nazionali (stendiamo un velo pietoso sulle sue capacità interpretative) e un premio Oscar (lo ottenne con Shakespeare in love) che recita col pilota automatico. Se la confezione è una garanzia del pedigree del regista britannico, i contenuti (siamo nei paraggi di A spasso con Daisy) e le modalità di messa in scena (un road movie come viaggio esistenziale, quasi una costante di Frears) sanno di risaputo e già visto.    

lunedì 2 dicembre 2013

Il bambino cattivo

anno: 2013       
regia: AVATI, PUPI  
genere: drammatico  
con Luigi Lo Cascio, Donatella Finocchiaro, Leonardo Della Bianca, Erica Blanc, Isabella Aldovini, Eleonora Sergio, Augusto Zucchi, Mia Benedetta, Patrizia Pellegrino, Chiara Sani, Rita Carlini, Marina Ninchi, Diletta Dalla Casa, Fabrizio Amicucci, B, Bob Messini, Corrado Solari, Mariella Valentini, Pino Quartullo  
location: Italia
voto: 3,5

Ildebrando, detto Brando (Della Bianca), è un undicenne romano figlio di una madre alcolista (Finocchiaro) e di un padre assente ed egoista (Lo Cascio). Quando la coppia genitoriale si separa, devono intervenire i servizi sociali, che sistemano il ragazzino in una casa famiglia, dove Brando, bambino difficile per forza di cose, continua a combinarne di tutti i colori. Uno spiraglio di luce sembra arrivare quando una coppia si interessa a una sua possibile adozione.
Questi Pupi Avati continuano ad annidarsi non solo - come nella celebre parodia di Sordi fatta da Max Tortora - nei "parafangheni" delle macchine, ma anche sui set cinematografici. Perché la RAI, in occasione della Giornata internazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, abbia affidato a lui la regia di un film così sciatto è il quarto segreto di Fatima: la serie infinita di infortuni del regista emiliano si conferma con questo film tv dalla sceneggiatura risibile, il cast male assortito e peggio diretto e con una scelta a dir poco azzardata del piccolo protagonista, emaciato e inespressivo.     

domenica 1 dicembre 2013

La mafia uccide solo d'estate

anno: 2013       
regia: DILIBERTO, PIERFRANCESCO 
genere: grottesco 
con Pierfrancesco Diliberto, Cristiana Capotondi, Claudio Gioè, Ninni Bruschetta, Teresa Mannino, Rosario Lisma, Domenico Centamore, Maurizio Marchetti, Ginevra Antona, Alex Visconti, Barbara Tabita 
location: Italia
voto: 6,5

Pif, abbreviativo di Pierfrancesco Diliberto, ve lo ricorderete dai tempi delle Iene, quando, con quella sua aria ingenua e garbata, il sorriso smagliante e l'andatura dinoccolata, settimana dopo settimana metteva a segno servizi e interviste irriverenti, sempre confezionati con impeccabile aplomb. Le stesse caratteristiche che ritroviamo in questo suo primo lungometraggio, che fin dai titoli di testa dichiara di non aver dovuto pagare il pizzo a nessuno per ottenere i fondi necessari. Stavolta alla berlina ci finisce la mafia, quella palermitana che lui, classe 1969, conosce bene proprio per essere nato e vissuto nel capoluogo siciliano. Un po' racconto di formazione, un po' melodrammore, il film racconta l'irrompere della mafia, suo malgrado, nella vita del protagonista, uno che fin da piccolissimo aveva il mito di Andreotti e il poster del divo Giulio nella cameretta. L'infanzia, l'adolescenza e l'età adulta del protagonista Arturo vengono segnate dall'inseguimento perenne di un amore impossibile, quello per Flora (Capotondi), prima sua compagna di scuola e poi assistente di Salvo Lima.
A Pif va riconosciuto il grande merito di aver saputo ricostruire gli anni più drammatici dell'inasprimento dell'offensiva mafiosa, quelli che avrebbero  condotto all'assassinio di Dalla Chiesa, Chinnici, Falcone e Borsellino nonché al maxiprocesso, senza mai scherzare sulle vittime ma stilettando bordate a 32 denti contro gente come Riina, Brusca e Provenzano. E se il racconto a tratti arranca e lo stile registico è ancora acerbo, benché mostri grande immaginazione (vedi il montaggio alternato della corsa all'ovulo degli spermatozoi che lo avrebbero concepito e quella in strada delle auto che avrebbero compiuto una delle prime stragi mafiose), al neo-regista va dato atto di essere riuscito a mandare un messaggio dai contenuti forti e chiari, in un connubio ottimale di intelligenza contenutistica e senso dell'umorismo.    

sabato 30 novembre 2013

Don Jon

anno: 2013       
regia: GORDON-LEVITT, JOSEPH
genere: commedia
con Joseph Gordon-Levitt, Scarlett Johansson, Julianne Moore, Tony Danza, Glenne Headly, Brie Larson, Rob Brown, Jeremy Luke, Paul Ben-Victor, Italia Ricci, Lindsey Broad, Amanda Perez, Sarah Dumont, Sloane Avery, Loanne Bishop, Arin Babaian, Arielle Reitsma, Rizwan Manji, Eva Mah, Nina Agdal, Jason Burnham, Johnny Ferrara, Tiffany Pulvino, Olia Voronkova, Sonnie Brown, Antoinette Kalaj, Arayna Eison, Becky O'Donohue, Elena Kim, Tanya Mityushina, Craig Marks, Anne Hathaway, Channing Tatum, Meagan Good, Cuba Gooding Jr.
location: Usa
voto: 3,5

Lui si chiama Jon, ma è tale l'attitudine a conquistare le donne che gli amici, davanti al nome, gli hanno affibbiato un Don, proprio come Don Giovanni, per dire. Eppure non è quella con il gentil sesso la sua attività preferita, per dire: la masturbazione davanti a un bel porno non ha pari. Tanto poi la domenica, in chiesa, passano tutti i sensi di colpa con una bella ripulita nel confessionale, per dire. Le cose sembrano cambiare quando Jon incontra uno schianto di ragazza (per lui: questione di gusti personali, per dire) che però si rivela presto una bacchettona moralista che nemmeno glielo prende in bocca (così stanno pari: a lui non piace il cunnilingus. Contenti loro, per dire). Tornano le vecchie abitudini, tra amici, serate in discoteca, palestra e un corso dove conosce una cougar che forse sarà davvero la svolta della sua vita, per dire.
Nei primi dieci minuti scoppiettanti sembra che Joseph Gordon-Leavitt (già protagonista, da attore, di film come Mysterious skin, 500 Giorni insieme, Senza freni e Looper) possieda davvero la scintilla vincente anche dietro la macchina da presa. Il film invece si sdilinquisce in una seconda parte con tanto di pistolotto sul "perdersi nell'altro" che sembra voler bilanciare l'assenza di moralismi della prima parte del film, a conferma che - da Soffocare e Shame fino al coevo The canyons - il cinema fatica a trovare una chiave adeguata per parlare di sex addiction. Per dire.    

venerdì 29 novembre 2013

Come il vento

anno: 2013       
regia: PUCCIONI, MARCO SIMON 
genere: biografico 
con Valeria Golino, Filippo Timi, Francesco Scianna, Chiara Caselli, Marcello Mazzarella, Salvio Simeoli, Francesco Acquaroli, Rosa Pianeta, Domenico Balsamo, Vanni Bramati, Vanni Fois, Enrico Silvestrin, Pascal Zullino, Alex Pascoli 
location: Italia
voto: 5,5

Armida Miserere (incredibile assemblaggio di nome e cognome!) è stata una delle prime donne italiane a dirigere le carceri. Accadeva in anni difficilissimi, quelli dello Stato che, accordo più accordo meno (vedi i casi di Mancino e Napolitano), trattava con la Mafia. Gli anni del 41 bis, delle minacce ripetute alla magistratura, alla politica, agli uomini e alle donne di Stato, a Falcone e a Borsellino. Il film di Marco Simon Puccioni ci offre un altro, intensissimo ritratto femminile dopo quello doppio di Riparo, grazie all'interpretazione di una Valerio Golino sempre in parte, "femmina bestia", come la chiamavano da dietro le sbarre, donna in mimetica che dopo la barbara uccisione del suo amatissimo compagno, l'educatore Umberto Mormile (Timi), iniziò a caracollare per le carceri più difficili d'Italia: Pianosa, l'Ucciardone, Sulmona, Lodi. Sempre sola, senza amore, senza alcuna possibilità di poter colmare quel vuoto enorme lasciato dalla morte di Umberto, neppure col surrogato di due pastori tedeschi, anch'essi barbaramente trucidati dalla mafia.
Come il vento, a partire dalla banalità del titolo (uno di quelli destinati a essere subito dimenticati), è una mezza occasione persa: non solo perché la Storia rimane tropo spesso dietro le quinte, col copione che preferisce concentrarsi sulla parabola umana della protagonista, ma anche perché manifesta un'idea un po' troppo scarna e macchinosa di regia, con una sceneggiatura che ripete lo stesso schema dello spostamento della protagonista da un posto all'altro senza riuscire ad aggiungere tasselli determinanti.    

martedì 26 novembre 2013

Il passato - Le passé

anno: 2013       
regia: FARHADI, ASGHAR 
genere: drammatico 
con Bérénice Bejo, Tahar Rahim, Ali Mosaffa, Pauline Burlet, Elyes Aguis, Jeanne Jestin, Sabrina Ouazani, Babak Karimi, Valeria Cavalli, Aleksandra Klebanska, Jean-Michel Simonet, Pierre Guerder, Anne-Marion de Cayeux, Eléonora Marino, Jonathan Devred, Sylviane Fraval 
location: Francia
voto: 5,5

Lei (Bejo, premiata a Cannes per la migliore interpretazione femminile) è una virago isterica che non riesce a tenersi un uomo neppure mettendolo in naftalina. Lui (Mosaffa) è un suo ex, uomo posato e salomonico, iraniano, tornato in Francia per firmare le carte del divorzio. L'altro (Rahim), prossimo a nuove nozze con lei, ha la ex moglie in coma da 8 mesi dopo avere tentato il suicidio. L'intera vicenda, con figli di diverse età che convivono tutti sotto lo stesso tetto ma che non hanno in comune nessun genitore, ruota attorno alle ragioni che hanno spinto la ex moglie dell'altro al suicidio.
Asghar Farhadi conserva intatto lo sfondo di Una separazione, costruendo un apologo sul tema della verità con la forma di un thriller psicologico. Se da una parte il film si fa apprezzare per la ricchezza delle sfumature, il piglio verista e il simbolismo dei ripetuti richiami andati persi, dall'altra inciampa negli stessi difetti dell'opera precedente: quelli di un eccesso di verbosità, di dettaglio, di eccesso di scrittura, che lasciano su Il passato un'impronta fredda, cerebrale, a dispetto della delicatezza del tema e della climax emotiva di alcune scene.    

mercoledì 20 novembre 2013

Venere in pelliccia (La Vénus à la fourrure)

anno: 2013       
regia: POLANSKI, ROMAN
genere: drammatico
con Emmanuelle Seigner, Mathieu Amalric
location: Francia
voto: 3,5

Esistono delle persone così semplici e così povere di spirito, che magari hanno anche provato a leggere Derrida e Foucault (senza ovviamente capirci nulla), ma che non sono e non saranno mai in grado di apprezzare certe sofisticherie. Ecco: io sono tra queste persone. Il Polanski di Venere in pelliccia parte da un mix tra il testo teatrale di David Ives e quello letterario di Leopold von Sacher-Masoch (dal suo cognome l'usatissimo aggettivo "masochista"), per approdare a una vita di mezzo tra Luna di fiele e Carnage.
L'ambientazione teatrale non potrebbe essere più esplicita e l'intera azione si svolge in unità di luogo e di tempo: alle audizioni per reclutare l'attrice che dovrà interpretare il ruolo di Vanda si presenta, con enorme ritardo, una donna sboccata e apparentemente rozza (Seigner). Sulle prime il regista (Amalric) non vuole saperne, ma non fa a tempo a concederle una battuta che è costretto a ravvedersi: la donna che ha dinanzi è del tutto diversa da come appare. E così ne viene sedotto, fino a quando il gioco sadomasochistico di potere non si rovescia completamente.
A Polanski non si può riconoscere il merito di continuare a lanciare continue sfide, né quello di avere concepito un copione in cui il gioco di specchi tra testo recitato nella finzione della finzione e realtà si estende in un ribaltamento continuo. Sicché l'operazione manderà in solluchero gli amanti di raffinatezze cresciuti a pane e opere di von Kleist, gli estimatori del teatro di parola che si baloccano con apologhi prefreudiani, ma lascerà molto più perplesso chi in un film, pur girato arditamente con una sola macchina da presa, cerca anche un po' di pathos. Senza contare che la coppia Seigner-Amalric (ancora insieme dopo Lo scafandro e la farfalla) non è affatto all'altezza del compito.    

lunedì 18 novembre 2013

The Canyons

anno: 2013       
regia: SCHRADER, PAUL
genere: drammatico
con James Deen, Lindsay Lohan, Nolan Gerard Funk, Amanda Brooks, Tenille Houston, Gus Van Sant, Jarod Einsohn, Chris Zeischegg, Victor of Aquitaine, Jim Boeven, Philip Pavel, Lily Labeau, Thomas Trussell, Alex Ashbaugh, Chris Schellenger, Lauren Schacher, Diana Gitelman, Andres De La Fuente
location: Usa
voto: 5

Dalla mente di due iconoclasti per vocazione, Paul Schrader (sue, per esempio, le sceneggiature di Taxi driver e Toro scatenato nonché le regie di Adam resurrected e American gigolò) e Bret Easton Ellis (che al cinema aveva già dato, tra gli altri, il mediocre American psycho) non poteva che scaturire un film nel quale la morbosità dei legami viene data in pasto un tanto al chilo all'occhio dello spettatore.
La vicenda mette in scena cinque personaggi losangelini e ruota attorno alla produzione di un b-movie. C'è Chris (Deen), produttore erotomane e psicopatico, ricchissimo (impressionante l'arredo dell'abitazione upper class nella quale è ambientato gran parte del film); Tara (Lohan), la sua fidanzata con un passato difficile e un presente da arrampicatrice sociale; Ryan (Funk), un ragazzetto senza arte ma che spera almeno nella parte da avere nel film e Gina (Brooks), la sua fidanzata. Ai quattro si aggiunge una vecchia fiamma del produttore (Houston), con la quale quest'ultimo continua a intessere una relazione. Il vero problema è che Tara e Ryan sono tornati ad essere amanti dopo essere stati insieme quando non avevano un quattrino. Chris fiuta la faccenda e fa di tutto per scoprire l'inghippo, manipolando a piacere chiunque gli capiti a tiro e dando fondo al suo sadismo macabro.
In The canyons ritroviamo molti dei topoi cari al regista: la società in disfacimento (Lo spacciatore), i triangoli amorosi (Cortesie per gli ospiti), il sesso mercenario (Hardcore e American gigolò), il tramonto di Hollywood. In questo strano film sui temi del tradimento, della gelosia e delle ossessioni tecnologiche (la televisione serve ormai per leggere la chat di What'sapp), però, non si capisce la scelta del casting, con i ruoli di protagonisti affidati a James Deen e Lindsay Lohan. Il primo è un attore abituato - passatemi il francesismo - a una recitazione del cazzo, visto che è una star del porno e la sua espressività non è maggiore di quella che potete osservare sui banchi di un qualsiasi mercato ittico. La seconda è una ragazzina viziata, nota più per le sue continue incursioni sulle pagine della cronaca nera che per il suo talento da attrice, sfruttato al massimo per opere seminali come Scary movie 5. L'unica spiegazione possibile è che il regista abbia voluto ulteriormente sottolineare il crollo di Hollywood (le immagini di apertura fotografano vecchi cinema losangelini che hanno definitivamente abbassato le saracinesche) con una scelta volutamente bizzarra, che enfatizza il messaggio in termini metasimbolici.    

domenica 17 novembre 2013

L'ultima ruota del carro

anno: 2013       
regia: VERONESI, GIOVANNI
genere: commedia
con Elio Germano, Alessandra Mastronardi, Ricky Memphis, Sergio Rubini, Virginia Raffaele, Alessandro Haber, Francesca Antonelli, Maurizio Battista, Francesca d'Aloja, Elena Di Cioccio, Luis Molteni, Ubaldo Pantani, Dalila Di Lazzaro, Massimo Wertmüller, Francesca De Martini, Francesco Formichetti, Matilda Anna Ingrid Lutz, Marina Perini
location: Italia
voto: 7,5

All'ideale galleria di Vite di uomini non illustri, fulminante raccolta di biografie inventate, scritta da Giuseppe Pontiggia, e dalla quale Monicelli nel 1995 trasse Facciamo paradiso, si potrebbe aggiungere quella di Ernesto Marchetti. Con una differenza, però: che Ernesto Marchetti, pur facendo Fioretti di cognome, esiste davvero ed è stato per anni il tuttofare e l'autista di Carlo Verdone (lo si può vedere in Carlo!, il documentario dedicato al regista romano).
L'ultima ruota del carro è la storia di un italiano qualsiasi, nella migliore tradizione degna di Sordi, che attraversa quarant'anni di vita del Belpaese con indefessa dignità e grande onestà. Dotato di scarsissimo talento per la scuola e il pallone, figlio di un tappezziere romano (impersonato da un Massimo Wertmuller che ci regala un cammeo di sorprendente bravura), Ernesto comincia a lavorare nella ditta paterna, per poi passare a fare il cuoco, il trasportatore e qualche lavoro dietro al quale c'è costantemente lo zampino di Giacinto (Memphis), l'amico di sempre, l'impiccione che nel calcio non passa mai la palla, traffica col PSI craxiano e si entusiasma per Berlusconi. Ma la loro amicizia, come quella con il pittore Schifano (il cui nome non viene mai esplicitato nel film e che è interpretato con impressionante somiglianza da Alessandro Haber) o l'amore per la moglie Angela (Mastronardi) durerà una vita intera.
Infaticabile frequentatore del cinema popolare con qualche velleità di analisi sociale (Genitori e figli, Italians), Veronesi firma il suo film più riuscito, nel quale la vicenda personale di un uomo si incrocia con quella collettiva di un Paese (l'omicidio di Moro, la nazionale che vince i mondiali dell'82, la contestazione del Raphael, l'ascesa in politica dell'uomo di Arcore) con parecchi stereotipi ma anche battute intelligenti che colgono nel segno. Gran parte del merito va all'interpretazione da standing ovation di Elio Germano, che aggiunge l'ennesima prova da mattatore a un curriculum di tutto rispetto (La nostra vita, Il mattino ha l'oro in bocca, Il passato è una terra straniera, Mio fratello è figlio unico).    

sabato 16 novembre 2013

Jobs

anno: 2013       
regia: STERN, JOSHUA MICHAEL
genere: biografico
con Ashton Kutcher, Dermot Mulroney, Josh Gad, Lukas Haas, Matthew Modine, J.K. Simmons, Lesley Ann Warren, Ron Eldard, Ahna O'Reilly, Victor Rasuk, John Getz, Kevin Dunn, James Woods, Nelson Franklin, Eddie Hassell, Elden Henson, Lenny Jacobson, Brett Gelman, Brad William Henke, Giles Matthey, Robert Pine, Clint Jung, David Denman, Masi Oka, Abby Brammell, Annika Bertea, Paul Baretto, Amanda Crew, Samm Levine, Cody Chappel, Joel Murray, William Mapother, Scott Krinsky, Evan Helmuth, Laura Niemi, Jim Turner, Clayton Rohner, Rachel Rosenstein, Christopher Curry, Mark Kassen, Dan Shaked, Duncan Bravo, Kent Shocknek, Aaron Kuban, Olivia Jordan
location: India, Usa
voto: 3,5

Biopic istantanea dedicata a Steve Jobs, morto di cancro nel 2011, il parassita fatto passare per guru dell'informatica (ne capiva quanto ne capisco io di epigrafia greca), le cui massime, del tipo "non perdete tempo a vivere la vita di qualcun altro. Siate affamati, siate folli", sono la quintessenza della banalità, utili da dare in pasto a folle assetate di chiacchiere a buon mercato. Il film di Joshua Stern racconta la traiettoria esistenziale di Jobs, dai primi passi, nei primi anni '70, compiuti nel garage di casa adibito a laboratorio, dove il sedicente guru mostrava già ampie capacità di sfruttamento del talento altrui, fino alla fondazione della Apple, il lancio del Macintosh, i pc portatili, la controversia legale con Microsoft, l'allotanamento e il ritorno nella stessa Apple (quando il timone aziendale venne preso da Sculley) e l'invenzione dell'ipod.
Al di là dell'inconsistenza puramente cinematografica, che avvicina il film a uno sceneggiato televisivo, con un attore scelto esclusivamente sulla base della somiglianza ma con nessun talento (Ashton Kutcher, già protagonista di narcolettiche commedie sentimentali come Indovina chi?), Jobs coniuga cerchiobottismo e operazione smaccatamente commerciale (l'uscita a ridosso della morte dello stesso Jobs, appunto). Ma nell'insistere sulla sua invidiabile determinazione, il film non evita di mostrare anche gli aspetti peggiori del protagonista, dai rapporti turpi che aveva con quasi tutti, alla disinvoltura con cui tradiva gli amici e si comportava nella vita privata.
Steve Jobs è stato l'esponente più deteriore del capitalismo oligopolistico, un fighetto solipsista interessato quasi esclusivamente all'estetica del prodotto, un cinico uomo di marketing ossessionato da quisquilie da miliardari, direi l'uomo dei secondi fini per eccellenza. Per averne una visione meno agiografica di quella che ci è stata propinata dai media dopo la sua dipartita bisognerebbe rileggersi l'articolo che scrisse Odifreddi quando le prefiche della sinistra piansero la scomparsa di quest'uomo che non sarebbe stato degno nemmeno di lucidare le scarpe a uno come Linus Torvalds.    

venerdì 15 novembre 2013

Killer Elite

anno: 2012   
regia: McKENDRY, GARY  
genere: gangster
con Jason Statham, Clive Owen, Robert De Niro, Dominic Purcell, Aden Young, Yvonne Strahovski, Ben Mendelsohn, Adewale Akinnuoye-Agbaje, David Whiteley, Matt Nable, Lachy Hulme, Firass Dirani, Nick Tate, Bille Brown, Stewart Morritt, Grant Bowler, Michael Dorman, Daniel Roberts, Rodney Afif, Jamie McDowell, Dion Mills, Andrew B. Stehlin, Simon Armstrong, Richard Elfyn, Chris Anderson, Brendan Charleson, Sandy Greenwood, Boris Brkic, Riley Evans, Sofia Nikitina, Tim Hughes, Tony Porter, Michael Carman, Jack Llewellyn, Huw Garmon, Barry Stones, Salim Fayad, Sharbel Sukkar, Melissa Martin, Stephen Phillips, Kristy Barnes-Cullen, Kate Neilson, Ray Tiernan, Zane Dirani, Mohamed Dirani, Michael Dirani, Emily Jordan, Grahame Mapp, Sue Mapp, Blake O'Leary, Cody Faull  
location: Francia, Oman, Regno Unito
voto: 5

Negli anni '80 alcuni infiltrati dello Special Air Service britannico, in cambio della liberazione di uno di loro (De Niro), si assumono il compito di assassinare i tre killer che hanno ucciso i figli di uno sceicco dell'Oman. In palio ci sono anche tantissimi soldi ma l'operazione, tra doppiogiochisti, incidenti casuali e carattere degli avversari, è molto più difficile del previsto.
Tratto da una storia vera raccontata nella autobiografia di Ranulph Fiennes, il film dell'esordiente Gary McKendry è un blockbuster che centrifuga alla bell'e meglio gli ingredienti del film di genere: De Niro si limita a una marchetta che fa da specchietto per le allodole, la sceneggiatura è a dir poco confusa ma quello che conta, più delle idee, sono i muscoli. Ecco perché il vero ruolo da protagonista spetta a Jason Statham, il quale fornisce il meglio delle sue capacità espressive quando indossa un casco integrale fumé. Sparatorie, arti marziali, scazzottate a gogo: è il menù offerto dalla casa, un sapore sentito mille altre volte, ma il divertimento è assicurato.    

domenica 10 novembre 2013

Il caso Kerenes (Pozitia copilului)

anno: 2013       
regia: NETZER, CALIN  
genere: drammatico  
con Luminita Gheorghiu, Bogdan Dumitrache, Natasa Raab, Ilinca Goia, Florin Zamfirescu, Vlad Ivanov, Mimi Branescu, Cerasela Iosifescu, Adrian Titieni, Tania Popa, Isfan Alexandru  
location: Romania
voto: 5

Nei pressi di Bucarest, un uomo sulla quarantina col piede un po' troppo spinto sull'acceleratore (Dumitrache), durante un sorpasso investe un quattordicenne e lo uccide sul colpo. Sua madre (Gheorghiu), che può contare su amicizie influenti, unge a suon di mazzette tutto quanto le è possibile per rendere più fluida l'uscita di suo figlio dall'accusa di omicidio colposo che lo condurrebbe dritto in prigione.
"I genitori si realizzano attraverso i figli":  il senso del film sta tutto in questa frase. Il rapporto tra madre e figlio sotto il segno di Edipo è la sineddoche di una società postcomunista in disfacimento, il simbolo della rivolta silenziosa dei figli contro i genitori e di una aristocrazia corrotta e corruttrice che si è fatta elite al potere rimpiazzando quella di partito. Il cast serve in maniera eccellente il copione, il verismo della messa in scena viene sottolineato dalla macchina a spalla e dai lunghissimi dialoghi e il confronto tra vittime e carnefici volge verso un finale catartico.
Orso d'oro e premio Fipresci al 63esimo festival di Berlino (2013).    

mercoledì 6 novembre 2013

Gloria

anno: 2012       
regia: LELIO, SEBASTIAN 
genere: drammatico 
con Paulina Garcia, Sergio Hernández, Coca Guazzini, Antonia Santa María, Diego Fontecilla, Fabiola Zamora 
location: Cile
voto: 3,5

La 52enne cilena Gloria (Garcia) è separata da tempo, ha due figli grandi e conduce un'esistenza solitaria tra il lavoro diurno e i locali notturni presso i quali spera di poter trovare un'anima gemella e vivere una seconda giovinezza. L'occasione sembra arrivare con Rodolfo (Hernández), uomo che ha superato da qualche tempo la sessantina e anch'egli separato e padre. L'inquietudine di lei si riversa sui fremiti di lui, che reagisce puntualmente nella maniera "sbagliata" (ma le due situazioni chiave del film si offrono come interessantissimi test proiettivi per lo spettatore). E allora per Gloria il ciclo ricomincia…
Lo stile tipico del cinema indipendente e pauperistico, le ambientazioni da ceto medio, il richiamo (involontario?) anche nel titolo a quel manifesto del cinema indie americano che fu il film di Cassavetes e, al tempo stesso, alla canzone ultrapop di Umberto Tozzi che sbancò anche in Sudamerica, rivelano subito gli intenti del regista cileno: quelli di costruire un'opera situazionista, nella quale la trama esilissima lascia quasi completamente lo spazio alla complessa psicologia della protagonista. Nonostante la notevole prova di Paulina Garcia, premiata con l'orso d'argento per la migliore attrice e che ricorda moltissimo la Tootsie di Dusty Hoffman, il film finisce per avvilupparsi in un loop continuo e le due ore di durata alla lunga stancano.    

lunedì 4 novembre 2013

Prisoners

anno: 2013       
regia: VILLENEUVE, DENIS
genere: giallo
con Hugh Jackman, Jake Gyllenhaal, Viola Davis, Maria Bello, Terrence Howard, Melissa Leo, Paul Dano, Dylan Minnette, Zoe Borde, Erin Gerasimovich, Kyla Drew Simmons, Wayne Duvall, Len Cariou, David Dastmalchian, Brad James, Anthony Reynolds, Robert C. Treveiler, Sandra Ellis Lafferty, Victoria Staley, Todd Truley, Brian Daye, Alisa Harris, Robert Mello, Jeff Pope, Rodrick Goins, Mark Drum, Lana Yoo, Pam Smith, Gloria Webber, Michelle Keller, John Atwood, Stacy Melich, J. Omar Castro, Jane McNeill
location: Usa
voto: 7,5

Un borghese piccolo piccolo, ma proprio piccolo piccolo (Jackman), è l'uomo che, nella sequenza iniziale del film, fa ciondolare una croce dallo specchietto retrovisore della sua auto e rivolge una preghiera a Dio prima che suo figlio abbatta un cervo con un fucile da caccia. Ed è lo stesso uomo che, dopo la sparizione di sua figlia insieme a un'amichetta nel giorno del Ringraziamento, in Pennsylviania, prende in ostaggio un giovane ritardato (Dano) - creduto colpevole, ma rilasciato dalla polizia per assenza di prove - e lo sottopone a ogni genere di torture, nella convinzione che sappia qualcosa sulla sparizione delle due bambine. Sul caso indaga un poliziotto dal fiuto infallibile e dalla pervicacia invidiabile (Gyllenhaal), uno al quale piace far tornare i conti a costo di alzare la voce con i suoi superiori. Sulla trama, peraltro fittissima e densa di colpi di scena, non diremo di più, se non che la vicenda colorata di giallo mette in campo più di un possibile sospetto dal passato torbido e dal presente tutt'altro che cristallino.
Come già nel precedente, riuscitissimo La donna che canta, Villeneuve (al quale è stata affidata la regia in terza battuta, dopo le rinunce di Bryan Singer e Antoine Fuqua), si conferma regista attento alle tensioni familiari. La morsa del tempo si stringe su tutti i personaggi del film costringendoli spesso, colpevoli o innocenti che siano, a imboccare strade estreme tanto in termini di autolesionismo quanto di eterolesionismo. Ecco allora aggallare le paure di una società di provincia sempre più smarrita, costretta a un continuo appello all'ignoto (dalla religione agli psicofarmaci) pur di mantenere integro il poco che rimane.
Confezione impeccabile, sceneggiatura ferrea. Di questo notevole thriller che sta tra Cane di Paglia, Mystic river e il già citato film di Monicelli, gli unici nei sono Hugh Jackman, davvero troppo imbalsamato, e il prologo che, con qualche taglio opportuno, avrebbe permesso di contenere le due ore e mezza di durata.    

domenica 3 novembre 2013

Il sol dell'avvenire

anno: 2008       
regia: PANNONE, GIANFRANCO 
genere: documentario 
con Alberto Franceschini, Tonino Loris Paroli, Roberto Ognibene, Annibale Viappiani, Paolo Rozzi, Corrado Corghi, Adelmo Cervi, Peppino Catellani 
location: Italia
voto: 5

Partendo dalle pagine di un libro scritto a quattro mani con il giornalista Giovanni Fasanella (pubblicato da Chiarelettere), il regista Gianfranco Pannone travasa le testimonianze ottenute in merito ai primi vagiti delle Brigate Rosse in un documentario che mira soprattutto a ricostruire la vicenda di quello che, genericamente, veniva indicato come "l'appartamento". Si tratta dell'abitazione di Reggio Emilia - città medaglia d'oro per la Resistenza, sempre guidata da giunte rosse e dove il PCI raccoglieva i tre quarti dei voti - presso la quale, alla fine degli anni Sessanta, si riunivano Alberto Franceschini e gli altri futuri membri delle BR.
Il documentario che ricostruisce quell'epoca è tanto accattivante sulla carta, quanto abborracciato nella realizzazione: brandelli di interviste, ampie riprese di conversazioni in trattoria tra "reduci", qualche foto d'archivio costituiscono il repertorio pauperistico al quale attinge il documentario. Un vero peccato che la confezione sia tanto svogliata, giacché gli spunti per una riflessione non banale non mancherebbero: dal sogno tradito della Resistenza, passando per i cinque morti provocati dal governo Tambroni, quando il MSI entrò nel governo, fino a questioni cruciali come quella della distinzione - tutt'altro che sottile - tra lotta armata e terrorismo, l'antagonismo tra sinistra radicale e Partito Comunista e il ruolo fondamentale giocato dalle cooperative rosse, che fin dagli anni '60 costituivano la più radicata ragione di tentativo di attracco al governo da cui sarebbe poi derivato il compromesso storico. Gli autori non fanno mistero della loro posizione e il documentario si chiude, non a caso, con la voce deformata di uno dei tanti che non hanno voluto offrire la loro testimonianza. Che, dunque, viene demandata soltanto a chi nel frattempo si è dissociato.    

lunedì 28 ottobre 2013

Captain Phillips - Attacco in mare aperto

anno: 2013       
regia: GREENGRASS, PAUL
genere: thriller
con Tom Hanks, Barkhad Abdi, Barkhad Abdirahman, Faysal Ahmed, Mahat M. Ali, Michael Chernus, Catherine Keener, David Warshofsky, Corey Johnson, Chris Mulkey, Yul Vazquez, Max Martini, Omar Berdouni, Mohamed Ali, Issak Farah Samatar, Thomas Grube, Mark Holden, San Shella, Terence Anderson, Marc Anwar, David Webber, Amr El-Bayoumi, Vincenzo Nicoli, Kapil Arun, Louis Mahoney, Peter Landi, Angus MacInnes, Ian Ralph, Kristian Hjordt Beck, Kurt Larsen, Bader Choukouko, Idurus Shiish, Azeez Mohammed, Abdurazak Ahmed Adan, Duran Mohamed Hassan, Nasir Jama, Kadz Souleiman, Scott Oates, Dave Meadows, Shad Jason Hamilton, Adam Wendling, Billy Jenkins, Mark Semos, Dean Franchuk, Rey Hernandez, Christopher Stadulis, Roger Edwards, John Patrick Barry, Raleigh Morse, Dale McClellan, Hugh Middleton, Raymond Care, Stacha Hicks, Will Bowden, Len Anderson IV
location: Emirati Arabi, Oman, Somalia, Usa
voto: 8

"Ammazza 'so forti 'sti americani, aho!". Nemmeno fossimo in un film di Alberto Sordi, dal regista segnalatosi per due episodi di Jason Bourne (The Bourne supremacy e The Bourne ultimatum) e per un altro film muscolare che inscenava il braccio di ferro tra americani e terroristi (Green zone) ci viene proposta un'ulteriore variante dello strapotere strategico-militare a stelle e strisce, epigono di quel cinema patriottico e tendenzialmente di destra che ha trovato in John Ford e nella serie di Rambo i suoi più illustri antenati.
Stavolta siamo nel 2009 (la storia è realmente accaduta), quando una nave cargo battente bandiera americana e trasportante viveri per gli aiuti umanitari (dettaglio propagandistico non secondario) venne attaccata da un commando di pirati indigeni al largo delle coste somale. Il comandante della nave, Rich Phillips (Hanks), venne preso in ostaggio a bordo della scialuppa con la quale i pirati si misero in fuga. Le forze speciali americane fecero il resto. La messa in scena è impeccabile e al film, sotto il piano dello spettacolo, non si potrebbe chiedere di più: non un solo momento che smorzi la fortissima tensione, non un'inquadratura meno che professionale ed enorme dispendio di mezzi, uomini e location. Un blockbuster, dunque, ad altissimo impatto spettacolare, affidato all'ennesima prova gigantesca di Tom Hanks. Sul piano dei contenuti, però, è tutt'altra storia: i somali per poco non hanno l'anello al naso; il loro comandante (Abdi) picchia sul quadro di comando della nave cargo nemmeno fosse una bertuccia e più in generale il divario - di mezzi, intelligenza, strategia - è artificialmente sottolineato in tutti i modi possibili, come quando il cinema western si ostinava a rappresentare i pellerossa come i rissosi usurpatori dei diritti dei bianchi.    

domenica 27 ottobre 2013

Oh Boy, un caffè a Berlino

anno: 2012       
regia: GERSTER, JAN OLE  
genere: grottesco  
con Tom Schilling, Katharina Schüttler, Justus von Dohnányi, Andreas Schröders, Katharina Hauck, Marc Hosemann, Friederike Kempter, Arnd Klawitter, Inga Birkenfeld, Ulrich Noethen, Leander Modersohn, Martin Brambach, Rolf Peter Kahl, Lis Böttner, Theo Trebs, Alexander Altomirianos, Steffen Jürgens, Ellen Schlootz, Frederick Lau, Jakob Bieber, Robert Hofmann, Tim Williams, Michael Gwisdek, Sanne Schnapp, Silvaine Faligant, Annika Ernst, Victor Ellinghaus, Paul von Habsburg-Lothringen, Helen Kühn, Joachim Gern, Lina Kramer, Tim Wustrack, Kathryn Fischer  
location: Germania
voto: 4

A Berlino Niko (Schilling) da un paio d'anni vive alla giornata: ha smesso di studiare, non ha ancora finito di sistemare l'appartamento e campa futilmente concedendosi incontri fortuiti. Fino a quando la fortuna sembra voltargli le spalle: nelle 24 ore durante le quali seguiamo la sua traiettoria esistenziale, la storia con la sua ragazza finisce, la patente che gli era stata sospesa per ubriachezza non gli viene riconcessa e suo padre, venuto a sapere che il ragazzo ha interrotto gli studi, gli taglia i fondi. E in città sembra che nessuno possa dargli una tazza di caffè.
Girato in un bianco e nero che fa molto cinema d'essai (con tanto di sottofondo jazzato), il film dell'esordiente Gerster, pluripremiato agli Oscar tedeschi, sembra voler aggiornare la lezione di Wenders, Fassbinder e Reitz con un'opera che racconta in un accumulo rapsodico il nichilismo disarmato e disarmante dei giovani d'oggi in una prospettiva di realismo cinematografico che però lascia piuttosto freddi. Partenza fulminante: peccato che il regista si giochi tutte le idee migliori nel primo quarto d'ora.    

Buffalo girls

anno: 2012       
regia: KELLSTEIN, TODD 
genere: documentario 
con Stam Sor Con Lek, Pet Chor Chanachai, Jid, Lek, Walee Niyom, Nong, Torn 
location: Thailandia
voto: 3

In Thailandia, famiglie poverissime mandano le loro piccole figlie - ragazzine tra gli otto e i dieci anni - a combattere la violentissima boxe thailandese, dietro la quale gravita un consistente giro di scommesse. Impermeabili ai danni che questo sport può provocare a corpi così piccoli e fragili (le due protagoniste pesano intorno alla ventina di chili), le famiglie sperano di poter uscire dalla povertà grazie ai successi che le bambine possono raggiungere.
Il documentario di Todd Kellstein, pur nel suo encomiabile intento di denuncia, manifesta un livello talmente dilettantistico da lasciar naufragare qualsiasi buona intenzione. Lo schema narrativo è retorico e ripetitivo, la vicenda si avvita intorno a un'alternanza di spezzoni di interviste, combattimenti sul ring e scene di ordinario degrado quotidiano in un loop talmente ossessivo che l'intera operazione non può far altro che annoiare.    

sabato 26 ottobre 2013

Cose nostre - Malavita (The Family)

anno: 2013       
regia: BESSON, LUC
genere: commedia nera
con Robert De Niro, Michelle Pfeiffer, Dianna Agron, John D'Leo, Tommy Lee Jones, Jimmy Palumbo, Domenick Lombardozzi, Stan Carp, Vincent Pastore, Jon Freda, Michael J. Panichelli Jr., Paul Borghese, Anthony Desio, Ted Arcidi, David Belle, Raymond Franza, Barbara Bolotner, Jan Hammenecker, Paulette Frantz, Claudine Acs, Christopher Craig, Cédric Zimmerlin, Tonio Descanvelle, Christophe Kourotchkine, Dominique Serrand, Serge Tranvouez, Caroline Arrouas, Sophie Froissard, Patrick Sueur, Régis Royer, Michel Aymard, Florent Guyot, Matthew Luret, Laurent Claret, Chloé Oliver, Françoise Gazio, Sissi Duparc, Mario Pecqueur, Bernadette Paviot, Christophe Reymond, Bruno Fleury, Abigail Boucher, Leslie Menu, Jacques Fontanel, Xavier Brossard, Nicolas Wanczycki, Jean-Claude Bohbote, Gaëlle Jeantet, Oisin Stack, Annie Mercier, Florence Muller, Jonas Bloquet, Simon Krel, Martin Goutry, Rebecca Shang, Victoire Du Bois, Jérémy Jean, Côme Levin, Camille Gigot, Vincent Claude, Robin Rafoni, Jimmy Loehler, Maïté Blanco, Léo-Paul Salmain, Bruno Cadillon, Catherine Schaub-Abkarian, Charles Derondel, Alexandre Piot, Tom Hudson, Solal Forte, Jim Schachmes, Frédéric Dockès, Raphaël Boshart, Terron Jones, Cortez Nance, Dominic Chianese, Louis Arcella, Thierry Pietra, Steven Lyon, Kresh Novakovic, Marie-Anne Mestre, Paul Bandey, Peter Hudson, Alain Barbier, Marie Guillard, Alice Allwright, Lorenzo Montalbanc, Samira Sedira, Moussa Maaskri, Mour, Abdelaziz Doukali, Joseph Perrino, Anthony Mangano, Vincent Riviezzo, Lou Patane, Steven Randazzo, Steven Rattazzi, Gino Cafarelli, Anthoula Katsimatides, Elba Sette-Camara, Ricardo Cordero, Mike Bocchetti, Dave Bobb, Kevin Kolack, Mark E. Phillips, Dante Bruzzese, Patrick Médioni, David Salles, François Rabette, Giovanni Cirfiera, Nathan Rippy, Emmanuelle Moreau, Dan Cade, Virginia Di Leo, Charles Di Leo, Stosh Zona, Peter Falcetti, Matthew L. Imparato
location: Francia, Usa
voto: 5

Giovanni Manzoni, alias Fred Blake (De Niro), sua moglie (Pfeiffer) e i suoi due figli sono oggetti di un programma di protezione testimoni che dopo tanto girovagare li fa approdare in Normandia. Qui i quattro non si risparmiano nel replicare i metodi mafiosi che usavano negli Stati Uniti: botte da orbi, esplosioni, bullismo a scuola e amenità di altro tipo. Ma il caso vuole che i boss mafiosi che li vogliono morti scoprano del tutto accidentalmente dove i quattro sono nascosti.
Besson, con la produzione esecutiva di Martin Scorsese (esplicitamente citato nel film in una delle scene migliori, nella quale De Niro si improvvisa commentatore di Quei bravi ragazzi in un cineclub) firma una commedia nera tratta dal romanzo di Tonino Benacquista che assembla le iperboli di Leon con quella stessa ironia mordace a cui proprio De Niro aveva già dato corpo in Terapia e pallottole, azzeccatissima commedia che, come questa, prendeva in giro la mafia. Confezione impeccabile, ma prodotto prevedibilissimo.    

venerdì 25 ottobre 2013

Cani sciolti (2 Guns)

anno: 2013       
regia: KORMAKUR, BALTASAR
genere: poliziesco
con Denzel Washington, Mark Wahlberg, Paula Patton, Bill Paxton, Fred Ward, James Marsden, Edward James Olmos, Robert John Burke, Greg Sproles, Patrick Fischler, Edgar Arreola, Derek Solorsano, Kyle Russell Clements, Christopher Matthew Cook, Tim Bell, Tait Fletcher, Jesus Jr., Azure Parsons, John McConnell, Jack Landry, Ritchie Montgomery, Ambyr Childers, Robert Larriviere, Lucy Faust, George Wilson, Yohance Myles, Evie Thompson, Samuel Baca-Garcia, Michael Beasley, Christopher Dempsey, Bill Stinchcomb, Mark Adam, David Kency, Gilbert Rosales, Peter Gabb, Jason Kirkpatrick, Tony Sanford, Lucky Johnson, Lindsey G. Smith, Lindsey Gort, Hillel M. Sharman, Aaron Zell, Henry Penzi
location: Messico, Usa
voto: 5

Per incastrare alcuni narcotrafficanti, Bobby Trench (Washington) e Michael Stigman (Wahlberg), uno infiltrato della DEA, l'altro della Marina Militare ciascuno a insaputa dell'altro, inscenano una rapina. Ma il "bottino" è di gran lunga superiore alle aspettative e si scopre che quei soldi appartengono ad alcuni intoccabili che manovrano nella stanza dei bottoni. Sicché i due dovranno vedersela non soltanto con i malviventi che danno loro la caccia, ma con i loro stessi colleghi, gente corrotta, doppiogiochista e agenti della CIA tutt'altro che super partes.
Dopo il riuscito Contraband, l'islandese Kormakur si affida ancora una volta alla prova muscolare di Mark Wahlberg, affiancandogli un Denzel Washington col quale viene fuori il classico buddy-movie basato sulla complementarità dei caratteri. Tratto dal fumetto creato da Steven Grant, tradotto sullo schermo con una netta dominante ocra, Cani sciolti è un western poliziesco che omaggia esplicitamente Chi ucciderà Charley Varrick? (nome della banca e luogo sono gli stessi del film con Walter Matthau), miscelando una buona dose di ironia con le iperboli di violenze che sembrano ricordare più Peckinpah che Tarantino.    

lunedì 21 ottobre 2013

Ebrei a Roma

anno: 2012   
regia: PANNONE, GIANFRANCO
genere: documentario
con David Limentani, Micaela Pavoncello, Giovanni Terracina, Roberto Calò, Leonello Del Monte, Claudio Di Segni, Yael Finzi, Hamos Guetta, Evelina Meghnagi, Alberto Pavoncello, Claudio Procaccia, Daniele Regard, Angelo Sermoneta, Bianca Sonnino, Giancarlo Terracina, Daniele Terracina, Tobia Zevi, Riccardo Di Segni, Riccardo Pacifici, Alberto Funaro, Benchabat Amram
location: Italia
voto: 3

A Roma risiede la più antica comunità ebraica d'Europa. Con l'eccezione degli ebrei di provenienza etiope, che hanno trovato il loro quartier generale nella zona di Piazza Bologna, la comunità è storicamente quasi tutta radunata in quel fazzoletto di terra che sta tra l'isola Tiberina e Largo di Torre Argentina. È qui che il documentarista Gianfranco Pannone, già autore di interessanti approfondimenti sui mali d'Italia (Ma che storia…, Il sol dell'avvenire e Scorie in libertà), ha effettuato gran parte delle riprese e intercettato storie e umori di questi ebrei romani, immortalandone i riti e le abitudini. Tra curiosità urbanistiche e architettoniche (la fontana delle tartarughe ridisegnata dal Bernini), ampi cenni storici (quello noto come ghetto è stato chiuso per circa 350 anni e diventato oggetto del rastrellamento nazista nel 1943) e spigolature onomastiche (i cognomi che provengono dalle città, come Terracina e Sermoneta, o quelli notissimi come Limentani e Meghnagi), il documentario si limita a fornire una svogliata testimonianza in merito al rapporto degli ebrei con la capitale, il loro sentirsi radicati sul territorio, l'importanza del commercio e il rapporto con la terra di Israele. Nell'insieme, uno spaccato di un'oretta che fornisce un'idea appena bozzettistica degli ebrei romani.    

domenica 20 ottobre 2013

Una fragile armonia (A Late Quartet)

anno: 2012       
regia: ZIBERMAN, YARON  
genere: drammatico  
con Catherine Keener, Christopher Walken, Philip Seymour Hoffman, Mark Ivanir, Imogen Poots, Madhur Jaffrey, Liraz Charhi, Wallace Shawn, Pamela Quinn, Brooklyn Parkinson Group, Cristian Puig, Rebeca Tomas, Megan McQuillan, David Redden, Ted Hartley, Stephen Payne, Alyssa Lewis, Attacca String Quartet, Keiko Tokunaga, Luke Fleming, Andrew Yee, Amy Schroeder, Anne Sofie von Otter, Nina Lee  
location: Usa
voto: 5

Proprio quando stanno per celebrare il quarto di secolo di attività concertistica insieme, Robert (Hoffman), Juliette (Keener), Daniel (Ivanir) e Peter (Walken), hanno una brusca battuta d'arresto: alla notizia della malattia di Peter (parkinsonismo, che per un violoncellista non è il massimo), si aggiunge quella della relazione tra Daniel e Alexandra (Poots), che è figlia degli altri due membri del quartetto, e un inutile tradimento da parte di Robert che mina alle fondamenta la tenuta della coppia.
Cinema cameristico tanto quanto lo è la musica (con Beethoven in primissima fila), servito da interpreti che gareggiano non soltanto sui palcoscenici della finzione ma anche per bravura: si rovista tra le intermittenze del cuore delle quattro personalità, i loro egoismi e la loro smania di primeggiare. Nel film d'esordio di Yaron Zilberman tutto è di un'eleganza quasi british, ma anche piuttosto freddino, con un finale commovente che riscatta la carenza di pathos dell'opera.    

mercoledì 16 ottobre 2013

Anni felici

anno: 2013       
regia: LUCHETTI, DANIELE
genere: commedia
con Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti, Martina Gedeck, Samuel Garofalo, Niccolò Calvagna, Pia Engleberth, Benedetta Buccellato, Angelique Cavallari, Ivan Castiglione, Sylvia De Fanti
location: Francia, Italia
voto: 3

Fidatevi: quando un autore racconta di un regista in crisi che non sa quale film intentarsi o rovista nel baule dei ricordi, non è (quasi) mai un buon segno. Non fa eccezione questo film semi-autobiografico di Daniele Luchetti, regista non proprio prolifico (una decina di film in oltre 25 anni di carriera), che proprio con Anni felici firma, insieme a La settimana della sfinge e Dillo con parole mie, uno dei suoi film meno riusciti.
La porzione di memorie che va in scena è quella del 1974, affidate alla voce off del figlio maggiore ormai cresciuto, il decenne Dario (Garofalo), nel quale si identifica il regista e al quale sarebbe arrivata una cinepresa in Super8 in dono. È l'anno in cui il padre del piccolo protagonista (Rossi Stuart), artista d'avanguardia velleitario e pochissimo ispirato, usava il suo laboratorio più come palestra erotica che come luogo creativo, tra una lezione e l'altra sulla storia dell'arte. Tradimento dopo tradimento, la moglie (Micaela Ramazzotti, che torna a recitare con Kim Rossi Stuart a 4 anni da Questione di cuore) sbotta, fino a cedere alle lusinghe di una gallerista dalle inclinazioni saffiche (Gedeck). A quel punto la coppia scoppia.
Abbandonata da tempo la strada della riflessione sul sociale (I piccoli maestri, La scuola, Arriva la bufera, Il portaborse), Luchetti insiste sul suo cinema da tinello con la quarta opera consecutiva che va a collocare la famiglia al centro della scena. E ancora una volta (con la sola eccezione de La nostra vita) registriamo l'inconsistenza del copione (scritto con Rulli & Petraglia), la pochezza dei contenuti, la superficialità dei caratteri psicologici dei diversi personaggi. La ricostruzione del passato qui si fa caricatura, l'arte d'avanguardia non è diversa né meno ridicola da quella del Sordi alla biennale veneziana nell'episodio di Dove vai in vacanza?, i clichè dell'epoca (con i figli che chiamano i genitori per nome anziché mamma e papà) sanno di precotto e molti personaggi, dalla gallerista ai due figli della coppia (peraltro pessimi interpreti) sono confinati al ruolo di tappezzeria. Ma ancora una volta a dare un minimo di spessore a un'opera del tutto inconsistente contribuisce la prova sovrumana di Kim Rossi Stuart, che si conferma uno dei migliori attori della sua generazione.    

domenica 13 ottobre 2013

Il cacciatore di donne (The frozen ground)

anno: 2013       
regia: WALKER, SCOTT 
genere: poliziesco 
con Nicolas Cage, Vanessa Hudgens, John Cusack, Dean Norris, Gia Mantegna, Robert Forgit, Brad William Henke, Michael McGrady, Katherine LaNasa, Ryan O'Nan, Kevin Dunn, Connor Rockom, Radha Mitchell, Matt Gerald, Jodi Lyn O'Keefe, 50 Cent, Olga Valentina, Jason Collins, Kurt Fuller, Craig Blair, Hillarie Putnam, Ron Holmstrom, Leo Grinberg, Katie Wallack, Jeff Bell, Brett Baker, Mark Robokoff, Clara Danielle Engstrom, Leonardo Walker, Jill Bess, Teresa Koop, Tim Lacatena, Jonathan Minton, A.J. Seims, Tom Skore, Princess Lucaj, Julie Hasquet, Lauren Maxwell, Sunny Alexander, Christopher Murray, Danielle Lyons Gonzales, Shilo K. Thorp, Savanah Graham, Lydia Hull, Seneca Paris, Amy Litson, Bostin Christopher, Joshua Ball, Kiki Warren, Mark Rhino Smith, Jekka Rodriguez, Taylor Ann Tracy, Lucy, Kili, Kaya 
location: Usa
voto: 4

Tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80, in Alaska Robert Hansen (Cusack), all'apparenza buon padre di famiglia, aveva trovato un divertente passatempo: adescava prostitute, poi le segregava per periodi a suo piacimento, dopo di che le liberava nei boschi per dare loro la caccia come fossero animali. Dopo decine di omicidi arriva finalmente quella che riesce a scappare (Hudgens). Siccome però tra droghe e prostituzione la ragazza non ha esattamente la fedina penale immacolata, rischia di perdere l'unica chance di salvezza che avrebbe: quella di affidarsi alle cure del premuroso poliziotto Jack Halcombe (Cage), tanto più che il serial killer continua a darle la caccia. Ad Halcombe interessa soprattutto che la donna testimoni in tribunale, nella speranza di interrompere la serie di omicidi.
Poliziesco senza suspense, con brusche virate narrative che non accompagnano mai lo spettatore in quella tensione che ti aspetteresti da un thriller. È questa la cifra meno consonante di un film diretto con sufficiente mestiere dall'esordiente Scott Walker, ma nel quale lo svolgimento della trama è talmente prevedibile da lasciare indovinare con larghissimo anticipo l'esito finale. Cage e Cusack rovesciano i ruoli che avevano avuto in Con Air.    

giovedì 10 ottobre 2013

Mood Indigo - La schiuma dei giorni (L'écume des jours)

anno: 2013       
regia: GONDRY, MICHEL
genere: fantastico
con Romain Duris, Audrey Tautou, Gad Elmaleh, Omar Sy, Aïssa Mäiga, Charlotte Le Bon, Sacha Bourdo, Philippe Torreton, Vincent Rottiers, Laurent Lafitte, Natacha Régnier, Zinedine Soualem, Alain Chabat, Frédéric Saurel, Wilfred Benaïche, Tilly Scott Pedersen
location: Francia
voto: 4

Il jazz, la scrittura debordante, l'ossessione per la tecnologia, la follia allucinata: c'è tutto Boris Vian, scrittore, trombettista jazz e critico musicale (in Italia qualcuno lo ricorderà anche per lo splendido adattamento che Ivano Fossati ha fatto di una sua canzone, Il disertore), portato sul grande schermo da un regista che, quanto a visionarietà, gli tiene perfettamente il passo, quel Michel Gondry che aveva già mostrato la sua vocazione a cimentarsi con opere impossibili come in Se mi lasci ti cancello, il film che, insieme a La tigre e il dragone, più di ogni altro è riuscito a farmi vivere la sala cinematografica come penitenziario e luogo di espiazione dal quale non vedevo l'ora di fuggire.
Il miracolo si è ripetuto con questo Mood indigo (il titolo riprende una celeberrima composizione di Duke Ellington). È la storia di Colin (Duris), giovane ultrabenestante con tanto di valletto a servizio, che si innamora di Chloe (quella Audrey Tautou che da Il favoloso mondo di Amèlie ha sempre la stessa espressione). Quando nel polmone di quest'ultima, durante la luna di miele, penetra una ninfea, la ragazza si ammala, la casa dei due comincia a diventare sempre più piccola, la vita perde letteralmente colore (con viraggio della pellicola sul bianco e nero) e i loro amici iniziano ad accumulare disgrazie e tutto andare.
A chi, come chi scrive, ha sempre anteposto il realismo dei Lumiere alla potenza immaginativa di Melies, La schiuma dei giorni pare un guazzabuglio di trovate che stanno tra il demenziale e il grottesco, un bric-à-brac di stampo tecnologico, un racconto che sembra partorito da un Terry Gilliam dopo una massiccia ingestione di LSD. Le invenzioni visive sono straordinarie dal primo all'ultimo fotogramma, ma alla lunga stancano e sembrano fini a esse stesse e il racconto non riesce a emozionare neppure per un attimo. Così, a noi poveracci che la fantasia non sappiamo neppure dove sia di casa, il film non lascia che la sensazione di un florilegio di virtuosismi della messa in scena, acrobazie con la macchina da presa, effetti speciali a gogo che tuttavia tradiscono anche una massiccia dose di manierismo.    

mercoledì 9 ottobre 2013

Le radici e le ali

anno: 2010       
regia: CAMARCA, CLAUDIO * PARSI, MARIA RITA
genere: documentario
voto:3,5

Parte subito male il documentario di Claudio Camarca e Maria Rita Parsi. Il primo si presenta con un curriculum di fiction non proprio di livello: suoi due mediocri lungometraggi come Quattro bravi ragazzi e Rumori di fondo, entrambi già portatori di uno spiccato interesse nei riguardi della condizione giovanile. La Parsi, psicologa e assidua frequentatrice dei salotti televisivi, attacca dal canto suo con un pistolotto di diversi minuti in cui riesce a produrre un florilegio di luoghi comuni che avrebbe suscitato l'invidia del Massimo Catalano più in forma, pace al'anima sua.
Il tema è quello della condizione giovanile, esaminata secondo i canoni delle radici (le origini, le certezze, la famiglia, gli amici) e le ali, cioè le aspettative, i sogni. Scandito dai temi della moda, dell'anoressia, della droga, della scuola, delle amicizie, della famiglia, della politica e dell'impegno sociale, il documentario - che si mantiene su un registro cinematografico elementare - lascia la parola agli stessi ragazzi, ai quali vengono rivolte domande marzulliane dalle quali scaturiscono risposte ancora più insignificanti e disarmanti. Chiusura con Don Ciotti che straparla.
Se lo scopo del documentario era quello di introdurci nell'universo giovanile, allora poveri ragazzi: fossero davvero tutti così ci sarebbe di che averne paura. E se le radici e le ali di una generazione sono queste, tra abbuffate di televisione, concorsi di bellezza, ossessioni estetiche e droghe, questa generazione non avrebbe veramente un futuro, a dispetto delle sciocchezze che la Parsi spiattella spacciandole per relativismo culturale.    

domenica 6 ottobre 2013

Cognome e nome: Lacombe Lucien

anno: 1974       
regia: MALLE, LOUIS  
genere: drammatico  
con Pierre Blaise, Aurore Clément, Holger Löwenadler, Therese Giehse, Stéphane Bouy, Loumi Iacobesco, René Bouloc, Pierre Decazes, Jean Rougerie, Cécile Ricard, Jacqueline Staup, Ave Ninchi, Pierre Saintons, Gilberte Rivet, Jacques Rispal, Jean Bousquet, Franz Rudnick, Jean-Louis Blum, Claude Marcan, Jean Maurat, Gabriel Cabessut, Mimi Juskiewenski, Albert Tillet, René Thauran  
location: Francia
voto: 4

Chiariamolo subito: questo film di Louis Malle è considerato un capolavoro, "una della sue prove migliori" (Maltin), "uno dei migliori risultati di Malle" (Morandini), "il film più magistrale, più perfetto e senza dubbio più importante di tutta l'odierna produzione" (Le Monde). A chi scrive pare che invece il film di Malle abbia molti difetti. La vicenda raccontata - che in un clima surriscaldato come quello post-sessantottino non mancò di sollevare polemiche - è quella di un giovane contadinotto rozzo (come suggerisce anche il fatto stesso di presentarsi prima per cognome e poi per nome, tipico delle classi sociali più incolte), un tonto di mamma al quale piace uccidere gli animali da cacciagione e tirare il collo alle galline, che, nella Francia del 1944 occupata dai nazisti, vorrebbe arruolarsi nella Resistenza. Rifiutato, si trasforma in un collaborazionista. Invaghitosi della coetanea France (Clement), figlia di un sarto ebreo, cercherà di metterla in salvo.
Lo spunto più interessante, seppur discutibile, del film, sta nel mostrare l'appartenenza ideologica come impulso dalle origini più diverse. Ma al di là dei contenuti, la vicenda viene tirata troppo per le lunghe, gli attori - a partire dal protagonista Pierre Blaise, del quale non si sentirà più parlare - inadeguati e, come ha scritto Kezich, se il regista "voleva farci versare una lacrima sulla fucilazione di Lucien ha proprio sbagliato indirizzo".    

sabato 5 ottobre 2013

Redemption – Identità Nascoste

anno: 2013       
regia: KNIGHT, STEVENS 
genere: gangster 
con Jason Statham, Agata Buzek, Vicky McClure, Benedict Wong, Ger Ryan, Youssef Kerkour, Anthony Morris, Victoria Bewick, Christian Brassington, Danny Webb, Sang Lui, Bruce Wang, David Bradley, Siobhan Hewlett, Steven Beard, John Killoran, Lillie Buttery, Adam Skeats, Macey Chipping, Jason Wong, Emaa Hussen, Ed Gaughan, Ian Pirie, Sheng-Chien Tsai, Josef Altin, Christopher Logan, Jeff Mirza, Emily Lue Fong, Michelle Lee, Joseph Long, Joe Kallis, Anna Maria Everett, Cesare Taurasi, Rosemary Annabella, Andrew Ellis, James Bye, Chris Streeks, Bahaa Nasser, Aklima Begum, Tony Hoy 
location: Afghanistan, Regno Unito
voto: 4

Lui (Statham) è un ex combattente in Afghanistan con qualche cicatrice sulla coscienza. Lei (Buzek) è una suora di origini polacche che avrebbe voluto continuare a studiare danza classica e che invece sfama i drop outs come lui, gente costretta non solo a vivere in strada, ma anche a subire le angherie di qualche sgherro. Finché un giorno lui, con una generosissima quanto implausibile mano data dal caso, non inizia a rifarsi una vita come uomo di fiducia di un capomafia cinese. E a mettersi alla ricerca dell'assassino della sua amica clochard, trasformandosi nell'ennesima reinvenzione de Il giustiziere della notte.
Thriller completamente inverosimile che inanella cliché sulla redenzione a tutto spiano: dalla suorina quattrocchi e inguardabile al reduce vittima dei complessi di colpa per la malefatte in trasferta. Se ci si accontenta di qualche scazzottata, una manciata di scene a suon di arti marziali e un paio di inseguimenti a piedi lo si può anche vedere, ricordandosi però che la regia (stiamo parlando di un esordio) è quasi inesistente e che chiamare "attore" il protagonista è un'offesa a tutta la categoria.    

mercoledì 2 ottobre 2013

In trance

anno: 2013       
regia: BOYLE, DANNY  
genere: giallo  
con James McAvoy, Vincent Cassel, Rosario Dawson, Danny Sapani, Matt Cross, Wahab Sheikh, Mark Poltimore, Tuppence Middleton, Simon Kunz, Michael Shaeffer, Tony Jayawardena, Vincent Montuel, Jai Rajani, Spencer Wilding, Gursharan Chaggar, Edward Rising  
location: Regno Unito
voto: 5,5

Durante una battuta d'asta londinese, un commando superorganizzato ruba un quadro di Goya dal valore di 25 milioni di sterline. O, almeno, crede di rubarlo, visto che, una volta aperta la refurtiva, il capo dell'organizzazione (Cassel) si accorge che la cornice è vuota e la tela sparita. La colpa ricade subito sul battitore d'asta (James McAvoy, che ricordiamo come coprotagonista de L'ultimo re di Scozia) che era d'accordo con i fuorilegge: l'uomo ha però ricevuto un colpo alla testa e non ricorda dove ha nascosto l'opera d'arte. La soluzione è quella di andare da una ipnotista (Dawson) che lo metta nelle condizioni di ricordare. Ma nella mente dell'uomo le cose sono ben più ingarbugliate del previsto e la terapia del ricordo lascia affiorare ben altre vicende.
Nonostante si confermi un film maker di prim'ordine, capacissimo di qualsiasi virtuosismo con la macchina da presa così come nell'assemblaggio delle sue opere, stavolta Danny Boyle scivola su un copione troppo "scritto", che alla mezz'ora iniziale fa seguire una trama molto cerebrale che abbandona la traccia dell'action movie per seguire quella del thriller psicologico. Alla lunga i 100 minuti di film sembrano interminabili, nonostante i numerosi cambi di rotta in sottofinale, e la trama stagna a lungo nella zona mediana del film, con una sovrapposizione dello schema seduta/abreazione a suon di flashback che risulta noioso e confuso. Con Millions, il film finora meno riuscito di questo grande regista.