mercoledì 26 ottobre 2016

Jack Reacher - Punto di non ritorno (Jack Reacher: Never Go Back)

anno: 2016       
regia: ZWICK, EDWARD
genere: thriller
con Tom Cruise, Cobie Smulders, Aldis Hodge, Danika Yarosh, Patrick Heusinger, Holt McCallany, Robert Knepper, Daryl Thibodaux, Terence Easterling, Darcel White Moreno, Robert John Gilchrist, Sabrina Gennarino, Nicole Barré, Anthony Molinari, Hunter Burke, Madalyn Horcher, Austin Hébert, Sean Boyd, Josh Stephenson, Robert Catrini, Teri Wyble    
location: Usa
voto: 4

Nel 2012, Jack Reacher, partorito dalla mente di Lee Child e trasferito sul grande schermo da Christopher McQuarrie (che con lo stesso Cruise due anni dopo, in Mission impossibile: Rogue nation, dimostrò di poter legittimare la sua candidatura a maestro dell'action movie), sorprese tutti. Sembrò il perfetto punto di equilibrio tra l'ex agente speciale diventato apolide, modello Jason Bourne, e l'Ethan Hunt proprio di Mission impossible, interpretato dallo stesso Cruise. Passato nelle mani di Edward Zwick, il film e il personaggio perdono tutto lo smalto del primo episodio della serie, compromettendo eventuali seguiti.
La trama vede l'ex agente della polizia militare coinvolto nel tentativo di togliere Susan Turner (Smulders), maggiore presso lo stesso corpo militare, da un'intricata situazione che la vorrebbe ingiustamente coinvolta in accuse falsamente diffamatorie e per questo chiusa in cella. Contemporaneamente, c'è un'adolescente da mettere in salvo (Yarosh). Spostandosi da Washington a New Orleans, tra fughe continue, scazzottate a gogo e dialoghi asfittici, il nostro eroe tenta di portare a casa l'impresa.
Imperniato sempre sullo stesso modulo (avvicinamento dei cattivi, fuga, scazzottata, dialogo), il film procede stancamente per ben due ore puntando sull'aggiunta di un personaggio pletorico (la ragazzina) e su un plot inutilmente intricato per raccontare il doppiogioco dei vertici militari a stelle e strisce, che vendono armi e droghe in Afghanistan.    

domenica 23 ottobre 2016

Café Society

anno: 2016       
regia: ALLEN, WOODY   
genere: commedia   
con Jesse Eisenberg, Kristen Stewart, Jeannie Berlin, Steve Carell, Blake Lively, Parker Posey, Corey Stoll, Ken Stott, Anna Camp, Stephen Kunken, Sari Lennick, Paul Schneider, Anthony DiMaria, Craig Walker, Michael Elian, Saul Stein, Edward James Hyland, Paul Schackman, Eric Rizk, Penelope Bailey, Raymond Franza, Sebastian Tillinger, Steve Rosen, Shae D'lyn, Tony Sirico, Max Adler, Lev Gorn, Don Stark, Armen Garo, Gregg Binkley, Bettina Bilger, Tess Frazer, Richard Portnow, Taylor Carr    
genere: Usa
voto: 6   

Nella Hollywood degli anni '30 il giovane Robert (Eisenberg) cerca di sbarcare il lunario assolvendo a piccoli lavoretti che gli assegna lo zio (Carell), un magnate del cinema. Qui si innamora della la donna sbagliata, Vonnie (Stewart), che è l'amante dello zio. All'ulteriore temporeggiare di quest'ultimo davanti alla possibilità di lasciare la propria moglie per Vonnie, la ragazza decide di accettare la corte di Robert. Ma il pendolo dell'amore torna a battere dall'altra parte, Robert fa fortuna a New York, dove nel frattempo è tornato, si è arricchito e si è sposato. Quando la sua esistenza sembra ormai scorrere tranquilla, Vonnie si ripresenta nella sua vita…
Con una produzione sterminata come quella raccolta in quasi mezzo secolo di carriera da regista, non sorprende che qualche volta l'ormai ottantenne Woody Allen scriva i suoi film con il pilota automatico. Eppure - sarà l'ambientazione d'epoca con dominanti ocra date dalla fotografia assai classica di Vittorio Storaro, saranno le impeccabili scenografie, sarà il tono leggero e aggraziato che aleggia su tutto il film, accompagnato dalla voce narrante che imprime un registro ancora più romanzato alla storia, saranno le battute lapidarie che fioccano per un'ora e mezza o la fluidità del racconto - il quarantacinquesimo film di Allen, pur nella sua estrema leggerezza, non manca di elementi gustosi, a partire dalla arguta satira nei confronti dei tipici caratteri ebrei.    

sabato 22 ottobre 2016

Italian Gangsters

anno: 2015   
regia: DE MARIA, RENATO
genere: documentario
con Francesco Sferrazza Papa, Sergio Romano, Aldo Ottobrino, Paolo Mazzarelli, Andrea Di Casa, Luca Micheletti    
location: Italia
voto: 6

I gangster più famosi che hanno insanguinato le strade dì Italia - specialmente quelle del centro-nord - tra gli anni quaranta e gli anni sessanta del Novecento fanno da cartina di tornasole di un'epoca di trasformazioni sociali attraverso un docufiction che monta materiali d'archivio, film di genere (da Di Leo, Bava e Deodato fino ad autori come Petri e Bellocchio) e ricostruzione affidata ad attori poco noti ma tutti di eccezionale bravura. L'operazione che racconta le vicende testosteroniche e al cardiopalmo di Ezio Barbieri, Paolo Casaroli (l'antieroe della mala bolognese già visto al cinema ne La banda Casaroli, di  Vancini), Pietro Cavallero (sul suo caso Lizzani girò Banditi a Milano), Luciano De Maria, Horst Fantazzini (il rapinatore galante che venne interpretato da Stefano Accorsi in Ormai è fatta!, di Enzo Monteleone) e Luciano Lutring, il solista del mitra, ha un indubbio marchio di originalità ma riesce solo a metà: il montaggio trasforma le diverse vicende in un unico blob nel quale i singoli caratteri diventano quasi indistinguibili, i riferimenti cinefili approssimativi e la soluzione di continuità tra fiction e cinegiornali dell'istituto Luce alquanto caduca. Un'occasione in parte sprecata per Renato De Maria, regista costantemente sul filo dell'azzardo - e per questo encomiabile - ma dai risultati alterni, come dimostrano film quali Hotel paura, Paz!, Amatemi e La prima linea.    

venerdì 21 ottobre 2016

Io, Daniel Blake (I, Daniel Blake)

anno: 2016       
regia: LOACH, KEN
genere: drammatico
con Dave Johns, Hayley Squires, Briana Shann, Dylan McKiernan, Natalie Ann Jamieson, Micky McGregor, Colin Coombs, Kate Rutter, Sharon Percy, Kema Sikazwe, Micky McGregor    
location: Regno Unito
voto: 9

Il carpentiere sessantenne di Newcastle Daniel Blake (Johns) ha avuto un serissimo problema al cuore che gli impedisce, almeno momentaneamente, di lavorare. Per lui inizia così una gimcana tra uffici per il sussidio da disoccupazione, test per verificare la sua reale inabilità al lavoro e altre aberrazioni burocratiche che lo fanno entrare in una spirale kafkiana nella quale finisce anche Katie (Squires), giovane madre con due figli a carico, che fatica a sbarcare il lunario.
A 80 anni Ken il rosso continua a sfornare opere di livello sopraffino, toccando, con Io, Daniel Blake, uno dei vertici artistici della sua invidiabilissima carriera di autore. L'occhio sempre attento agli ultimi lo porta stavolta a scoperchiare le mostruosità del potere leviatanico di uno Stato che ha perso qualsiasi forma di protezione e garanzia verso i cittadini ("sono un cittadino: niente di più, niente di meno", è l'epitaffio di Daniel), schiacciandoli sotto il peso di un intollerabile gigantismo burocratico. È l'affresco dolente della povertà 2.0 vista in film come La legge del mercato, Due giorni, una notte, Le nevi del Kilimangiaro, Giorni e nuvole e che ha in Umberto D il suo più illustre antesignano. Un apologo morale sull'inestinguibile dignità di un uomo condannato al martirio della pedanteria, messo in scena con assoluto verismo e la solita, impeccabile direzione degli attori (con Loach, anche i più sconosciuti sembrano fare miracoli).
Se i contenuti del film - Palma d'oro a Cannes - richiedono l'urgenza di vederli proiettati d'obbligo nelle scuole, la forma non è meno sbalorditiva: Loach colpisce per la sua capacità di risultare efficacissimo con il suo cinema essenziale, scarnificato, senza fronzoli né (quasi) colonna sonora, lineare, in perfetto equilibrio tra i toni della commedia dell'assurdo (l'imperdibile dialogo iniziale è tragicamente comico), persino rasente qualche venatura didascalica (lo spiegone sull'immondizia dato al giovane vicino di casa, l'assoluto senso di responsabilità), eppure in grado di arrivare al cuore dello spettatore con una potenza sorprendente, rendendogli quasi impossibile l'impresa di rimanere a ciglio asciutto.    

mercoledì 12 ottobre 2016

Liberami

anno: 2014       
regia: DI GIACOMO, FEDERICA  
genere: documentario  
location: Italia
voto: 7  

Prima dell'arrivo dei titoli di coda, alcune brevi note tratte da un numero di Le Monde del 2014 ci informano che il numero di esorcisti, in Italia ma anche nel resto del mondo, sta aumentando vertiginosamente, al punto che per supplire alla carenza di specialisti si ricorre a supporti telefonici e all'organizzazione di appositi convegni. Quello di Federica Di Giacomo è un documentario che vuole raccontare il mondo degli esorcismi dando voce e volti, con assoluto pudore (non c'è voce over, non ci sono commenti di alcun genere né colonna sonora: parlano soltanto le immagini), al nuovo medio evo nel quale stiamo vivendo, come se più di cento anni di psichiatria non fossero stati sufficienti per affrancarci da superstizioni di ogni risma. Certo che a vedere come si dimenano, come sputano e come cambiano la voce gli impossessati da Satana e soci c'è da rispolverare l'immaginario prodotto da L'esorcista oltre quarant'anni prima. Colpisce che gli indemoniati portati al cospetto di Padre Cataldo, in Sicilia, siano quasi tutte donne, così come colpiscono le lunghissime file che i questuanti fanno per ottenere la loro "liberazione" dal maligno, fino ai casi estremi di chi - pur di raggiungere lo scopo - è disposto a improvvisare una serenata sotto le finestre dell'abitazione dello stesso prelato. Il quale, all'occorrenza, opera anche per via telefonica.
Liberami è un avvincente documentario etnografico con molti momenti involontariamente comici, capace di rendere indistinguibile lo straripamento psichico dalla messa in scena viziata culturalmente e aiutata dalla presenza della macchina da presa, indubitabile vettore di perturbazione dell'oggetto di indagine.    

martedì 11 ottobre 2016

Lo and Behold - Internet: il futuro è oggi (Lo and Behold, Reveries of the Connected World)

anno: 2016       
regia: HERZOG, WERNER  
genere: documentario  
con Lawrence Krauss, Kevin Mitnick, Elon Musk, Sebastian Thrun, Lucianne Walkowicz  
location: Usa
voto: 3  

Werner Stipetic, meglio conosciuto come Werner Herzog, non possiede neppure un telefono cellulare. O, almeno, così leggo sulla stampa specializzata. Non contento di avere girato documentari inguardabili come L'ignoto spazio profondo, eccolo alle prese con altra materia a lui ignota: internet. Il nostro se ne va in giro a parlare con i guru dell'informatica, i professoroni di Stanford o l'hacker più famoso del mondo - tutti impegnati nella gara a chi la spara più grossa - per capire l'aria che tira. Articolando l'insieme in dieci capitoli - da "le origini" a "il futuro" - il nostro pone domande tipo "internet potrà sognare se stesso?" o "i computer potranno provare sentimenti?" che suscitano domande sulla dose di peyote assunta dal regista tedesco ma non rivelano nulla né sui possibili scenari di futuri (la fantascienza profetizzò astronavi intergalattiche e umanoidi che si sarebbero impossessati del pianeta, ma nessuno - Asimov, Wells, Dick, Clarke - intuì come internet avrebbe cambiato le nostre vite), né sui parossismi prodotti dalla rete. L'esistenza di forme patologiche di dipendenza dai videogiochi, per esempio, con adolescenti che per non perdere punti stanno seduti davanti al monitor si attrezzano con il pannolone per espletare eventuali bisogni fisiologici, o che gli smartphone abbiano fatto irruzione anche tra i monaci tibetani non è una sorpresa per nessuno. La vera sorpresa, invece, è che un regista con quasi cinquant'anni di attività alle spalle non riesca, con un tema tanto flessibile e attuale, non dico ad approssimarsi allo stile di Robert Flaherty o di Patricio Guzmán, o alla vivacità di Michael Moore, ma almeno ad andare oltre lo standard di Superquark. Lunghe inquadrature fisse, montaggio a suon di rasoiate, interviste interminabili, pletorica voce over dell'autore sono gli addendi stilistici che offrono come risultato un film verbosissimo, eccessivamente lungo (un'ora e cinquanta), piatto e soprattutto incapace di offrire un quadro futurologico che vada oltre il bigino di informatica.    

lunedì 10 ottobre 2016

Go with me

anno: 2015       
regia: ALFREDSON, DANIEL
genere: thriller
con Anthony Hopkins, Julia Stiles, Alexander Ludwig, Ray Liotta, Lochlyn Munro, Hal Holbrook, Taylor Hickson, Aleks Paunovic, Chris Gauthier, Aaron Pearl, Audrey Smallman    
location: Usa
voto: 1

Dopo la morte della madre, Lillian (Stiles) torna da Seattle nel suo paesino natale. Qui la donna viene presa di mira da Blackway (Liotta), uno stalker violentissimo con un passato da poliziotto, temuto in tutta la cittadina. Lillian decide così di rivolgersi allo sceriffo locale, il quale si limita a consigliarle di vendere tutto e andarsene da quel luogo. Con tetragona determinazione, la ragazza cerca aiuto altrove e lo trova in un vecchio taglialegna (Hopkins) - che con Blackway ha un vecchio conto in sospeso - e dal suo assistente (Ludwig) a scarso dosaggio di neuroni. I tre si mettono alla ricerca dell'uomo, fino al regolamento di conti finale.
Western contemporaneo diretto da Daniel Alfredson, svedese sbarcato a Hollywood dopo il successo planetario di La ragazza che giocava con il fuoco e La regina dei castelli di carta, e tratto dal best seller di Castle Freeman Jr., Go with me è un thriller che lascia senza parole: manca la tensione, mancano i colpi di scena, manca completamente il finale (la pellicola sembra finire di colpo), manca la sceneggiatura e i quattro protagonisti sono tragicamente piatti.    

venerdì 7 ottobre 2016

Pets - Vita da animali (The Secret Life of Pets)

anno: 2016       
regia: CHENEY, YARROW * RENAUD, CHRIS
genere: animazione
con le voci di Alessandro Cattelan, Lillo Petrolo, Francesco Mandelli, Laura Chiatti
location: Usa
voto: 2

Max e la sua padroncina Katie sono inseparabili. Ma quando quest'ultima porta in casa Duke, un secondo quadrupede di grossa taglia, Max si ingelosisce e finisce in una tortuosa avventura tra le strade di Manhattan, il sistema fognario popolato da una ridda di animali guidati da un coniglio e le rincorse degli accalappiacani.
Al di là della sopraffina tecnica di animazione, siamo ormai al grado zero della scrittura, con un plot scritto per mocciosi diversamente abili. Molto diversamente. Il film diretto da Chris Renaud, già in cabina di regia per Cattivissimo me, vorrebbe riprendere l'idea di fondo di Toy Story, coniugandola con una sorta di lotta di classe tra benestanti animali da appartamento e freaks di strada, tutti comunque ugualmente dotati di favella. Non riesce però ad andare oltre al pastrocchio di un rozzo film d'avventura che occhieggia con sguardo strabico a Giù per il tubo e, a dispetto del 3D, riesce a rendere tutti i personaggi brutalmente monodimensionali. Come se non bastasse, ad ammazzare il film contribuisce la musica tonitruante di Alexandre Desplat e l'imbarazzante doppiaggio italiano, che assembla professionisti con attori che andrebbero radiati dal grande schermo per decreto-legge, ma che tanto piacciono al pubblico beota, abituato a dosi bulimiche di radio e televisione spazzatura: le star radiofoniche Alessandro Cattelan e Lillo Petrolo, a cui si aggiungono Francesco Mandelli (I soliti idioti) e Laura Chiatti. Da salvare resta soltanto la scena iniziale, speculare a quella di chiusura: indovinate un po' cosa fanno i vostri animali da compagnia appena chiudete la porta di casa?    

martedì 4 ottobre 2016

Neruda

anno: 2016       
regia: LARRAIN, PABLO
genere: biografico
con Luis Gnecco, Gael García Bernal, Mercedes Morán, Diego Muñoz, Pablo Derqui, Michael Silva, Jaime Vadell, Alfredo Castro, Marcelo Alonso, Francisco Reyes, Alejandro Goic, Emilio Gutiérrez Caba    
location: Cile, Francia
voto: 8

Nel 1948 il senatore comunista Pablo Neruda (Gnecco) denunciò il presidente Videla per aver tradito il Paese nonostante l'appoggio del partito comunista. Per tutta risposta, Videla spiccò un mandato di cattura contro il poeta e scrittore cileno, costretto così alla fuga insieme alla moglie argentina (Moran) e appoggiato da un nugolo di fedelissimi amici. Sulle sue tracce Oscar Peluchonneau (Bernal), un poliziotto egocentrico e mezzo impostore.
A oltre vent'anni da Il postino di Michael Radford, la figura di Ricardo Reyes - in arte Pablo Neruda - torna sul grande schermo nel visionario film di Pablo Larrain. Il quale, a breve distanza dal capolavoro Il club, compie il miracolo di fondere la dimensione epica del racconto - quasi interamente articolato su una caccia all'uomo (nella fascinazione che l'inseguitore subisce dall'inseguito, tornano alla mente Nemico pubblico e Heat) - con quella lirica, affidata in gran parte alla voce narrante di Peluchonneau, sovrapponendo realtà e finzione con un virtuosistico gioco cubista sugli spazi,  e firmando così un biopic anomalo e surreale nel quale persino il personaggio dell'inseguitore semina dubbi sulla sua stessa, possibile irrealtà. Così, alle liriche ora declamate direttamente dal protagonista, ora spezzettate dalla voce off del suo antagonista, si alternano richiami al Canto generale, che Neruda compose durante quella fuga da oppositore irriducibile, amante delle donne, spericolato frequentatore di bordelli, amico di Picasso e dei grandi intellettuali europei, l'uomo definito da Marquez "il più grande poeta del Novecento", premio Nobel nel 1971. Neruda è l'ennesimo film del regista cileno sulla rappresentazione del potere, un'opera capace di giganteggiare nella dimensione estetica (la fotografia desaturata, lo strabiliante pianosequenza inziale, nei bagni del Senato) e di muoversi agilmente tra poliziesco, road movie e melodramma con improvvise sterzate grottesche.    

lunedì 3 ottobre 2016

The Space in Between: Marina Abramovic and Brazil

anno: 2016       
regia: DEL FIOL, MARCO  
genere: documentario  
con Marina Abramovic  
location: Brasile
voto: 5  

Nel 2012 una ferita d'amore mai suturata spinse Marina Abramovic, la più nota performing artist del pianeta, a spingersi fino in Brasile alla ricerca di una forma dello spirito capace di lenire le sue sofferenze interiori. La donna cresciuta in ossequio alla ferrea disciplina corporale che le venne imposta dai suoi genitori si dice incapace di tenere a bada le sofferenze dell'anima. Per questo, comincia un lungo viaggio in una terra che è il crocevia delle tradizioni spirituali e mistiche più diverse, tra sciamanesimo, stregoneria, i simbolismi dei Rosa Croce, le influenze di Gurdjieff e dei monaci tibetani, lo spiritualismo indù, riti purificatori, danze liberatorie, guaritori, la devastante esperienza dell'ayahuasca e i cristalli di Minas Gerais.
Per la seconda volta oggetto di un documentario ad appena tre anni dal precedente, splendido The artist is present, Marina Abramovic ci conduce in un mondo più consono alle osservazioni di Vittorio Lanternari che allo spettatore a digiuno di nozioni etnologiche o di antropologia culturale. Il film, infatti, inciampa paradossalmente nello stesso punto rispetto al quale manifesta il suo aspetto più interessante: quello di largheggiare nella messa in scena delle variegate forme di quel mondo atemporale e lontanissimo da qualsiasi contaminazione tecnologica che è il misticismo brasiliano, raccontando pochissimo o nulla dell'artista serba. Il neofita finisce col rimanere escluso dall'universo creativo di quest'ultima, mentre chi già conosce la traiettoria artistica della Abramovic dovrà accontentarsi di ascoltare la sua toccante confessione a occhi chiusi e di godersi le immagini in campo lungo che la ritraggono quasi sempre sdraiata, alla ricerca di quell'energia che il suo lavoro di artista l'ha tanto spesso indotta a scambiare con il pubblico. Cinematograficamente irrilevante, il film possiede un mero valore di documentazione rispetto al percorso spirituale della grande artista serba.