lunedì 28 gennaio 2019

Millennium - Quello che non uccide (The Girl in the Spider's Web)

anno: 2018       
regia: ALVAREZ, FEDE    
genere: thriller    
con Claire Foy, Sylvia Hoeks, Lakeith Stanfield, Stephen Merchant, Vicky Krieps, Cameron Britton, Claes Bang, Sverrir Gudnason, Synnøve Macody Lund, Christopher Convery    
location: Svezia, Usa
voto: 6,5    

Comincia con un incesto tra un padre e una figlia adolescente al cospetto di quella più piccola il nuovo capitolo della saga che ha preso vita dalla penna di Stieg Larsson, e che passa sotto la regia di Fede Alvarez, regista uruguaiano specializzato in Horror (La casa, Man in the dark). E continua sull'orlo dell'esagerazione, quando la ragazzina testimone delle mostruosità paterne è diventata una hacker lesbica (Foy) determinata a recuperare un software in grado di gestire la maggior parte dei sistemi di sicurezza militari del mondo. Aiutata da un giornalista (Gudnason) con una bella fetta di interessi, la ragazza si trova a fronteggiare un gruppo di ultracriminali capeggiati proprio dalla sorella (Hoeks), che ha avuto tempo per diventare peggio del padre.
Un po' 007, con la formula abusata dei cattivissimi che per fame di vendetta personale vogliono coventrizzare il mondo, un po' thriller con scantonate horror, il film funziona meglio nella prima parte, nella quale trama e soluzioni registiche trovano qualche elemento di originalità e moltissimo ritmo. Non va così nella seconda, quando Alvarez ingrana il pilota automatico, si affida quasi in toto a inseguimenti, esplosioni ed effetti speciali, per approdare a un finale che si avvicina al ridicolo.    

lunedì 21 gennaio 2019

Un nemico che ti vuole bene

anno: 2018   
regia: RABAGLIA, DENIS    
genere: commedia nera    
con Diego Abatantuono, Antonio Folletto, Mirko Trovato, Sandra Milo, Roberto Ciufoli, Annabella Calabrese, Gisella Donadoni, Massimo Ghini, Antonio Catania, Ugo Conti, Andrea Preti, Ernesto Lama, Ciro Esposito, Paolo Ruffini    
location: Italia, Svizzera
voto: 7    

In una notte di pioggia fittissima, un professore universitario di astrofisica (Abatantuono) si trova a dover soccorrere un moribondo colpito da arma da fuoco e trovato sul ciglio della strada (Folletto). Dopo poco scopre che il ragazzo è un killer a pagamento il quale, per sdebitarsi, vuole a tutti i costi eliminare qualche nemico personale del professore. Refrattario a qualsiasi idea del genere, il docente scoprirà che di nemici e traditori ne ha invece moltissimi.
Commedia nera scritta dal regista ticinese Denis Rabaglia con Heidrun Schleef e Luca De Benedittis e tratto da un racconto di Krzysztof Zanussi, Un nemico che ti vuole - girato tra Lecce, Bari, Tricase, Trani e le Alpi svizzere - parte con un autentico intreccio thriller con più di un colpo di scena, per poi perdere un po' di mordente in un finale parzialmente conciliatorio. Un vero peccato, perché il mix tra satira di costume e umorismo nero, esaltato dal registro straniato e lunare di un ottimo Abatantuono e dalla prova maiuscola del giovane Antonio Folletto, avrebbe meritato un finale più cattivo e coraggioso.    

domenica 20 gennaio 2019

Bohemian Rhapsody

anno: 2018       
regia: SINGER, BRYAN    
genere: biografico    
con Rami Malek, Lucy Boynton, Aidan Gillen, Joseph Mazzello, Tom Hollander, Allen Leech, Ben Hardy, Gwilym Lee, Aaron McCusker, Neil Fox-Roberts, Meneka Das, Mike Myers    
location: Regno Unito, Usa
voto: 5    

Biopic che racconta i successi dei Queen, band britannica a cavallo tra hard rock, pop ultracommerciale ed escursioni operistiche, famosissima tra gli anni '70 e gli anni '80. Ma soprattutto biopic sul suo frontman, il carismatico Freddie Mercury, pseudonimo di Farrokh Bulsara, nato in un protettorato britannico a Zanzibar e di religione zoroastriana. Nella mani del regista Bryan Singer (prima licenziato, poi riassoldato), che dopo il successo de I soliti sospetti si è fatto notare soprattutto come regista di opere di fantascienza, il film non va oltre un banalissimo compitino di assemblaggio tra ricostruzioni del repertorio della band ed escursioni nella vita privata di Freddie Mercury: un "prodotto ordinario sul piano stilistico, ridicolo e ipocrita su quello scandalistico e soprattutto assolutamente vuoto" come ha scritto Valerio Caprara su Il Mattino. La relazione con una donna con cui rimarrà amico per sempre, gli eccessi dell'eonismo portato sul palco con una formula di glam rock che faceva impazzire i suoi ammiratori e il rapporto ambiguo con il suo compagno manager, oltre alle serate all'insegna di alcol e droga, sono i soli punti di snodo di un racconto fiacchissimo, pieno di omissis e preoccupato soprattutto di passare in rassegna i successi della band (da Don't Stop Me Now a Somebody to Love e We are the champions, più, ovviamente, la canzone eponima del film), con riprese effettivamente spettacolari che trovano il loro tripudio nella fedele ricostruzione del concerto al quale i quattro presero parte in occasione del Live aid (era il 1985), quando Freddie Mercury era già malato. Sarebbe morto di Aids 6 anni più tardi, prima di venire consacrato come una della icone più inossidabili del mondo LBGT. Peccato che a impersonarlo senza alcuno charme sia l'attore di origini egiziane Rami Malek, che a partire dai 4 incisivi in più presenti nella dentatura, si limita a farne una caricatura striminzita all'interno di un film che vorrebbe essere monumentale (investimenti colossali e successo assicurato al botteghino), tutto lustrini e paillettes ma senza anima.    

sabato 19 gennaio 2019

Tutto quello che vuoi

anno: 2017       
regia: BRUNI, FRANCESCO    
genere: commedia    
con Giuliano Montaldo, Andrea Carpenzano, Arturo Bruni, Emanuele Propizio, Donatella Finocchiaro, Antonio Gerardi, Raffaella Lebboroni, Andrea Lehotska, Riccardo Vitiello, Carolina Pavone    
location: Italia
voto: 1    

Alessandro (Carpenzano), 22enne trasteverino perdigiorno, ha lasciato gli studi anzitempo. Suo padre (Gerardi) gli trova una occupazione come accompagnatore di un anziano poeta malato d'Alzeheimer (Montaldo). Con l'uomo e con la combriccola di nullafacenti suoi coetanei, Alessandro si tufferà in una imprevista caccia al tesoro, indirizzata in Toscana, in un viaggio che sarà occasione per scoprire le virtù dell'anziano e per capire meglio sé stesso.
Dopo il fulminante esordio di Scialla!, Francesco Bruni tocca il nadir della sua produzione da regista con un film insipido, senza alcun ritmo, tutto giocato sul contrasto - a suon di luoghi comuni - tra i modi attempati dell'anziano protagonista e quelli dei ragazzi, con accentuatissima calata in vernacolo, che sembrano presi di peso da una curva dello stadio Olimpico. Tutto quello che vuoi non è che un racconto di formazione in forma di road movie come se ne sono visti a centinaia, servito da un cast d'attori che, con la sola eccezione di Antonio Gerardi, è inguardabile e inascoltabile.    

giovedì 17 gennaio 2019

Vice - L'uomo nell'ombra

anno: 2018       
regia: McKAY, ADAM    
genere: biografico    
con Christian Bale, Amy Adams, Steve Carell, Sam Rockwell, Kirk Bovill, John Hillner, Jesse Plemons, Alison Pill, Lily Rabe, Tyler Perry, Justin Kirk, Lisagay Hamilton, Bill Pullman    
location: Cuba, Usa
voto: 5    

Richard Bruce Cheney, noto a tutti come Dick, è stato una sorta di J Edgar della Casa Bianca. Persona influentissima, capace di manovre astute compiute sempre con passo felpato e un invidiabile understatement, Dick Cheney è la prova provata che un qualsiasi ubriacone perdigiorno e arrivista, con la giusta dose di spregiudicatezza e ambizione, negli Stati Uniti può arrivare dove vuole. Per esempio, a gestire le decisioni cruciali nelle ore immediatamente successive all'attacco alle Torri Gemelle, mentre quel presidente fantoccio di George W. Bush era impegnato a leggere storielline in una scuola della Florida. Stagista già ai tempi della presidenza Nixon, costantemente dalla parte più conservatrice e illiberale dei repubblicani, Cheney fu segretario alla difesa durante l'amministrazione di Bush senior. Con l'insediamento di Clinton alla Casa Bianca, per Cheney sembrarono arrivare (letteralmente, nel film) i titoli di coda di una carriera fulminante che tuttavia non aveva ancora toccato il suo zenit. Dopo cinque anni passati a fare l'A.D. di una compagnia petrolifera, fu vicepresidente durante il doppio mandato di Bush Junior, prima di chiudere la carriera politica nel 2009, lasciandosi dietro una lunga scia di decisioni brutali: dal controllo delle mail private di ogni singolo cittadino americano alla piena legittimazione della tortura, fino all'apoteosi della guerra inventata in Iraq, che fece di Cheney uno degli artefici indiretti della nascita dell'Isis.
A raccontare la sua vicenda con voce off e qualche occasionale comparsata sullo schermo è un veterano di quella guerra (Plemons), l'uomo che a seguito di un incidente mortale fece da involontario donatore per il trapianto di cuore allo stesso multinfartuato Cheney. Quello ancora pulsante che viene inserito nella sua scatola toracica è l'unico cuore di questo film senza cuore,  algido, dal ritmo lentissimo, assai più preoccupato di spiazzare lo spettatore con qualche trovata a effetto che non di denunciare, fatto salvo il frettoloso bigino finale, le nefandezze e le manipolazioni di cui Cheney - con la sua indiscutibile capacità di prendere all'amo chiunque - fu protagonista. Un film apolitico sulla politica, privo di forza accusatoria e teso soltanto a candidarsi agli Oscar grazie innanzitutto alla strepitosa operazione di trasformismo di uno straordinario Christian Bale. Una prova, la sua, pari e opposta a quella che ebbe in occasione de L'uomo senza sonno. Nè per accaparrarsi statuette avrà minor peso la definizione filologica dei caratteri di contorno, tra i quali, oltre al Rumsfeld di Steve Carell e al Bush Jr. di Sam Rockwell, spicca la figura opportunista della moglie di Cheney, impersonata da Amy Adams. Montaggio ed effetti speciali fanno pure la loro parte, ma l'impressione complessiva è che il regista Adam McKay rimanga quello di filmacci come Fratellastri a 40 anni, I poliziotti di riserva o Fotti la notizia, piuttosto che quello dello straordinario - e unico nella sua carriera - La grande scommessa. Se l'originalità a tutti i costi rimarrà il suo obiettivo per il futuro, qualcuno dovrebbe chiarirgli che quando le vai a spiegare, le metafore diventano didascalie e servono solo a banalizzare.    

lunedì 14 gennaio 2019

Demolition - Amare e Vivere

anno: 2015       
regia: VALLEE, JEAN-MARC    
genere: drammatico    
con Jake Gyllenhaal, Naomi Watts, Chris Cooper, Judah Lewis, Heather Lind, C.J. Wilson, Polly Draper, Malachy Cleary, Debra Monk, Wass M. Stevens, Blaire Brooks, Ben Cole, Brendan Dooling, James Colby, Alfredo Narciso, Madison Arnold, Tom Kemp, Stephen Badalamenti    
location: Usa
voto: 5    

Un incidente d'auto e David Mitchell (Gyllenhaal) - consulente presso la finanziaria gestita dal torvo suocero (Cooper) - rimane vedovo. È proprio il suocero a suggerirgli di analizzare tutto smontando pezzo per pezzo la sua vita. E lui si attiene alle indicazioni in maniera rigorosa: dapprima smontando computer e tutto ciò che gli capita a tiro, quindi devastando la sua lussuosissima casa. La sua vita si è inceppata come lo snack nel distributore automatico dell'ospedale dove è morta sua moglie. È da una lettera per richiedere il rimborso di quei pochi spiccioli, vergata a mano e dai forti contenuti autobiografici,  che comincia uno scambio e poi l'incontro con l'addetta all'ufficio reclami (Watts) che gestisce la macchina degli snack, una donna con figlio adolescente difficile al seguito (Lewis).
Sembra il complemento maschile a Wild il quarto film di Jean-Marc Vallee: lì Reese Witherspoon abbandonava la casa per andare alla ricerca di sé stessa in un'interminabile camminata; qui Jake Gyllenhaal si cala totalmente nell'ambiente domestico e cerca a colpi di martello di cogliere tutti quei dettagli che la moglie gli ha sempre rimproverato di non vedere. L'inizio del film è promettente e originale, ma poi la carne al fuoco diventa davvero troppa: il tradimento, l'omosessualità acerba del ragazzino, i rapporti difficili tra il protagonista e suo suocero, un amore che forse non era tale. Una storia inverosimile che procede per insistite metafore sul tema dell'elaborazione del lutto e sullo sfondo di ambienti impomatati.    

domenica 13 gennaio 2019

La La Land

anno: 2016       
regia: CHAZELLE, DAMIEN    
genere: musicale    
con Ryan Gosling, Emma Stone, J.K. Simmons, Finn Wittrock, Sandra Rosko, Rosemarie DeWitt, John Legend, Sonoya Mizuno, Ana Flavia Gavlak    
location: Francia, Usa
voto: 4    

Fosse stato "lui aspirante calciatore, lei aspirante velina", il pubblico italiano sarebbe andato in sollucchero per questa paccottiglia traboccante kitsch che ha fatto incetta di premi (Coppa Volpi a Venezia per la migliore attrice a Emma Stone, Oscar 2017 per miglior regia, attrice protagonista, fotografia, colonna sonora, scenografia e canzone originale). Tutto per cosa? Per una scena iniziale che, va riconosciuto, ha il suo effetto e deve essere costata un bel po' (un'infinita serie di macchine su una tangenziale losangelina è l'occasione per il primo balletto) e pochissimo altro. A partire dagli attori: Emma Stone, sguardo con l'esoftalmo perennemente corrucciato, e Ryan Gosling, che avrà anche imparato a suonare il pianoforte come si deve ma che, lavorando senza cappello, ha meno espressioni di quelle enumerate da una celeberrima battuta di Sergio Leone su Clint Eastwood. Entrambi a dir poco legnosi quando si tratta di ballare. Tra i due - lui jazzista che vorrebbe aprire un locale dove si suona musica mainstream, lei attricetta di quart'ordine che sbarca il lunario come barista - scocca la scintilla. Ma quando a lui si prospetta la possibilità di partire per una lunga tournée con la sua band, lei comincia a sconquassare le appendici pendule e se ne torna a casa dai genitori. Quando si incontrano di nuovo, cinque anni più tardi, le loro vite sono cambiate.
Tolti i cromatismi, le scenografie, qualche coreografia, alcune canzoni piuttosto indovinate, il resto di questo filmetto riproduce la stessa grana grossa del precedente film del trentenne Damien Chazelle, il pessimo Whiplash, con una trama meno che insulsa, robetta per anime belle, capaci di accontentarsi di fare sogni lasciando passare ancora una volta un messaggio reazionario (i bianchi salvano la musica dei neri...) a occhi aperti con storielline corrive come questa. Non essendo Bob Fosse né riuscendo a riprodurre quella leggerezza degna di Grease, Chazelle vorrebbe ispirarsi al musical classico. Ma Stanley Donen e Vincente Minnelli appartengono a un altro pianeta.    

sabato 12 gennaio 2019

Un bacio

anno: 2015       
regia: COTRONEO, IVAN    
genere: drammatico    
con Rimau Grillo Ritzberger, Valentina Romani, Leonardo Pazzagli, Thomas Trabacchi, Susy Laude, Giorgio Marchesi, Simonetta Solder, Sergio Romano, Laura Mazzi, Eugenio Franceschini, Denis Fasolo, Lisa Galantini, Sara Bertelà, Alessandro Sperduti    
location: Italia
voto: 4,5    

Blu (Romani), Antonio (Pazzagli) e Lorenzo (Grillo Ritzberger) sono tre sedicenni che frequentano la stessa scuola e sono oggetto di bullismo e discriminazione da parte dei compagni. Blu viene stigmatizzata perché tutti sanno che ha fatto una gang bang per compiacere il suo ragazzo; Antonio è tanto abile nella pallacanestro quanto impacciato nelle relazioni. Gli pesa il ricordo di un fratello morto (Sperduti) il cui fantasma lo ossessiona ed è invaghito di Blu. Lorenzo è un orfano che è stato adottato da una coppia di larghe vedute che non si fa alcun problema rispetto all'ostentazione pervicace dell'omosessualità del ragazzo, che è peraltro innamorato di Antonio.
Ambientato a Udine e costellato nella prima parte da squarci onirici e deviazioni in chiave musical (inollerabile quella della prova di abiti vintage) con tanto di animazioni coreograficamente accattivanti, l'opera seconda di Ivan Cotroneo è anch'essa tratta da un suo romanzo. Il film - a metà strada tra teen movie, musical ultrapop con canzoncine inascoltabili e involontaria parodia di Jules & Jim - vorrebbe essere un coraggioso apologo sulla tolleranza e contro il pregiudizio, ma tra muccinismi, iperboliche svolte melò e quell'aria saputella, sprezzante e insopportabile di Rimau Grillo Ritzberger (non a caso, non lo ha chiamato più nessuno), Un bacio finisce per schiantarsi contro il suo stesso oggetto, rischiando un totale effetto boomerang.    

giovedì 10 gennaio 2019

Old Man & the Gun

anno: 2018       
regia: LOWERY, DAVID    
genere: drammatico    
con Robert Redford, Casey Affleck, Sissy Spacek, Danny Glover, Tom Waits, Ari Elizabeth Johnson, Tika Sumpter, Teagan Johnson    
location: Usa
voto: 7    

Prossimo agli ottanta, Forrest Tucker (Redford) - modi ineccepibili, vestiti eleganti, eloquio da gentiluomo - non si rassegna a pensionarsi come rapinatore. Prima con due compari (i redivivi Denny Glover e Tom Waits), poi in solitaria, continua a consumare rapine in lungo e in largo per tutti gli States, sfoderando un'arma meno che convenzionale: il suo charme (l'unica pistola che si vede nel film è perennemente riposta nel cruscotto della macchina). Arma che usa anche con un'anziana e benevola mandriana (Spaceck) conosciuta nel suo girovagare, con la quale vorrebbe forse passare i suoi ultimi anni di vita.
Old man and the gun è innanzitutto il film dell'annunciato, definitivo abbandono delle scene da parte di Robert Redford. Un film intimista, crepuscolare, ispirato alla storia vera di un personaggio irrequieto e indomito che non sparò un solo colpo in vita sua e che collezionò un numero incredibile di evasioni dal carcere, anche in tarda età, e sempre ingegnosissime. A dargli la caccia un mite poliziotto che emana l'energia di un bradipo, interpretato da un Casey Affleck sul cui volto è stampata la domanda: "sarà mica mio padre?".    

mercoledì 9 gennaio 2019

Louisiana (The Other Side)

anno: 2015       
regia: MINERVINI, ROBERTO    
genere: documentario    
con Mark Kelly, Lisa Allen, James Lee Miller    
location: Usa
voto: 2    

Che cos'è un'opera come Louisiana? L'ultima frontiera che incrocia la ricerca etnografica con la sociologia visuale? Un esperimento estremo di docufiction? La smargiassata di un regista italiano che nel paese natio non ha mai girato un film e che viene osannato dalla critica e snobbato dal pubblico? Difficile dirlo davanti a un'opera così refrattaria a qualsiasi canone cinematografico e narrativo. Un'opera che per oltre un'ora mette in scena due drop out drogatissimi che vivono in condizioni miserrime in qualche anfratto sperduto della Louisiana e la cui unica preoccupazione è quella di iniettarsi eroina in qualunque spazio del corpo rimasto libero, compreso il seno. Stacco improvviso. Ci troviamo tra alcuni fanatici miliziani armati fino ai denti che si stanno preparando all'arrivo della legge marziale. Qualcuno si fa praticare una fellatio da una donna che indossa la maschera di Obama; altri sparano forsennatamente contro un'auto abbandonata sulla quale è appoggiato un manichino che rappresenta il primo presidente nero della storia americana. Tutto ripreso con occhio iperrealista. Troupe ridotta al minimo, impressionante capacità di avvicinare "l'oggetto" filmico, delegando completamente ad esso l'intero carico narrativo, senza la benchè minima traccia di copione. Senza una minima logica, senza un perché. Se non la volontà di essere profondamente disturbante.    

martedì 8 gennaio 2019

Sicko

anno: 2007   
regia: MOORE, MICHAEL    
genere: documentario    
con Michael Moore    
location: Canada, Cuba, Francia, Regno Unito, Usa
voto: 8    

Se ti capita di vedere Sicko con il deprecabilissimo ritardo di 12 anni dalla sua uscita in sala, la prima domanda che sei costretto a porti è: ma oggi le cose stanno ancora così, visto che - in mezzo - è passata la crisi finanziaria del 2008 con tutto quello che si è portata dietro? Già, perché Sicko parla di sistemi sanitari, di come quello americano sia completamente in ostaggio alle assicurazioni, di come non rispetti i minimi criteri di salvaguardia e salute dei cittadini e di come si collochi alla base di disuguaglianze sociali enormi. Per raccontarcelo, Michael Moore - che firma il terzo capolavoro di fila dopo Bowling a Columbine e Fahrenheit 9/11 - prima ci fa fare un giretto per gli ospedali degli Stati Uniti, raccontandoci la storia assurda quanto vera di quando la sanità è diventata una faccenda per affaristi, venendo così smantellata dal sistema di welfare pubblico (roba da comunisti!) e affidata alle "cure" di assicurazioni, banchieri e case farmaceutiche durante l'amministrazione Nixon. Poi ci mostra quello che avviene a pochi passi da casa sua: in Canada, per esempio, dove due suoi parenti - per un soggiorno di pochissimi giorni negli States - decidono di stipulare un'assicurazione sanitaria "perché non si sa mai", o nel Regno Unito, in Francia, per non dire a Cuba, dove persino i prigionieri di Guantánamo affiliati ad Al Qaida vengono trattati con più attenzione degli americani insigniti come eroi per aver dato il loro contributo a Ground Zero dopo l'11 settembre. Lo scenario presentato da Moore è a senso unico, a tratti rancoroso e sempre pronto all'iperbole: di qua, uno stato incapace di prendersi cura dei diritti fondamentali dei suoi cittadini come quello alla salute. Lo stato peggiore del mondo, dove le cure sono costosissime e se per caso ti finiscono due dita dentro a una sega elettrica e hai poco denaro, devi scegliere quale delle due farti riattaccare. Di là paesi nei quali quasi tutte le spese sono a carico dello stato e, sebbene a costo di una forte pressione fiscale, anche i cittadini più indigenti hanno diritto alle cure. Questa è la fotografia scattata da Michael Moore nel 2007. Verosimile e carica di ironia, dissacrante, divertente, disposta anche a fare propaganda attraverso il dolore. Oggi, purtroppo, il modello americano sta dilagando anche in Europa e la sanità rientra tra i tanti elementi di un sistema di welfare che il turbocapitalismo sta progressivamente e inesorabilmente cancellando.    

domenica 6 gennaio 2019

Il ladro (The wrong man)

anno: 1956   
regia: HITCHCOCK, ALFRED    
genere: noir    
con Henry Fonda, Vera Miles, Anthony Quayle, Harold J. Stone, John Heldabrand, Doreen Lang, Norma Connolly, Lola D'Annunzio, Charles Cooper, Laurinda Barrett, Esther Minciotti, Kippy Campbell, Robert Essen, Peggy Webber, Dayton Lummis, Frances Reid, Nehemiah Persoff, Richard Robbins    
location: Usa
voto: 7,5    

Un bravo e onesto padre di famiglia (Fonda) che suona il basso in un'orchestra stabile di un locale notturno newyorchese viene individuato da diversi testimoni come il responsabile di una serie di rapine nella zona. Per lui comincia un'odissea kafkiana che lo condurrà in galera e poi a un processo grottesco, prima che un volenteroso avvocato (Quayle) si metta alla ricerca di prove che lo scagionino. Nel frattempo, la moglie (Miles) perde il senno.
Annunciato dallo stesso in Hitchcock in apertura di film come ispirato a un vero fatto di cronaca (non stentiamo a crederlo), Il ladro (trasandatissimo titolo italiano in luogo dell'originale The wrong man) è un noir ad altissima tensione, giocato in buona parte sullo sguardo sgomento e atterrito di un Henry Fonda in stato di grazia. Ma alcuni elementi accessori (il protagonista ha un debole per il gioco d'azzardo) che non prendono consistenza nel racconto e il finale in parte affrettato e in parte deludente tolgono smalto a un film girato comunque con grande maestria, un apologo sulla falsa colpevolezza e sul tema del doppio.

venerdì 4 gennaio 2019

Quiproquo

anno: 2011   
regia: SGARBI, ELISABETTA    
genere: documentario    
con Eugenio Lio, Franco Battiato, Nicoletta Braschi, Umberto Eco, Andrea Renzi, Rossana Rossanda, Ludovico Corrao, Vittorio Sgarbi, Achille Bonito Oliva, Angelo Guglielmi, Nanni Balestrini, Enrico Ghezzi, Ottavio Alfieri, Angelo Curti, Angelo Davoli, Giuseppe Ducrot, Carmelo Giallo, Enrico Ianniello, Cesare Inzerillo, Giovanni Iudice, Tony Laudadio, Giovanni Pratesi, Pino Roveredo, Luciano Saltarelli, Etta Scollo, Luigi Serafini, Velasco Vitali, Tommaso Zaghini, Maurizio Giberti, Anna Oliviero    
location: Italia
voto: 6,5    

Che cos'è l'avanguardia? Ha senso parlare ancora di avanguardia, nel campo artistico ma non solo? Tra risposte esilaranti (da quella del villeggiante che lamenta il fatto di essere infastidito da ragazzi che schiamazzano, esibendo una competenza del tutto assente sul termine, alla cantante neomelodica per la quale l'avanguardia - date le ultime 7 lettere - sarebbe la polizia) e pareri ultracompetenti, Eugenio Lio, sotto la direzione di Elisabetta Sgarbi, se ne va in giro per l'Italia a porre la stessa domanda a chiunque (beh, non proprio chiunque…) gli capiti a tiro: dagli operai che raccontano la metamorfosi di una condizione di classe a Umberto Eco (utilissima la distinzione tra avanguardia e sperimentalismo), fino agli esponenti teatrali di Falso Movimento, a Franco Battiato che come sempre si supera nel riuscire a dire cose del tutto insensate, a Vittorio Sgarbi (fratello della regista) - per il quale dal 1300 in avanti le avanguardie si sono sempre e solo manifestate nel primo ventennio di ogni secolo, e giù a sciorinare date puntualissime. E poi Rossana Rossanda, Achille Bonito Oliva e la sua transavangurdia, Angelo Guglielmi, Nanni Balestrini, Enrico Ghezzi (altro maestro indiscusso del nonsense: il suo intervento di puro vuoto pneumatico vare l'intero film), Giuseppe Ducrot, Cesare Inzerillo e tanti altri ancora. Se cinematograficamente il documentario non va oltre il linguaggio del prodotto televisivo di buon livello, tutt'altro che scontate sono le riflessioni accumulate e la dialettica - sempre garbatissima - tra l'intervistatore e i suoi intervistati. La sintesi potrebbe essere che l'avanguardia è necessariamente un fenomeno transeunte: chi è capace di lanciare lo sguardo oltre il visibile (in qualunque campo artistico si esprima, gastronomia compresa) di una determinata epoca storica, se lascia segni tangibili è destinato a diventare un classico e, successivamente, tradizione. Negli anni settanta Philip Glass era considerato un musicista d'avanguardia. Oggi, negli scaffali dei negozi, la sua musica la trovi nella classica.    

giovedì 3 gennaio 2019

Tu mi nascondi qualcosa

anno: 2018       
regia: LOCONSOLE, GIUSEPPE    
genere: commedia    
con Giuseppe Battiston, Stella Egitto, Sarah Felberbaum, Rocío Muñoz Morales, Rocco Papaleo, Olga Rossi, Alessandro Tiberi, Ninni Bruschetta, Eva Robin's, Simon Grechi, Marilina Succo    
location: Italia, Tunisia
voto: 3,5    

Tre storie di tradimento e pregiudizio si incrociano tra loro. Un clown (Battiston) viene lasciato dalla propria compagna dopo aver ricevuto erroneamente delle fotografie che documentavano il tradimento della donna col guru di un'imprecisata setta. Un bigamo di mezza età (Papaleo) viene ritrovato in mezzo al mare vicino alle coste tunisine. L'uomo sembra avere dimenticato tutto della sua vita precedente. Un tassista di larghe vedute (Tiberi), fidanzato con una divetta del porno, teme che la ragazza si eserciti ben oltre il set.
Il film di Giuseppe Loconsole è per palati meno che rozzi, con personaggi monodimensionali messi a servizio di un plot pieno zeppo di luoghi comuni. Eppure - anche a dispetto di un cast tutt'altro che eccepibile, a cominciare dall'intera componente femminile, davvero inascoltabile e inguardabile - qualcosa può essere salvato, a partire dal buon ritmo e a finire con una riflessione non del tutto banale sul rapporto tra apparenza e realtà.    

First reformed - La creazione a rischio

anno: 2016       
regia: SCHRADER, PAUL    
genere: drammatico    
con Ethan Hawke, Amanda Seyfried, Cedric Antonio Kyles (Cedric The Entertainer), Victoria Hill, Philip Ettinger, Bill Hoag, Michael Gaston, Sue Jean Kim, Miah Issabella Velasquez, Tyler Bourke, Van Hansis, Ramon Nunez, Delano Montgomery, Satchel Eden Bell    
location: Usa
voto: 1,5    

Sconvolto dalla tragica perdita del figlio nella guerra in Iraq, un cappellano militare (Hawke) della Prima Chiesa Riformata attende le celebrazioni per il duecentocinquantesimo anniversario della fondazione. Contestualmente, viene in contatto con la moglie (Seyfried) di un uomo propenso al suicidio e, parlando parlando, scopre una serie di porcherie che si nascondono dietro la sua stessa chiesa.
Prodotto paratelevisivo in 4:3 targato Netflix, il film procede per scene con lunghissime conversazioni, con zero movimenti di macchina, inquadrature fisse, riprese da cinema espressionista, silenzi protratti allo spasimo. Sembra di rivedere una versione col freno a mano tirato del Bergman più crepuscolare, calato in un'ambientazione algida, quasi irreale, e ammantato da una magniloquenza di contenuti (l'ambientalismo, la fede, lo strapotere della chiesa), tutto coniugato in pura acqua di rose.    

mercoledì 2 gennaio 2019

Senti, amore mio - L'amore attraverso i secoli (The three ages)

anno: 1923       
regia: CLINE, EDDIE * KEATON, BUSTER    
genere: comico    
con Buster Keaton, Margaret Leahy, Wallace Beery, Joe Roberts, Lillian Lawrence, Blanche Payson, Kewpie Morgan, Lionel Belmore, George Davis, Louise Emmons    
location: Usa
voto: 3    

Tre storie d'amore ambientate in tre epoche diverse: l'età della pietra, quella classica della romanità antica e quella contemporanea (a Buster Keaton, non a noi). Tutte con la stessa morale: tra due contendenti, in amore vince il più forte. Che sia per la forza fisica, per il potere o per il denaro, la sorte è sempre la stessa.
Dopo due cortometraggi immortali come Una settimana e Il segno di riconoscimento, Keaton gira - insieme a Eddie Cline - il suo secondo lungometraggio nel quale mancano quelle invenzioni che lasciavano a bocca aperta lo spettatore ad ogni scena dei precedenti. Rimane certamente qualcosa di quell'inventiva, ma il tutto sembra riposare su un'estetica slasptick di grana grossa, prediligendo la strada del racconto a quella dell'invenzione visiva.