venerdì 30 gennaio 2009

Revolutionary Road

anno: 2009       
regia: MENDES, SAM 
genere: drammatico 
con Leonardo DiCaprio, Kate Winslet, Michael Shannon, Ryan Simpkins, Ty Simpkins, Kathy Bates, Richard Easton, Sam Rosen, Maria Rusolo, Gena Oppenheim, Kathryn Dunn, Joe Komara, Allison Twyford, David Harbour, John Ottavino, Adam Mucci, Jo Twiss, Frank Girardeau, Catherine Curtin, Jonathan Roumie, Samantha Soule, Heidi Armbruster, Kathryn Hahn, Zoe Kazan, Dan Da Silva, Dylan Baker, Keith Reddin, Neal Bledsoe, Marin Ireland, Max Casella, Max Baker, Jon Sampson, Peter Barton, Kevin Barton, Evan Covey, Dylan Clark Marshall, Jay O. Sanders, Christopher Fitzgerald, Chandler Vinton, Bethann Schebece, Kelsey Robinson, Jason Etter, Adair Moran, Tommaso Antico, Justin Misenhelder, Will Vought, Emaline Green, Isabella Zubor, Kal Thompson, Racheline Maltese, Lauren Hubbell, Duffy Jackson, Dan Zanes, Vince Giordano, Jon-Erik Kellso, Andrew Burton, Will Sanderson, Alex Hoffman, Kristen Connolly, John Behlmann 
location: Usa
voto: 6

Dodici anni dopo Titanic, la coppia DiCaprio-Winslet tenta di percorrere l'Atlantico in direzione inversa, sperando di trovare a Parigi il riparo a quelle frustrazioni a cui li relega una vita mediocre, ma naufragando ancora una volta. Lui è un impiegato che disprezza il suo lavoro, costretto a fare la spola tra il Connecticut e l'ufficio di Manhattan. Lei è un'attricetta fallita trasformata in casalinga disperata che ha spostato le sue aspirazioni sulla cura della casa e dei figli. Dall'esterno, i vicini vedono i Wheeler - questo il cognome della coppia - come una famiglia felice e affiatata ma le cose stanno ben diversamente da come appaiono.
Partendo dal romanzo omonimo di Richard Yates, Sam Mendes ancora una volta intercetta quella zona oscura della American beauty nascosta dietro una parvenza illusoria, i sogni che rimangono chiusi in un cassetto. E lo fa dribblando molti luoghi comuni, ricostruendo assai bene il clima di speranza e di attesa dell'America del dopoguerra (siamo negli anni '50), innestando oculatamente sulla dinamica della coppia alcuni elementi di disturbo (su tutti lo psicopatico interpretato da Michael Shannon, ma il merito è del romanzo). Il film tuttavia presenta gli stessi difetti delle precedenti opere del regista britannico, da un eccesso di estetismo all'incapacità di emozionare veramente, a dispetto della prova sopraffina dei due protagonisti.    

mercoledì 28 gennaio 2009

Milk

anno: 2009       
regia: VAN SANT, GUS Jr. 
genere: biografico 
con Sean Penn, Emile Hirsch, James Franco, Josh Brolin, Diego Luna, Brandon Boyce, Kelvin Yu, Lucas Grabeel, Alison Pill, Victor Garber, Denis O'Hare, Howard Rosenman, Stephen Spinella, Peter Jason, Carol Ruth Silver, Eric Stoltz, Cameron Palmer, Cleve Jones, Boyd Holbrook, Cory Montgomery, Ashlee Temple, Hope Tuck, Steven Wiig, Douglas Smith, Adam Del Rio 
location: Usa
voto: 6,5

Biopic di Harvey Milk (Penn), protagonista di un'importantissima stagione di battaglie per i diritti civili e primo omosessuale della storia americana a riuscire a ottenere, nel 1978, una carica pubblica. Il film di Gus Van Sant ne racconta gli anni cruciali, quelli che vanno dal 1972, epoca in cui Milk gestiva un negozietto di fotografia a Castro, il quartiere-ghetto di San Francisco, alla sfide televisive per battersi contro l'intolleranza e l'integralismo dei conservatori, determinati a privare gli omosessuali del diritto al lavoro a cominciare dalla scuola pubblica. Milk finì ucciso da Dan White (Brolin), un conservatore capitato per sbaglio nelle file dei democratici.
Dopo Elephant, Last days e Paranoid Park, Van Sant ritorna alle grandi produzioni dei tempi di Scoprendo Forrester, accantonando anche il registro straniato che aveva caratterizzato le ultime opere. Milk ha la caratura del film classico, ricostruisce perfettamente quel terremoto sociopolitico che ebbe in Frisco il proprio epicentro, rendendo assai bene il clima e le tensioni dell'epoca. Eppure tanta meraviglia figurativa, accompagnata all'ennesima prova ciclopica di uno Sean Penn che continua a proporsi come il più credibile erede di De Niro, si stempera in una costruzione che, per quanto impeccabile anche grazie a un uso accortissimo di materiali di repertorio, risulta piuttosto cerebrale, fredda.    

sabato 24 gennaio 2009

Open hearts

anno: 2002   
regia: BIER, SUSANNE  
genere: drammatico  
con Sonja Richter, Mads Mikkelsen, Paprika Steen, Nikolaj Lie Kaas, Stine Bjerregaard, Birthe Neumann, Niels Olsen, Susanne Juhasz, Ronnie Hiort Lorenzen, Ida Dwinger, Hanne Winfield, Jens Basse Dam, Birgitte Prins, Philip Zanden, Michel Castenholt, Tina Gylling Mortensen, Pelle Bang Sorensen, Hans Henrik Clemensen, Anders Nyborg, Ulf Pilgaard  
location: Danimarca   
voto: 9

Cecile (Richter) e Joachim stanno per sposarsi, quando lui ha un terribile incidente che lo lascia tetraplegico. Cecile cerca di restargli accanto, lui la rifiuta, lei cerca di consolarsi tra le braccia del marito della donna che ha ridotto Joachim in quelle condizioni (Mikkelsen).
Eccezionale esordio alla regia di Susanne Bier, che con una lucidità così impressionante da sfiorare il cinismo racconta le mille sfaccettature della complessità emotiva nascosta dietro una tragedia. La regia non cede mai al sentimentalismo, le scelte narrative sono tutt'altro che convenzionali e il finale aperto suggella un'opera di notevole levatura, supportata da un cast in stato di grazia.    

venerdì 23 gennaio 2009

La vita è un miracolo

anno: 2005   
regia: KUSTURICA, EMIR   
genere: grottesco   
con Slavko Stimac, Natasa Solak, Vesna Trivalic, Vuk Kostic, Aleksandar Bercek, Stribor Kusturica, Nikola Kojo, Mirjana Karanovic, Branislav Lalevic, Davor Janjic, Danica Todorovic, Obrad Durovic, Josif Tatic, Dr. Nelle Kerajlic, Dragan Zurovac, Vanesa Glodo, Adnan Omerovic    
location: Bosnia-Erzegovina
voto: 3   

Luka (Stimac), ingegnere serbo, nel 1992 si trasferisce in Bosnia per progettare una rete ferroviaria. Con lui ci sono la moglie, una cantante lirica squinternata, e il figlio Milos, un ragazzo con aspirazioni da calciatore. Ma quando comincia la guerra e Milos viene fatto prigioniero, la vita di Luka si trasforma: la moglie lo abbandona e le milizie serbe gli consegnano in ostaggio una donna musulmana per riavere in cambio il ragzzzo. Ma Luka si innamora della donna.
Geniale, scombinato, vitalissimo, Kusturica nasconde "gli orrori della guerra nell'ex-Jugoslavia sotto il tappeto della commedia balcanica" (Ferzetti). E lo fa mostrando di essere sempre più la maniera di se stesso, non facendo mancare nulla allo spettatore: dalle inquadrature più ardite all'asina innamorata, il tutto condito in un barocchismo ipertrofico con tanta musica e animali che spuntano da ogni parte. Abbacinato dalla sua stessa genialità, stavolta Kusturica perde completamente il senso del racconto sciogliendo le briglie alla sua voglia di paradosso e bizzarria, con risultati che - in 2 ore e mezza di film - lasciano soltanto la sensazione di un esercizio virtuosistico fine a se stesso.    

mercoledì 21 gennaio 2009

Le luci della sera (Laitakaupungin valot)

anno: 2006   
regia: KAURISMÄKI, AKI  
genere: grottesco  
con Janne Hyytiäinen, Maria Heiskanen, Maria Järvenhelmi, Ilkka Koivula, Juhani Niemelä, Sergei Doudko, Andrei Gennadiev, Arturas Pozdniakovas, Sulevi Peltola, Sesa Lehto, Jukka Rautiainen, Antti Reini, Neka Haapanen, Santtu Karvonen, Tommi Korpela, Kati Outinen, Pertti Sveholm, Silu Seppälä, Matti Onnismaa, Aarre Karén  
location: Finlandia
voto: 6

Koistinen (Hyytiäinen) fa la guardia giurata presso un centro commerciale di Helsinki. La sua esistenza grigia e solitaria lo induce a fidarsi di una donna (Heiskanen) che - d'accordo con alcuni complici - lo seduce per poi commettere un furto. Koistinen finisce in prigione, perde il lavoro e viene massacrato di botte, subendo la beffa dopo l'enorme danno.
Con il suo stile inconfondibilmente laconico e straniato, la macchina da presa che aspetta pigramente i movimenti dei protagonisti, le dissolvenze in montaggio e quell'alone grottesco e naif che è la cifra primaria dello stile del regista finlandese, Kaurismaki firma una ballata minimalista terribile e malinconica sulla solitudine e sull'incapacità di reagire ai torti subiti, molto simile ad alcune sue opere precedenti e senza alcuna catarsi possibile.

martedì 20 gennaio 2009

Leningrad cowboys go America

anno: 1989   
regia: KAURISMÄKI, AKI  
genere: grottesco  
con Matti Pellonpää, Kari Väänänen, Sakke Järvenpää, Heikki Keskinen, Pimme Korhonen, Sakari Kuosmanen, Puka Oinonen, Silu Seppälä, Mauri Sumén, Mato Valtonen, Pekka Virtanen, Richard Boes, Jim Jarmusch, William Robertson, Olli Tuominen, Nicky Tesco, Jose G. Salas, Duke Robillard, Jatimatic Ohlstrom  
location: Finlandia
voto: 3

Una piccola orchestra di Leningrado, i cui membri hanno tutti un enorme ciuffo e indossano lunghissime scarpe a punta, decide di recarsi in America per fare fortuna. Una volta varcato l'oceano, vengono ingaggiati in locali di quart'ordine, finendo con lo sciorinare costantemente il repertorio sbagliato ma percorrendo inconsapevolmente buona parte della storia della musica americana del 900. Alla fine decidono di dirigersi verso il Messico.
Giunto al suo terzo cortometraggio, Kaurismaki affonda sul pedale del grottesco e del demenziale, imbastendo un road movie simpaticamente sconnesso, pazzo e sgangherato, sostanzialmente senza trama, con inserti che ricordano quelli della Cinico TV, che finisce col sembrare una triste farsa un po' velleitaria.    

mercoledì 7 gennaio 2009

Kundun

anno: 1997   
regia: SCORSESE, MARTIN   
genere: storico   
con Tenzin Thuthob Tsarong, Gyurme Tethong, Tenzin Kunga Jamyang Tulku, Tenzin Yeshi Paichang, Tencho Gyalpo, Tsewang Migyur Khangsar, Geshi Yeshi Gyatzo, Robert Lin, Dorjee Ngawang, Phintso Thonden    
location: Cina
voto: 4   

Nel 1937 il Tibet dei monaci buddisti riconosce in un bambino di 2 anni, il Kundun, la quattordicesima reincarnazione del Buddha. Cresciuto dagli anziani monaci del popolo tibetano, quel bambino diventò il Dalai Lama, la guida spirituale e politica di tutto il popolo tibetano. Il film di Scorsese si sofferma su alcuni episodi della sua vita - quelli dei 2, 5, 12 e 18 anni - ma ancor di più sui difficilissimi rapporti con la Cina di Mao Tze Tung, impermeabile alle richieste di indipendenza del Lama.
Scritto da una donna buddista (Melissa Mathison, moglie di Harrison Ford), diretto da un cristiano e girato in un paese musulmano (il Marocco), già dai credits i film denuncia i suoi limiti: un tentativo pasticciato di mettere insieme storia, politica, spiritualismo e nonviolenza. Certo, la mano del cineasta di primissimo livello si vede eccome, le musiche di Philip Glass sono quanto mai intonate e suggestive, alcune inquadrature sembrano splendidi quadri, ma il tutto lascia una sensazione di freddo manierismo e il tentativo di farci entrare nella imperscrutabile mentalità di un popolo che elegge a propria guida spirituale un bambino di due anni e che nelle cerimonie funebri dà in pasto agli avvoltoi le carni dilaniate dei suoi anziani non viene compiuto neppure.