domenica 30 gennaio 2011

Gioventù, amore e rabbia (The Loneliness of the Long Distance Runner)

anno: 1962   
regia: RICHARDSON, TONY
genere: drammatico
con Michael Redgrave, Tom Courtenay, Avis Bunnage, Alec McCowen, James Bolam, Joe Robinson, Dervis Ward, Topsy Jane, Julia Foster, Ray Austin, John Brooking, John Bull, James Cairncross, Peter Duguid, Raymond Dyer, Frank Finlay, James Fox, William Ash Hammond, Peter Kriss, Peter Madden, Philip Martin, Arthur Mullard, Christopher Parker, Robert Percival, Anthony Sagar, John Thaw, Chris Williams 
location: Regno Unito   
voto: 3,5


Dopo aver commesso un furto, il ventenne Colin Smith (Redgrave) - cresciuto in una famiglia problematica - finisce in riformatorio. Qui il direttore, che ha una vera fissazione con lo sport, vede in lui un maratoneta dalle grandi potenzialità. Sicché, nel giorno in cui l'istituto penitenziario organizza una gara di fondo tra i ragazzi del riformatorio e quelli di un college esclusivo, Colin, a un passo dal traguardo e con un enorme vantaggio, si ferma.
Tratto da un racconto di Alam Sillitoe, The Loneliness of the Long Distance Runner (inefficace e storpiata la traduzione italiana) gioca tutto sulla grezza metafora finale, un manifesto rifiuto dei privilegi che possono venire tanto da un certo paternalismo bonario che dalle proprie gambe per cavarsela meglio degli altri. Metafora chiarissima che sottoscrive una weltanschauung rivoluzionaria che tuttavia fatica a trovare il giusto equilibrio narrativo. L'intero film, in bilico tra dramma e commedia, sembra infatti progettato per tenere in piedi la scena finale e i continui flashback non aiutano certo la fluidità del racconto.    

sabato 29 gennaio 2011

Giovanna d’Arco (Joan De Arc)

anno: 1999   
regia: BESSON, LUC
genere: storico
con Milla Jovovich, John Malkovich, Faye Dunaway, Dustin Hoffman, Tchéky Karyo, Vincent Cassel, Pascal Greggory, David Gant, Philippe Du Janerand, Andrew Birkin, Gina McKee, Timothy West, Jane Valentine 
location: Francia   
voto: 3


Nel XV secolo Giovanna (Jovovich) una ragazzina di campagna della Lorena, diventa preda di visioni mistiche all'indomani della strage in occasione della quale gli inglesi hanno sterminato la sua famiglia (siamo nella guerra dei cent'anni). Decide così di recarsi dal delfino di Francia (Malkovich), aspirante re (il futuro Carlo VII), per convincerlo che a lei Dio ha affidato il compito di liberare la nazione dagli inglesi. Dopo qualche indugio il re le mette a disposizione un esercito col quale Giovanna d'Arco libera insperatamente la città di Orleans. Il successo galvanizza il popolo d'oltralpe ma quando Giovanna arriva alle porte di Parigi il delfino, ottenuta la corona, la abbandona e la ragazza finisce in mano agli inglesi che nel 1431, a soli vent'anni, la mandano al rogo dopo un processo farsa.
Un estenuante prologo e un lunghissimo epilogo sono i margini entro i quali si snoda la trama di questo film fluviale, eccessivo, ampiamente debitore verso l'epica di Werner Herzog, condito nella parte centrale da imbarazzanti scene belliche che, tra il grottesco e il grand guignol, sfiorano spesso il ridicolo. Il ritratto della vergine di Lorena viene affidato a un'interprete inadeguata e priva del necessario carisma come Milla Jovovich, che col regista e marito Luc Besson ne fa una pazza esaltata, un personaggio piuttosto odioso il quale, nonostante il martirio, non riesce mai a commuovere. L'unica cosa realmente interessante di questo film girato dal più sopravvalutato regista degli anni '90 è la restituzione, in sottofinale, delle visioni mistiche della protagonista a una dimensione decodificabile razionalmente, che toglie al personaggio quell'aura di sacralità per lasciarle soltanto quella del delirio paranoide.    

mercoledì 26 gennaio 2011

Robin Hood

anno: 2010   
regia: SCOTT, RIDLEY
genere: avventura
con Russell Crowe, Cate Blanchett, Max von Sydow, William Hurt, Mark Strong, Oscar Isaac, Danny Huston, Eileen Atkins, Mark Addy, Matthew Macfadyen, Kevin Durand, Scott Grimes, Alan Doyle, Douglas Hodge, Léa Seydoux, Robert Pugh, Gerard McSorley, Velibor Topic, Ciaran Flynn, Simon McBurney, Denise Gough, John Nicholas, Thomas Arnold, Pip Carter, Mark Lewis Jones, Bronson Webb, Denis Menochet, Jamie Beamish, John Atterbury, Luke Evans, Roy Holder, Mark David, Ruby Bentall, Ned Dennehy, Nicolas Simon, Lisa Millett, Stuart Martin, Jessica Raine, Steve Evets, Eric Rulliat, Abraham Belaga, Jack Downham, Richard Riddell, David Bertrand, Arthur Darvill, Giannina Facio, Hannah Barrie, Lee Battle, Nicky Bell, Andrea Ware, John O'Toole, Ralph Ineson, Zuriel De Peslouan, Jake Curran, Samuel Dupuy, Nick Lucas, Alan Charlesworth, Lothaire Gerard, Mat Laroche, Chris Jared, Joseph Hamilton, James Hamilton, James Burrows, Danny Clarke, Tom Blyth
location: Regno Unito   
voto: 8


Robin Hood (Crowe) quando non era il fuorilegge Robin Hood. Dopo un'interminabile serie di film dedicate al semileggendario eroe inglese, che vanno dall'avventuroso al comico fino al cartoon, Ridley Scott si ricorda di essere il regista di film come Thelma & Louise e Il gladiatore e sfodera un'opera tanto maestosa quanto originale, che anziché ripercorrere i fasti della stagione da fuorilegge vissuta dall'eroe nella foresta di Sherwood, ne racconta l'antefatto. Questo ideale prequel parte dalla crociata in occasione della quale Riccardo Cuor di Leone perse la vita in battaglia per arrivare all'insperata vittoria degli inglesi contro i francesi (siamo nel XII secolo) sulle spiagge di Dover, ottenuta proprio grazie alla capacità strategica di Robin Hood, per chiudersi infine con il dietro front di re Giovanni (Isaac) rispetto alle promesse fatte al popolo inglese, aizzato ancora una volta dall'arciere di Sherwood.
Questo fluviale affresco epico viene raccontato con una cura dell'immagine che ha dell'impressionante, con scenografie cesellate nel minimo dettaglio. Gran parte dello spettacolo, va detto, è merito degli stuntmen, tante e tanto realistiche sono le scene di combattimento. Ma su tutto, al di là di qualche salto narrativo dovuto forse all'eccesso di materia storica, si sente la mano del grande cineasta, che riscatta così l'opacissima prova in costume data con Le crociate.    

lunedì 24 gennaio 2011

Agora

anno: 2010   
regia: AMENABAR, ALEJANDRO
genere: storico
con Rachel Weisz, Max Minghella, Oscar Isaac, Ashraf Barhom, Michael Lonsdale, Rupert Evans, Richard Durden, Sami Samir, Manuel Cauchi, Homayoun Ershadi, Oshri Cohen, Harry Borg, Charles Thake, Yousef 'Joe' Sweid
location: Egitto       
voto: 5,5

Strana gente, gli americani. Mentre in una mano tengono la Bibbia e nell'altra la pistola, sono capaci di fare cose che non ti aspetti. Come coprodurre questo film (insieme agli spagnoli) che racconta l'epoca in cui, prossimo al disfacimento, l'impero romano guidato da Teodosio diede ai cristiani piena dignità, dopo averli perseguitati per circa 3 secoli. E questi cosa fanno? Da vittime si trasformano in carnefici, massacrando pagani ed ebrei. Al centro di questo diseguale peplum di Amanabar si trova la filosofa e scienziata Spazia (Weisz), che ad Alessandria d'Egitto cerca di salvare le opere raccolte nella biblioteca distrutta dalla furia del fondamentalismo e porta avanti i suoi studi sulle orbite dei pianeti arrivando a un passo dal perfezionare la teoria eliocentrica di Aristarco, abbandonata per secoli, proponendo l'ipotesi delle orbite ellittiche. Trattata come una strega da cristiani che farebbero scambiare i talebani per una disciplinatissima scolaresca, la donna finì lapidata.
Se dal punto di vista dei contenuti dà una certa soddisfazione che qualcuno si prenda finalmente la briga di raccontare la verità storica su come quella comunità monoteista si trasformò nel giro di qualche secolo (qui siamo al IV d.C.) in un branco feroce (basterebbe andarsi a leggere il bel libro di Augias, Inchiesta sul cristianesimo. Come si costruisce una religione), sul piano strettamente cinematografico il film soffre i continui cambi di marcia tra le molte scene di massa, peraltro piuttosto suggestive ma al tempo stesso ripetitive, e i momenti in cui si cerca di praticare la dottrina della scienza, il tutto entro il perimetro di un racconto che ammicca al melò sentimentale, con lo schiavo convertito per convenienza (Minghella) e il prefetto (Isaac), suoi ex discepoli, inutilmente impegnati a conquistare il cuore della donna.    

domenica 23 gennaio 2011

La notte brava del soldato Jonathan

anno: 1971   
regia: SIEGEL, DONALD
genere: drammatico
con Clint Eastwood, Geraldine Page, Elizabeth Hartman, Joanne Harris, Darleen Carr, Mae Mercer, Pamelyn Ferdin, Melody Thomas, Peggy Drier, Pattye Mattick, Charles Briggs, G.Dunn, C.Martin, M.Clark, P.Cullison, W.B.Van Horn 
location: Usa   
voto: 8

Durante la guerra di secessione un caporale dell'esercito nordista (Eastwood), gravemente ferito, viene portato e accudito in un collegio femminile. L'arrivo dell'uomo attiva la scarica ormonale del gineceo e lo stesso soldato cerca di approfittarne in attesa di rimettersi in sesto. Ma i reciproci antagonismi tra donne lo condurranno verso una fine inaspettata.
Tratto dal romanzo di Thomas Cullinam e diretto dal grande Don Siegel, La notte brava del soldato Jonathan mette in scena prudori e pudori di queste giovanissime baccanti allevate secondo il verbo della precettistica vittoriana da una donna (Page) che nell'armadio nasconde lo scheletro di un amore incestuoso. All'atmosfera morbosa e alle gelosie tra femmine, raccontate con sorprendente verismo, fa da contraltare l'ambiguità del protagonista, scaltro ma non abbastanza per riuscire a soccombere alla congiura.

sabato 22 gennaio 2011

Il compleanno

anno: 2009       
regia: FILIBERTI, MARCO
genere: drammatico
con Alessandro Gassman, Maria de Medeiros, Massimo Poggio, Michela Cescon, Hristo Jivkov, Piera Degli Esposti, Thyago Alves, Eleonora Mazzoni, Paolo Giovannucci, Maria Luisa De Crescenzo, Federica Sbrenna, Marianna De Rossi, Daniele De Angelis, Marco Roscini, Marco Casu
location: Italia       
voto: 2

Due coppie di amici di vecchia data trascorrono l'estate in una bella casa a Sabaudia, sul litorale laziale. L'arrivo del figlio ventenne di una delle due coppie (Alves) apre uno squarcio nei rispettivi rapporti tra coniugi, mandando in crisi soprattutto Matteo (Poggio), stimato psicanalista che scopre di avere un'irrefrenabile passione per il ragazzo.
Al suo secondo lungometraggio dopo Poco più di un anno fa. Diario di un pornodivo, Marco Filiberti si conferma l'aedo stonatissimo del cinema gay. Il compleanno tradisce tutte le ingenuità di questo "regista" d'accatto: incapacità di chiudere le scene in montaggio, dissolvenze sbagliate, piani medi a gogò senza alcuna inventiva in fase di ripresa, indizi narrativi disseminati a caso (cosa c'entra la storia della ragazza depressa morta misteriosamente?), personaggi di contorno dai caratteri sfuocati (soprattutto quello di Piera degli Esposti, la migliore in campo), musiche indaventi, estetica glamour con indugi imbarazzanti sui corpi maschili. Se in questo melò dagli echi viscontiani la forma è miserrima, i contenuti non sono da meno: gli stereotipi si sprecano (lo psicanalista che pontifica, l'eterno Peter Pan, le mogliettine tra il frustrato e l'isterico) e sull'intera opera aleggia un'atmosfera morbosa nella quale il sesso viene messo in scena con sguardo colpevolizzante.    

Vallanzasca - Gli angeli del male

anno: 2011       
regia: PLACIDO, MICHELE
genere: biografico
con Kim Rossi Stuart, Filippo Timi, Moritz Bleibtreu, Valeria Solarino, Paz Vega, Francesco Scianna, Gaetano Bruno, Nicola Acunzo, Stefano Chiodaroli, Lino Guanciale, Paolo Mazzarelli, Federica Vincenti, Monica Barladeanu, Lorenzo Gleijeses, Gerardo Amato, Adriana De Guinn, Riccardo Cicogna, Stefano Fregni, Lia Gotti, Matilde Maggio, Toni Pandolfo, Massimo Sagramola, Daniele Miglio
location: Italia       
voto: 9

Biopic di Renato Vallanzasca (Rossi Stuart), uno dei criminali italiani più noti e discussi. La sua attività di ladro e rapinatore, nonostante fosse figlio della piccola borghesia, fu precocissima, tra entrate e uscite dai riformatori. Negli anni '70 "il bel Renè", come veniva soprannominato, fu protagonista - insieme alla sua banda - di rapimenti, rapine e rocambolesche fughe dal carcere, la più nota delle quali rimane quella dal penitenziario di Novara. Rivale e in seguito compare di Francis Turatello (Scianna), l'altra personalità di spicco della mala milanese, il boss della Comasina riuscì a sposarsi in carcere e a evadere un'ultima volta nel 1987, mentre i carabinieri lo stanno scortando sul traghetto che avrebbe dovuto portarlo al supercarcere dell'Asinara. Fuggito, si permise persino il lusso di concedere un'intervista all'emittente meneghina Radio Popolare, per poi "consegnare le armi" dopo un ultimo tentativo di fuga finito male nel 1995.
Il Romanzo criminale di Michele Placido, che con Vallanzasca firma la sua opera migliore, è soprattutto il film di Kim Rossi Stuart, che oltre a coprodurre il film e a cofirmare il copione, ha dato volto e corpo a questo criminale tanto efferato quanto lucido e scaltro, con una prova d'attore di livello mondiale che nulla ha da invidiare ai grandi divi statunitensi, da Tom Hanks a Leonardo DiCaprio. La guasconeria, il fascino esercitato sulle sue moltissime ammiratrici, la sfrontatezza con cui compiva le rapine, la battuta sempre pronta, la ferocia belluina, la disponibilità alla flagellazione corporale pur di uscire dalla galera sono i tratti che più nitidamente caratterizzano il ritratto del bandito lombardo del quale questo gangster movie sottolinea soprattutto la dimensione avventurosa, lasciando sulle quinte quella storica. Merito appunto di un Rossi Stuart incontenibile ma anche di una regia piuttosto muscolare accorta a non smarrire mai il ritmo adrenalinico, alle musiche tonitruanti ma perfettamente consone dei Negramaro, ai comprimari tutti perfettamente in parte, a cominciare da quel Moritz Bleibtreu che, impersonando uno dei membri della banda Vallanzasca, funge da ideale trait d'union con Andreas Baader, protagonista di una delle stagioni più oscure della storia tedesca e leader de La banda Baader-Meinhof.    

mercoledì 19 gennaio 2011

Kill me please

anno: 2010       
regia: BARCO, OLIAS
genere: grottesco
con Aurélien Recoing, Benoît Poelvoorde, Muriel Bersy, Nicolas Buysse, Ingrid Heiderscheidt, Jérôme Colin, Ewin Ryckaert, Stéphane Malandrin, Virgile Bramly, Gérard Rambert, Stéphanie Crayencour, Vincent Tavier, Zazie De Paris, Virginie Efira, Saul Rubinek, Clara Cleymans, Daniel Cohen, Bouli Lanners, Olga Grumberg, Philippe Nahon, Bruce Ellison, Philippe Grand-Henry
location: Belgio       
voto: 6

Nella clinica del dott. Kruger (Recoing) i pazienti vanno per ottenere una morte dolce. Soltanto uno di loro riuscirà a seguire il programma. Gli altri, con l'eccezione di una ex soprano con la voce da uomo, andranno tutti incontro a una morte violenta.
Commedia nera sul tema dell'eutanasia - argomento lambito occasionalmente dal cinema ma con maggiore frequenza negli ultimi anni: basti pensare a film come Di chi è la mia vita? (1981) Un medico, un uomo (1991), Le invasioni barbariche (2003), Mare dentro (2004) e Million dollar baby (2005) - premiata al Festival del Cinema di Roma con il massimo alloro, tanto furba quanto ambigua. Ambigua perché è uno di quei film che all'uscita dalla sala ti obbliga alla discussione, proprio alla maniera di un altro film che vinse a Roma, Juno. In quel caso la domanda era: ma è un film pro o contro l'aborto? In questo, analogamente, ci si chiede se il regista sia a favore o contro l'eutanasia. Sarà che il festival si svolge nel centro della cristianità e che i romani subiscono indefessamente il lavaggio del cervello da un paio di millenni circa, ma film che al massimo possono essere definiti "carini" piacciono tanto al pubblico capitolino. E poi è un film furbo, perché sotto le mentite spoglie del registro grottesco sul modello de La grande abbuffata, dove qualsiasi parossismo è lecito, veicola un messaggio preciso: vuoi la morte? L'avrai, ma sarà tutt'altro che dolce. Se sul piano dei contenuti il film richiama l'attenzione sul ritardo decennale (per ora…) col quale si è aperto il dibattito sull'eutanasia e sul testamento biologico anche in Italia, rispetto a civiltà che possono dirsi veramente tali, sul piano della forma va dato atto al quarantenne cineasta franco-belga di avere indovinato la carta del bianco e nero, che la direzione degli attori è impeccabile e che qualche trovata è piuttosto originale con irriverenti spunti splatter. Il tutto a bordo di un copione che per una buona mezz'ora trasforma lo spettatore in una macchina da sbadigli.    

lunedì 17 gennaio 2011

Polvere

anno: 2007       
regia: D'EPIRO, MASSIMILIANO * PROIETTI, DANILO 
genere: drammatico 
con Primo Reggiani, Michele Alhaique, Victoria Larchenko, Gaia Bermani Amaral, Francesco Venditti, Giovanni Joe Capalbo, Lola Ponce, Eros Galbiati, Gianmarco Tognazzi, Rita Rusic, Claudio Ammendola, Giorgio Caputo, Araba Dell'Utri, Loris Loddi, Fabio Ferrari
location: Italia       
voto: 4

L'idea di partenza non sarebbe male: un ragazzo (Reggiani) che ha perso il padre per overdose di cocaina vuole girare un documentario sul sordido mondo di quella che una volta era chiamata la droga dei ricchi e che oggi si trova persino nell'urina dei neonati. Per farlo, si porta dietro un pusher (Alhaique) che lo introduce nei più luridi locali romani, tra tossici, prostitute, picchiatori e gente con tanti soldi. Il problema di questo film - che ha atteso oltre due anni per uscire in sala - è che i due registi sono talmente presi dalla loro smania di mettere in scena tutto l'abbecedario del regista emergente, che si scordano di fare il film. Domina una fastidiosa estetica da videoclip, le scene in cui vengono inalate strisce di coca sono girate in tutte le salse possibili e il ritmo, pur serrato e consapevole della lezione hollywoodiana e largamente debitore nei confronti di Quentin Tarantino e Guy Ritchie (impressiona lo somiglianza con Snatch), ripete ossessivamente le stesse situazioni. Il semidocumentarismo che sta dietro al film non è tutto da buttar via e chi volesse farsi un'idea di quel mondo, oggi purtroppo così vicino a noi tutti, avrebbe da dove attingere. Da questo punto di vista Polvere non ci fa mancare nulla: dalla defecazione degli ovuli di coca dei corrieri della droga al moltiplicarsi delle cifre di vendita fino all'addizionarsi dei "tagli" sulla materia prima con ogni genere di additivo e il consumo persino in sacrestia. Ma - preso com'è a dare voce a una volgarità diffusissima tra i consumatori - dice pochissimo sulla cocaina come droga sociale, e quindi accettata, in linea con una tendenza sempre più incontrollata a vivere ritmi forsennati.    

sabato 15 gennaio 2011

Guido che sfidò le Brigate Rosse

anno: 2007       
regia: FERRARA, GIUSEPPE  
genere: biografico  
con Massimo Ghini, Anna Galiena, GianMarco Tognazzi, Elvira Giannini, Mattia Sbragia, Fabrizio Contri, Andrea Bruschi, Arianna Comes, Federico Vanni, Fabrizio Matteini, Claudio Radicia, Alessandra Schiavone, Maria Rosaria Omaggio, Corrado Invernizzi, Giulio Buccolieri  
location: Italia       
voto1,5  

Ex scalatore assurto a una discreta fama, per vocazione partecipativa Guido Rossa passò all'Italsider di Genova per fare l'operaio e il sindacalista. Attivista del PCI, mise insistentemente i suoi compagni in guardia dalle possibili infiltrazioni delle Brigate Rosse nelle fabbriche, fino a quando non subì da parte di queste una rappresaglia culminata nel suo assassinio, nel 1979.
Al suo undicesimo film, Giuseppe Ferrara continua a portarci incessantemente all'interno delle pagine più oscure della recente storia italiana. Intento ancora una volta encomiabile, se non fosse che nel nostro Paese il cinema di Ferrara non ha pari quanto a dilettantismo: dal casting alle musiche a dir poco obsolete di Pino Donaggio, fino al montaggio con le immagini di repertorio e persino al riciclaggio della propria opera (la scena del rapimento di via Fani è ripresa in toto da Il caso Moro e montata con chiarissime differenze di luce e pellicola). Un cinema, insomma, più sgangherato dei poliziotteschi con Maurizio Merli, con attori che sembrano presi da una recita parrocchiale, dialoghi conditi a suon di "belin", casomai qualcuno non capisse che siamo a Genova, didascalico e condito con slogan a raffica, con Mattia Sbragia ancora una volta impegnato a recitare la parte di Mario Moretti. Se non fosse per il suo impegno, ci sarebbe da pensare che quest'ultimo sia il vero alter ego del regista: un infiltrato che rende un pessimo servizio alla sinistra.    

venerdì 14 gennaio 2011

Ossidiana

anno:  2007   
regia: MAJA, SILVANA
genere: biografico
con Teresa Saponangelo, Renato Carpentieri, Andrea Renzi, Vincenza Modica, Tina Femiano, Marco Manchisi, Stefania De Francesco, Cecilia Muti, Francesca Cutolo, Daniele Noviello, Antonio De Matteo, Donatella Furino, Daniela Gargiulo, Stefano Moffa, Diletta D'Arienzo, Lorenzo Perpignani, Davide Giacobbe, Velentina Curatoli, Azzurra De Santis, Alberto Franco, Assia Petricelli, Alessandro Riceci, Sergio Panariello, Alessandro Cione, Pio Di Stefano, Gianni Abbate, Laura Borrelli
location: Italia   
voto: 3


La parabola umana e artistica di Maria Palleggiano (Saponangelo), pittrice, comunista, iconoclasta, anticonformista, che negli anni'60 cercò la propria cifra stilistica nei movimenti d'avanguardia. Sposata con Emilio Notte, diretore del'Accademia di Belle Arti di Napoli, suo mentore e uomo assai più anziano di lei, la donna conobbe ripetutamente l'istituzionalizzazione psichiatrica, prima di morire suicida nel 1969.
Che le stramberie dei pittori affascinino il cinema non è una novità e più sono bizzarri, più piacciono: basterebbe pensare alle biopic su Klimt, Picasso (Surviving Picasso), Pollock e Basquiat per averne una prova. Alla stressa stregua, il cinema ha spesso dato corpo alle vicende di donne forti e indipendenti, soverchiate dal maschilismo dominante: basterebbe ricordare Una donna tutta sola di Mazursky, Frances di Clifford Graeme, Ritratto di signora di Jane Champion o Changeling di Clint Eastwood. A Silvana Maja, che proprio con questo film fa il suo esordio alla regia, il mix tra le due cose non riesce affatto: i personaggi sembrano caricature, il linguaggio dell'avanguardia partenopea degli anni '60 è ridotto a mero slogan e, checché ne dica la critica, la performance della Saponangelo è del tutto trascurabile.    

lunedì 10 gennaio 2011

Hereafter

anno: 2010       
regia: EASTWOOD, CLINT
genere: drammatico
con Matt Damon, Cécile de France, Frankie McLaren, George McLaren, Thierry Neuvic, Jay Mohr, Richard Kind, Lyndsey Marshal, Bryce Dallas Howard, Marthe Keller, Tom Beard, Jenifer Lewis, Annette Georgiou, Jack Bence, Derek Jacobi, Steve Schirripa, Mylène Jampanoï, Niamh Cusack
location: Francia, Regno Unito, Thailandia, Usa       
voto: 8


Che il più grande regista vivente, arrivato a 80 anni, stesse pensando da qualche tempo al tema della morte lo si era capito da un po'. In Gran Torino era uscito di scena con i piedi davanti; in Million Dollar Baby aveva toccato con coraggio il tema dell'eutanasia e in Mystic River quello della violenza familiare capace di trasformare le persone in cadaveri. In Hereafter, ennesimo sigillo di una carriera tanto esemplare quanto entusiasmante, Eastwood affronta nientemeno che il tema dell'aldilà. Lo fa attraverso tre storie, riannodate nel finale in occasione di una fiera libraria londinese, che rappresentano una piccola novità strutturale nel cinema classico che è la cifra stilistica del regista statunitense. I primi dieci minuti, che mettono in scena uno degli incipit più impressionanti che si possano ricordare nella storia del cinema (per la strabiliante potenza visiva verrebbe da assimilarlo a quello di Salvate il soldato Ryan), ricostruisce lo Tsunami che nel 2004 devastò le coste di Thailandia e Indonesia, dove una nota giornalista francese (De France) fa un'esperienza di passaggio nell'aldilà che le cambierà la vita. A Londra un dodicenne (McLaren) perde tragicamente il gemello a cui era indissolubilmente legato: cercherà a lungo di entrare in contatto con lui rivolgendosi a medium che si dimostrano dei ciarlatani. E infine c'è la storia di George (Damon), sensitivo tutt'altro che ciarlatano, che - stanco di vivere attraverso il suo "dono" le vite degli altri - si è messo a fare l'operaio a San Francisco, cercando in un corso di cucina italiana quella normalità che gli è sempre mancata. Tre storie raccontate sapendo come far palpitare lo spettatore senza mai cedere al piagnisteo, toccando un tema difficilissimo in maniera tanto sobria quanto laica, attraverso una messa in scena asciutta e fluida al centro della quale continuano a rimanere gli sforzi dei singoli, un topos della poetica eastwoodiana. Lo sceneggiatore Peter Morgan (che aveva già firmato ottimi copioni come quello di Frost/Nixon, The queen e L'ultimo re di Scozia) si era inizialmente rivolto a Shyamalan, che probabilmente ne avrebbe ricavato la fotocopia de Il sesto senso. Eastwood vola invece altissimo facendone un film sulla vita che resta, sulle difficoltà di conciliarci con la perdita delle persone care, lasciandoci come sempre pagine di grande cinema: da quella dello tsunami a quella del corteggiamento durante il corso di cucina, a un abbraccio dopo la catastrofe che da sola basterebbe a giustificare il prezzo del biglietto. Immenso Clint.