lunedì 29 dicembre 1997

Auguri professore

anno: 1997   
regia: MILANI, RICCARDO  
genere: commedia  
con Silvio Orlando, Claudia Pandolfi, Duilio Del Prete, Claudia Della Seta, Lorenzo Alessandri, Claudio Remondi, Lucio Allocca, Imma Piro, Gianni Ferreri, Alberto Patelli, Vittorio Viviani, Antonella Stefanucci, Flavio Pistilli    
location: Italia
voto: 8  

In mezzo ad un mondo scolastico ormai alla deriva, il professor Lipari (Silvio Orlando) vede naufragare gran parte dei suoi buoni propostiti e dei suoi metodi d'insegnamento all'arrivo di Luisa (Claudia Pandolfi), una sua ex-alunna dei tempi in cui insegnava nel liceo di un paesino abruzzese. Il successo ottenuto con i ragazzi dalla giovane supplente porterà Lipari a sacrificare una parte del suo idealismo in nome di una maggiore concretezza.
Al suo esordio registico, Milani, già assistente di Luchetti, Monicelli e Moretti (e scusate se è poco), grazie al copione scritto da Rulli, Petraglia e Starnone e liberamente tratto da Solo se interrogato dello stesso Starnone, si inoltra sul terreno della pedagogia scolastica, con un'analisi sulla monoliticità dei programmi ministeriali e sui metodi didattici che è la cifra più forte del film. Dall'obbligatorio confronto con La scuola, anch'esso tratto da un divertente volume di Starnone, Auguri professore esce tutt'altro che a testa bassa. Accomunati dal problema dell'attenzione, i due film divergono per il respiro della storia. Alle beghe tra docenti del film di Luchetti fa da contraltare un simpatico volteggiare tra le pieghe di quarant'anni di storia scolastica italiana che rende il film di Milani a tratti davvero esilarante ed originalissimo

domenica 28 dicembre 1997

Caccia selvaggia (Death hunt)

anno: 1980   
regia: HUNT, PETER R.  
genere: avventura  
con Charles Bronson, Lee Marvin, Andrew Stevens, Carl Weathers, Ed Lauter, Scott Hylands, Angie Dickinson, Henry Beckenan, William Sanderson, Jon Cedar, James O'Connell  
location: Canada
voto: 8

Nel 1932, a Yukon, tra le foreste canadesi, il tranquillo forestiero Albert Johnson (Charles Bronson) viene pretestuosamente preso di mira dagli autoctoni sfaccendati che lo accusano ingiustamente di omicidio. L'uomo si troverà da solo a difendersi dall'efferato attacco delle giubbe rosse che vogliono eliminarlo. Quando il comandante degli uomini in divisa (Lee Marvin) sarà sul punto di catturarlo, lo lascerà andare, convinto della sua innocenza.
Scritto da Michael Grais e Mark Victor e basato su una storia vera, il film porta al parossismo la chiave narrativa di tutto il cinema americano: quella dell'inseguimento. L'operazione riesce con ottimi risultati, grazie ad un efficacissimo montaggio, all'apprezzabile prova dei due protagonisti e alla suggestiva fotografia dei paesaggi alaskani e canadesi.

Balla coi lupi (Dances with wolves)

anno: 1990   
regia: COSTNER, KEVIN  
genere: western  
con Kevin Costner, Mary McDonnell, Graham Greene (II), Rodney A. Grant, Floyd 'Red Crow' Westerman, Nathan Lee Chasing His Horse, Maury Chaykin, Conor Duffy, Kirk Baltz, Ryan White Bull, Donald Hotton, Doris Leader Charge, David Fuller, Michael Spears, Charles Rocket, Tony Pierce, Robert Pastorelli, Jason R. Lone Hill, Larry Joshua, Jimmy Herman, Wayne Grace, Tom Everett, Elisa Daniel, Otakuye Conroy, Annie Costner  
location: Usa
voto:8

Nel 1863 John Dunbar (Kevin Costner), stanco di vedere il massacro tra nordisti e sudisti, sceglie di presidiare la zona dalla parti del Nebraska. Nella sua nuova residenza entra in contatto con la popolazione Sioux, supera le barriere linguistiche dell'idioma Lakota, contrae matrimonio e si fa alfiere della lotta contro un vicino popolo bellicoso. Ma all'arrivo dei bianchi distruttori sarà costretto a lasciare la sua gente d'adozione per non attirare l'attenzione dei militari su questa mite e laboriosa popolazione.
Al suo esordio dietro la macchina da presa, Costner imbocca controcorrente la strada di un clamoroso successo: sfida le regole convenzionali imbarcandosi in un genere in declino come il western, facendo durare il film tre ore; rinuncia alla lingua e lascia parlare gli indiani senza doppiaggio per l'intero film; infine, riduce le scene d'azione e nelle poche che tassellano il film consegna perpetuamente ai bianchi la parte degli autentici incivili. Un film epico, a tratti commovente, a tratti prolisso e manicheo, insieme un'elegia della Natura e un'amara parabola sull'inutilità del progresso. Tratto dall'omonimo romanzo di Michael Blake, che è anche sceneggiatore, il film ha vinto ben sette Oscar: miglior film, regista, sceneggiatura, colonna sonora, fotografia, montaggio e sonoro. Come se non bastasse, Costner aveva già vinto a Berlino l'Orso d'argento "per una eccezionale riuscita individuale come attore, produttore e regista" (questa la ragione ufficiale).

martedì 23 dicembre 1997

La vita è bella

anno: 1997       
regia: BENIGNI, ROBERTO    
genere: commedia    
con Roberto Benigni, Nicoletta Braschi, G.Cantarini, G.Durane, Sergio Bustric                
location: Italia
voto: 5    

Durante il Fascismo, il commerciante ebreo Guido Orefice (Roberto Benigni) finisce col figlioletto Giousuè e la moglie Dora (Nicoletta Braschi) in un lager nazista. Per nascondere al piccolo gli orrori di cui è capace l'umanità, Guido gli racconterà che si tratta di un gioco a punti. Il buon papà morirà nel lager, ma Giosuè potrà riabbracciare la mamma nel convincimento che si è trattato soltanto di un brutto gioco.
Ricorrendo ancora una volta al tema del doppio (questa volta riferito all'antinomia tra fantasia e realtà), Benigni scrive con Vincenzo Cerami un film che oltrepassa la vena puramente comica che aveva caratterizzato le sue opere precedenti, per spostarsi su un territorio dove convivono dramma e commedia, strizzando così l'occhio allo Stalag 17 di Billy Wilder. L'operazione, a guardare la parte del film ambientata nel lager, si direbbe riuscita se non fosse che per la prima ora, che racconta le trovate seduttive di Guido nei confronti della futura sposa, si perde in un inutile andirivieni di gag tirate per le lunghe. Ma quando entra in scena il piccolo Giosuè, il registro del film vira su una vena decisamente poetica e toccante.    

martedì 16 dicembre 1997

L'inferno di cristallo (The towering inferno)

anno: 1974   
regia: GUILLERMIN, JOHN    
genere: dramma catastrofico    
con Steve McQueen, Paul Newman, William Holden, Faye Dunaway, Fred Astaire, Susan Blakely, Richard Chamberlain, Jennifer Jones, O.J. Simpson, Robert Vaughn, Robert Wagner, Susan Flannery, Sheila Allen, Norman Burton, Jack Collins, Don Gordon, Felton Perry, Gregory Sierra, Ernie F. Orsatti, Dabney Coleman, Elizabeth Rogers, Ann Leicester, Norman Grabowski, Ross Elliott, Olan Soule, Carlena Gower, Mike Lookinland, Carol McEvoy, Scott Newman, Paul Comi, George Wallace, Patrick Culliton, William Bassett, John Crawford, Erik L. Nelson, Art Balinger, Norman Hicks, Thomas Karnahan    
location: Usa
voto: 8    

A San Francisco una costruzione faraonica di oltre 130 piani, interamente in cristallo, viene avvolta il giorno dell'inaugurazione da un incendio di dimensioni colossali dovuto alle scarse misure di sicurezza adottate da costruttori avidi che hanno ben pensato di intascare una buona parte del preventivo ricorrendo a materiali inadeguati. Nella sciagura perdono la vita più di 200 persone ma molte vite vengono salvate dall'eroismo dell'architetto (Paul Newman) che ha progettato l'edificio e che ha visto disattendere le proprie istruzioni e il capo dei pompieri (Steve McQueen). Durante le tre ore di film che scandiscono la tragedia si intrecciano destini umani, si abbatte l'ipocrisia e tutto sembra trasformarsi in un giudizio universale che costringe gli individui ad una completa trasparenza.
Pur ricalcando appieno i cliché del genere, strutturati secondo una sequenza dove alle responsabilità umane fa da contrappeso l'eroismo di qualche singolo e dove "le operazione di soccorso [vengono girate] come operazioni di guerra" (Grazzini), il film che John Guillermin ha ricavato dai racconti di Richard Martin Stern La torre e da L'inferno di vetro di Thomas M.Scortia e Frank M.Robinson (sceneggiato da Stirling Silliphant, già autore di un altro catastrofico di successo come L'avventura del Poseidon e di quei drammi psicofantascientifici che sono I due mondi di Charly e Il villaggio dei dannati) si avvale di memorabili scene d'azione, merito anche delle ottime riprese di Irwin Allen (regista di film come Swarm - Lo sciame che uccide e che qui figura anche in veste di produttore). La lotta tra gli elementi è imponente e la scena in cui l'acqua ha la meglio sul fuoco memorabile. Tre Oscar: miglior fotografia (Fred Koenekamp e Joseph Biroc), canzone (We may never love like this again) e montaggio (Harold F.Cress e Carl Kress).    

lunedì 8 dicembre 1997

Guardie e ladri

anno: 1951   
regia: MONICELLI, MARIO * STENO 
genere: commedia 
con Totò, Aldo Fabrizi, Pina Piovani, Pietro Carloni, Mario Castellani, Carlo Delle Piane, Aldo Giuffré, Armando Guarnieri, Gino Leurini, Ernesto Almirante, Ave Ninchi, Giulio Calì, Rossana Podestà, Gino Scotti, William C. Tubbs, Rocco D'Assunta, Ettore Jannetti, Alida Cappellini, Aldo Alimonti, Riccardo Antonini, Paolo Modugno 
location: Italia   
voto: 8

Roma. Dopo essersi lasciato scappare un ladruncolo (Totò) che ha truffato un americano (Thubbs), il brigadiere Bottoni (Aldo Fabrizi) ha tre mesi di tempo per riacciuffarlo e riabilitarsi. Senza ricorrere alle armi riuscirà nell'intento, nascondendo però la vera attività del furfantello alla famiglia di quest'ultimo.
Da un soggetto di Piero Tellini, sceneggiato da un'equipe di prim'ordine che si conquistò meritatamente il premio a Cannes, formata dai due registi con Vitaliano Brancati, Aldo Fabrizi, Ennio Flaiano e Ruggero Maccari, la premiata ditta Monicelli e Steno mescola commedia, farsa, melodramma e genere poliziesco offrendo al Principe De Curtis una delle sue prime opportunità di calarsi in un ruolo, quello del padre di famiglia costretto al furto, dove la cifra drammatica ha un peso rilevante. Cannes riconobbe le enormi capacità dell'attore conferendogli la Palma d'oro. I duetti tra i due protagonisti sono memorabili e almeno due scene sono da antologia: quella della distribuzione dei pacchi dono durante il piano Marshall e quello del lunghissimo, estenuante inseguimento a piedi. La fotografia è del futuro regista horror Mario Bava; le scene sono di Flavio Mogherini.    

domenica 7 dicembre 1997

Eva contro Eva (All about Eve)

anno: 1950   
regia: MANKIEWICZ, JOSEPH LEO
genere: drammatico
con Bette Davis, Anne Baxter, George Sanders, Celeste Holm, Gary Merrill, Gregory Ratoff, Barbara Bates, Walter Hampden, Hugh Marlowe, Marilyn Monroe, Thelma Ritter
location: Usa   
voto: 10

L'amicizia tra Mango Channing (Bette Davis), attrice teatrale all'apice del successo, e la sua ammiratrice Eva Harrington (Anne Baxter) si trasforma in un'infuocata rivalità quando quest'ultima mette a nudo i reali intenti delle proprie azioni. Con un raggiro colossale nei confronti di impresari, registi, critici, scrittori, Eva arriva ad aggiudicarsi il più ambito dei premi teatrali. Ma il suo destino sarà segnato dall'inevitabile contrappasso.
Tratto dal racconto di Mary Orr The wisdom of Eve, e sceneggiato con mano raffinatissima dallo stesso Mankievicz, Eva contro Eva è un apologo sulla miseria morale di cui sono provvisti gli uomini (e le donne) del mondo dello spettacolo, "ma anche un amaro ritratto della società americana nel suo insieme, dove dominano attivismo, fragilità psicologica, tendenza alla paranoia, terrore di invecchiare e paura di confrontarsi con se stessi" (Mereghetti). Nutrito da un cast di eccezionale valore - nel quale figura una Marilyn Monroe ad una delle sue prime apparizioni - il film possiede un'invidiabile forza narrativa, coadiuvata da un equilibrio formale che ne fa un vero capolavoro. 6 premi Oscar: miglior film, regia, costumi, caratterista, sceneggiatura e sonoro. Nessuna delle due protagoniste riuscì ad aggiudicarsi l'Oscar, che andò invece a Judy Holliday per Nata ieri. La Davis si rifece prendendo però la meritatissima Palma d'oro a Cannes e sposando Gary Merrill, che nel film ha la parte del suo fidanzato

sabato 6 dicembre 1997

La mia notte con Maud (Racconti morali)

anno: 1969   
regia: ROHMER, ERIC  
genere: drammatico  
con Jean-Louis Trintignant, Françoise Fabian, Marie-Christine Barrault, Antoine Vitez, Leonide Kogan, Guy Leger, Anne Dubot, Marie Becker, Marie-Claude Rauzier  
location: Francia
voto: 8,5

Michel (Jean Louis Trintignant), un ingegnere di Clermont-Ferrand refrattario al pensiero di Pascal e cattolico praticante dalle inossidabili convinzioni morali, conosce la bellissima Maud (Françoise Fabian), donna separata di grande temperamento, anticonformista e spregiudicata. Dopo una notte passata a conversare sui temi dell'amore, della fedeltà e della gelosia, del caso e della necessità, Michel e Maud si reincontreranno cinque anni più tardi, quando lui è sposato a Françoise (Marie-Christine Barrault), la donna portata sull'altare nella convinzione di avere fatto la scommessa giusta: davanti all'evidenza di alcuni fatti, tutte le precedenti convinzioni di Michel crolleranno miseramente.
Impiantato su dialoghi di prim'ordine, fotografato con grande perizia dal magico occhio di Nestor Almendros, il "racconto morale" di Rohmer è cinema di parola che scandaglia con afflato filosofico sentimenti e ragioni umane, mettendo alle corde le convinzioni dei suoi protagonisti e degli stessi spettatori.    

lunedì 1 dicembre 1997

La cambiale

anno: 1959   
regia: MASTROCINQUE, CAMILLO    
genere: commedia    
con Vittorio Gassman, Sylva Koscina, Ugo Tognazzi, G.Moll, Peppino De Filippo, Totò, Raimondo Vianello, Paolo Ferrari, Aroldo Tieri, Lia Zoppelli, Luigi Pavese, T.Ucci, M.Mantovani, A.Bosic, F.Dominici, L.Nucci, D.Perbellini, Nanda Primavera, M.Marchi, O.Gargano, J.Verdirosi, O.Cavalli, N.Cortese, G.Rovere, Mario Castellani, P.De Martino, E.Passarelli, Erminio Macario    
location: Italia
voto: 6    

Una cambiale fa un lungo viaggio di andata e ritorno attraverso le mani di furfanti, ingenui e mezze calze del crimine. Messa in circolazione da un finanziere truffaldino (Aroldo Tieri) come risarcimento per un falso incidente occorso ad un pedone (Macario), la cambiale viene intascata dal legale di questo (Totò) che a sua volta la gira al proprio padrone di casa (Luigi Pavese). Quest'ultimo ci si compra un cane di mezza tacca da un tosacani (Vittorio Gassman) che la gira ad una donna (Sylva Koscina) come indennizzo per un raggiro sentimentale. La donna, a sua volta, acquista una pelliccia da un commerciante (Ugo Tognazzi) che cerca di portarsela a letto. Ma dinanzi al fiuto della moglie (Lia Zoppelli), il commerciante è costretto a racimolare autentica pecunia. E, da qui, la cambiale inizia un percorso a ritroso.
Diseguale negli episodi che raccordano la trama del film e non a caso sceneggiato da una pletora di autori - tra cui spiccano i nomi di Vittorio Metz e Roberto Gianviti che sono anche autori del soggetto - La cambiale trova negli episodi con Totò e Peppino i suoi momenti migliori, mentre in altri si affida a banali luoghi comuni e a un'improvvisazione talvolta fuori misura.    

sabato 29 novembre 1997

Persona

anno: 1966   
regia: BERGMAN, INGMAR  
genere: drammatico  
con Bibi Andersson, Liv Ullman, Margaretha Krook, Gunnar Björnstrand, Jörgen Lindström  
location: Svezia   
voto: 8,5

L'isolamento terapeutico in una località marina di due donne - l'attrice Elisabeth (Liv Ullman) e la sua infermiera Alma (Bibi Andersson) - diventa l'occasione per sviscerare angosce remote seppellite con una scelta diametralmente opposta. Elisabeth è chiusa in un mutismo totale; Alma ha invece una logorrea fluviale.
Proseguendo idealmente il discorso interrotto con Il silenzio, Bergman - all'epoca afflitto da una gravissima depressione - mette ancora una volta a confronto due universi femminili nei quali vengono coinvolti i drammi della maternità, della guerra, dell'amore, dell'abbandono, della sessualità, il pensiero di Kierkegaard e la religione. Affidandosi alla fotografia strabiliante di Sven Nykvist - capace di iperfocali e primi piani di grande inventiva nei quali domina il contrasto tra i bianchi e i neri e che non a caso ha curato la fotografia di 28 dei film del regista svedese - e alla prova magistrale delle due protagoniste, Bergman scandaglia con originalità il rapporto tra realtà e finzione, puntando sulla complementarità delle due interpreti. Memorabile il doppiaggio di Bibi Andersson eseguito da Maria Pia Di Meo.

martedì 25 novembre 1997

Hana-Bi - Fiori di fuoco

anno: 1997       
regia: KITANO, TAKESHI  
genere: poliziesco  
con Beat Takeshi Kitano, K.Kishimoto, R.Osugi          
location: Giappone, Hong Kong
voto: 6

A Hong Kong, il poliziotto Nishi ("Beat" Takeshi Kitano) rimane sconvolto da una serie di episodi che riguardano da vicino il suo privato: la moglie (Kayoto Kishimoto), ammalata di leucemia, ha i giorni contati; due colleghi rimangono uccisi da un killer ed un terzo finisce paralizzato dopo essere stato colpito alle spalle. A chiudere il cerchio c'è un altro amico braccato dalla yakuza, la mafia nipponica. Dopo essersi dimesso dalla polizia, Nishi decide di rapinare una banca per poi regalare alla moglie gli ultimi giorni di vita spensierata, senza mancare di avere un eccezionale riguardo per il suo amico paraplegico. Così, sulle nevi delle montagne, viene pedinato dalla polizia dopo avere massacrato quattro uomini della yakuza. Davanti ad un destino segnato, Nishi ne anticipa la fine, per sé e sua moglie.
Definito da Tullio Kezich "un miscuglio tra Tarantino e Antonioni", Hana-Bi, vincitore del Leone d'oro a Venezia, ha il respiro di un film poetico, che si lascia apprezzare per le sue atmosfere rarefatte, con scoppi improvvisi di una violenza immane. Eppure, a dispetto della stravaganza del montaggio - curato dalla stesso regista - che ne rende meno lineare la trama, il film, impreziosito dalle bellissime musiche di Joe Hisaishi, possiede un suo indiscutibile fascino.    

domenica 23 novembre 1997

Pulp fiction

anno: 1994   
regia: TARANTINO, QUENTIN 
genere: gangster 
con John Travolta, Samuel L.Jackson, Uma Thurman, Harvey Keitel, Tim Roth, Amanda Plummer, Maria De Medeiros, Ving Rhames, E.Stoltz, R.Arquette, Christopher Walken, Bruce Willis, Quentin Tarantino, Steve Buscemi 
location: Usa
voto: 7

In una Los Angeles tracimante di simulacri degli anni '70 ma contemporanea, gli scagnozzi di Marsellus Wallace (Ving Rhames), boss nero della malavita, vivono un'impressionante gimcana di esperienze prima di riuscire a portare al loro capo la valigetta contenente il denaro ricavato dalla vendita di una partita di cocaina. Recuperati i soldi dopo l'eliminazione di una banda di ragazzini, a uno dei due (John Travolta, nel ruolo di Vincent Vega) parte accidentalmente un colpo in automobile, che spappola il volto dell'unico superstite della banda. Dopo avere ripulito l'auto grazie all'intervento di Wolf (Harvey Keitel), uno che risolve problemi, i due si trovano nel mezzo di una rapina in una tavola calda. Qui però riescono a fermare due improvvisati Bonnie e Clyde (Tim Roth e Amanda Plummer). Dopo l'avventura, Travolta è costretto a rianimare con un'iniezione di adrenalina la donna del capo andata in over-dose (Uma Thurman). Sventata la sciagura, la corsa di Vincent si arresta però nel cesso di Butch Coolidge (Bruce Willis), pugile assoldato da Marsellus per la combinata di un incontro di boxe, che però non è stato ai patti. Il boxeur e Marcellus si incontrano accidentalmente per strada durante la fuga di Butch, finiscono nello scantinato di un commerciante sadico e vengono barbaramente seviziati. Astutamente, Butch salva il culo al grande capo e si mette in fuga.
La storia, scritta da Tarantino con Roger Avary Jules, sarebbe questa, se non fosse che la scansione narrativa procede tutt'altro che in modo lineare. Tarantino frammenta il plot narrativo in diversi episodi, saldati da coincidenze accidentali. Lo stile - nella tecnica di ripresa, nell'umorismo nero che compare con battute esplosive in scene drammatiche, nella direzione degli attori, nella cura dei dettagli, nell'ottimo copione - è certamente valso a Tarantino assai più di quanto non abbia potuto contare il racconto-spazzatura che fa da trama a vincere la Palma d'Oro al Festival di Cannes. Impermeabile a qualsiasi moralismo, Tarantino si candida ad essere il paladino di un cinema che punta tutto sulla fascinazione dello spettacolo (tra l'altro questo ex commesso di un negozio di videocassette è già stato sceneggiatore di un altro film che coniuga sesso, droga e violenza come Assassini nati di Oliver Stone), retrocedendo ogni velleità ideologica a puro optional.
Oscar a Quentin Tarantino per la migliore sceneggiatura non originale.

sabato 22 novembre 1997

Alice nelle città (Alice in der städten)

anno: 1973       
regia: WENDERS, WIM  
genere: drammatico  
con R.Vogler, Y.Rottländer          
location: Germania, Olanda, Usa
voto: 5  

Un giornalista (Rüdiger Vogler) in crisi parte dagli Stati Uniti per accompagnare Alice (Yella Rottländer), una bambina abbandonata dalla propria madre e destinata alla casa della nonna. Nel pellegrinaggio tra le diverse città della Germania ed il passaggio per Amsterdam, il protagonista avrà modo di riflettere sulla superficialità della percezione estetica in un mondo sovraffollato dalle immagini televisive, di abbandonare la parola scritta per affidarsi all'immediatezza della "foto-Polaroid, la cui non riproducibilità la accomuna ai prodotti dell'arte pittorica, riscattando, con l'unità dell'esemplare, la standardizzazione del paesaggio, recuperando l'aura perduta nell'epoca della riproducibilità tecnica" (D'Angelo).
Con uno stile asciutto girato con un bianco e nero in 16 mm., che sembra volutamente prendere le distanze dall'artificiosità imposta dalla tecnologia alle immagini, Wenders si inoltra in un tema sul quale tornerà più volte nel corso del suo cammino artistico, quello del senso e della percezione delle immagini nella modernità. Lo fa creando atmosfere che possiedono un loro impalpabile fascino (e che richiamano, alla lontana, la vicenda creata da Bogdanovich nel bellissimo Paper moon) al di là delle situazioni spesso prolisse che appesantiscono il film, utilizzando uno stile narrativo basato sul viaggio come percorso interiore che affiorerà in tutta la sua opera successiva.    

giovedì 20 novembre 1997

Re per una notte (The king of comedy)

anno: 1982       
regia: SCORSESE, MARTIN  
genere: commedia  
con Robert De Niro, Jerry Lewis, D.Abbott, S.Berhard, T.Randall, S.Hack, F.De Cordova, Dr.J.Brothers, E.Herlihy, L.Brown, V.Borge                
location: Usa
voto: 6  

L'aspirante comico Rupert Pupkin (Robert De Niro), pur di potere avere un piccola parte nel Jerry Langford Show, ne rapisce il conduttore (Jerry Lewis). Riuscirà nell'impresa, ottenendo uno strepitoso successo, ma pagherà la sua bravata con due anni di carcere.
Scorsese prende lo spunto da un soggetto di Paul D.Zimmerman - "variazione sul tema di Eva contro Eva" (Kezich) - già passato senza esito per le mani di Milos Forman e Michael Cimino, per una riflessione ai limite del banale sui media e la profezia di Warhol, peccando di una verbosità eccessiva e compiaciuta che penalizza un film apprezzabile soprattutto per l'interpretazione di De Niro. Nella carriera di Scorsese, Re per una notte costituisce il maggiore insuccesso commerciale.

Lisbon story

anno: 1994   
regia: WENDERS, WIM
genere: drammatico
con Rudiger Vogler, Patrick Bauchau, Joel Ferreira, Teresa Salgueiro, Vasco Sequeira, Rodrigo Leao, Viriato Jose' Da Silva, Ricardo Colares, Vera Cunha Rocha, Manoel de Oliveira, Pedro Ayres Magalhaes, Elisabete Cunha Rocha, Sofia Benard Da Costa, Gabriel Gomes, Jose' Peixoto, Francisco Ribeiro
location: Germania, Portogallo
voto: 5

Vent'anni dopo Wenders torna a scandagliare a fondo il problema dell'immagine nella modernità, con questo Lisbon story che ricalca molte delle atmosfere che trovammo in Alice nelle città. Lo stesso protagonista del film di allora, quel Rüdiger Vogler che è l'alter ego del regista, parte sotto le spoglie di Philip Winter dalla Germania, richiamato a Lisbona dall'amico regista Friedrich Monroe (Peter Bauchau) che per lettera e senza tante spiegazioni, gli fa capire che è accaduto qualcosa. Caricata sull'automobile la propria attrezzatura da fonico, il nostro arriva a Lisbona dopo un viaggio zeppo di contrattempi ma non privo di qualche momento spassoso, del tutto inedito per il regista tedesco. Nella capitale portoghese, la vicenda assume un risvolto giallo dovuto all'assenza dell'amico Fritz. Per tre settimane, Vogler girovaga per una Lisbona infestata da ragazzini, calamitandone a frotte nemmeno fosse il pifferaio di Hamelin, conosce i Madredeus e occupa il proprio tempo montando il sonoro sui film in super 8 dell'amico scomparso. Quest'ultimo verrà ritrovato, ormai in preda ad una nuova ossessione per l'immagine ed in piena crisi creativa come era accaduto al Fellini di 8 e mezzo, al quale è implicitamente dedicato il film.
Con una struttura molto libera e la bella fotografia di Lisa Rinzler, Wenders tenta l'ennesima variazione su un tema che percorre gran parte della sua opera, dal già citato Alice nelle città a Nel corso del tempo, Fino alla fine del mondo e Al di là delle nuvole. L'ossessione per il senso delle immagini si fa qui ellissi narrativa, accompagnata da scantonamenti nel racconto che convergono ora sulla musica dei Madredeus, ora sulla dimensione documentaristica, ora sulla lettura delle poesie di Pessoa, conferendo lievità ad una trama che trova ancora il suo punto d'appoggio sulla dinamica da road-movie e su uno stile che tocca tutti i linguaggi possibili (il muto, il sonoro, il bianco e nero, il colore e l'immagine video). E se proprio la libertà espressiva si propone come il punto forte del film, è la tesi di fondo a rimanere opaca e criptica.
Patrick Bauchau conserva lo stesso nome che aveva ne Lo stato delle cose; Vogler quello che aveva in Alice nelle città, Fino alla fine del mondo e Così lontano, così vicino, mentre Wenders racconta la sua seconda storia portoghese dopo Lo stato delle cose.    

mercoledì 19 novembre 1997

Tutte le ragazze lo sanno (Ask any girl)

anno: 1959       
regia: WALTERS, CHARLES  
genere: commedia  
con David Niven, Shirley MacLaine, G.Young, Robert Taylor, J.Backus, C.Kelly, E.Fraser, D.Heath, R.Morgan, C.Phillips          
location: Usa
voto: 5  

Una ragazza di provincia ossessionata dall'idea della castità (Shirley MacLaine) cerca lavoro e consorte a New York. Si ritroverà a fare i conti con i molti che tenteranno di avvicinarla, perdendo così più di un'occupazione. Quando, con determinazione, deciderà di sedurre un dongiovanni (Gig Young) che col fratello (David Niven) dirige una società di marketing, aiutata proprio da quest'ultimo nell'applicazione delle strategie persuasorie predicate dalla società, scoprirà di essere innamorata del suo Pigmalione.
Commedia leggera tratta dal romanzo di Winifred Wolfe e sceneggiata da George Wells, Tutte le ragazze lo sanno (ma il titolo è allusivo e "sanno" andrebbe cambiato con "fanno") ricalca la vicenda di Sabrina, insistendo tuttavia eccessivamente sul ripetersi delle situazioni. La MacLaine venne premiata a Berlino.    

lunedì 17 novembre 1997

San Michele aveva un gallo

anno: 1971       
regia: TAVIANI, PAOLO & VITTORIO   
genere: drammatico   
con Giulio Brogi, D.Dublino, R.Cestiè, V.Cipolla, V.Ciuffini, M.Di Martire, V.Fanfoni, F.Sanvilli, G.Scarcella, Renato Scarpa, S.Serafini    
location: Italia
voto: 3   

Nel 1870 l'anarchico internazionalista Giulio Manieri (Giulio Brogi) tenta l'insurrezione in una cittadina umbra. Fallito il tentativo, verrà prima condannato a morte ed in seguito la pena gli verrà commutata in ergastolo. Dopo essere sopravvissuto al tedio del carcere grazie ad un metodico ricorso all'immaginazione, Manieri viene chiamato a cambiare sede penitenziaria. Nel tragitto in barca verso la casa circondariale, l'uomo incontra altri sovversivi e dallo scambio verbale con questi capisce che ormai i suoi ideali sono dispersi. Davanti a tale consapevolezza, si suicida buttandosi in acqua.
Con uno stile avulso da qualsiasi ricercatezza affabulatoria, secco, cristallizzato nell'afflato utopistico del protagonista e liberamente ispirato alla novella Il divino e l'umano di Lev Tolstoj, i fratelli Taviani confezionano un film per la televisione che non concede nulla allo spettacolo ma che punta tutto sulla tensione civile che lo ispira. Visto con lo sguardo dell'ideologia, il film merita senz'altro di essere ricordato. Ma la estrema rarefazione della scansione narrativa lo colloca dalle parti di un cinema tarkovskjano che rasenta l'afasia.    

sabato 15 novembre 1997

Caro Michele

anno: 1976       
regia: MONICELLI, MARIO 
genere: drammatico 
con Mariangela Melato, D.Seyrig, A.Clement, Lou Castel, Fabio Carpi, M.Michelangeli, Isa Danieli, Alfonso Gatto, E.Visconti, R.Romano, A.Innocenti, C.Carrozza, Alfredo Pea, L.Martinez, E.Morana, C.Wittig, Giuliana Calandra, L.Dal Fabbro 
location: Italia
voto: 6 

L'esistenza di Mara Castorelli (Mariangela Melato), ragazza madre che ha avuto, forse, un figlio dal fantomatico terrorista rosso Michele, si agita tra le case lussuose dell'alta borghesia romana. Giunta nella capitale dalla Liguria, Mara caracolla da un'abitazione all'altra, incontrando lungo la propria strada una serie di persone - la madre (Delphine Seyrig), la sorella (Aurore Clement), un amico (Lou Castel) ed altri ancora - legate al personaggio che dà il titolo al film. Scansata per la sua balordaggine e a sua volta inorridita dall'ipocrisia altrui, ma spinta comunque da un ottimismo volteriano, Mara continuerà per chissà dove la propria esistenza.
Negli anni in cui il cinema italiano di sinistra era impegnato nel casus belli ideologico, attento a quanto stava accadendo nelle piazze, Monicelli firma, dal romanzo Caro Michele di Natalia Ginzburg sceneggiato da Suso Cecchi D'Amico e Tonino Guerra (che avevano già collaborato con Monicelli in Casanova '70), un film in controtendenza. Scarsamente considerato dalla critica, Caro Michele emerge, in prospettiva storica, come un film che in qualche maniera anticipa - in anni insospettabili - quell'ondata di riflusso che avrebbe condotto al cinema intimista e "domestico" degli anni ottanta. Ottima la prova di tutti gli interpreti, tra i quali vanno annoverati i registi Fabio Carpi (Quartetto Basileus; La prossima volta il fuoco) ed Eriprando Visconti (Oedipus Orca; Il caso Pisciotta), nonché il poeta Alfonso Gatto. Un altro regista (Ludovico Gasparini: suoi No, grazie: il caffè mi rende nervoso e Italian fast food) figura come segretario di edizione, mentre la fotografia è affidata alla mano sicura di Tonino Delli Colli.    

venerdì 14 novembre 1997

Leon

anno: 1994   
regia: BESSON, LUC
genere: gangster
con Jean Reno, Natalie Portman, Gary Oldman, Danny Aiello, Luc Bernard, Frank Senger, Keith A. Glascoe, Randolph Scott, Peter Appel, Carl J. Matusovich, Elisabeth Regen, Ellen Greene, Michael Badalucco
location: Francia
voto: 9,5

Leon (Jean Reno), un killer analfabeta, professionista di eccezionale bravura, salva Mathilda (Natalie Portman), una dodicenne newyorkese alla quale un poliziotto corrotto (Gary Oldman) ha fatto massacrare la famiglia per una questione di droga. Tra la bambina ed il killer, accomunati dalla solitudine, si instaura un amore platonico che si concluderà con la morte dell'uomo. Solo allora Mathilda capirà l'importanza del mettere le radici.
Volutamente fumettistico ed inverosimile, Leon non è soltanto un racconto intrigante. Dal copione scritto da Luc Besson esplode il contrasto tra la professione del protagonista e la sua apparentemente inconciliabile bontà d'animo, la sua semplicità, che gli fanno avere cura di una pianta e bere soltanto latte. Ma a rendere mirabolante il film è il talento - che spesso rasenta il virtuosismo - del regista francese, qui alla prima prova oltreoceano. L'uso del dolly, lo slittamento continuo dalle rocambolesche scene di azione all'intimismo della vita domestica, con Reno che stira, fa ginnastica e impara da Mathilda a leggere e a scrivere. E non manca neppure un tocco di ironia. Besson sbeffeggia il cinema d'altri tempi ma non rinuncia a spiluccare dai film-culto degli ultimi vent'anni: le citazioni vanno da Taxi driver a Il silenzio degli innocenti.    

giovedì 13 novembre 1997

Il prigioniero del Caucaso

anno: 1996       
regia: BODROV, SERGEJ    
genere: guerra    
con O.Mensikov, S.Bodrov Jr., D.Sikharulidze, S.Mekhralieva, A.Zharkov, V.Fedotova                
location: Cecenia, Russia
voto: 6    

Durante la guerra in Cecenia, due soldati dell'armata russa vengono catturati da un autoctono (Djemal Sikharulidze) intenzionato a barattarli col proprio figlio, fatto prigioniero. Dei due, il più furbo e intraprendente, ma anche ossequioso alla logica bellica (Oleg Mensikov), morirà orrendamente, mentre l'altro (Sergej Bodrov Jr.), timido e gentile, si salverà la vita. Lo scambio, comunque, non riuscirà.
Facilmente inquadrabile tra i grandi film pacifisti, da Orizzonti di gloria a Prima della pioggia, il film che Bodrov ha tratto dall'omonimo racconto di Tolstoj e sceneggiato con Arif Aliev e Boris Giller ha il respiro profondo di un racconto capace di guardare all'assurdità della guerra andando oltre la "banalità" della vicenda militare. L'attenzione del regista si ferma sui rapporti che i prigionieri instaurano tra loro e con i nemici, lasciando intravedere l'anelito lieve di una fratellanza che è condannata alla mortificazione. Attori bravissimi.    

lunedì 10 novembre 1997

Senso

anno: 1954       
regia: VISCONTI, LUCHINO  
genere: drammatico  
con Alida Valli, F.Granger, H.Moog, Rina Morelli, Sergio Fantoni, M.Girotti  
location: Italia
voto: 6

Nel 1866 la contessa veneziana Livia Serpieri (Alida Valli) intreccia una relazione adulterina con Franz, un graduato austriaco (Granger). Ma alla totale dedizione della donna, disposta ad abbandonare il tetto coniugale per l'amato, non corrisponde altrettanta lealtà da parte dell'uomo, che con una scusa si appropria del denaro che la donna deve consegnare agli insurrezionisti, per darsi ad una vita dissoluta. Davanti alla brutalità della realtà e alla notizia che il proprio cugino è stato mandato in galera proprio per colpa di Franz, la contessa sceglierà la strada della vendetta, consegnando l'uomo all'esercito austro-ungarico nelle sue vere spoglie di disertore. Con Senso, Visconti affonda sul registro melodrammatico costruendo un film - scritto a quattro mani con Suso Cecchi D'amico, dal racconto omonimo di Camillo Boito, con tanto di collaborazione ai dialoghi di Tennessee Williams e Paul Bowles - nel quale la vicenda personale dei due protagonisti si srotola complementariamente a quella della Storia. Cast di grandissima qualità: agli attori, tutti ugualmente bravi e credibili, si affiancano Giuseppe Rotunno come operatore alla macchina, Franco Zeffirelli e Francesco Rosi in qualità di assistenti alla regia e Piero Tosi e Marcel Escoffier, creatori dei magnifici costumi.    

venerdì 7 novembre 1997

Shine

anno: 1996       
regia: HICKS, SCOTT
genere: biografico
con Geoffrey Rush, Armin Mueller-Stahl, N.Taylor, L.Redgrave, John Gielgud, A.Rafalowicz
voto: 6

Dotato di un talento musicale impressionante, David Helfgott (interpretato da Alex Rafalowicz da bambino, Noah Taylor da adolescente e Geoffrey Rush da adulto) è un ragazzino australiano che vorrebbe vivere di musica. Sui suoi sogni incombe però l'autoritaria figura paterna (Armin Mueller-Stahl), che prima lo priva di opportunità eccezionali (andare negli States, dove David ha vinto una borsa di studio) e quindi lo mette di fronte all'aut-aut: o carriera o famiglia. David sceglie la prima e va a Londra, ma la sua fragile personalità si spezza sotto il peso della separazione dai famigliari e, durante una splendida esecuzione del terzo concerto di Rachmaninov, esplode una crisi di nervi che lo condurrà sul crinale dell'istituzionalizzazione psichiatrica. A riportarlo sulle scene, dopo un lungo periodo nel quale David viene allontanato dal pianoforte, saranno un'amica ed un'amante.
Ispirandosi ad una storia vera, che non ha mancato di suscitare polemiche circa l'effettivo talento del protagonista, l'australiano Scott Hicks ha scritto (con la collaborazione di Jan Sardi) un film di grande effetto, una di quelle opere che, inanellando ad uno ad uno i luoghi comuni del sentimentalismo, non possono che ottenere un largo consenso di pubblico (il protagonista ricorda il Daniel Day-Lewis de Il mio piede sinistro). Ma bisogna dare atto al regista, a dispetto della prevedibilità di molte delle situazioni del film - ampollose e romanzate - che le scene dei concerti, e su tutte quella del terzo concerto di Rachmaninov che è la scena-madre del film, sono girate con una sconcertante maestria. Oscar a Geoffrey Rush come migliore attore.    

lunedì 3 novembre 1997

Forrest Gump

anno: 1994   
regia: ZEMECKIS, ROBERT
genere: commedia
con Tom Hanks, Robin Wright Penn, Gary Sinise, Mykelti Williamson, Sally Field, Haley Joel Osment, Michael Conner Humphreys, Bob Penny, John Randall, Hanna Hall, Harold G. Herthum, George Kelly, Rebecca Williams, Sam Anderson
location: Usa       
voto: 10

Con la sua disarmante ingenuità e poco cervello, dalla provincia della Georgia Forrest Gump (Tom Hanks), che ha avuto il nome dal fondatore del Ku Klux Klan, attraversa trent'anni di storia americana - dalla nascita del rock'n'roll, l'assassinio Kennedy, la guerra in Vietnam, la rivolta nei campus, i raduni pacifisti, i figli dei fiori, l'edonismo reaganiano fino alla metà degli anni ottanta - affiancandone senza quasi accorgersene i momenti salienti. Senza volerlo, insegna a Presley a ruotare il bacino, scopre lo scandalo Watergate, diventa un eroe in Vietnam, ottimo giocatore di football americano, campione mondiale di ping-pong e poi miliardario prima con la pesca dei gamberi e quindi con la Apple ed infine guru involontario che percorre da un'estremità all'altra quell'immenso territorio che sono gli Stati Uniti d'America. In questo pirotecnico altalenarsi di vicende, gli sono vicine la mamma (Sally Field), una donna che ha insegnato a Forrest a valorizzare le qualità che aveva piuttosto che scoraggiarsi per quelle che non aveva, intelligenza prima di tutto, e Jenny (Robin Wright), amica di giochi d'infanzia e poi compagna, emblema dell'altra faccia dell'America, quella rivoluzionaria ed anticonformista, sperimentatrice di droghe, amore libero e avventure d'ogni genere. Impermeabile alla seduzione del denaro, Forrest Gump vive all'insegna della leggerezza (e non a caso il film inizia e finisce con una piuma) con una gentilezza caritatevole che ricorda un altro eroe del grande schermo, quell'Elwood P.Dowd impersonato da un gigantesco James Stewart in Harvey, o al massimo il Robin Williams de Il mondo secondo Garp, piuttosto che il Peter Sellers di Oltre il giardino al quale è stato frettolosamente affiancato. Il racconto di questa favola moderna parte da una panchina, sulla quale, nell'attesa dell'autobus, questo Candido di fine secolo racconta agli avventori di turno le vicende della sua vita, per poi continuare con il matrimonio con Jenny, la morte di quest'ultima a causa dell'Aids e l'allevamento del figlio (intelligente) avuto dalla donna. In un'epoca di rissosità tracimante, un film fluviale come Forrest Gump, oltre ad essere uno spettacolo di prim'ordine, girato con indiscutibile maestria, nutrito da effetti speciali miracolosi che affiancano il protagonista a John Lennon, John Kennedy, Lyndon Johnson e Richard Nixon (qualcosa di simile lo avevamo già visto in Zelig), meglio ancora interpretato e raccontato con ipnotica efficacia nella sceneggiatura di Eric Roth (che ribadisce la buona prova di Suspect e riscatta quella opaca di Mr.Jones) dal romanzo di Winston Groom, sapiente nel miscelare umorismo e commozione, ci fa tornare per due ore e venti in pace con il mondo. Grandissimo e strameritato successo ai botteghini USA per un film che, come ha scritto Lietta Tornabuoni "è come le macchie del test proiettivo di Rorschach: ognuno ci vede quello che vuole vedere, o quel che è". Vincitore di cinque meritatissimi premi Oscar: miglior film, regista, attore, sceneggiatura non originale (Eric Roth) e montaggio (Arthur Schmidt).    

domenica 26 ottobre 1997

Non per soldi... ma per denaro (The fortune cookie)

anno: 1966   
regia: WILDER, BILLY 
genere: commedia 
con Jack Lemmon, Walter Matthau, Ronald Rich, Judi West, Cliff Osmond, Lurene Tuttle, Harry Holcombe, Les Tremayne, Lauren Gilbert, Marge Redmond, Noam Pitlik, Harry Davis, Ann Shoemaker, Maryesther Denver, Ned Glass, Sig Rumann, Archie Moore, Howard McNear, Herbie Faye, Billy Beck, Judy Pace, Lisa Jill, John Todd Roberts, Robert Doqui, Louise Vienna, Don Reed, Herbert Ellis, Keith Jackson, Helen Kleeb, Dodie Heath, Ben Wright, Martin Blaine, Robert P. Lieb, Bartlett Robinson, William Christopher    
location: Usa
voto: 8 

A Cleveland, durante una partita di rugby, il cameraman Harry Hinkle (Jack Lemmon) viene involontariamente travolto da un giocatore nero, "Boom Boom" Jackson (Ron Rich), e portato in ospedale. E' cosa da nulla, ma sul caso si tuffa Willie Gingrich (Walter Matthau), cognato di Harry, che fiuta l'occasione di portarsi a casa un indennizzo di un milione di dollari. Con la scusa che in questo modo sarebbe riuscito a riavere la moglie fedifraga, Willie convince Harry a mettere su la commedia, fingendosi paralitico. Il gioco, a dispetto delle contromisure e degli accertamenti presi dalla compagnia assicurativa, regge fino a quando Harry non realizza con quale razza di avvoltoi ha a che fare, si fa scrupolo per le cure affettuose di Boom Boom e manda tutto a monte.
Il film, scritto ancora una volta dal regista a quattro mani con I.A.L.Diamond, torna su molti dei temi cari al regista. L'impulso narrativo - nel quale si racconta il tentativo di raggiro a danno di una compagnia assicurativa - era già presente ne La fiamma del peccato, mentre il problema dell'etica ricalca in parte quello de L'appartamento, col protagonista che fa trionfare il proprio senso morale nel finale. Ma il cinismo che ne L'appartamento era solo accennato, qui si fa esplicito, e i personaggi che sembrano essere usciti da un libro di Balzac riescono a lasciare un retrogusto amaro alla fine del film. Il grande Matthau vinse un meritatissimo Oscar come miglior attore non protagonista.

domenica 19 ottobre 1997

I cinque volti dell'assassino (The list of Adrian Messenger)

anno: 1963       
regia: HUSTON, JOHN  
genere: giallo  
con Tony Curtis, Kirk Douglas, Burt Lancaster, Robert Mitchum, Frank Sinatra, G.C.Scott, D.Wynter, C.Brook, Gladys Cooper, H.Marshall, J.Huston                
location: Usa
voto: 8  

Un funzionario dell'Intelligence Service a riposo (George C.Scott) riceve dall'amico Adrian Messenger (John Merival) una lista nella quale sono annoverati i nomi di alcuni individui a lui noti, morti - sembra - accidentalmente. Grazie alla testimonianza di Le Borg (Jacques Roux), il detective non impiega molto per capire che non si tratta di morti accidentali. Indagando, scopre che gli omicidi sono stati realizzati tutti dalla stessa mano, quella di George Bruttenholm (Kirk Douglas), che si traveste abilmente per compiere i suoi delitti. Il movente consiste nell'eliminazione di alcuni testimoni della guerra di Birmania che lui stesso aveva tradito e che potrebbero impedirgli di mettere le mani su una consistente eredità. Grazie all'abilità del detective, Bruttenholm non raggiungerà lo scopo.
Con una narrazione di esemplare linearità ottenuta anche grazie all'abile sceneggiatura di Anthony Veiller (che già aveva firmato copioni come I gangsters di Siodmak) - basata su una storia di Philip McDonald - Huston non si limita a costruire un thriller di grande suspense, ma sbeffeggia lo spettatore ricorrendo ad un cast d'eccezione (Frank Sinatra, Burt Lancaster, Tony Curtis e Robert Mitchum), relegato a ruoli di pure comparse, per giunta mascherate come il protagonista. L'effetto di spiazzamento è efficacissimo.    

Picnic ad Hanging Rock (Picnic at Hanging Rock)

Picnic a Hanging Rock    
anno: 1975   
regia: WEIR, PETER    
genere: drammatico    
con Rachel Roberts, Vivian Gray, Helen Morse, Jacki Weaver, Anne Lambert, Dominic Guard, Kirsty Child, Karen Robson, Jane Vallis
voto: 8

Il 14 Febbraio 1900, durante un picnic sul Monte Macedon, tre allieve di un collegio australiano spariscono misteriosamente tra le rocce insieme alla loro istitutrice. Una di loro riesce a tornare indietro, un'altra viene ritrovata, ma non sarà in grado di ricordare l'accaduto. Nel frattempo Sara (Margaret Nelson), la migliore amica di una delle due disperse, Miranda (la bellissima e sensuale Anne Lambert), viene allontanata dal collegio per morosità...
Il primo dei tre film che compongono la "trilogia dell'ignoto" di Peter Weir (gli altri due sono L'ultima onda e L'uomo di stagno), sceneggiato da Cliff Greene e tratto dal romanzo di Joan Lindsey, dichiara da subito la dominante tematica del regista, quella della dialettica tra razionale e irrazionale, assemblando la raffinatezza figurativa con le musiche ieratiche di Bruce Smeaton e Gheorghe Zamfir, creando così una suggestiva intonazione metafisica. Ma sotto la scorza fantastica del film, si cela un attacco trasparente alla società vittoriana del tempo, rappresentata dal razionalismo retorico e dalla rigidità pedagogica della direttrice del collegio, Mrs.Appleyard (Rachel Roberts), contrapposti alle ambizioni erotiche e sognatrici delle ragazze. Il film impose il cinema australiano all'attenzione internazionale.    

sabato 11 ottobre 1997

La casa Russia (The Russia house)

anno: 1990       
regia: SCHEPISI, FRED   
genere: spionaggio   
con Sean Connery, Michelle Pfeiffer, Roy Scheider, J.Fox, John Mahoney, M.Kitchen, J.T.Walsh, Kurt Russell, D.Threlfall, Klaus Maria Brandauer   
location: Regno Unito, Usa
voto: 3   

Un editore inglese (Connery) viene trasformato in spia per scoprire se il manoscritto che vorrebbe recapitargli Katia (Pfeiffer), una bella donna russa, scritto da un certo Dante (Brandauer), mette davvero a nudo le deficienze dell'arsenale bellico nucleare dei sovietici, e quindi incoraggia la fine della guerra fredda, oppure è uno specchietto per le allodole per fare crede agli americani che i russi non sono attrezzati per la guerra nucleare. Sull'incarico che il nostro editore svolge con indolenza, si avviluppano l'amore che nasce tra l'uomo e Katia, la simpatia verso i russi, un sano menefreghismo ed un cauto patriottismo. Alla fine vincerà l'amore.
Schepisi non ha certo il dono della sintesi ed il romanzo dell'osannato John Le Carré, che già è complicato di suo, qui diventa talmente arabescato da risultare pressoché indecifrabile. La totale assenza di azione, poi, non aiuta certo a reprimere gli sbadigli. Il sassofonista Branford Marsalis cuce qualche assolo sulla mediocre colonna sonora di Jerry Goldsmith. La sceneggiatura di Tom Stoppard è di quelle da dimenticare.    

L'appartamento (The apartment)

anno: 1960   
regia: WILDER, BILLY   
genere: commedia   
con Jack Lemmon, Shirley MacLaine, Fred MacMurray, Ray Walston, Jack Kruschen, David Lewis, Joan Shawlee, Hope Holiday, N.Stevens, J.Seven, J.Jameson, W.Waterman, D.White, E.Adams    
location: Usa
voto: 8   

Per fare rapidamente carriera nell'agenzia assicurativa newyorkese nella quale è impiegato, C.C.Baxter (Lemmon) presta il proprio appartamento ai superiori che lo usano come alcova per le loro scappatelle. Quando però scopre che il proprio direttore (MacMurray) ci porta la donna della quale C.C.Baxter è segretamente innamorato (MacLaine), cambierà condotta, a costo di perderci il lavoro.
Con l'ausilio consolidato di I.A.L.Diamond, Wilder realizza un film di straordinaria scrittura narrativa, alternando battute irresistibili ad improvvise decelerazioni di ritmo che imboccano il crinale del melodramma. Con un film divertentissimo, vincitore di cinque premi Oscar (miglior film, regia, sceneggiatura, montaggio e scenografia), Wilder racconta due forme diverse di prostituzione: una - per così dire - legalizzata, che permette a mediocri impiegati di tradire a ripetizione le proprie mogli ed una più sotterranea ma altrettanto deplorevole, improntata all'arrampicamento professionale.

martedì 7 ottobre 1997

L'innocenza del diavolo (The good son)

anno: 1993       
regia: RUBEN, JOSEPH 
genere: thriller 
con M.Culkin, E.Wood, W.Crewson, David Morse, D.H.Kelly, J.Brookes, Q.Culkin
Location: Usa
voto: 8

Dopo la prematura morte della madre, il piccolo Mark (Elijah Wood) va a stare qualche tempo dai cuginetti, mentre il padre è fuori per lavoro. Ben presto Mark si accorge che suo cugino Henry (Culkin), suo coetaneo, è un essere diabolico: fa giochi pericolosi, uccide animali, causa incidenti stradali colossali. E così, non tarda a sospettare che Henry possa essere la vera causa della scomparsa dell'altro cuginetto, che sua zia Susan (Crewson) compiange con autentica disperazione. Mosso dalla gelosia ed accortosi che Mark sta arrivando alla verità, Henry cerca prima di eliminare la sorellina (Queen Culkin, sua sorella anche nella vita reale) e quindi sua madre Susan. In un finale da cardiopalmo, sarà però Henry a lasciarci la pelle. A parte che sapere Mucaulay Culkin chiuso in una cella con Pacciani non costituirebbe affatto un dispiacere, non è male l'idea di portare al parossismo gli scherzi che questo essere ributtante già beniamino del pubblico piccino architettava in Mamma ho perso l'aereo. La tensione è altissima, il ritmo febbrile e la cattiveria in crescendo. Poco plausibili sono invece la psicanalista preposta ad avere cura dell'orfano Mark - caricaturizzata come spesso avviene nel cinema americano - lo zio di Mark, abbozzato frettolosamente e le capacità inventive del piccolo, mostruoso Henry. Un film da vedere, se non si hanno pretese razionalizzanti e si accetta lo schematismo di fondo. Dopo Il giardino di cemento, ancora una volta Ian McEwan autore del soggetto e della sceneggiatura, rivela di essere un attento osservatore delle inquietudini minorili.    

Posta celere

anno: 1997       
regia: SLETAUNE, PAL
genere: noir
con Robert Skjaerstad, Andrine Saether, Per Egil Aske, Eli Anne Linnestad, Trond Hovik, Henriette Steenstrup, Adne Olav Sekkelsten, Trond Fausa Aurvag, Bjorn Sundquist, Karl Sundby, Rolf Arly Lund, Geil Morstad, Rolf Dolven
location: Norvegia
voto: 9,5


In una Oslo degradata Roy Amundsen (Skaerstad), postino ficcanaso, scopre il responsabile di una rapina ad un furgone portavalori, entrando per caso nell'appartamento della donna (Saether) che ha preso parte al reato e che accidentalmente ha lasciato le chiavi di casa appese alla cassetta delle lettere. Travolto da una curiosità che lo porta a leggere le lettere dei destinatari e dalla sua stramberia che per ripicca contro l'arroganza dei superiori lo spinge ad accatastare gran parte della posta in un anfratto ferroviario, Roy prima si trova a dovere salvare la donna dal suicidio e quindi viene braccato dal rapinatore (Egil). In un vortice di vicende convulsive, riuscirà a salvarsi e a mettere in scacco il colpevole.
Incredibile questo Pal Sletaune, che mette insieme uno humour nero degno del miglior Kaurismaki con un intreccio impeccabile e corretto (niente viene lasciato al caso), un'eccellente direzione degli attori e un gusto inaspettato per le tecniche di ripresa fotografica, rivelando una capacità impressionante nel passaggio dalla visione dello spettatore alle soggettive. Posta celere è un film che, dopo Bad Boy Bubby, Il vestito, Insalata russa e Microcosmos, sottolinea ancora una volta l'eccellente stato di salute del cinema nordeuropeo. Primo premio della Critica Internazionale al Festival di Cannes.

sabato 4 ottobre 1997

Insalata russa

anno: 1994       
regia: MAMINE, YOURI   
genere: commedia   
con A.Soral, S.Dontsov, V.Mikhailov           
location: Francia, Russia
voto: 8   

La parigina Nicole (Agnes Soral) diventa vittima di irruzioni domestiche stravaganti da parte di un gruppo di coinquilini russi. Esasperata dalla situazione, Nicole prima chiama la polizia e poi, vista l'inefficacia dell'operazione, si lancia all'inseguimento dei russi. E si ritrova, incredibilmente, a Leningrado. La chiave della favola sta infatti nella porta di una casa dell'odierna San Pietroburgo che, una volta varcata, conduce magicamente a Parigi. Nella Russia Nicole - dopo varie disavventure - finisce in carcere e viene salvata dal professore di musica russo Tchijcov (Donstov), che la fa passare per Edit Piaf. Quando, proseguite le escursioni in territorio francese, i russi troveranno la porta murata, non potranno fare di meglio che ritornare a casa in aereo.
Storia originale anche se a tratti stereotipata nella scelta dei personaggi, scritta dal regista con Arkadi Tigai, Insalata russa mescola i fratelli Grimm con il grottesco, la stramberia sovietica col pragmatismo snob francese, con un'aggiunta di utopia ed orgoglio patriottico, ottenendo una portata gradevolissima dal retrogusto amarognolo, condita "degli sberleffi ormai d'obbligo all'Internazionale e ai dittatori di ieri" (Kezich). A pellicola finita, a risate sopite, rimane l'amarezza per quei sovietici così simpatici, fannulloni e chiassosi che - dopo comunismo, perestroika e sconquasso economico - vorrebbero trovare la loro terra promessa abbattendo il muro altissimo dell'inquadratura finale.    

La fine del gioco

anno: 1970       
regia: AMELIO, GIANNI
genere: documentario
con Ugo Gregoretti, L.Valentino
location: Italia
voto: 5

Un regista televisivo (Gregoretti) vorrebbe girare un servizio su un carcere minorile calabrese, prendendo come testimone il giovane Leonardo (Valentino). L'uomo crede di poter registrare fedelmente e non senza un pizzico di spettacolarizzazione, la vita di Leonardo nel riformatorio minorile, e di portarla come testimonianza dei problemi reali di questi ragazzi. Ma tra i due, durante un viaggio in treno che occupa quasi per intero l'ora di film, il rapporto diventa conflittuale, al punto che Leonardo decide di abbandonare l'impresa scendendo dal treno. Più un saggio di metodologia documentaristica realizzato col piglio dell'etnografo che un reportage vero e proprio, il film di Gianni Amelio ha l'enorme merito di mettere in discussione - in tempi ancora insospettabili - l'efficacia dell'inchiesta giornalistica. All'interesse sollevato da questo aspetto non ne corrisponde purtroppo uno altrettanto rilevante sul piano della vicenda personale del ragazzo istituzionalizzato ed il film - assai scarno dal punto di vista cinematografico - finisce col preferire l'osservazione dei ruoli psicologici al taglio sociologico. Bambini e treni li ritroveremo - nel cinema di Gianni Amelio - molti anni dopo, ne Il ladro di bambini.

martedì 30 settembre 1997

Consigli per gli acquisti

anno: 1997       
regia: BALDONI, SANDRO   
genere: grottesco   
con Ennio Fantastichini, Ivano Marescotti, Carlo Croccolo, Silvia Cohen, Mariella Valentini           
location: Italia
voto: 3   

Un ingente quantitativo di carne argentina andato a male deve essere reimmesso sul mercato come cibo per cani. Un'agenzia pubblicitaria diretta da Ennio Fantastichini ha il compito di occuparsi del caso. Ce la farà, a dispetto di una manifestazione di disoccupati che mette a soqquadro l'ufficio.
Baldoni, ex pubblicitario, percorre la via del grottesco per satireggiare su un mondo a lui ben noto. Riusciamo ad apprezzarlo per le caricature che tratteggia di personaggi ormai invisi ai più, gente come il sociologo Alberto Abruzzese, il critico cinematografico Enrico Ghezzi, il "creativo" Gavino Sanna, il regista Pappi Corsicato, gente che farebbe bene a mettere a riposo le proprie corde vocali. Ma tutto il resto del film, oltre a volere suscitare in via troppo diretta un senso di repulsione per quel mondo lì, con cerume dalle orecchie, vomito di cane, mutandine di pizzo con bocche lampeggianti, converge su un bozzettismo che non educa, che trascura l'ellisse a favore di una dichiarazione d'odio eccessivamente dichiarata. Da un'idea buona Baldoni non ha saputo ricavare altro che un soggetto inconsistente che trasuda schifo e dove l'unico a non suscitare un senso di ribrezzo è il cane protagonista della vicenda, che pensa con la voce e le canzoni di Paolo Conte.    

lunedì 29 settembre 1997

Pallottole su Broadway (Bullets over Broadway)

anno: 1994   
regia: ALLEN, WOODY  
genere: commedia  
con John Cusack, Jack Warden, Tony Sirico, Chazz Palminteri, Dianne Wiest, Harvey Fierstein, Tracey Ullman, Rob Reiner, Mary-Louise Parker, Joe Viterelli, Jennifer Tilly, Jim Broadbent  
location: Usa
voto: 7  

Durante gli anni '20, David Shayne (Cusack) un commediografo scalcinato, vorrebbe portare sulle scene God of our fathers, lavoro di stucchevole mediocrità. Alla ricerca di uno sponsor, non troverà di meglio che il boss mafioso Nick Vitali (Joe Vitarelli), che però pretende una parte per Olive (Jennifer Tilly), la sua amante starnazzante come un'oca ed assolutamente incapace di recitare. Olive è seguita come un'ombra dal suo gorilla, Cheech (Palminteri), che non lesina suggerimenti fondamentali per la commedia di David, fino ad aumentare a dismisura la propria ingerenza sul prodotto finito. Il successo, dopo l'unione di un cast approssimativo ed improbabile, arriva puntuale, così come l'assassinio per mano della sua stessa guardia del corpo della ragazza del boss, rea di recitare malissimo le battute di Cheech. Il quale ultimo sarà giustiziato dagli altri gangster della banda di Valenti.
L'arte può appartenere a tutti, sembra volerci suggerire Woody Allen, che ha scritto il copione con Douglas McGrath. Ed infatti è proprio un killer biscazziere (l'ottimo Chazz Palminteri, che tra l'altro è l'autore dell'opera prima di Robert De Niro come regista, Bronx) il vero deus-ex-machina del lavoro teatrale. Così, "in fondo a un'ironica commedia di costume ci ritroviamo a sorpresa con un apologo sull'arte" (Kezich). Situazioni comiche e divertenti, dialoghi spumeggianti, efficace fotografia dai toni ambra di Carlo Di Palma e cast davvero in forma sottolineano l'ennesima prova convincente del regista ebreo-newyorkese. Oscar a Diane Wiest come migliore attrice non protagonista.

sabato 27 settembre 1997

Hannah e le sue sorelle (Hannah and her sisters)

anno: 1986   
regia: ALLEN, WOODY  
genere: commedia  
con Woody Allen, Mia Farrow, Michael Caine, Dianne Wiest, Barbara Hershey, Carrie Fisher, Maureen O'Sullivan, Lloyd Nolan, Max von Sydow, Daniel Stern, L.Black, J.Louis-Dreyfus, C.Clemenson, J.Kavner, J.T.Walsh, John Turturro, R.Magee, Sam Waterston, Tony Roberts, B.Short, J.Gleason  
location: Usa
voto:8

Due anni della vita di tre sorelle newyorkesi alle prese con la vita familiare ed i problemi sentimentali. Hannah (Mia Farrow) si accontenta della mediocrità che le offre il marito Elliot (Michael Caine), a sua volta innamorato dell'altra sorella Lee (Barbara Hershey). Quest'ultima ha sposato un artista misantropo assai più anziano di lei (Max Von Sydow), che lascerà per potere proseguire la relazione con Elliot. Holly (Dianne Wiest) è una donna divorziata e stagionata che vive alla giornata e che troverà nell'ipocondriaco produttore televisivo Michey (Woody Allen) - primo marito di Hannah - il proprio principe azzurro. Affidato più alla sporadicità delle gag ed alla pregevole fattura dei dialoghi che non alla struttura narrativa, Hannah e le sue sorelle ironizza sulla fragilità delle relazioni sentimentali lasciando però intravedere - come sarà anni più tardi con Tutti dicono I love you - un ottimismo di fondo. Maureen O'Sullivan è la madre di Mia Farrow sia nella vita che nel film. Tre Oscar: migliore sceneggiatura (Woody Allen) e attori non protagonisti (Caine e Wiest).    

lunedì 22 settembre 1997

L'inafferrabile signor Jordan (Here comes Mr.Jordan)

anno: 1941       
regia: HALL, ALEXANDER  
genere: commedia fantastica
con Robert Montgomery, E.Keyes, C.Rains, R.Johnson, E.E.Horton, J.Gleason, J.Emery, D.MacBride, D.Costello, H.Hobbes, B.Rubin          
location: Usa
voto: 6,5

Morto per errore in un incidente aereo, il boxeur Joe Pendleton (Robert Montgomery) va in paradiso, dove ad attenderlo c'è il fantomatico signor Jordan (Rains). Smanioso di ottenere un risarcimento per essere stato prematuramente ed erroneamente richiamato in cielo, Joe si reincarna in un finanziere truffaldino, innamorandosi di una delle vittime dei suoi raggiri. Decisa a tornare alla boxe, l'anima di Joe entrerà nel corpo di un pugile agonizzante e per lui ricomincerà una nuova vita.
Passando a più pari dal tema del doppio a quello del triplo, Hall allestisce una commedia fantastica dai risvolti gialli, sceneggiata da Sidney Buchman e Seton I.Miller, ricca di trovate originali. Il doppiaggio è datato. Due Oscar come migliore soggetto e sceneggiatura. Rifatto nel 1978 da Warren Beatty col titolo Il paradiso può attendere.    

venerdì 19 settembre 1997

Koyaanisqatsi

anno: 1983   
regia: REGGIO, GODFREY 
genere: documentario 
location: Usa
voto: 10

Nella lingua degli indiani Hopi "koyaanisqatsi" significa "vita frenetica, sbilanciata, sbagliata". E' quello che il regista Godfrey Reggio, il compositore minimalista Philip Glass ed il produttore Francis Ford Coppola hanno voluto rappresentare realizzando un poema ecologico intessuto sul contrasto tra il tempo sinuoso e lento della natura - con il quale le culture primarie si conciliano - e quello frenetico della civiltà occidentale. Otto anni di riprese, un assemblaggio millimetrico tra colonna sonora ed immagini, virtuosismi documentaristici d'altissimo livello (immagine accelerate e rallentate, palazzi che crollano, paesaggi naturali di grande bellezza, volti umani segnati dalla fatica), musiche ora ieratiche ora di vorticosa imponenza e neanche una parola sono serviti a costruire un gioiello del quale soltanto pochi hanno riconosciuto l'enorme valore e troppi hanno saccheggiato. Reggio e Glass hanno ripetuto l'esperimento con Powaqqatsi, Anima mundi e Naqoyqatsi. Michael Hoenig ha completato le musiche.

giovedì 18 settembre 1997

La finestra della camera da letto (The bedroom window)

anno: 1987       
regia: HANSON, CURTIS   
genere: thriller   
con Steve Guttenberg, Elizabeth McGovern, Isabelle Huppert, P.Shenar, C.Lumbly, W.Shawn, F.Coffin, B.Greenquist, R.Skenkkan, M.Chaykin                
location: Usa
voto: 6   

Sylvia (Huppert), moglie di un uomo molto in vista di Baltimora (Shenar), assiste per caso ad un tentativo di omicidio dalla casa del suo amante Terry Lambert (Guttenberg), dipendente di suo marito. Terry decide di denunciare il fatto alla polizia sostituendosi a Sylvia per evitare di comprometterla con uno scandalo. Ma quando la sua testimonianza comincerà a mostrare le falle, il primo sospettato sarà lui. Soltanto l'aiuto della scampata vittima (McGovern) riuscirà a mettere fuori gioco il vero colpevole.
Tocchi hitchcockiani, trama ben oleata, tensione in crescendo, regia anonima da telefilm, ma onesta. Ecco come Curtis Hanson (autore della sceneggiatura) ha saputo trasformare il romanzo The witness di Anne Holden in un thriller da seguire senza grandi pretese per un plot di indiscutibile fascino.    

martedì 16 settembre 1997

Ovosodo

anno: 1997       
regia: VIRZÌ, PAOLO 
genere: commedia 
con Edoardo Gabbriellini, Claudia Pandolfi, Nicoletta Braschi, Malcom Lunghi, Matteo Campus, Salvatore Barbato, Marco Cocci, Regina Orioli, Paolo Ruffini  
location: Italia       
voto: 4 


Piero (Gabbriellini), detto Ovosodo dal nome del quartiere livornese nel quale vive, si arrabatta nel proprio disagio esistenziale inscritto in un'iperbole familiare con padre galeotto, madre defunta, fratello handicappato e matrigna acida e un poco puttana. L'occhio disincantato della cinepresa lo segue dall'infanzia fino al matrimonio, fermandosi a lungo sui personaggi che orbitano intorno alla scuola: una carismatica insegnante delle medie (Nicoletta Braschi) morta suicida e Tommaso (Marco Cocci), compagno di classe alternativo che si scoprirà essere figlio di un ricco industriale. Tra amori difficili, imbarazzi erotici e occasioni perse, Ovosodo si sposerà con una ragazzetta che con assoluta costanza lo ha segretamente amato per anni (Claudia Pandolfi).
Cucito addosso ad un personaggio molto simpatico, degna espressione del disagio giovanile degli anni '90, Ovosodo è un film di buona fattura, insignito col gran premio della critica al Festival di Venezia, ma diseguale nelle diverse articolazioni del racconto, esilarante in molti momenti, prolisso in qualcun altro. Destinato, probabilmente, a farsi ricordare come uno dei più lucidi ritratti generazionali dei giovani degli anni '90. Da un soggetto che lo stesso Virzì ha scritto con Francesco Bruni (già autore dell'ottimo Bonus malus) e che i due hanno sceneggiato con l'aiuto di Furio Scarpelli..    

lunedì 15 settembre 1997

A che prezzo Hollywood? (What price Hollywood)

anno: 1932       
regia: CUKOR, GEORGE   
genere: drammatico   
con C.Bennett, L.Sherman, N.Hamilton, G.Ratoff           
location: Usa
voto: 5   

Una cameriera (Bennett) raggiunge il sogno della propria vita diventando una star del cinema grazie ai buoni auspici di un regista alcolizzato conosciuto quasi per caso (Sherman). Ma la strada della celebrità farà conoscere alla giovane le contraddizioni insanabili dell'ambiente cinematografico: quando toccherà l'apice del successo, il suo Pigmalione morirà suicida.
Tratto da un soggetto di Gene Fowler e Roland Brown, ricavato a sua volta da un racconto di Adela Rogers St.John e sceneggiato da Jane Murfin e Ben Markson, A che prezzo Hollywood anticipa - con originalità ed una buona miscela di commedia e melodramma - molti dei film anti-hollywoodiani. Ma il tempo indebolisce implacabilmente l'opera.    

domenica 14 settembre 1997

Orizzonti di gloria (Paths of glory)

anno: 1957   
regia: KUBRICK, STANLEY
genere: guerra
con Kirk Douglas, Adolphe Menjou, Ralph Meeker, George Macready, Wayne Morris, Timothy Carey, Frederic Bell, Peter Capell, Ken Dibbs, Emile Meyer, Jerry Hausner, Richard Anderson, Susanne Christian, John Stein, Harold Benedict, Bert Freed, Joe Turkel
location: Regno Unito
voto: 8,5

Nel 1916, durante la Prima Guerra Mondiale, un generale francese ambizioso e disumano (Macready) manda tre soldati (Meeker, Carey e Turkel) davanti alla corte marziale, accusandoli di codardia per avere indietreggiato dinanzi ad un'azione impossibile mirata a conquistare il "formicaio" tedesco. Un colonnello umanitario (Kirk Douglas) ne prende la difesa: non riuscirà a salvare loro la vita, ma otterrà chiarezza sull'oscura vicenda.
Interessato al tema della violenza e dell'antimilitarismo, Kubrick allestisce, dall'omonimo romanzo di Humphrey Cobb (sceneggiato dallo stesso Kubrick con Calder Willingham e Jim Thompson) un racconto di linearità esemplare, nel quale tralascia i virtuosismi con la cinepresa (ma c'è una carrellata in trincea a dir poco magistrale) per affidare la zona visiva del film ai contrasti tra bianco e nero girati a Monaco di Baviera. Retroguarista e scioccamente orgogliosa, la Francia vietò il film fino al 1975