lunedì 26 giugno 2017

Codice Criminale (Trespass Against Us)

anno: 2016       
regia: SMITH, ADAM   
genere: thriller   
con Michael Fassbender, Brendan Gleeson, Lyndsey Marshal, Georgie Smith, Rory Kinnear, Killian Scott, Sean Harris, Kingsley Ben-Adir, Kacie Anderson, Gerard Kearns, Tony Way, Barry Keoghan    
location: Regno Unito
voto: 6   

Colby Cutler (Gleeson) è il patriarca di una famiglia di criminali nomadi che vive accampata in roulotte, disprezza qualunque norma del mondo cosiddetto civile e non disdegna di farsi beffa della polizia con bravate gratuite. Chad (Fassbender), il figlio di Colby, vorrebbe cambiare direzione per sé e per i suoi due figli, mandandoli a scuola (lui non ha potuto farlo) e mettendoli al riparo dalle nefande influenze del nonno. Ma un colpo messo a segno a danno della persona sbagliata lo costringe a rivedere i suoi programmi.
Al suo esordio dietro la macchina da presa con un film di finzione, il britannico Adam Smith firma un dramedy nel quale il maggiore motivo di interesse risiede nelle dinamiche familiari tra un anziano genitore despota convinto che la scuola non serva a nulla e che la terra sia piatta e un figlio di notevole personalità ma incapace di tenergli testa. Il resto è tappezzeria, intreccio narrativo incerto se prendere la strada del film di genere (con le diverse scene di inseguimento, che siano in macchina, a piedi o a caccia di una lepre) o quella del dramma familiare. In entrambi i casi, nel nugolo di personaggi brutti sporchi e cattivi - tra i quali si fa notare la figura dello scemo del villaggio usata come puro riempitivo - il difetto sta proprio nella presenza di Fassbender: per quanto l'attore tedesco ce la metta tutta per caricare di intensità lo sguardo rivolto alla macchina da presa, è troppo bello, tonico e, in fin dei conti, di sani principi, per non collidere con l'etica e l'estetica del resto della famiglia.    

domenica 25 giugno 2017

Scappa - Get Out

anno: 2017       
regia: PEELE, JORDAN  
genere: horror  
con Daniel Kaluuya, Allison Williams, Bradley Whitford, Catherine Keener, Caleb Landry Jones, Stephen Root, Lakeith Stanfield (Lakeith Lee Stanfield), Lil Rel Howery, Betty Gabriel, Marcus Henderson, Ashley LeConte Campbell, John Wilmot, Caren Larkey, Julie Ann Doan, Rutherford Cravens, Geraldine Singer, Yasuhiko Oyama, Richard Herd, Erika Alexander, Jeronimo Spinx, Ian Casselberry, Trey Burvant, Zailand Adams    
location: Usa
voto: 6,5  


Indovina chi viene a cena? Un marcantonio nero (Kaluuya), fisicamente prestante, che va a fare la conoscenza della strana famiglia della sua ragazza (Williams), una bianca altolocata nella cui casa - guarda un po' - lavora solo della servitù di colore. Apparentemente aperti e privi di pregiudizi, i familiari della ragazza costituiscono un'orrida organizzazione di eugenetica che passa attraverso il trasferimento di organi, aggiudicabile mediante lotteria. Ce la farà l'ennesimo nero a sottrarsi alla macabra catena di eventi?
L'esordiente John Peele gira un film a budget contenuto nel quale il tema del razzismo viene declinato in una chiave piuttosto originale. I neri, sembra volerci avvertire Peele, non sono più la razza inferiore, bensì quella figlia della consapevolezza acquisita con le olimpiadi berlinesi vinte da Jesse Owens nella Germania nazista: una "razza" geneticamente superiore e sessualmente più attrezzata e, proprio per questo, da sfruttare. Dopo un incipit extralarge che a piccolissime dosi ci introduce nel lato più osceno della famiglia protagonista, il film - esageratamente acclamato dalla critica più prezzolata, come è d'obbligo con tutti i saldi di fine stagione - vira su un horror splatter con una brusca accelerazione di ritmo e un finale un po' troppo sbrigativo. Ma con un messaggio assai chiaro: nel dopo-Obama la popolazione nera non potrà dormire sogni tranquilli…    

sabato 24 giugno 2017

Sex Toys Stories

anno: 2009       
regia: DELUZ, ANNE * GUELPA, BEATRICE   
genere: documentario   
location: Regno Unito, Cina
voto: 3   

"Story" nel senso di racconto, non di Storia. Da questo qui pro quo, a metà tra inganno ed equivoco, scaturisce la visione di un documentario che racconta di un'azienda britannica che, stufa del fatto che i sex toys come i vibratori siano sempre e solo progettati da uomini, assolda 8 donne con profili del tutto diversi (dalla vergine alla settantenne, passando per l'istruttrice di fitness alla quarantenne che non ha mai provato un orgasmo) affinché, in base alle loro esigenze, progettino dei prototipi da immettere sul mercato. I due prodotti più convincenti vengono indirizzati in Cina, paese severissimo quanto a norme sulla pornografia ma, al tempo stesso, maggior produttore mondiale di dildo et similia.
L'unico reale momento di interesse di questo breve documentario, girato in chiave piuttosto ironica dalle due documentariste svizzere Anne Deluz e Béatrice Guelpa, è quello in cui si vedono, in una manciata di secondi, i primi dispositivi nati per il piacere femminile: rumorosi, ingombranti, esteticamente respingenti. Il resto è ciarpame.    

martedì 20 giugno 2017

Falchi

anno: 2017       
regia: D'ANGELO, TONI  
genere: poliziesco  
con Fortunato Cerlino, Michele Riondino, Xiaoya Ma, Aniello Arena, Pippo Delbono, Stefania Sandrelli, Gaetano Amato, Alessandra Cao, Carlo Caracciolo, Noemi Maria Conigni, Oscar di Maio, Hong Guo Long, Carmine Monaco, Carmine Paternoster, Massimiliano Rossi, Salvatore Striano, Ruichi Xu    
location: Italia
voto: 5  

Peppe (Cerlino) e Francesco (Riondino) fanno coppia come agenti della Squadra Mobile di Napoli. Girano senza casco in motocicletta, hanno il grilletto facile e molti scheletri nell'armadio. Il primo, più anziano, alleva cani per i combattimenti clandestini; il secondo vive enormi sensi di colpa per un'operazione di polizia finita male, non disdegna stupefacenti pesanti e sta quasi sempre una spanna sopra i confini della legge. Un molosso e una massaggiatrice cinese li costringeranno a una resa dei conti.
Figlio d'arte - suo padre, qui impegnato nella colonna sonora, è Nino "Caschetto d'oro" D'Angelo - Tony D'Angelo ribadisce con questo poliziesco nerissimo - autentica reincarnazione del polziottesco anni '70 esplicitamente citato in una scena di Milano calibro 9 - la sua inclinazione per le ambientazioni notturne, ripristinando un cinema di genere con intenti autoriali imperniato sul senso di colpa di uno dei due protagonisti. Se sul versante del ritmo, che alterna passaggi quasi bergmaniani con brusche accelerazioni condite con violenza, sparatorie e inseguimenti, il film trova una misura piuttosto equilibrata, su quello narrativo lo sviluppo si ingarbuglia su uno spunto tutt'altro che originale, sacrificando l'azione a una ricercatezza poco redditizia.    

domenica 18 giugno 2017

Messi - Storia Di Un Campione

anno: 2014       
regia: DE LA IGLESIA, ALEX
genere: documentario
con Johan Cruyff, César Luis Menotti, Andrés Iniesta, Alejandro Sabella, Gerard Pique, Javier Mascherano, Jorge Valdano, Josè Manuel Pinto, Hugo Tocalli, Claudio Vivas, Cintia Arellano, Diego Vallejos, Diego Schwartzstein, Walter Barrera, Santiago Seguerola, Ramon Besa, Juan Pablo Varsky, Ezequiel Moores, Marcelo Sottile, Daniel Arcucci, Jordi Bastè, Jorge Lòpez, Oscar Martinez, uillem Balaguè, Marc Balaguer, Juan Carlos Lo Sasso, Diego Armando Maradona    
location: Argentina, Spagna
voto: 5

Non è affatto male l'idea di Alex De La Iglesia, regista estroso di film come La comunidad, Oxford murders o Ballata dell'odio e dell'amore prestato al documentario, di raccontare le gesta pedatorie di Lionel Messi, uno dei più grandi giocatori di calcio del presente, sotto forma di racconto corale. Siamo in un lussuoso ristorante spagnolo e, nei diversi tavoli, troviamo le sue insegnanti di scuola di quando era bambino, i compagni di squadra del primo club argentino, quelli del Barcellona di oggi come Andrés Iniesta, giornalisti, allenatori di rango ed ex giocatori come Johan Cruyff e César Menotti. Ognuno racconta un pezzo di quella storia che - supportato soprattutto dalla nonna - portò questo ragazzino gracile e con un grave deficit dell'ormone della crescita a diventare il campione capace di aggiudicarsi per 4 volte il pallone d'oro, di arrivare in testa al torneo spagnolo e di aggiudicarsi diverse coppe internazionali. Il tono è diffusamente elegiaco, alcuni confronti improponibili (in primis, quello con un altro asso del calcio argentino, Maradona), ma il ritmo è svelto, il montaggio - che alterna le conversazioni con filmati di repertorio di ogni genere - serrato, la prosa agile e accattivante. Ma, con la sola eccezione di Zidane (regia dei videoartisti Philippe Parreno e Douglas Gordon, colonna sonora strepitosa dei Mogwai), ancora una volta il pallone esce sgonfio dal grande schermo, come era accaduto con il ritratto che Kusturica dedicò a Maradona o con il biopic su Pelè.    

sabato 17 giugno 2017

Ci vediamo a casa

anno: 2012       
regia: PONZI, MAURIZIO   
genere: commedia   
con Ambra Angiolini, Edoardo Leo, Antonello Fassari, Myriam Catania, Giulio Forges Davanzati, Nicolas Vaporidis, Primo Reggiani, Giuliana De Sio, Federico Rosati, Alessandro Nardocci, Francesca De Martini, Claudio Spadaro, Claudio de Pasqualis, Federico Scribani Rossi, Isabelle Adriani    
location: Italia
voto: 1   

Da quando possiedo un ebook reader, i miei sensi di colpa nei confronti dell'editoria, del cui sistema - come autore di saggistica - pur faccio parte, sono aumentati. Sarà per questo che, oltre a continuare a foraggiare quella rivista scadente che è Ciak (dal 2014 nelle mani del gruppo editoriale della Santanché…), da un quarto di secolo riservo immancabilmente una piccola quota settimanale anche a FilmTv. Dove, prima di decidere di sorbirmi un film con la Angiolini, leggo: "Gran ritorno di Maurizio Ponzi […] abitato e attraversato da un umanesimo struggente". Sono parole che fanno male quando ti trovi davanti a uno spettacolo così desolante, realizzato da un regista che nella sua carriera ha avuto il solo merito di fare per Francesco Nuti ciò che Camillo Mastrocinque fece per Totò: offrire una sponda alle battute del comico toscano. Autore di capitoli seminali della cinematografia nostrana come Il tenente dei carabinieri, Noi uomini duri, Il volpone e Anche i commercialisti hanno un anima (sic!), Ponzi torna a dirigere un film a sette anni da A luci spente. E lo fa con un film corale, ambientato a Roma, nel quale tre coppie di differenti classi sociali sono accomunate dal problema della casa: chi deve accontentarsi di dividere gli spazi con un amico attempato (Fassari), chi vorrebbe lasciare la casa dove ancora vive con la mamma (De Sio) per andare con il fidanzato (Reggiani), chi di case ne ha anche troppe perché il papà è un losco affarista. Per film come Ci vediamo a casa, che ha persino tutta l'arroganza dell'opera che pretende di avere un richiamo sul sociale, la categoria del "televisivo", usata in modo spregiativo, è insufficiente. Il film di Ponzi è inferiore a una qualunque fiction da seconda serata in una televisione locale: dai dialoghi inascoltabili, alla regia totalmente anonima fino alla prova - ben al di sotto del livello da recita parrocchiale - dell'intero cast, nel quale figurano l'irresistibile Giulio Forges Davanzati Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare e la figlia di mammà (Rosella Izzo, la cui famiglia è uno dei potentati del nostro cinema) Myriam Catania, tutto è assolutamente desolante.    

giovedì 15 giugno 2017

La memoria dell'acqua (El botón de nácar)

anno: 2015       
regia: GUZMAN, PATRICIO   
genere: documentario   
location: Francia, Cile, Spagna
voto: 4   

I mammasantissima del cinema, quelli sempre bene informati, dicono che il settantaquattrenne cileno Patricio Guzman, una vita passata in esilio dal "suo" Cile dopo il colpo di stato di Pinochet, è uno dei migliori documentaristi al mondo. Sarà… La memoria dell'acqua è appena il suo quinto film e prende spunto dal ritrovamento di un bottone (quello del titolo originale) in fondo all'oceano per raccontare la storia di Jemmy Button, l'indigeno che - nell'Ottocento - fu portato dalla Patagonia all'Inghilterra con l'intento di civilizzarlo, salvo poi rispedirlo indietro. Al rientro, l'uomo perse la sua identità dopo avere accettato le avance degli inglesi in cambio di quel famoso bottone di madreperla che gli diede anche il nome. Oggetto che fa da epitome anche alla dittatura di Pinochet, artefice dell'inasprimento della difficile convivenza tra etnie diverse, fustigate dalla dittatura e già in precedenza vittime di forme feroci di colonialismo.
Tutto molto poetico e ispirato, ma terribilmente demodé, con l'appiglio pretestuoso a una metafora corriva come quella della memoria dell'acqua che diventa la matefora di un popolo che non ha dimenticato il suo passato, le difficoltà e i torti subiti. Ritmo lentissimo, voce off soporifera da documentario televisivo anni '50, macchina fissa sugli intervistati alternata a immagini dello spazio da National Geographic rendono questo film appetibile solo a palati raffinatissimi. Il mio non lo è.    

mercoledì 14 giugno 2017

Maria per Roma

anno: 2016       
regia: DI PORTO, KAREN 
genere: grottesco
con Karen Di Porto, Andrea Planamente, Cyro Rossi, Diego Buongiorno, Nicola Mancini, Lorenzo Adorni, Massimiliano Padovan Di Benedetto, Paolo Samoggia, Boris Giulivi, Paola Venturi, Bruno Pavoncello, Mia Benedetta, Marianna Costantini, Daniela Virgilio    
location: Italia
voto: 3 

Nanni Moretti è come Frank Zappa: per quanto uno possa sforzarsi di imitarlo, non riuscirà mai neppure a lambire vagamente l'originale. A questa ferrea regola non sfugge neppure l'esordiente Karen Di Porto, che perennemente in sella alla sua Vespa firma un esordio con pretese da Caro diarietto in doppio cromosoma XX, profilandosi come l'ultima epigona di una serie di registi destinati ad apparizioni più o meno effimere come Fulvio Ottaviano, Giacomo Ciarrapico, Nina Di Majo e Alessandro Aronadio. Capello fluente e occhioni bistrati, la ragazza si prende estremamente sul serio e per un ora e mezza rimane fissa sulla scena per raccontare una qualsiasi giornata, dall'alba al tramonto passato sotto i ponti cittadini, di Maria - vocazione da attrice ma key holder per necessità - che in 24 ore, sempre con la cagnetta cardiopatica Bea al seguito (decisamente la migliore interprete del film), si arrabatta per mostrare le case vacanze a clienti spesso pretenziosi e rompiscatole, trova il tempo per le prove a teatro, quello per un set cinematografico e per andare a far visita alla madre con cui è in perenne conflitto, per poi terminare la sua giornata a una festa organizzata alla Casa del cinema, dove un regista le ha fatto sperare in una parte per un film.
Tra fotografie da cartolina della città eterna e una ridda di stereotipi (il produttore cinematografico bavoso, la sarda seccatrice, l'amico gay effemminato, eccetera), il film della Di Porto si dipana senza un'idea minima di sceneggiatura, assemblando alla rinfusa una serie di scene più o meno grottesche che, pur trovando qualche momento comico, vengono raggelate dal contrasto con l'assenza totale di qualsiasi forma di ironia della protagonista.
Sul genere, tra teatro off e situazioni beckettiane, molto meglio andarsi a rivedere il gustoso Estate romana di Matteo Garrone, degno allievo di Moretti ma senza ambizioni di clonazione.    

martedì 13 giugno 2017

Io danzerò (La Danseuse)

anno: 2016       
regia: DI GIUSTO, STEPHANIE   
genere. biografico   
con Soko, Gaspard Ulliel, Mélanie Thierry, Lily-Rose Melody Depp, François Damiens, Louis-Do de Lencquesaing, Amanda Plummer, Denis Ménochet, Louis Garrel, William Houston, Charlie Morgan, James Flynn    
location: Francia, Usa
voto: 4   

Nel 1887, alla morte del padre, la venticinquenne Marie Louise (Soko) salpa dagli Stati Uniti per cercare fortuna come attrice in Francia. Qui la ragazza, omosessuale dichiarata che nel frattempo ha assunto il nome d'arte di Loïe Fuller, pur non sapendo ballare rivoluzionerà il concetto stesso di danza, esibendosi dapprima alle Folies Bergères e quindi addirittura all'Opera di Parigi.
La esordiente Stéfanie De Giusto, spocchia tutta francese e piglio intollerabilmente magniloquente, firma un biopic che comincia come un film western e di dipana in una narrazione piatta con ambizioni autoriali, ricercatezze gratuite e una pensosità diffusa che mette in secondo piano l'unica cosa buona del film: la ricostruzione dello spettacolare gioco di luci e forme con cui la Fuller, utilizzando semplicemente dei bastoni e dei lunghissimi veli, riuscì a mandare in visibilio il pubblico della Belle Époque grazie alla sua "danza serpentina". Il film tratto da un libro di Giovanni Lista si concentra invece sul rapporto con un nobiluomo depresso (Garrel) e con la stella nascente di Isadora Duncan (l'insipida Lily-Rose Melody Depp, figlia di Johnny Depp), una vera ballerina, affidandosi all'inespressività di Soko, la cantante di origine polacca che fece fortuna su MySpace grazie a un video girato col cellulare…    

lunedì 12 giugno 2017

Una doppia verità (The Whole Truth)

anno: 2016       
regia: HUNT, COURTNEY  
genere: giallo  
con Keanu Reeves, Renée Zellweger, Gugu Mbatha-Raw, Gabriel Basso, Jim Belushi (James Belushi), Jim Klock, Ritchie Montgomery, Christopher Berry, Nicole Barré, Lyndsay Kimball, Jason Kirkpatrick, Sean Bridgers, Jackie Tuttle, Mattie Liptak, Ryan Grego, Mac Alsfeld    
location: Usa
voto: 5  

Il diciassettenne Mike Lassiter (Basso) è l'ammutolito rampollo di una ricchissima famiglia della Louisiana che deve essere processato per parricidio. Tutto lascerebbe pensare a un processo rapido, visto che l'imputato ha ammesso la sua colpa. Il suo avvocato (Reeves), che è anche un amico di famiglia, propende per una strada che tenti di dimostrare che l'omicidio compiuto dal ragazzo sia stato innescato dai soprusi paterni a danno della madre (Zellweger).
Su sceneggiatura fiacchissima di Rarafel Jackson , la 53enne Courtney Hunt - già regista del noir Frozen river - dirige un legal thriller alquanto convenzionale, quasi interamente girato all'interno dell'aula di tribunale nella quale si svolge il processo e condito con qualche flashback. La regia è pulita ma defilata, la narrazione si lascia seguire fluidamente, ma l'intero plot sembra puntare sul doppio colpo di scena finale, segnato da un'evidente falla nella sceneggiatura.
Alla fine, il motivo maggiore di interesse di questo saldo estivo è il confronto tra i due protagonisti - Keanu Reeves e Renée Zellweger - a colpi di botox.    

martedì 6 giugno 2017

Mea Culpa

anno: 2014       
regia: CAVAYÉ, FRED 
genere: poliziesco
con Vincent Lindon, Gilles Lellouche, Nadine Labaki, Max Baissette de Maglaive, Gilles Cohen    
location: Francia
voto: 6 

Simon (Lindon) è stato espulso dalla polizia a seguito di un incidente d'auto che ha provocato la morte di tre persone. Il matrimonio di sfascia e l'unico a rimanere al suo fianco è un collega (Lellouche) che si farebbe in quattro per lui e che dimostra davvero di saperlo fare quando Simon si trova a fronteggiare una banda di sanguinari malviventi che vorrebbero uccidere suo figlio, inconsapevole testimone di un delitto che non avrebbe dovuto vedere.
Il francese Fred Cavayé dirige due dei suoi attori feticcio - Vincent Lindon (Pour elle) e Gilles Lellouche (Gli infedeli) - in un polar travestito da buddy-movie con tanto di abreazione finale. La narrazione zoppica e la gang dei cattivoni è disegnata a grana grossa, ma il film - nonostante l'inverosimiglianza di molte situazioni - ha ritmo, azione e qualche buona trovata di regia.    

domenica 4 giugno 2017

John Wick - Capitolo 2 (John Wick: Chapter 2)

anno: 2017       
regia: STAHELSKI, CHAD  
genere: gangster  
con Keanu Reeves, Riccardo Scamarcio, Laurence Fishburne, Common, Ruby Rose, Ian McShane, John Leguizamo, Claudia Gerini, Lance Reddick, Peter Stormare, Bridget Moynahan, Peter Serafinowicz, Thomas Sadoski, David Patrick Kelly, Tobias Segal, Nico Toffoli, Perry Yung, Vadim Kroll, Franco Nero, Luca Mosca    
location: Italia, Usa
voto: 1  

John Wick (Reeves, qui più imbalsamato del solito) vorrebbe starsene tranquillo con il suo cane e godersi la sua bella casa. Ma un suo ex socio (un inguardabile e soprattutto inascoltabile Riccardo Scamarcio) lo costringe a tornare sulla scena per eliminare, a Roma, la sorella (Claudia Gerini, che qui offre una presenza più ornamentale delle precedenti). Sarà una carneficina.
Avete presenti quei videogames del genere sparatutto? Ecco, qui siamo alla loro degenerazione più letale: in nome del cinema più bolso e fracassone, qui dialoghi e plot vengono azzerati, qualsiasi raccordo narrativo viene lasciato al caso, la recitazione è ben sotto il livello di guardia, Roma fa rimpiangere le fotografie dei negozi di souvenir e l'unica cosa che ci si aspetta da action movies come questo è, appunto, l'azione. Che qui invece viene spesso sacrificata a vantaggio di interminabili intermezzi parlati dai quali allo spettatore - a differenza del protagonista che schiva, invulnerabile, qualsiasi raffica di pallottole - viene stroncato l'ultimo neurone residuo.   
Improponile il confronto con il primo capitolo.