giovedì 31 gennaio 2013

The Eastwood factor

anno: 2010   
regia: SCHICKEL, RICHARD
genere: documentario
con Clint Eastwood, Morgan Freeman, Deborah Hopper
location: Usa
voto: 6

Dopo 29 film (che in realtà sono 31, considerando Breezy e Vanessa) da regista e un successo ormai conclamato di pubblico e critica, Clint Eastwood diventa finalmente oggetto di un documentario che ne ricostruisce filologicamente la carriera (in realtà esiste un precedente per il solo pubblico francese, Clint Eastwood, le franc tireur). Affidato all'amico Morgan Freeman (con lui sul set de Gli spietati, Million dollar baby e Invictus) il compito di raccontare le tante sfaccettature della carriera di Eastwood e allo stesso regista-attore quello di narrare aneddoti su molti dei suoi film, il documentario procede cronologicamente senza guizzi, restituendo un ritratto nitido ma anche un po' piatto del protagonista. Il quale cominciò, lo sanno tutti, con qualche fortunata serie televisiva nella quale, nemmeno a dirlo, faceva la parte del duro. Che fu Sergio Leone, con la trilogia del dollaro, a dargli fama mondiale è anch'essa una notizia di pubblico dominio. Meno nota è forse la collaborazione continuativa con gli studi della Warner bros., al cui interno esiste un settore nel quale sono racchiusi migliaia e migliaia di costumi di scena usati in tutti i film di Eastwood, da quello da predicatore de Il cavaliere pallido a quello da astronauta di Space cowboys. Ha invece il sapore del saggio antologico e critico l'avvistamento di alcuni elementi topici del suo cinema, primo fra tutti il fatto che nei suoi film le pistole spesso sono scariche (nel senso che al momento culminante qualcuno rimane senza pallottole) e che gli è molto caro il tema della resurrezione, con personaggi che riappaiono all'improvviso.
Nella carrellata di una carriera lunghissima non possono poi mancare i riferimenti all'ispettore Callaghan, i fiaschi clamorosi (Honkytonk man) ma anche la consacrazione da parte di una critica che dopo essere rimasta a lungo scettica anche davanti al tentativo di riscrivere il western (come ne Lo straniero senza nome), si è ricreduta proprio grazie a un altro western (Gli spietati) fino a conferirgli il massimo suggello grazie al triplo oscar di Million dollar baby.
Lo sapevate, poi, che Flags of our fathers e Lettere da Iwo Jima sono stati girati contemporaneamente in Islanda, oggi una scena per l'uno, domani una per l'altro?

Download

mercoledì 30 gennaio 2013

La mia Thule

anno: 2013   
regia: CONVERSANO, FRANCESCO * GRIGNAFFINI, NENE 
genere: documentario 
con Francesco Guccini, Antonio Marangolo, Ellade Bandini, Juan Carlos Flaco Biondini, Pierluigi Mingotti, Roberto Manuzzi, Vincenzo Tempera, Luciano Ligabue, Leonardo Pieraccioni, Giuseppe Dati, Marco Fontana 
location: Italia
voto: 5

A 45 anni dal suo primo disco, Francesco Guccini decide di chiudere la sua avventura musicale registrando un album dal titolo tanto poco immediato quanto, a gioco scoperto, eloquente: L'ultima Thule. Francesco Conversano e Nene Grignaffini sono andati a seguirlo per quest'ultimo viaggio musicale presso il mulino  pavanese (sull'appennino tosco-emiliano) dove il cantautore emiliano visse nei suoi primi 5 anni di vita e dove, dopo averne stravolto l'organizzazione interna, ha registrato il cd insieme ai suoi compagni di sempre: Vince Tempera, Ellade Bandini, Flaco Biondini, ma anche Antonio Marangolo, Pierluigi Mingotti e Roberto Manuzzi. È il ritratto, senza particolari guizzi, di come sono andati quei giorni di registrazione nonché il racconto di come sono nate le 8 canzoni dell'album. Si tratta di un quadro che vede questo "piccolo baccelliere" - come disse di se stesso, schernendosi, in Addio - in una veste assai dimessa, dalla quale emerge la stanchezza di dover affrontare ancora gli oneri dell'industria musicale e gli onori del palco. Raccomandato soltanto a gucciniani a denominazione di origine controllata.    

lunedì 28 gennaio 2013

Una 44 Magnum per l'ispettore Callaghan (Magnum force)

anno: 1973   
regia: POST, TED
genere: poliziesco
con Clint Eastwood, Hal Holbrook, Mitch Ryan, David Soul, Tim Matheson, Kip Niven, Robert Urich, Felton Perry, Maurice Argent, Margaret Avery, Richard Devon, Tony Giorgio, Jack Kosslyn, Bob March, Bob McClurg
location: Usa
voto: 6

Prendete un dialogo come questo. "Com'è morta?", domanda Callaghan (Eastwood) in obitorio. "Prima che lo beccassero quel porco le ha vuotato un flacone di acido muriatico in gola" gli risponde il suo capo. E lui: "Mmmh… questo dimostra già una certa classe". Al che, il capo ironizza: "Lei è un vero sentimentale". E ancora Callaghan, rivolgendosi al medico che ha dovuto fare l'autopsia: "Permette che il tenente pianga sulla sua spalla?". Ecco, da qui avete la misura di uno dei personaggi che hanno reso celebre Clint Eastwood, prima ancora che diventasse quel regista di culto che giustamente è diventato. L'ispettore Harry Callaghan (ma nell'originale è Calahan) è noto per i suoi modi bruschi e il grilletto facile. Però sta comunque dentro le regole. Tra un'operazione di polizia e l'altra, funzionali al film per aumentare il minutaggio e diluire la suspense, il mitico ispettore si trova con una bella patata bollente tra le mani. A San Francisco qualcuno ha deciso di fare a meno dei tribunali, spedendo i rei direttamente al creatore. L'ispettore non impiega molto a capire che le mele marce sono dentro il corpo di Polizia, ma se la dovrà vedere con un'organizzazione disposta a tutto.
Uscito dalle penne di John Milius e Michael Cimino, il secondo episodio dell'ispettore Callaghan passa dalle mani di Don Siegel a quelle di Ted Post, mantenendo le stesse caratteristiche da poliziesco girato senza troppo sfarzo né fronzoli che aveva caratterizzato Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo. Il poliziotto rude e con la cicca perennemente tra i denti è l'emblema di un cinema dalla parte dell'ordine, che guarda agli stilemi tipici del genere puntando sull'efficacia delle scene d'azione.
Curiosamente, Hal Hallbrook, qui nei panni del capo della Polizia, si ritroverà a girare un film assai simile, eloquente fin dal titolo: Condannato a morte per mancanza di indizi.

domenica 27 gennaio 2013

After the sunset

anno: 2005   
regia: RATNER, BRETT 
genere: commedia gialla 
con Pierce Brosnan, Salma Hayek, Woody Harrelson, Don Cheadle, Naomie Harris, Chris Penn, Russell Hornsby, Troy Garity, Shaquille O'Neal, Gary Payton, Karl Malone, Lisa Thornhill, Kate Walsh, Tom McGowan, Joel McKinnon Miller, Rachael Harris, Alan Dale, Jeff Garlin, Paul Benedict, Chad Gabriel, Ted Detwiler, Kirk B.R. Woller, Anthony Reynolds, Oluchi Onweagba, Noémie Lenoir, Gillian Vigman, Kamal Marayati, David Reivers, Andrew Fiscella, Paul Korda, Phil Jackson, Jon Donahue, Jared Day, Frank Bruynbroek, Audrey Quock, Robert Curtis-Brown, Obba Babatundé, Mykelti Williamson, Gianni Russo, Shakara Ledard, Leshay N. Tomlinson, Mark Moses, Edward Norton, Rex Linn, Dyan Cannon, Michael Bowen 
location: Usa
voto: 6

Un ladro di bell'aspetto, galantuomo e supertecnologico (Brosnan), ha trovato il suo passatempo: rubare i tre diamanti di una preziosissima collezione che appartenne a Napoleone. La sua bellissima compagna (Hayek) non ne più dei suoi divertimenti stravaganti tanto più che c'è un poliziotto dell'FBI (Harrelson) che gli dà forsennatamente la caccia. Dopo promesse e spergiuri, nonostante la bella vita di una località esotica dei Caraibi, davanti all'opportunità di rubare anche il terzo diamante il nostro non riesce a fermarsi.
Commedia gialla con ironia a palate, che rifà il verso a 007 (di cui lo stesso Brosnan prese le sembianze per ben 4 volte, l'ultima l'anno precedente questo film con La morte può attendere) pur tenendosi sul solco del buddy movie. Guardie e ladri si rincorrono per un'ora e mezza di divertimento garantito e senza nessuna pretesa.    

venerdì 25 gennaio 2013

Flight

anno: 2012       
regia: ZEMECKIS, ROBERT
genere: drammatico
con Denzel Washington, Don Cheadle, Kelly Reilly, John Goodman, Bruce Greenwood, Melissa Leo, Brian Geraghty, Tamara Tunie, Nadine Velazquez, James Badge Dale, Garcelle Beauvais, Boni Yanagisawa, Dane Davenport, E. Roger Mitchell, Ravi Kapoor, Tommy Kane, Peter Gerety, Tom Nowicki, Ron Caldwell, Bethany Anne Lind, Shannon Walshe, Justin Martin (II), Will Sherrod, Rhoda Griffis, Michael Beasley, Adam Tomei, Conor O'Neill
location: Usa
voto: 5

Con Flight, Zemeckis riparte da dove ci aveva lasciato col suo ultimo film "normale" (i tre precedenti - Polar express, La leggenda di Beowulf e A Christmas carol - erano stati tutti girati in motion capture), cioè da un disastro aereo. E da una grande solitudine. Là, in Cast away, Tom Hanks si ritrovava da solo in un'isola deserta. Qui, Denzel Washington, chiamato a un ruolo vicinissimo a quello che già ebbe in Unstoppable, è costretto a un corpo a corpo con i suoi fantasmi, una dipendenza dall'alcol che non lo abbandona. E già qui si dovrebbe capire quanto déjà vù ci sia in questo film, che recupera anche il tema della solidarietà tra disperati di Noi due sconosciuti e i paradossi dell'eroismo di Fearless. Già, perché Whip Whitaker (Washington), comandante del volo in rotta verso Atlanta, arriva in aereo ubriaco. La tempesta che si abbatte sul velivolo e l'usura del mezzo non sono dalla sua parte, ma nonostante ciò, con una manovra miracolosa, riesce a compiere un atterraggio di fortuna che limiterà enormemente le perdite umane. Salutato inizialmente come un eroe nazionale, nella battaglia legale che si scatena tra compagnie assicurative e aeree, Whip rischia comunque di fare la parte del capro espiatorio. La relazione a intermittenza con una tossicodipendente (Reilly) non lo aiuta a tirarsi fuori dai suoi problemi.
Il preludio e la prima mezz'ora, quella da disaster movie in cui si concretizza la sciagura, sono i tempi migliori di un film che passa dai toni intimisti della seconda parte alla retorica della redenzione del finale: sbrodolamenti eccessivi, patchwork tra diversi altri film che non dice nulla di nuovo e sottofinale con tanto di melodramma giudiziario non bilanciano il consueto mestiere del regista, che dopo Contact non aveva più sbagliato un film.    

giovedì 24 gennaio 2013

Lincoln

anno: 2012       
regia: SPIELBERG, STEVEN
genere: biografico
con Daniel Day-Lewis, Sally Field, David Strathairn, Joseph Gordon-Levitt, James Spader, Hal Holbrook, Tommy Lee Jones, John Hawkes, Jackie Earle Haley, Bruce McGill, Tim Blake Nelson, Joseph Cross, Jared Harris, Lee Pace, Peter McRobbie, Gulliver McGrath, Gloria Reuben, Jeremy Strong, Michael Stuhlbarg, Boris McGiver, David Costabile, Stephen Spinella, Walton Goggins, David Warshofsky, Colman Domingo, David Oyelowo, Lukas Haas, Dane DeHaan, Carlos Thompson, Bill Camp, Elizabeth Marvel, Byron Jennings, Julie White, Charmaine White, Ralph D. Edlow, Grainger Hines, Richard Topol, Walt Smith, Dakin Matthews, James 'Ike' Eichling, Wayne Duvall, Bill Raymond, Michael Stanton Kennedy, Ford Flannagan, Robert Ayers, Robert Peters, John Moon, Kevin Lawrence O'Donnell, Jamie Horton, Joe Dellinger, Richard Warner, Elijah Chester, Dave Hager, Sean Haggerty, Mike Shiflett, Gregory Itzin, Stephen Dunn, Stephen Henderson, Chase Edmunds, John Hutton, Robert Ruffin, Drew Sease, John Lescault, Scott Wichmann, Adam Driver, Jean Kennedy Smith, Shirley Augustine, Sarah Wylie, Margaret Ann McGowan, Hilary Montgomery, Asa-Luke Twocrow, Lancer Dean Shull, Robert Wilharm, Kevin Kline, Sgt. John Jones, Paul Gowans, Joseph Miller, John Bellemer, Mary Dunleavy, Christopher Evan Welch, Alan Sader, Gannon McHale, Ken Lambert, Thomas K. Belgrey, Ted Johnson, Don Henderson Baker, Raynor Scheine, Armistead Wellford, Michael Ruff, Rich Wills, Stephen Bozzo, Christopher Alan Stewart, Teddy Eck, Todd Fletcher, Charles Kinney, Joseph Carlson, Michael Goodwin, Edward McDonald, Jim Batchelder, Gregory Hosaflook, Joe Kerkes, William Kaffenberger, Larry Van Hoose, C. Brandon Marshall, David Russell Graham, Benjamin Shirley, Henry Kidd, Joseph Frances Filipowski, Thomas Aldridge, Sidney Blackmer Jr., Billy Caldwell, Glenn T. Crone, Martin Dew, Theodore Ewald, Todd Hunter, Joe Inscoe, Raymond H. Johnson, Gary Keener, Randolph Meekins, Frank Moran, Charley Morgan, Chad Pettit, Barry Privett, Leslie Rogers, Marcello Rollando, Keith Tyree, Kevin J. Walsh, Robert Wray, S. Epatha Merkerson, Christopher Boyer, Stephen Dunford, David Doersch, Christopher Cartmill, Robert Shepherd
location: Usa
voto: 4

È il 31 gennaio del 1865 quando il Congresso degli Stati Uniti è chiamato a pronunciarsi sul tredicesimo emendamento della Costituzione, quello che vorrebbe eliminare la schiavitù in tutto il Paese. La nazione è in guerra già da 4 anni, le perdite umane sono incalcolabili (intorno ai seicentomila uomini) e, grazie alla superiorità nordista, Abraham Lincoln, sedicesimo presidente americano, se volesse potrebbe mettere fine alla Guerra di Secessione. Ma gli preme arrivare a quella data per portare davanti al Congresso la votazione sul tema che più gli sta a cuore, l'abolizione della schiavitù, appunto. Il film è, nella sostanza, la storia della ricerca dei 20 voti che i Repubblicani devono sfilare ai Democratici per arrivare al successo. Sì, avete capito bene: i Democratici sono quei vecchi parrucconi che sostenevano le differenze di razza e il regime di schiavitù, mentre i Repubblicani erano progressisti e abolizionisti. Paradossi delle parole.
Come sempre, il film di Spielberg è stato preceduto da abbondanti squilli di tromba, servizi su ogni medium, pubblicità a cascata, come si deve nei casi di uno che nel mondo del cinema conta quanto Blatter nel calcio, Murdock nella televisione e Standard & Poor's nella finanza. Se poi ci mettiamo tutta la retorica nazionalista, quanto sono buoni i bianchi, l'incipit che riecheggia la carneficina iniziale di Salvate il soldato Ryan e una spruzzata di buoni sentimenti - sintetizzati nella figura del vecchio repubblicano impersonato da Tommy Lee Jones, che dopo aver combattuto trent'anni per l'abolizione della schiavitù, medita il passaggio all'estensione del suffragio ai neri - ecco spiegata la valanga di candidature all'Oscar che Lincoln ha ottenuto. A vedere il film davvero non se ne capisce il motivo, a cominciare da quella a Daniel Day-Lewis, altrove strepitoso (Gangs of New York, Il petroliere), ma qui troppo impegnato a parodiare la mimica inamidata di un presidente lungagnone e con l'andatura da bradipo. Della stessa figura di Lincoln, poi, emerge poco: gli ideali egualitari, l'attitudine all'aneddotica e la forza ironica, l'amore per i figli, la tragica fine pochi qualche mese dopo l'approvazione del 13esimo emendamento. Il tutto raccontato con uno stile narrativo da polpettone, stanco, lentissimo, tremendamente verboso, retorico, preoccupato più della forma che della sostanza narrativa e con il solito, insopportabile accompagnamento musicale di John Williams, che dà fondo a tutta la sua verve pomposa e rococò.    

mercoledì 23 gennaio 2013

My beautiful laundrette

anno: 1985   
regia: FREARS, STEPHEN  
genere: drammatico  
con Daniel Day-Lewis, Gordon Warnecke, Roshan Seth, Saeed Jaffrey, Derrick Branche, Rita Wolf, Souad Faress, Shirley Annefield, Charu Bala Chokshi, Dudley Thomas, Richard Graham, Winston Graham, Garry Cooper  
location: Regno Unito
voto: 5,5

Una delle prime commedia multietniche viste al cinema porta la firma di Stephen Frears, all'epoca cineasta indipendente britannico, che con My beautiful laundrette firmò anche uno dei suo primi successi commerciali, insperato e casuale, dovuto più al suo antithatcherismo che ai meriti effettivi.
La vicenda è ambientata nella periferia londinese, dove il pakistano Omar (Warnecke), che ha un padre malmesso a carico (Seth), morde il freno per avere un'attività in proprio. L'occasione gliela fornisce suo zio (Jaffrey), un piccolo (in tutti i sensi) imprenditore che si muove sempre sul crinale della legalità. L'avventura di Omar si concretizzerà anche grazie all'aiuto di un suo amico di vecchia data (Day-Lewis), uno scapestrato che sta cercando di rigare dritto e che diventa anche il suo compagno.
Con My beautiul laundrette, film che fin dal titolo ruota intorno a una lavanderia a gettone, Frears mostra un apprezzabile occhio sociologico, col quale riesce a condensare nella stessa istantanea la gioventù bruciata degli anni '80, le derive del thatcherismo e il pregiudizio xenofobo (entrambi i ragazzi vengono isolati dai rispettivi clan di provenienza). Tutto piuttosto bene, dunque, sul piano dei contenuti, mentre su quello della forma il film, girato in 16 millimetri, soffre irrimediabilmente lo scorrere del tempo, la recitazione è ingessata e il tutto risulta cinematograficamente piatto, molto più vicino a una situation comedy che a un lungometraggio per il grande schermo.

lunedì 21 gennaio 2013

Quartet

anno: 2012       
regia: HOFFMAN, DUSTIN  
genere: commedia  
con Maggie Smith, Tom Courtenay, Billy Connolly, Pauline Collins, Michael Gambon, Sheridan Smith, Andrew Sachs, Gwyneth Jones, Trevor Peacock, David Ryall, Michael Byrne, Ronnie Fox, Patricia Loveland, Eline Powell, Luke Newberry, Shola Adewusi, Jumayn Hunter, Aleksandra Duczmal, Denis Khoroshko, Sarah Crowden, Colin Bradbury, Patricia Varley, Ronnie Hughes, Jack Honeyborne, John Rawnsley, Nuala Willis, Melodie Waddingham, Cynthia Morey, John Heley, Graeme Scott, John Georgiadis, Ita Herbert, Ania Duczmal, Cyril Davey, Esme Penry-Davey, Virginia Bradbury, Isla Mathieson, Iona Mathieson, Claudia Mellor, Penelope Zagoul, Helen Bradbury, Jennifer Spillane, Catherine Wilson, David Christian, Rashid Karapiet, Arther 'Arthuro' Nightingale, Vass Anderson, Desmond Longfield, Michael Pearn, Peta Bartlett, Jill Pert, Marina Banfield, Barbara Head, Martin Kennon, Valerie Barnes  
location: Regno Unito
voto: 8

A Beecham House, casa di riposo inglese per musicisti in pensione, l'arrivo della star Jean Horton (una superlativa Maggie Smith) mette tutti in subbuglio: vecchi rancori, antiche gelosie, amori interrotti rigurgitano nelle menti di molti. Il direttore artistico bonariamente tirannico (Gambon) sta organizzando un galà in onore di Verdi e il quartetto vocale che anni addietro furoreggiò portando il Rigoletto a uno strepitoso successo ha enormi difficoltà a ricomporsi: alla diva riottosa si dovrebbero unire il suo ex marito (Courtenay), un'amabile soprano svampita (Collins) e un simpaticissimo sessuomane, tanto incontinente quanto incontenibile (un Billy Connoly che è il vero mattatore del film). La loro presenza garantirebbe un tale afflusso di spettatori e sovvenzionatori da scongiurare l'ipotesi di chiusura della casa di riposo.
A 75 anni Dustin Hoffman passa per la prima volta dietro la macchina da presa girando una commedia deliziosa, gustosissima e curata fin dalle battute di testa, tratta dall'opera teatrale omonima di Ronald Harwood. È un tale tripudio di battute che sembra di assistere a una commedia di Neil Simon in salsa british, con attori tutti perfettamente in parte (che, scuola, quella inglese!) e una visione della terza età che riesce a non inciampare mai nella retorica buonista stile Cocoon e che, pur non dissimulando tutti i malanni, i toni malmostosi e le malinconie della vecchiaia, mantiene un registro costantemente spumeggiante, ilare, ancora abbastanza aperto alla vita da poter imparare a ottant'anni cos'è il rap e fare progetti di matrimonio.    

domenica 20 gennaio 2013

L'economia della felicità (The Economics of Happiness)

anno: 2011   
regia: GORELICK, STEVEN * NORBERG-HODGE, HELENA * PAGE, JOHN
genere: documentario
con Pracha Hutanuwatr, Jan Barham, Ronald Colman, Eliana Amparo Apaza Espillico, Zac Goldsmith, Daniel Greenberg, Clive Hamilton, Richard Heinberg, Rob Hopkins, Chris Johnstone, David Korten, Rodrigo Lopes, Bill McKibben
location: Australia, Cina, Francia, Germania, Giappone, India, Nicaragua, Perù, Regno Unito, Tailandia, USA
voto: 8

Tutto questo consumismo, tutte queste comodità, tutta questa tecnologia, ci fanno davvero bene? Ci rendono davvero più felici? A partire da queste semplicissime domande, Helena Norberg-Hodge, economista e attivista tra le maggiori sostenitrici della decrescita, già autrice del best seller Ancient futures, ha confezionato un documentario di 70 minuti che - a partire dalla sua lunga esperienza in Ladakh, sulla catena dell'Himalaya - mostra quale impatto devastante abbia prodotto la globalizzazione su una popolazione che prima era integrata e felice. Il materiale presentato, corredato da interviste, approfondimenti, fatti e dati, non dice granché di nuovo a chi davvero abbia già a cuore l'argomento, ma ha l'indiscusso merito di portare l'attenzione su un fenomeno rispetto al quale non si discute ancora abbastanza, e lo fa con assoluta chiarezza. Sul banco degli imputati, insieme alla globalizzazione, ci sono i grandi insediamenti urbani e lo strapotere delle multinazionali. Detto così potrebbe sembrare soltanto sloganistica spicciola. E invece l'autrice, che del film è anche co-regista, mostra con limpidezza quali effetti perversi abbia portato con sé l'economia globalizzata: perdita delle relazioni comunitarie, aumento della competitività, individualismo, incremento iperbolico dei danni ambientali, disoccupazione, standardizzazione dei consumi, riparametraggio delle proprie condizioni di vita con quelle degli improponibili standard americani, depressione, perdita della soggettività, intensificazione delle paure, sfiducia nel prossimo.
La soluzione, a sentire gli autori de L'economia della felicità o economisti influenti come il francese Latouche, va cercata cominciando col ridurre le dimensioni di scala delle economie. La parola d'ordine è localizzazione. Pare incredibile, ma persino a San Francisco qualcuno si sta muovendo in questa direzione.
Tutt'altro che innovativo sul piano del linguaggio cinematografico e documentaristico, L'economia della felicità dovrebbe essere imposto alle generazioni dei ventenni di oggi, molti dei quali votati al consumismo più accanito, mentre per i loro genitori, cioè la mia generazione, ci vorrebbe il metodo Ludwig che veniva imposto ad Alex in Arancia meccanica: occhi spalancati e visione coatta ad libitum.    

And now… ladies & gentlemen

anno: 2003   
regia: LELOUCH, CLAUDE
genere: drammatico
con Jeremy Irons, Patricia Kaas, Laura Mayne-Kerbrat, Xavier Lecoeur, Romula Walker, Mehdi Elouazani, Alessandra Martines, Claudia Cardinale, Amidou, Sylvie Loeillet, Stephane Ferrara, Thierry Lhermitte, Yvan Attal, Julien Zuccolin, Jean-Marie Bigard, Ticky Holgado
location: Francia, Marocco, Regno Unito
voto: 6

Ancora una volta sono un uomo e una donna i protagonisti di un film di Lelouch. Lui (un Jeremy Irons tanto fascinoso quanto imbalsamato) è un ladro gentiluomo inglese, lei (Kaas) una cantante di jazz. Hanno in comune una forma di gravi vuoti di memoria. Le loro esistenza corrono parallele per un'ora di film, per poi incrociarsi in Marocco, dove lei arriva per imboccare la via del miracolo, e lui perché finisce fuori rotta con la sua traversata solitaria in veliero. Non diremo di più su come evolve la storia e se la memoria tornerà a svolgere le sue funzioni, se non che in mezzo c'è una deviazione gialla della trama, legata a un furto di gioielli di inestimabile valore.
Lelouch ci mette le sue solite ambientazioni raffinate e ultraborghesi (qui è tutta un'insegna: Bulgari, Ferragamo, Armani), si prende piena libertà espressiva nel concedere spazio alla musica e confeziona la consueta atmosfera elegante che, con tutti i suoi barocchismi narrativi, sconfina spesso nel paludato. Però stavolta il racconto si ritaglia dei siparietti in chiave di commedia gialla e il flusso narrativo, che in altre occasioni aveva finito per eccedere nel cervellotico (L'avventura è l'avventura), qui si fa più piano e leggero.

sabato 19 gennaio 2013

Django Unchained

anno: 2012       
regia: TARANTINO, QUENTIN
genere: western
con Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo DiCaprio, Kerry Washington, Samuel L. Jackson, Walton Goggins, Dennis Christopher, James Remar, David Steen, Dana Michelle Gourrier, Nichole Galicia, Laura Cayouette, Ato Essandoh, Sammi Rotibi, Clay Donahue Fontenot, Escalante Lundy, Miriam F. Glover, Don Johnson, Franco Nero, James Russo, Tom Wopat, Don Stroud, Russ Tamblyn, Amber Tamblyn, Bruce Dern, M.C. Gainey, Cooper Huckabee, Doc Duhame, Jonah Hill, Lee Horsley, Zoe Bell, Michael Bowen, Robert Carradine, Jake Garber, Ted Neeley, James Parks, Tom Savini, Michael Parks, John Jarratt, Quentin Tarantino, Amari Cheatom, Keith Jefferson, Marcus Henderson, Lil Chuuch, Kinetic, Louise Stratten, Kim Robillard, Shana Stein, Shannon Hazlett, Jack Lucarelli, Victoria Thomas, Sharon Pierre-Louis, Christopher Berry, Kim Collins, Dane Rhodes, Rex Linn, Michael Bacall, Ronan Hice, Ned Bellamy, David Coennen, Danièle Watts, Jon Eyez, Omar J. Dorsey, Evan Parke, Craig Stark, Ritchie Montgomery, Nicholas Dashnaw, Jarrod Bunch, Edrick Browne, Kerry Sims, Jamal Duff, Todd Allen, Lewis Smith, Keniaryn Mitchell, Jakel Marshall, Carl Singleton, Ashley Toman, Spuds McConnell
location: Usa
voto: 9

È il 1858 e negli USA la febbre razzista e schiavista che ha contagiato gli stati del Sud è altissima: mancano appena due anni alla guerra di secessione. È in questo clima che il tedesco Dott. Schultz (un Christopher Waltz di debordante bravura, capace di dominare la scena per tutto il tempo in cui si trova davanti alla cinepresa), cacciatore di taglie colto e di larghe vedute, baratta la mira dello schiavo Django (Foxx), al quale ha letteralmente tolto le catene (notevole anche il doppio senso del titolo), con la promessa di ritrovargli la moglie (Christopher), finita in chissà quale piantagione e a fare chissà cosa. Di testa in testa, di cadavere in cadavere, i due, con la scusa di voler investire sui lottatori mandingo, arrivano nella magione di Calvin Candie (interpretato dal solito DiCaprio in stato di grazia), presso il quale lavora la donna tanto cercata. Vietato raccontare il finale.
Dopo aver chiuso il precedente Bastardi senza gloria mettendo nella bocca di Brad Pitt le parole "credo proprio che questo sarà il mio capolavoro", Tarantino va a un soffio dal bis con un western che parte dalle sue fissazioni cinefile per i b-movies, i poliziotteschi e gli spaghetti western italiani degli anni '60 e '70 e dalla sua enciclopedica cultura filmica, ci infila Franco Nero - che nel 1965 era stato il protagonista nel Django di Sergio Corbucci - in un cammeo, e dà fondo a tutta la voracità di chi padroneggia a totale piacimento la materia cinematografica. Così, mentre l'ennesimo pezzo di controstoria americana viene rivisitato di scena in scena (lo schiavismo, sì, ma anche tutti i suoi effetti satellitari, dal Ku Klux Klan al negro kapò più razzista dei neri, fino al fanatismo fideistico nella scienza positivistica dell'Ottocento), il genio pazzoide di Pulp fiction ci squaderna davanti tutta la sua maestria. Dalla cura per i dettagli scenografici a quella per il linguaggio erudito del medico poliglotta, passando per una colonna sonora che spazia arditamente tra i generi, senza dimenticare i costanti riferimenti al fumetto, le continue iperboli di violenza in costante equilibrio tra hard boiled e blaxploitation, e, ovviamente, l'ironia e le virate comiche dispensate a manciate. Il soffio che tiene questo magnifico buddy movie a distanza infinitesimale dal capolavoro è quello sulle colt che fumano forse con troppa insistenza in un finale al quale si arriva con un minuscolo buco di sceneggiatura.    

mercoledì 16 gennaio 2013

Senza freni (Premium rush)

anno: 2012   
regia: KOEPP, DAVID
genere: thriller
con Joseph Gordon-Levitt, Michael Shannon, Dania Ramirez, Sean Kennedy, Kym Perfetto, Anthony Chisholm, Ashley Austin Morris, Wolé Parks, Kevin Bolger, Aasif Mandvi, Lauren Ashley Carter, Charles Borland, Aaron Tveit, Jamie Chung, Christopher Place, Amy Hohn, Douglas C. Williams, Sebastian La Cause, Nick Damici, Kelvin Whui, Henry Kwan, Keenan Leung, Wally Ng, Nancy Eng, Zhao Mao Chen, Brian Koppelman, Hoon Lee, Boyce Wong, Jimmy P. Wong, Kenny Wong, Jade Wu, Lyman Chen, Huang Gian Jin, Tony Cheng, Li Jing Xian, Lam Yung, Hui Yuk Lung, Darlene Violette, Henry O, Kin Shing Wong, Jason Iannacone, Ted Sod, Alexis Krauss, Derek Miller, Carsey Walker Jr., Matthew Rauch, Michael-Leon Wooley, Victor Chan, P.J. Sosko, Jerry Walsh, Ruth Zhang, Bojun Wang, Richard Hsu, Mario D'Leon, Kate Manning, Fernando Rivera, Djani Johnson, Wai Ching Ho
location: Usa
voto: 7,5

Dopo una serie di vicissitudini distributive, Senza freni arriva finalmente al pubblico italiano che si stava leccando i baffi dai tempi della circolazione del trailer, in attesa di un action movie originale e gasatissimo. La visione del film non delude affatto le aspettative. In una New York imbottigliata nel traffico, a un pony express dalla pedalata adrenalinica e refrattario all'uso dei freni (Gordon-Levitt) viene affidato il compito di portare una busta che scotta da una parte all'altra della città. Ma quella busta fa gola a un poliziotto psicopatico (Shannon) che grazie ad essa vorrebbe risolvere i suoi problemi con il gioco d'azzardo. Tra inseguimenti al cardiopalmo, piroette acrobatiche e costole rotte, il pony express ce la metterà tutta per assolvere il proprio compito, soprattutto dopo aver capito che si tratta di una causa davvero importante.
Con Senza freni, David Koepp riscatta la scialba prova data anni prima con Secret window, thriller senza capo né coda interpretato da Johnny Depp. Merito soprattutto dell'ottimo lavoro di montaggio (attenzione agli orari: la storia è costruita a mosaico), alle riprese impossibili, molte delle quali effettuate a bordo bici, e a una bella serie di trovate ironiche, servite da un uso scoppiettante ma non invasivo del computer. Sopra le righe e implausibile, il film si fa apprezzare anche per un ritmo che non conosce sosta per l'intera ora e mezza di durata.    

domenica 13 gennaio 2013

The Hi-Lo Country

anno: 1998   
regia: FREARS, STEPHEN
genere: western
con Billy Crudup, Woody Harrelson, Cole Hauser, Enrique Castillo, Darren E. Burrows, Jacob Vargas, Robert Knott, Sam Elliott, Sandy Baron, Patricia Arquette, John Diehl, Craig Carter, Penélope Cruz, Walter C. Hall, James Gammon, Will Cascio, Richard Purdy, Lane Smith, Keith Walters, Sarge McGraw, Rosaleen Linehan, Rose Maddox, Bob Tallman, Buff Douthitt, H.P. Evetts, Kate Williamson, Katy Jurado, Don Pope, Leslie Cook, Monica Sundown, Amanda Cordova, Gaye Grant, Leon Rausch, Chris O'Connell, Marty Stuart, Don Walser, Connie Smith
location: Usa
voto: 5

Jules e Jim in salsa western. Pete Calder (Crudup) e Big Boy Matson (Harrelson) diventano soci in affari, fanno i mandriani e sono innamorati della stessa donna, anche se Big Boy non lo sa. Lei è una maliarda con le sembianze di quella cozza di Patricia Arquette (ma anche scucchia Harrelson non è una bellezza…) ed è sposata con un uomo di mezza tacca che è in affari con un magnate che s'è mangiato i possedimenti di gran parte della popolazione di Hi-Lo Country, nel Nuovo Messico (Elliott). Tra vacche al pascolo, ritorni dal fronte (siamo nell'immediato secondo dopoguerra) e scazzottate da saloon, la vicenda che lega i tre va avanti fino al tragico epilogo.
Coprodotto da Martin Scorsese, The Hi-Lo country è l'unico western dell'eclettico regista britannico Stephen Frears, che imbastisce la trama di questo triangolo sentimentale sui cardini dell'amicizia, della menzogna e dell'ossessione.
Orso d'argento per la migliore regia al festival di Berlino (1999).    

venerdì 11 gennaio 2013

La maschera di Zorro (The mask of Zorro)

anno: 1998   
regia: CAMPBELL, MARTIN 
genere: avventura 
con Antonio Banderas, Anthony Hopkins, Catherine Zeta-Jones, Stuart Wilson, Jose' Maria De Tavira, Tony Amendola, L.Q. Jones, Matt Letscher, Victor Rivers, William Marquez, Maury Chaykin, Pedro Armendáriz 
location: Messico, Usa
voto: 8

Dopo l'ennesimo atto di coraggio a favore della popolazione locale messicana vessata dai colonizzatori spagnoli, Don Diego de la Vega, alias Zorro (Hopkins), vorrebbe appendere definitivamente la maschera al chiodo per dedicarsi all'amatissima moglie e alla piccola neonata. Ma le drammatiche circostanze vogliono che l'uomo perda sia l'una che l'altra. Dopo vent'anni di prigione, Zorro e la sua maschera tornano in terra di California a far sperare il popolo messicano, sempre più vessato, ma stavolta assumono le sembianze di Alejandro (Banderas), di cui don Diego de la Vega è stato il mentore. Per entrambi si tratterà di coniugare le aspirazioni rivoluzionarie con la sete di vendetta personale.
Martin Campbell si era già distinto come regista di action movie ben confezionati (Agente 007 - GoldenEye) e conferma qui la sua predisposizione nel saper miscelare le scene d'azione con dosi massicce d'ironia, come quando Banderas-Zorro richiama il suo indomabile cavallo, chiamandolo "Furia! Lampo! Fulmine!". Giocato sulla scacchiera del doppio e servito da stunt in vena di acrobazie e combattimenti in punta di sciabola di ogni genere, quest'opera di cappa e spada è un ottimo passatempo nel quale le due ore di durata scorrono velocissime e senza alcuna interruzione di ritmo.    

lunedì 7 gennaio 2013

Hugo Cabret

anno: 2012   
regia: SCORSESE, MARTIN
genere: fantastico
con Ben Kingsley, Sacha Baron Cohen, Asa Butterfield, Chloë Grace Moretz, Ray Winstone, Emily Mortimer, Christopher Lee, Helen McCrory, Michael Stuhlbarg, Frances de la Tour, Richard Griffiths, Jude Law, Kevin Eldon, Gulliver McGrath, Shaun Aylward, Emil Lager, Angus Barnett, Edmund Kingsley, Max Wrottesley, Marco Aponte, Ilona Cheshire, Francesca Scorsese, Emily Surgent, Lily Carlson, Frederick Warder, Christos Lawton, Tomos James, Ed Sanders, Terence Frisch, Max Cane, Frank Bourke, Stephen Box, Ben Addis, Robert Gill
location: Francia
voto: 6,5

L'ennesimo atto d'amore di quel cinemaniaco di Martin Scorsese verso la settima arte, dopo il bellissimo Viaggio nel cinema americano, Il mio viaggio in Italia e The aviator si intitola Hugo Cabret. È la storia, ambientata nella Parigi dei primi del novecento, di un orfanello (Butterfield) che cerca di dare senso a un automa, un gioiello di meccanica lasciatogli incompiuto da suo padre, un orologiaio (Law). Dietro l'automa si nasconde la vicenda del primo cineasta che diede corpo all'idea di cinema come sogno, Georges Melies (Kingsley), ritiratosi dal mondo della celluloide dopo aver girato più di 400 lungometraggi.
Il primo film in 3D firmato da uno dei più grandi registi di tutti i tempi è un capolavoro di fantasia e immaginazione: piani sequenza impossibili, scenografie prodigiose (opera di Dante Ferretti), cromatismi spinti ai limiti del cinema d'animazione, riprese acrobatiche, steady-cam a gogo. Eppure questa sorta di romanzo di formazione tratto dall'omonimo romanzo per ragazzi scritto da Bryan Selznick lascia interdetti per la farraginosità della storia, molto spinta su un registro dickensiano che mal si accorda con quello fiabesco e immaginifico del cinema di Melies, e per la fatica con cui si dipana il racconto, limite che lo stesso Scorsese aveva già evidenziato in Shutter Island.
Golden Globe 2012 per miglior regia e Oscar 2012 per: miglior fotografia, scenografia, montaggio e missaggio sonoro, effetti visivi.    

domenica 6 gennaio 2013

Man on wire

anno: 2008   
regia: MARSH, JAMES
genere: documentario
con Philippe Petit, Jean-Louis Blondeau, Annie Allix, Jim Moore (II), Mark Lewis, Jean-François Heckel, Barry Greenhouse, David Foreman (II), Alan Welner
location: Francia, Usa
voto: 7

Irrequieto fin da piccolo, il francese Philippe Petit aveva da subito mostrato talento come prestigiatore e acrobata. Il gusto della trasgressione lo avrebbe portato negli anni a cimentarsi con imprese da funambolo sempre più spettacolari: dall'attraversamento su un cavo della cattedrale di Notre Dame a quello sull'Harbour Bridge di Sidney, fino alle Torri Gemelle di New York, nel 1974. È su quest'ultima folle impresa che si sofferma il film di James Marsh, su quei 469 metri di strapiombo e quel cavo di 61 metri da percorrere in condizioni atmosferiche difficili e con i poliziotti che ti guardano minacciosi, pronti ad ammanettarti a bravata finita. E lui, Petit, che cammina avanti e indietro sul filo, ci si sdraia sopra, si inginocchia, con la gente a terra a guardarlo con la bocca spalancata come se fosse un angelo. Il documentario premio Oscar 2009 mette insieme un buon numero di testimonianze degli amici di un tempo - la voce rotta dalla commozione a ripensare a quei giorni - che aiutarono il funambolo nella sua folle impresa, combinanandole con fotografie talmente eccezionali da sembrare inverosimili quanto le imprese che raccontano e con una ricostruzione fiction di alcuni dei momenti salienti di quella mattata.    

venerdì 4 gennaio 2013

Un Natale con i Fiocchi

anno: 2012   
regia: AVELLINO, GIAMBATTISTA
genere: commedia
con Alessandro Gassman, Silvio Orlando, Carla Signoris, Valentina Lodovini, Blu Yoshimi, Teo Poggi, Edoardo Giusto
location: Italia
voto: 4,5

Prodotto da Sky Cinema in occasione delle festività natalizie, Un Natale con i Fiocchi (con la maiuscola) mostra fin dal titolo la sua maggiore ambizione: quella di portare avanti per un'ora e mezza una garbata commedia degli equivoci formato famiglia. L'operazione riesce in pieno, mostrando ancora una volta il talento delicato di Giambattista Avellino, già director per i film della coppia comica Ficarra & Picone e poi in solitaria con il riuscito C'è chi dice no.
Siamo a Sulmona, in Abruzzo, e gli equivoci partono già dalla prima scena, quando Alex (Gassman), driver a servizio cronometrato per una rapina, incontra il suo vecchio amico Lino Fiocchi (Orlando), ora di stanza come meccanico presso la Polizia di Stato. Costretto a simulare perché "tengo famiglia", Alex ingaggia una prostituta (Lodovini, talento come sempre inversamente proporzionale all'avvenenza) e suo figlio perché i due sostengano la parte in occasione di un invito a cena. Ma la vicenda si complica, il boss malavitoso che aveva organizzato la rapina pretende da Alex il risarcimento per l'investimento perduto e i rapporti tra la "famiglia" di Alex e quella di Lino si fanno troppo stretti. Inevitabile happy ending.
Collocato quasi tutto sulla spalle di un Silvio Orlando che rifà smaccatamente il verso a Totò e di un Gassman che lavora col pilota automatico, il film di Avellino è una innocua commedia natalizia, perfetta per mandare il cervello in vacanza per 90 minuti senza rischiare l'indigestione da cinepanettone.    

giovedì 3 gennaio 2013

The master

anno: 2012       
regia: ANDERSON, PAUL THOMAS
genere: drammatico
con Joaquin Phoenix, Price Carson, Mike Howard, Sarah Shoshana David, Bruce Goodchild, Matt Hering, Dan Anderson, Andrew Koponen, Jeffrey W. Jenkins, Patrick Biggs, Ryan Curtis, Jay Laurence, Abraxas Adams, Tina Bruna, Kevin Hudnell, Hunter Craig, Ryder Craig, Rodion Salnikov, Emily Gilliam, Kody Klein, Amy Ferguson, W. Earl Brown, Frank Bettag, Ariel Felix, Vladimir Velasco, John Mark Reyes, Brian Fong, Diane Cortejo, Leonida A. Bautista, Myrna De Dios, Katie Boland, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams, Jesse Plemons, Ambyr Childers, Rami Malek, Lorelai Hoey, Martin Dew, Joshua Close, Jillian Bell, Kevin J. Walsh, Lena Endre, Madisen Beaty, William O'Brien, Kevin J. O'Connor, Patty McCormack, Mimi Cozzens, Zan Overall, Barbara Brownell, Brady Rubin, Jill Andre, Brigitte Hagerman, Charley Morgan, Christopher Evan Welch, Laura Dern, Barlow Jacobs, Gigi Benson, Liz Clare, Fiona Dourif, Audrey Finer, Rose Fox, Baily Hopkins, Mari Kearney, Sarah Klaren, Ally Johnson, Brittany Kilcoyne McGregor, LaRain Ring, David Warshofsky, Kimberly Ables Jindra, Theo Crisell, Thomas Knickerbocker, Eban Schletter, Scott Rodgers, Melora Walters, Emily Jordan, Amanda Caryn Jobbins, Olivia Rosemarie Barham, Napoleon Ryan, Jennifer Neala Page
location: Usa
voto: 7,5

Se dovessi fare un nome per dire chi, più di ogni altro, ha raccolto il testimone lasciato da Stanley Kubrick, non avrei dubbi: Paul Thomas Anderson. Per perfezionismo, eclettismo, produttività rarefatta e cadenzata. Rieccolo, allora, l'ormai quarantenne regista losangelino, tornare alla ribalta a quattro anni dallo stupefacente Il petroliere, per consegnarci ancora una volta una fetta consistente di controstoria americana, quella meno risaputa, che pure tanta incidenza ha avuto nel definire i caratteri di quel Paese. Siamo negli anni '50 e Freddie (Phoenix) è un ex marine, reduce dalla seconda guerra mondiale, con parecchio disordine mentale. Caracollando tra un lavoro e l'altro, finisce alla corte di Lancaster Dodd (Hoffman), imbonitore e guru di una setta chiamata La causa. Per Dodd, Freddie, inviso a molti dei membri della setta, rappresenta una sfida alle sue capacità persuasorie, mentre lo stesso Freddie oscilla tra fanatismo e scetticismo.
C'è Ron Hubbard e la vicenda di Scientology (quella a cui ha aderito Tom Cruise, per capirci) dietro la facciata di The master. E c'è un'America che comincia a perdere la fiducia nel suo sogno e che è disposta a vendere l'anima al primo ciarlatano che passa pur di trovare qualcos'altro in cui credere. La materia filmica (quasi due ore e mezza di durata) è tanta e Anderson sembra mostrare qualche impaccio nel riordinare sul finale i fili della trama. Un vero peccato, perché anche nel caso di The master, come già era avvenuto con Magnolia, Ubriaco d'amore e Il petroliere, ogni inquadratura è un'opera d'arte, la musica con riverberi atonali e dissonanti si incastona magnificamente nelle immagini e i duetti tra i due protagonisti, serviti da dialoghi pungenti, tolgono il fiato tanto è lo sfoggio di bravura e la gamma emozionale esibita. Un capolavoro mancato per un soffio, con una ridda di scene potenti (l'inseguimento nei campi, il ballo nudi, il confronto "terapeutico", i continui scontri fisici di cui Freddie si rende protagonista) e una chiusura eccessivamente diluita.
Leone d'argento per la migliore regia, Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile (Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix) e premio Fipresci come miglior film alla 69. mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia (2012).    

mercoledì 2 gennaio 2013

La migliore offerta

anno: 2012       
regia: TORNATORE, GIUSEPPE
genere: drammatico
con Geoffrey Rush, Jim Sturgess, Sylvia Hoeks, Donald Sutherland, Philip Jackson, Dermot Crowley, Liya Kebede, Anton Alexander, Rajeev Badhan, Laurence Belgrave, Sean Buchanan, Brigitte Christensen, Sylvia De Fanti, Maximilian Dirr, Katie McGovern, Jay Natelle, Miles Richardson, Gerry Shanahan, Kiruna Stamell, Lynn Swanson
location: Austria, Italia, Repubblica Ceca
voto: 8

Di uomini dalle capacità eccezionali combinati con grandi manipolatrici sono piene le cronache e la storia. Anche il cinema (si pensi a Margherita Gauthier), rovesciando talvolta il canone (come nel caso di Senso) ha raccontato ripetutamente l'opportunismo più bieco. A questo filone si aggiunge l'undicesimo film di Peppuccio Tornatore, da lui scritto, sceneggiato e diretto. La storia è quella di un battitore d'asta e collezionista d'arte di fama internazionale (Rush), uomo solitario e dispotico con disturbo ossessivo compulsivo e una collezione sterminata di guanti per non entrare a contatto diretto con le persone e le cose. A meno che le cose non siano dei quadri. Proprio lui, che non ha mai conosciuto l'amore, nella sua casa extra-lusso possiede una galleria immensa di costosissimi ritratti femminili. La sua traiettoria esistenziale si ingarbuglia quando viene assoldato da una ricca quanto stramba ereditiera (l'esordiente olandese Sylvia Hoeks) che dice di voler vendere la propria villa con tutti gli oggetti che essa contiene. L'antiquario, irretito dal mistero della ragazza che dice di soffrire di agorafobia e per questo non esce mai di casa né si fa vedere da nessuno, avvia le trattative tra sbotti d'irritazione e ripensamenti, attratto tanto dal sciarada tessuta dalla giovane quanto dai pezzi ritrovati nella villa riguardanti un automa del settecento, sua antica ossessione, di cui affida la ricostruzione ingegneristica a un ragazzo che è un mago della tecnologia (lo scialbo Jim Sturgess).
Non si può dire di più della trama di questo film che si colloca al crocevia tra melodramma esistenziale e thriller psicologico dai risvolti rosa. In questa favola nera Tornatore squaderna ancora una volta tutto il suo talento di narratore e di regista: il suo sguardo è sempre accuratissimo, al punto da rasentare talvolta l'oleografia e la leziosità, la sua cura dei dettagli e la capacità di tenere la tensione come sempre formidabili. A ciò si aggiungono l'ennesima prova superba di Geoffrey Rush e l'incanto delle scenografie. Peccato che il tutto risulti a tratti eccessivamente stilizzato, che la sceneggiatura risulta talvolta volutamente fuorviante e che l'interprete femminile, una ninfetta insipida assurta dal nulla al ruolo di co-protagonista, mostri capacità recitative davvero risibili.    

martedì 1 gennaio 2013

Freakonomics

anno: 2010   
regia: EWING, HEIDI * GIBNEY, ALEX * GORDON, SETH * GRADY, RACHEL * JARECKI, EUGENE * SPURLOCK, MORGAN
genere: documentario
con Jade Viggiano, Zoe Sloane, Alyssa Wheeldon, Sammuel Soifer, Alisha Nagarsheth, Amancaya Aguilar, Jalani McNair, Andrew Greiche, Greg Crowe, Adesuwa Addy Iyare
location: Giappone, Usa
voto: 8

Ve lo ricordate Morgan Spurlock, quello che, per dimostrare quali incalcolabili danni causasse un'alimentazione da fast food, mise a repentaglio la propria salute per girare Super size me? E Alex Gibney, quello che diresse il documentario su uno dei tanti episodi vergognosi della finanza a stelle e strisce, quello che riguardava il caso Enron (Enron - L'economia della truffa)? Qualche amnesia vi colpisce leggendo il nome di Seth Gordon, il regista graffiante di quella commedia gialla politicamente scorretta che si chiamava Come ammazzare il capo... e vivere felici? Beh, rispolverate i loro nomi perché i tre si sono coalizzati con altri registi per portare sul grande schermo il best seller firmato a quattro mani da Steven D. Levitt (professore di economia all'Università di Chicago) e dal giornalista Stephen J. Dubner, collaboratore del New York Times. Titolo (potremmo tradurlo con "le mostruosità dell'economia") e sottotitolo ("Il calcolo dell'incalcolabile") già dicono tutto sui paradossi dell'economia e su come i due autori abbiano inteso fare luce su fenomeni apparentemente inspiegabili. Qui ne vengono presi in considerazione quattro: l'influenza dei nomi propri sulla vita delle persone (Spurlock); gli incontri combinati nei combattimenti di sumo, in Giappone (Gibney); le cause che hanno contribuito alla decrescita della criminalità negli Stati Uniti a partire dagli anni '90 (Jarecki) e il sistema degli incentivi economici sui risultati scolastici degli studenti (Rachel Grady ed Heidi Ewing). A cucire il tutto con interviste ai due autori del libro originale e con le animazioni ha provveduto Seth Gordon. Episodi tutti di ottimo livello, con montaggio serrato, animazioni efficacissime, dosi sostanziose di ironia. Meritano però una menzione particolare quello sui nomi e quello sulla criminalità. Nel primo caso, da un lato si apprende che, al momento della presentazione di un curriculum, i nomi tipicamente "da bianchi" (Jack, John, Sarah) hanno molta più probabilità di suscitare l'interesse dei selezionatori rispetto a quelli dei neri (tipo Jamal: a parità di condizione, è ovvio), mentre dall'altro scopriamo che certe superstizioni nei nomi (per esempio, le moltissime varianti di "Unico": Uneekk, Uneque, Unique e così via) non garantiscono alcun successo, come d'altronde dimostra anche la storia di un genitore mezzo pazzo che ha chiamato Winner il primogenito e Loser il secondogenito, col risultato che quest'ultimo si è affermato alla grande e l'altro ha una fedina penale chilometrica. Oppure la vicenda del genitore finito davanti al giudice, imputato del fatto che la figlia, che ha chiamato Temptress (tentatrice), non ha preso esattamente la via delle carmelitane scalze. Indovinate un po' cosa è andata a fare?
Menzione speciale anche per l'episodio che spiega la diminuzione della criminalità: poliziotti di quartiere, controllo della vendita delle armi e misure repressive sono solo una parte (piccola) della spiegazione. Il grosso sta… nella legalizzazione dell'aborto! Già, perché come documenta anche il caso (rovesciato) della Romania di Ceausescu, i figli non voluti sono spesso destinati alla devianza. E siccome la punta della propensione al crimine si raggiunge nell'età tra i 18 e i 25 anni, ecco che, quando la generazione nata ai tempi della legalizzazione dell'aborto nella maggior parte degli stati americani è diventata adulta, il numero di reati è diminuito: tra loro c'erano pochi figli indesiderati. Chapeau!