lunedì 30 gennaio 2017

La notte del giudizio - Election Year (The Purge: Election Year)

anno: 2016       
regia: DeMONACO, JAMES 
genere: horror 
con Frank Grillo, Elizabeth Mitchell, Mykelti Williamson, Joseph Julian Soria, Betty Gabriel, Terry Serpico, Edwin Hodge, Kyle Secor, Liza Colón-Zayas, Ethan Phillips, David Aaron Baker, George Lee Miles, Johnnie Mae, Roman Blat, Naheem Garcia, Jared Kemp, Raymond J. Barry, Adam Cantor, Christopher James Baker    
location: Usa
voto: 5 

In un futuro distopico non così lontano, i "nuovi padri fondatori" a stelle e strisce hanno architettato un sistema per contenere la delinquenza: lasciare che, una volta all'anno, la popolazione si sfoghi, brandendo armi e avendo piena libertà di omicidio: 12 ore di legalità totalmente sospesa. Lo chiamano "lo sfogo" (ma nel titolo originale è The purge) e, in una società nella quale le disuguaglianze continuano inesorabilmente a crescere, i più ricchi sono anche quelli meglio attrezzati per asserragliarsi in casa e stare al sicuro. Stavolta - siamo al terzo episodio dopo La notte del giudizio e Anarchia - ci sono in ballo le elezioni alla presidenza degli Stati Uniti. A contendersi un posto alla Casa Bianca c'è una senatrice (Mitchell) che dieci anni prima, proprio nella notte dello sfogo, ha visto massacrare tutta la sua famiglia ed è decisissima a sospendere la macabra ritualità imposta dai padri fondatori, mentre dall'altra c'è un fanatico (Secor) colluso con militari e altri senatori intenzionati ad approfittare proprio della notte del giudizio per eliminare la candidata avversaria. La quale, insieme alla sua guardia del corpo (Grillo), al gestore di un dispaccio alimentare (Williamson) e a un suo aiutante dalla Fedi-na penale non proprio immacolata (Soria), sarà costretta a una fuga esasperante per non essere uccisa.
Fantapolitica in veste di western metropolitano, Election Year sembra sorvegliare con più attenzione il tasso splatter dei due film precedenti, per concentrarsi - con uno stile che richiama quello di John Carpenter - su come arrivare all'epilogo, telefonatissimo fin dall'inizio.    

domenica 29 gennaio 2017

Pirati! Briganti da strapazzo (The Pirates! Band of Misfits)

anno: 2012   
regia: LORD, PETER
genere: animazione
con le voci di Christian De Sica e Luciana Littizzetto
location: Regno Unito
voto: 6

Sono anni che Capitan Pirata confida di riuscire ad accaparrarsi il titolo di "pirata dell'anno". Lui e la sua ciurma malmessa in arnese non riescono a rubare neppure un doblone, né sono capaci di dare di spada come Matti. La grande occasione, tuttavia, si presenta quando intercettano la nave a bordo della quale viaggia Charles Darwin (siamo in pieno Ottocento), che vede nella specie di pappagallo che fa da mascotte alla ciurma di bucanieri una specie animale mai vista  prima. Il pennuto fa letteralmente gola alla regina Vittoria, pronta a concedere l'amnistia all'odiato pirata e a ricoprirlo d'oro, cosa che frutterebbe al barbuto capo della marmaglia l'agognato premio.
Gli autori di Wallace & Gromit, Galline in fuga, Giù per il tubo e altre mirabolanti invenzioni d'animazione realizzate in plastilina e stop motion compiono stavolta un mezzo passo falso. Dal punto di vista visivo la creatività della Aardman collection di Peter Lord e soci non è seconda a nessuno ma in questa occasione è lo spunto narrativo, privo dei consueti riferimenti a temi di vasta portata, a non convincere, nonostante le trovate scenografiche più che fantasiose e il registro vagamente surreale.    

venerdì 27 gennaio 2017

Son morto che ero bambino. Francesco Guccini va ad Auschwitz

anno: 2017   
regia: CONVERSANO, FRANCESCO * GRIGNAFFINI, NENE  
genere: documentario  
con Francesco Guccini, Mons. Matteo Maria Zuppi  
location: Italia, Polonia
voto: 3  

Cinquant'anni dopo avere composto Auschwitz (La canzone del bambino nel vento), Francesco Guccini, in compagnia del vescovo di Bologna, Mons. Matteo Maria Zucchi (per anni a capo della comunità di Sant'Egidio) e della 2° B della scuola media Salvo D'Acquisto di Gaggio Montano, sull'appennino bolognese, va a visitare i campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau. In cabina di regia, a filmare le chiacchiere in treno in cui i due attempati signori (Zuppi è del 1955, Guccini del 1940) catechizzano i giovanissimi adepti in merito alle nefandezze perpetrate dai nazisti ai danni degli ebrei, ci sono ancora una volta Francesco Conversano e Nene Grignaffini, due aficionados del cantautore modenese, già a suo servizio in Nell'anno 2002 di nostra vita io, Francesco Guccini... (2002) e La mia Thule (2013). Stavolta però il risultato è di una pochezza sconfortante: sarà l'età del protagonista dallo sguardo ormai soporoso, sarà il pistolotto corredato da tutta la retorica del caso infilato dal religioso, sarà l'involontario stupro recitativo che gli studenti adducono ai testi selezionati sul tema dell'olocausto o, ancora, la scarsissima inventiva di regia, fatto sta che il documentario - trasmesso da mamma Rai in occasione della Giornata della Memoria - non aggiunge nulla al tantissimo materiale che anche il cinema ha visto accumularsi sul tema nel corso dei decenni. Molto meglio, allora, andarsi a rivedere Volevo solo vivere, di Mimmo Calopresti. O tornare a farsi un'ottima amatriciana alla Fraschetta di Gianni e Carla.    

giovedì 26 gennaio 2017

Born to be Blue

anno: 2015   
regia: BUDREAU, ROBERT  
genere: biografico  
con Ethan Hawke, Carmen Ejogo, Callum Keith Rennie, Stephen McHattie, Janet-Laine Green, Tony Nappo, Tony Nardi, Charles Officer    
location: Italia, Usa
voto: 6,5  

Blu come triste, come malinconico. Così erano le canzoni di Chet Baker, uno degli assi dell'intera storia del jazz, il trombettista bianco in perenne rivalità con Miles Davis, il tossico che fu uno degli elementi di punta del cool della West Coast. Il regista canadese Robert Budreau gli ha dedicato un biopic anomalo, che fa il paio con il coevo Miles Ahead su Davis: in entrambi verità e finzione si mescolano nel tentativo di ricostruire un periodo buio ed enigmatico della vicenda di ambedue, rispetto ai quali neppure le biografie più filologiche sono riuscite a fare luce.
In Born to be blue tutto ha inizio in un carcere di Lucca, nel quale Baker passò circa un anno. Un cineasta che continua a credere in lui vorrebbe girare un film sulla sua vita, affidando allo stesso Baker la parte (interessante la grammatica filmica nell'uso alternato di bianco e nero e colore). Durante le riprese il trombettista si innamora di una donna di colore (Ejogo) che impersona la sua ex moglie. Ma alcuni spacciatori ai quali il musicista deve parecchi soldi gli spaccano letteralmente la faccia, facendogli perdere tutti i denti anteriori e rompendogli la mandibola. Tornare a suonare affrancandosi dalla droga sarà un'impresa quasi impossibile, quasi quanto quella di tenersi la donna che - pur non profumando di tè rosso - è stata per anni la tua musa. Strangolato nello stretto perimetro degli home movies, il film di Budreau avrebbe meritato una sorte diversa. Ben lontano dal documentario di Bruce Weber del 1988 (Let's get lost), Born to be blue ha infatti il merito di intercettare uno spicchio della vita di Baker, quello collocato tra il 1966 e l'inizio degli anni '70 (con qualche flashback sui '50) in maniera tutt'altro che convenzionale. Alle ambientazioni indovinatissime e alla straordinaria somiglianza dei personaggi secondari (a cominciare da Davis e Gillespie), si affianca la notevole prova di Ethan Hawke, tutta giocata per sottrazione, perfettamente a registro con lo stile intimista che permea l'opera.
A titolo di cronaca, nessuna delle incisioni originali di Baker è stata concessa per il film. Al compito di fornire una soundtrack all'altezza hanno dovuto supplire David Braid, Todor Kobakov e Steve London.    

mercoledì 25 gennaio 2017

The Founder

anno. 2016       
regia: HANCOCK, JOHN LEE 
genere: biografico 
con Michael Keaton, Nick Offerman, John Carroll Lynch, Laura Dern, Linda Cardellini, Patrick Wilson, B.J. Novak, Justin Randell Brooke, Katie Kneeland, Griff Furst, Wilbur Fitzgerald, David de Vries, Andrew Benator, Cara Mantella, Jeremy Madden, Mike Pniewski, Catherine Dyer, Susan Williams, Franco Castan, Steve Coulter, Ric Reitz, Afemo Omilami    
location: Usa
voto: 8 

Ray Kroc (Keaton) è un venditore fallito: non riesce a piazzare tavoli pieghevoli né multimixer (ma non ha provato con il Bimbi…). Sarà per effetto dell'ascolto di un corso audio sull'autodeterminazione, fatto sta che quando mette piede in un chiosco di San Bernardino (California) che vende hamburger arriva l'illuminazione: esportare in tutto il paese, attraverso un sistema di franchising, l'idea di cibo espresso dei fratelli Dick (Offerman) e Mac McDonald (Carroll Lynch). Ai due Kroc ruba prima l'idea, quindi i valori (cibo di infimo livello laddove i due intendevano mantenersi su uno standard che coniugasse qualità e prezzi contenuti), infine persino il nome.
Dopo aver portato al cinema Saving Mr.Banks - la vicenda del braccio di ferro tra Walt Disney e Pamela Travers, l'autrice di Mary Poppins - John Lee Hancock firma un altro biopic che ci riconduce a una delle svolte epocali del capitalismo: quella della esasperazione del concetto di razionalità weberiana applicato alla ristorazione, l'impegno artigianale sopraffatto dal cinismo arrembante di chi mira soltanto all'accumulo di denaro (da rivedere subito Focaccia blues per avere un saggio del contrappasso subito dal fast food). Pur con un impianto assai classico e senza guizzi in cabina di regia, il film è impaginato con eleganza, non ha un solo minuto pletorico, non una minima sbavatura, avendo per di più il merito di evitare la trappola del pistolotto moralista: bastano le facce attonite dei due fratelli raggirati e lo sguardo vampiresco di un Michael Keaton (che conferma una straordinaria rinascita artistica) nei panni di un tycoon martellante per rendere l'idea di cosa potesse essere l'economia di mercato negli anni '50, prima della svolta neoliberista, e a dare lustro a un film capace di mostrare in maniera impeccabile la spregiudicatezza del capitalismo.    

martedì 24 gennaio 2017

Un amore all'altezza (Un homme à la hauteur)

anno: 2014   
regia: TIRARD, LAURENT  
genere: commedia  
con Jean Dujardin, Virginie Efira, Cédric Kahn, Stéphanie Papanian, César Domboy, Edmonde Franchi, Manoëlle Gaillard, Bruno Gomila, Camille Damour, François-Dominique Blin    
location: Francia
voto: 2  

Galeotto fu un cellulare dimenticato in un ristorante: un'occasione troppo ghiotta per Alexandre (Dujardin), architetto di successo, per accedere alle grazie non di una donna dallo sguardo penetrante, le labbra carnose e i capelli medusei, bensì di una biondina slavata che porta 12 centimetri di tacco (Efira). Davvero troppi se, al primo appuntamento, arriva la sorpresa: lui è alto soltanto un metro e 36! Nonostante ciò, lei si lascia ammaliare dai modi garbati di lui, tanto più evidenti se confrontati con quelli di un ex (Cedric Kahn, uno dei migliori registi transalpini, qui in veste d'attore) che non molla ma col quale è costretta a dividere lo studio legale dove lavora. Quando quest'ultimo viene a sapere della nuova liason della sua ex, la turlupinatura arriva in automatico, pur essendo ben poca cosa rispetto al comportamento della madre. Per la nostra biondina slavata è troppo: sarà davvero in grado di portare avanti una relazione con un uomo tanto basso?
Specialista di commedie per minus habentes (categoria della quale, in alcune serate, mi onoro di fare parte pur di evitare il tracollo psichico), Laurent Tirard estrae dal cilindro un remake della pellicola argentina Corazon de Léon, una  paccottiglia alla melassa con intenti da cinema politicamente corretto di pura bigiotteria. Non bastassero la pochezza di intenti, il bigino morale con tanto di sottolineature a evidenziatore e la prevedibilità della trama, anche gli effetti speciali lasciano a desiderare: a seconda delle inquadrature, le proporzioni tra i due protagonisti cambiano visibilmente e, per salvare il film, nulla può Jean Dujardin nel continuare a sfoderare imperterrito lo stesso sorriso che aveva in The artist.    

lunedì 23 gennaio 2017

Indivisibili

anno: 2016       
regia: DE ANGELIS, EDOARDO  
genere: drammatico  
con Angela Fontana, Marianna Fontana, Massimiliano Rossi, Antonia Truppo, Tony Laudadio, Marco Mario de Notariis, Peppe Servillo, Gaetano Bruno, Gianfranco Gallo, Antonio Pennarella    
location: Italia
voto. 5  

Viola (Angela Fontana) e Dasy (Marianna Fontana) sono due gemelle siamesi di Castel Volturno, legate all'altezza di una coscia. La loro madre (Truppo) è una debosciata tossicomane; il padre (Rossi) sfrutta le loro doti canore e l'effetto freak che le ragazze producono per sbarcare il lunario, facendole cantare ai ricevimenti di burini facoltosi, peggio dell'Antonio Focaccia di Tognazzi che esibiva la moglie ipertricotica ne La donna scimmia. Quando alle due cantanti neomelodiche si presenta prima l'occasione di un ingaggio da favola da parte di un imprenditore lubrico - interpretato da un Gaetano Bruno che stavolta, anziché ricevere una lettera da una donna carnale e incantatrice, è in versione bunga bunga - poi di dividersi grazie al possibile intervento chirurgico di un medico (Servillo) che opera in Svizzera, esse cercano in tutti i modi, pur con qualche contrasto, di raggiungere l'obiettivo, nonostante la forsennata resistenza di quel parassita del padre. La loro avventura avrà un esito tanto inaspettato quanto voluto da una di loro.
De Angelis (Mozzarella stories, Perez) continua a rovistare nei bassifondi campani con piglio semidocumentaristico, dando conto di un'umanità refrattaria a qualsiasi regola morale. Stavolta però, nonostante lo spunto di partenza, la realizzazione è monocorde, i personaggi bidimensionali e le due protagoniste non suscitano mai vera empatia, né riescono a coinvolgere, a dispetto della qualità delle riprese (notevolissimo il piano sequenza inziale) e della pertinenza della colonna sonora firmata da Enzo Avitabile.    

venerdì 20 gennaio 2017

Allied - Un'ombra nascosta

anno: 2016       
regia: ZEMECKIS, ROBERT 
genere: spionaggio 
con Brad Pitt, Marion Cotillard, Jared Harris, Lizzy Caplan, Daniel Betts, Matthew Goode, Simon McBurney, Camille Cottin, August Diehl, Thierry Frémont, Marion Bailey, Anton Lesser, Josh Dylan, Charlotte Hope, Sally Messham, Xavier de Guillebon, Vincent Latorre, Celeste Dodwell, Vikki Edwards, Raphael Desprez, Lukas Johne, Christian Rubeck, Cecilia Gragnani, Phillipe Spall, Raffey Cassidy, Ami Metcalf, Raphael Acloque, Hannah Flynn, Jason Matthewson    
location: Marocco, Regno Unito
voto: 7 

A Casablanca, nel 1942, due agenti segreti britannici (Brad Pitt e Marion Cotillard) devono assassinare l'ambasciatore tedesco di stanza in Marocco. I due non si conoscono ma finiscono per innamorarsi. Tornati in patria, dove stanno crescendo la loro bambina, emerge un fatto inquietante: lei sarebbe un'agente del controspionaggio tedesco. Lui, sotto minaccia, viene messo in guardia dai suoi superiori. Che fare a questo punto?
Zemeckis è quasi sempre una garanzia di qualità, originalità e spettacolo. Con Allied pesca dal cilindro una spy-story che riecheggia tanto Ninotchka quanto il famosissimo Casablanca di Michael Curtiz (stessi ambientazione, sottotrama rosa e finale in aereoporto), lavorando di fino sulle ricostruzioni sceniche e su un plot dalla linearità esemplare (merito dello sceneggiatore Steven Knight, già regista di Redemption e Locke). Se la prima parte del film fatica a decollare, concedendosi eccessivamente all'estetismo vecchio stile delle scenografie, ai risvolti glamour e ai vellutati movimenti di macchina, nella seconda l'azione di intensifica, la trama si ispessisce e la vicenda del marito dubbioso non può che coinvolgere anche lo spettatore più algido.    

lunedì 16 gennaio 2017

Arrival

anno: 2016       
regia: VILLENEUVE, DENIS
genere: fantascienza
con Amy Adams, Jeremy Renner, Forest Whitaker, Michael Stuhlbarg, Mark O'Brien (II), Tzi Ma, Abigail Pniowsky, Julia Scarlett Dan, Jadyn Malone, Frank Schorpion, Lucas Chartier-Dessert, Christian Jadah, Sonia Vigneault, Mark Camacho, Larry Day    
location: Usa
voto: 6,5

Gli extraterrestri atterrano sul nostro pianeta in dodici località diverse sparse nel globo, secondo un criterio oscuro (lì, nel 1980, i Pink Floyd hanno piazzato un brano nella hit parade: paradossi della statistica…). Negli States una linguista (Adams) e un fisico teorico (Renner) vengono reclutati dall'intelligence locale guidata dal colonnello Weber (Whitaker) per cercare di capire cosa vogliano gli alieni, degli eptapodi che si esprimono attraverso un complesso sistema di pittogrammi circolari e senza verso. Le autorità militari di mezzo mondo sono in allerta (sarà una nuova Guerra dei mondi?), pronte ad abbattere il nemico con l'impatto che avrebbe una mosca contro un elefante. Ma davvero gli extraterrestri hanno intenzioni così nefaste?
Arrivato al suo quarto lavoro da regista, Denis Villeneuve firma il suo film più ambizioso, che è anche il meno riuscito, dimostrando però ancora una volta una grande capacità di spaziare tra i generi. Dopo il melodramma di ambientazione bellica de La donna che canta, il giallo di Prisoners e il poliziesco Sicario, con Arrival il regista canadese propone un'opera di fantascienza tratta da Storia della tua vita di Ted Chiang e sceneggiata da Eric Heisserer. Se la prima parte del film, imperniata sul contatto con gli extraterrestri, spazia adeguatamente tra l'ipotesi Sapir-Whorf e la serie di Fibonacci, con densità di contenuti, originali trovate visive realizzate in motion capture e indovinate invenzioni futuristiche (c'è anche lo zampino dell'artista James Turrell), nella seconda, dominata dal tema della contrazione dello spazio-tempo (siamo dalle parti di Interstellar), il film si perde in un plot cervellotico e stucchevole, con trama da tipico prodotto strappalacrime a stelle e strisce (l'amore materno, la malattia, il lutto) e risvolto rosa completamente fuori registro.    

domenica 15 gennaio 2017

I magnifici sette (The Magnificent Seven)

anno: 2016   
regia: FUQUA, ANTOINE
genere: western
con Denzel Washington, Chris Pratt, Ethan Hawke, Vincent D'Onofrio, Lee Byung-hun, Manuel Garcia-Rulfo, Martin Sensmeier, Haley Bennett, Matt Bomer, Peter Sarsgaard, Jody Mullins, Emil Beheshti, Dodge Prince, Dylan Langlois, Alix Angelis, Cedric Jones, Walker Babington, Dylan Kenin, Jonathan Joss, William Lee Scott, Luke Grimes, Clint James, Sean Bridgers, Kevin Wayne, Ritchie Montgomery, Griff Furst, David Kallaway    
location: Usa
voto: 6

Gli abitanti della cittadina di Rose Creek sono ripetutamente vessati dalle scorrerie di Bartholomew Bogue (sarsgaard), che con la sua banda di briganti li tiene in scacco portando via loro il poco che hanno. La speranza di cambiamento viene riposta in Sam Chisolm (Washington), che assolda altri sei specialisti del grilletto per far fronte, insieme ai contadini addestrati all'uso delle armi, al sanguinario lestofante. Sarà una carneficina.
Remake del film del 1960 di John Sturges, a sua volta adattamento in chiave western de I sette samurai di Kurosawa, il film di Fuqua mette al centro della scena il suo attore-feticcio Denzel Washington (già con lui in Training day e The equalizer), soffiando forte sulle scene d'azione ma sgualcendo la trama, che ha più di un buco di sceneggiatura. L'ottimo cast, la cura delle scenografie e dei costumi e l'elisione della sottotrama rosa permettono comunque di non fare rimpiangere l'originale.    

sabato 14 gennaio 2017

Silence

anno: 2016       
regia: SCORSESE, MARTIN
genere: drammatico
con Andrew Garfield, Adam Driver, Liam Neeson, Tadanobu Asano, Ciarán Hinds, Issei Ogata, Shinya Tsukamoto, Yoshi Oida, Yôsuke Kubozuka, Ryô Kase, Nana Komatsu    
location: Giappone, Portogallo
voto: 7

Nel XVII secolo, padre Rodrigues (Garfield) e padre Garupe (Driver) decidono di partire dal Portogallo alla volta del Giappone per fare luce sulla scomparsa di un loro mentore, padre Ferreira (Neeson), che la Chiesa portoghese ritiene essersi macchiato di apostasia. Giunti nel continente asiatico, i due giovani religiosi entrano in contatto con comunità cristiane che vivono clandestinamente, perseguitate dall'inquisizione giapponese che risponde col pugno di ferro ai tentativi di colonialismo culturale degli occidentali. L'accanimento degli inquisitori divarica le strade dei due giovani protagonisti: di padre Garupe si perdono a lungo le tracce, mentre padre Rodrigues prosegue la sua marcia alla ricerca di padre Ferreira, con un'inamovibile fede in Dio, pur sollevando dubbi angosciati sul suo silenzio: perché tanto accanimento sui cristiani? Perché infliggere loro tante pene e torture? Perché non dare un segno? Vietatissimo lo spoiler per il sottofinale, nel quale la vicenda inanella un paio di colpi di scena.
A tre anni da The wolf of Wall Street, Scorsese torna dietro la macchina da presa con un film monumentale, fortissimamente voluto per quasi trent'anni, prodotto a più tasche (tra le tante, quella di Vittorio Cecchi Gori) su un tema a lui caro come quello religioso, già toccato esplicitamente in Kundun e L'ultima tentazione di Cristo e implicitamente in Taxi driver. Si tratta, stavolta, di un affresco grandioso, di maestosa potenza visiva, fluviale nella durata (160 minuti), tra scenari da inferno dantesco e ambientazioni brumose, sorretto dalle scenografie e dai costumi di Dante Ferretti e da un cast di prim'ordine, straordinariamente diretto. Mai didascalico né manicheo, Silence mette in scena il travaglio interiore di un religioso (l'ex Spiderman Andrew Garfield) in costante oscillazione tra fede ed evidenza empirica, su uno sfondo che mostra in maniera efficacissima il tema del contrasto tra culture. Eppure il film tratto da un romanzo scritto negli anni '60 da Shusaku Endo suscita più rispetto che vera emozione: tanto ci si appassiona alle dispute teologiche, tanto si rimane distaccati dai personaggi, asserviti a dialoghi che a tratti sembrano essere fuori controllo.    

mercoledì 11 gennaio 2017

Paterson

anno: 2016       
regia: JARMUSCH, JIM
genere: grottesco
con Adam Driver, Golshifteh Farahani, Kara Hayward, Sterling Jerins, Jared Gilman, Luis Da Silva Jr, Frank Harts, Rizwan Manji, Jorge Vega    
location: Usa
voto: 5

A Paterson, nel New Jersey, Paterson (Driver) fa l'autista di autobus, scrive poesie, vive con la sua compagna piena di velleità (Farahani) e il bull-dog dispettosissimo di costei. I giorni della settimana sembrano passare quasi tutti uguali, tra una chiacchiera al bar, una passeggiata col quadrupede, l'ispirazione per una nuova poesia, l'incontro con coppie di gemelli.
Sempre meno prolifico (appena 12 film in 35 anni di carriera da regista), Jarmusch firma la sua opera più stralunata e bizzarra, una favola intimista e naïf che sottolinea una volta di più lo spirito indie del suo autore. Non perdendo il gusto del grottesco e del non-sense mostrato ampiamente in film come Daunbailò, Ghost dog e Broken flowers, il regista dell'Ohio arricchisce la sua cineteca con un grosso carico di elementi simbolici, a cominciare dal tema del doppio: doppi sono il nome della cittadina e del protagonista, doppi sono i gemelli, l'anziano gestore del bar che gioca contro sé stesso, i quaderni dove Paterson annota le sue liriche. Il tutto è contornato da riferimenti alla cittadina di Paterson, che ha dato i natali a Lou Costello (il Pinotto della coppia comica Gianni e Pinotto), ospitalità a Gaetano Bresci, l'anarchico che attentò alla vita di re Umberto I di Savoia, e che è stata teatro dell'accusa subita da Rubin Carter - l'Hurricane della canzone che Bob Dylan dedicò al celebre pugile afroamericano - di essere stato responsabile di un triplice omicidio non commesso nonché per essere stata riferimento intellettuale per poeti come William Carlos Williams e Allan Ginsberg. Il registro è straniato, il ritmo lentissimo, la recitazione ridotta al minimo, ma sull'intero film aleggia un clima lieve, che sembra essere l'elegia del non-senso (o del senso?) del quotidiano.    

domenica 8 gennaio 2017

The Idol (Ya Tayr El Tayer)

anno: 2015       
regia: ABU-HASSAD, HANY 
genere: drammatico 
con Qais Atallah, Hiba Atallah, Ahmed Qassim, Abd-Elkarim Abu-Barakeh, Tawfeek Barhom, Dima Awawdeh, Ahmed Al-Rokh, Saber Shreim, Nadine Labaki    
location: Egitto, Libano, Palestina
voto: 5,5 

L'incredibile storia vera di Muhammad Assaf (Atallah), fuggito dalla striscia di Gaza all'inseguimento, fin da piccolo, di un unico obiettivo: quello di poter partecipare al concorso per cantanti pop che si tiene ogni anni al Cairo: quell'Arab Idol che è l'equivalente dell'American Idol.
Polpettone con sottolineature buoniste a gogò, The idol intreccia lo spirito di The millionaire con il film d'avventura, il romanzo di formazione, le riflessioni sull'oscenità del conflitto israeliano-palestinese e il buddy-movie. Tanta carne al fuoco, con molti momenti emotivamente ricattatori nei confronti dello spettatore (a cominciare dalla sottotrama che coinvolge la volitiva sorellina del protagonista, morta dopo aver perso la funzionalità di un rene), sposta il pendolo della qualità artistica del film ora dalla parte del prodotto nazionalpopolare, ora da quella del cinema d'essai, senza mai trovare un adeguato punto d'equilibrio. Un vero peccato, perché la vicenda straordinaria di questo caparbio 22enne che nel 2013 divenne una sorta di idolo nazionale, ridando speranza al popolo palestinese (ritratto in incredibili immagini di repertorio nella sequenza finale), avrebbe meritato una scrittura meno oleografica.    

venerdì 6 gennaio 2017

Il ministro

anno: 2016   
regia: AMATO, GIORGIO   
genere: commedia   
con Gian Marco Tognazzi, Alessia Barela, Fortunato Cerlino, Edoardo Pesce, Jun Ichikawa (II), Ira Fronten    
location: Italia
voto: 6,5   

Un imprenditore in difficoltà (Tognazzi) sta cercando di giocarsi in una sola serata la sua ultima carta: corrompere, tra vini costosissimi, escort e mazzette, l'uomo di potere di turno invitato a cena (interpretato da Fortunato Cerlino, il Pietro Savastano della serie-TV Gomorra), il ministro del titolo. La speranza di giocarsi in questo modo l'appalto si gioca all'interno di una lussuosissima casa nel quartiere residenziale dell'Eur, a Roma, dove sono presenti la moglie (Barela) e il cognato dell'imprenditore (Pesce), una linguacciuta ballerina cinese che studia filosofia (Jun Ichikawa, che in realtà è giapponese), ingaggiata come possibile escort all'ultimo momento e la domestica di colore (Fronten). Le cose andranno ben diversamente dal previsto.
Al suo esordio dietro la macchina da presa, Giorgio Amato attinge a piene mani dal malaffare della politica romana, con echi che richiamano il caso Tarantini-Berlusconi e un registro a cavaliere tra thriller e commedia con brusche virate sul grottesco, soprattutto nella scena iniziale e in quella finale del film. Il quale riesce a tenere sempre alta la tensione, nonostante qualche cedimento a un eccesso di una scrittura alla continua ricerca dell'apoftegma fulminante.    

mercoledì 4 gennaio 2017

Domani

anno: 2015   
regia: DION, CYRIL * LAURENT, MELANIE 
genere: documentario 
con Cyril Dion, Mélanie Laurent, Anthony Barnosky, Elizabeth Hadly, Vandana Shiva, Charles Hervé-Gruyer, Perrine Hervé-Gruyer, Olivier de Schutter, Thierry Salomon, Robert Reed (II), Jan Gehl, Rob Hopkins, Emmanuel Dron, Bernard Lietaer, David Van Reybrouck, Elango Rangaswamy, Barack Obama, Angela Merkel    
location: Danimarca, Finlandia, Francia, India, Islanda, Regno Unito, Usa
voto: 6 

Quando ha rivolto il suo sguardo sul futuro, il cinema ci ha abituati, attraverso la fantascienza, a terribili distopie. Cyril Dion e Melanie Laurent (l'attrice-regista già protagonista di film come Bastardi senza gloria e Treno di notte per Lisbona), registi del film, provano a invertire il percorso, andando in giro per il mondo per cercare di capire chi stia facendo cosa nel tentativo di rendere migliore la vita su questo pianeta. Dall'alimentazione all'energia, passando per economia e democrazia, fino all'educazione, Domani è un viaggio alla scoperta di realtà che sono concrete già oggi. Gli orti urbani di Detroit, città che ha perso il suo blasone di metropoli industriale, le pale eoliche dell'Islanda, le biciclette della Danimarca (dove appena un quarto della popolazione usa l'automobile), la reinvenzione del denaro in diversi paesi del mondo, la lotta al sistema di caste in India e la meraviglia dell'istruzione in Finlandia (capitolo che da solo vale l'intero film, tanto è sorprendente ciò che accade nelle scuole a quelle latitudini, con mensa e libri gratuiti per l'intera durata della scuola dell'obbligo) sono solo alcuni dei casi inventariati dagli autori in quasi due ore di un documentario alquanto convenzionale nell'impaginazione, servito da immancabili interventi di specialisti dei vari settori (su tutti, domina la perspicacia del solito Rifkin) ma appesantito da qualche inserto di troppo sul vagabondaggio della troupe intorno al mondo.
Comunque da vedere; in Francia, ha portato al cinema un milione di spettatori: un risultato eccezionale per un documentario.    

lunedì 2 gennaio 2017

La voce - Il talento può uccidere

anno: 2013       
regia: ZUCCHI, AUGUSTO   
genere: thriller   
con Rocco Papaleo, Antonia Liskova, Augusto Zucchi, Giulia Greco, Franco Castellano, Mattia Sbragia, Augusto Fornari, Riccardo Polizzy (Riccardo Polizzy Carbonelli), Manuela Morabito, Selene Khoo, Dario D'Ambrosi    
location: Italia
voto: 2,5   

Alighiero Noschese è stato l'imitatore per eccellenza della televisione italiana. Popolarissimo tra gli anni '60 e i primi anni '70, si suicidò a soli 47 anni, ma la vicenda della sua morte è controversa. Alla sua complessa parabola umana e artistica, segnata tra l'altro da una forte depressione e dall'appartenenza alla P2, Augusto Zucchi, attore e regista per cinema e teatro, dedica un biopic con un'interessante idea di partenza: quella di creare un alter ego del celebre imitatore, spostando la sua vicenda ad oggi e confezionandola come un thriller fantapolitico al centro del quale si trova la figlia (Greco), determinata a indagare sul mistero della morte del padre. Quest'ultimo, infatti, venne sfruttato tramite la mediazione del suo psicanalista (lo stesso Zucchi) affinché desse voce a uomini politici, magistrati e affaristi per far passare loschi provvedimenti. Sulla carta il soggetto è accattivante, ma il risultato sfiora il ridicolo: messa in scena risibile, sviluppo narrativo contorto e con troppi flashback, attori da recita parrocchiale, compreso un Papaleo completamente fuori parte e totalmente implausibile come imitatore (data la fortissima cadenza lucana).