venerdì 29 febbraio 2008

Il mattino ha l'oro in bocca

anno: 2008   
regia: PATIERNO, FRANCESCO  
genere: biografico  
con Elio Germano, Laura Chiatti, Martina Stella, Carlo Monni, Gerardo Amato, Corrado Fortuna, Donato Placido, Umberto Orsini, GianMarco Tognazzi, Dario Vergassola, Fiorenza Pieri  
location: Italia
voto:5

Gioie e dolori di Marco Baldini (Germano), il conduttore radiofonico diventato famoso a fianco di Rosario Fiorello nella conduzione di Viva Radio Due! Dagli esordi presso un'emittente locale fiorentina, negli anni '80, fino al successo a Radio DeeJay, a Milano. In mezzo la passione sempre più febbrile per le corse ippiche e le scommesse, con tutti gli inevitabili addentellati del caso: debiti enormi, amicizie poco raccomandabili, strozzini, rischio di perdere il lavoro.
Francesco Patierno volta completamente pagina dopo il difficile ma originale Pater familias: la biografia di Marco Baldini viene raccontata con registro da cinema classico, senza alcun tentativo di reinventarla drammaturgicamente, e si risolve in un andirivieni continuo tra le agenzie ippiche e gli studi radiofonici, senza particolari motivi di interesse. Elio Germano  non possiede neppure la radice quadrata della simpatia del conduttore toscano a cui il film è ispirato, rivelando così una improvvida scelta di casting. Ruolo di inusitata compostezza per Dario Vergassola, nei panni del direttore generale di Radio DeeJay.    

martedì 26 febbraio 2008

False verità (Where the truth lies)

anno: 2005   
regia: EGOYAN, ATOM  
genere: noir  
con Kevin Bacon, Colin Firth, Alison Lohman, Rachel Blanchard, David Hayman, Maury Chaykin, Rebecca Davis, Sonja Bennett, Deborah Grover, Beau Starr, Shannon Lawson, Anna Silk, Michael J. Reynolds, Kristin Adams, Kathryn Winslow, Arsinée Khanjian, Vee Vimolmal, Don McKellar, Sean Cullen  
location: Usa
voto: 3

Una giovane giornalista ambiziosa (Lohan) indaga sulla separazione tra Lanny (Bacon) e Vince (Firth), due famosi presentatori che spopolarono negli anni '50 con delle incredibili maratone televisive a suon di Telethon. La ragazza, non senza raggiri, scopre che i due hanno sulla coscienza la morte, piuttosto macabra, di un'altra aspirante giornalista (Blanchard), che pare fosse venuta a conoscenza di un loro segreto "particolare", passando così al ricatto. La vicenda è in realtà assai più ingarbugliata perchè, come in ogni giallo che rispecchi le convenzioni, il maggiordomo c'entra sempre qualcosa.
Ingarbugliatissimo al punto sa dover ricorrere a un'insopportabile voce off (quella della giornalista che "indaga") per rendere meno oscure le connessioni ampiamente zoppicanti di questo guazzabuglio, False verità sfiora l'apoteosi del delirio onanistico sul piano del racconto. La pretesa del regista di origini armene sarebbe quella di mescolare le pubbliche virtù della televisione - solidale con i malati - con i vizi privati fatti di droga, alcol e sesso promiscuo. Lo stile annaspa però nell'estetismo fine a se stesso: erotismo, scorci noir, rimandi impliciti a La congiura degli innocenti vanno di pari passo con il registro ampolloso, patinato, essenzialmente fasullo di un film che mette peraltro in risalto la negazione dell'essere attore affidando alla insignificante Alison Lohman il ruolo di protagonista. Basta vederla per capire perchè l'omosessualità sia tanto diffusa...    

domenica 24 febbraio 2008

Non é un paese per vecchi (No country for old men)

anno: 2008   
regia: COEN, JOEL * COHEN, ETHAN  
genere: thriller  
con Javier Bardem, Josh Brolin, Tommy Lee Jones, Woody Harrelson, Kelly Macdonald, Garret Dillahunt, Tess Harper, Barry Corbin, Stephen Root, Rodger Boyce, Beth Grant, Ana Reeder, Kit Gwin, Zach Hopkins, Chip Love, Eduardo Antonio Garcia, Gene Jones, Myk Watford, Boots Southerland, Kathy Lamkin, Johnnie Hector, Margaret Bowman, Thomas Kopache, Jason Douglas, Doris Hargrave, Rutherford Cravens, Matthew Posey, George Adelo, Mathew Greer, Trent Moore, Marc Miles, Luce Rains, Philip Bentham, Eric Reeves, Josh Meyer, Chris Warner, Brandon Smith, Roland Uribe, Richard Jackson, Josh Blaylock, Caleb Jones, Dorsey Ray, Angel H. Alvarado Jr., David A. Gomez, Milton Hernandez, John Mancha  
location: Usa
voto: 9,5

Texas, 1980. In mezzo al deserto ci sono i cadaveri di alcuni messicani, un grosso carico di droga, qualche cane morto. Poco più in là una valigia piena zeppa di dollari. Un cacciatore (Brolin), passando di lì per caso, scopre la carneficina, si appropria della valigia e si incammina verso un destino che non immagina neppure lontanamente. A dare la caccia a quel denaro c'è infatti un criminale psicopatico ma intelligentissimo (Bardem) che se va in giro con uno strano arnese ad aria compressa. Sulle orme del killer c'è un bounty pagato dalla mala (Harrelson) e uno sceriffo (Lee Jones) a un passo dalla pensione. L'inseguimento a quattro lascerà una lunghissima scia di sangue.
"Quando non si sente più dire grazie e per favore, vuol dire che la fine è vicina", sentenzia lo sceriffo nella frase che epitomizza il contenuto del film, tratto dal romanzo omonimo di Cormac McCarthy: il mondo si è trasformato in una giungla e noi non possiamo farci niente, bellezza. Lapidario, radicale. Come la forma, del resto: squarci di deserto e prateria, motel, pompe di benzina, tavole calde e altri non-luoghi della provincia americana a sottolineare che non è solo la forma delle parole ad esserci sfuggita di mano molto prima di quanto non pensassimo (grazie, per favore, appunto), ma anche quella degli scenari nei quali ci siamo abituati a vivere. Non c'è scampo alla violenza distruttiva del killer psicopatico, non ci sono sconti per lo spettatore, al quale - con il più spiazzante  dei colpi di genio di un cinema molto mentale - viene imposto un finale che davvero non puoi aspettarti. Crepuscolare, nerissimo, straniato, Non è un paese per vecchi non aveva mai portato i fratelli Coen tanto vicini alla firma di un capolavoro: l'allentamento della tensione nell'ultima mezz'ora e qualche meccanicità di troppo sono ancora una volta i difetti di un cinema di squisita fattura, ma troppo incline al virtuosismo.
Incetta di premi: Golden Globe 2008 come miglior attore non protagonista a Javier Bardem. Oscar per il miglior film, miglior regia e migliore sceneggiatura non originale.

venerdì 22 febbraio 2008

I lunedì al sole

anno: 2003       
regia: DE ARANOA, FERNANDO LEÒN   
genere: drammatico   
con Javier Bardem, Luis Tosar, Josè Angel Egido, Nieve De Medina, Enrique Villèn, Celso Bugallo, Joaquìn Climent, Aida Folch, Serge Riaboukine    
location: Spagna
voto: 5   

I lunedì come i sabati e le domeniche, passati a guardare il mare o a bere birra in compagnia: è questo il quotidiano di Santa (Bardem) e dei suoi amici spagnoli, tutti sulla quarantina. Disoccupati, ormai abituati a caracollare tra il bar, l'ufficio di collocamento, lavoretti improvvisati o rubacchiati ad altri e qualche svogliato colloquio, Santa e i suoi sodali consumano le loro esistenze in un quotidiano senza prospettive.
Il tema è importante, ambientazione e attori sono credibili ai limiti dell'iperrealismo ma l'incedere narrativo del film segue quello dei personaggi. Sfiancante, dimesso, lentissimo, il film si avvita su un meccanismo ripetitivo che trova il suo climax nella morte solitaria di uno dei protagonisti. Una specie di film à la Ken Loach, ma con la sordina.    

sabato 16 febbraio 2008

Il petroliere (There will be blood)

anno: 2008   
regia: ANDERSON, PAUL THOMAS
genere: drammatico
con Daniel Day-Lewis, Paul Dano, Kevin J. O'Connor, Ciarán Hinds, Russell Harvard, Colleen Foy, Coco Leigh, Paul F. Tompkins, Mary Elizabeth Barrett, David Willis, Rhonda Reeves, Hope Elizabeth Reeves, Hans R. Howes
location: Usa
voto: 9

Agli inizi del '900 il minatore Daniel Plainview (Day-Lewis) si trasforma in breve tempo in un cercatore di petrolio. Con il figlioccio al seguito (lo spunto ricorda moltissimo quello di Paper moon, di Bogdanovich), si muove verso Ovest alla ricerca di giacimenti e fortuna economica. L'occasione per il grande salto a magnate del petrolio gliela offre Eli Sunday (Dano), giovanissimo predicatore invasato, capace di raccogliere attorno a sé un'intera comunità sotto il nome di Chiesa della Terza Rivelazione, l'unico consapevole della presenza del petrolio nella zona dove abita. Per Daniel l'inizio di un arricchimento immane coincide con il precipizio verso una misantropia e un isolamento sempre più assoluti.
Il regista di Magnolia estrae dal romanzo "Petrolio!" di Upton Sinclair un film potentissimo, spettacolare, incantevole. "Ci sarà del sangue", avvertono secchi i titoli di testa. E infatti i venti minuti iniziali, durissimi e iperrealisti, non contengono neppure una parola e sono destinati a entrare di diritto tra gli incipit più impressionanti che la storia del cinema possa ricordare. Sono i minuti nei quali Anderson sembra andare alla ricerca della origine "fisica" del capitalismo, della sua forma ancestrale. Quindi il film si dipana trovando una sua misura nel gioco di specchi tra Daniel, materialista spregiudicato, ed Eli, sobillatore visionario, facce di una stessa medaglia ugualmente segnata dalla bramosia di potere. Ed è proprio il gioco di specchi tra i due personaggi il vero asse di un film giocato in più parti sul filo dell'ambiguità che lancia allo spettatore più di un interrogativo. Qualche prolissità di troppo priva Il petroliere di quel nitore da capolavoro che l'uso eterodosso della musica (a firma di Jonny Grennwood dei Radiohead), il registro straniato, lo splendore paradossale di paesaggi dominati da sassi e bitume e la prova ciclopica di un Daniel Day-Lewis che al cinema si vede col contagocce (3 film in 10 anni) avrebbero contribuito a dargli.
Secondo, strameritatissimo Oscar a Daniel Day Lewis come miglior attore protagonista dopo quello vinto con Il mio piede sinistro.    

mercoledì 13 febbraio 2008

Parole sante. Storie di autorganizzazione e precarietà dentro il più grande call center d'Italia

anno: 2008   
regia: CELESTINI, ASCANIO
genere: documentario
con Emanuela, Valerio, Peppe, Gianluca, Cecilia, Andrea, Alessandra, Maurizio, Jimmy, Mara, Christian, Jerry, Ascanio Celestini e i ragazzi del Collettivo PrecariAtesia
location: Italia   
voto: 8

A Cinecittà, a due passi dal Grande Raccordo Anulare, c'è un edificio enorme, espressione della Roma palazzinara e ingorda degli anni '50 e '60. È la sede dell'Atesia, il più grande call center italiano, uno dei più grandi d'Europa, una macchina da 300mila telefonate al giorno e 4000 impiegati che con cornetta, mouse e tastiera rispondono ai clienti Tim. Questi impiegati sono per la quasi totalità dei lavori flessibili, eufemismo che dovrebbe indicare le moderne condizioni di schiavitù: offrono le loro prestazioni per 85 centesimi a telefonata, senza ferie, permessi, retribuzione per le malattie, speranze per il futuro. Sono persone di tutte le età; qualcuno ci porta avanti la famiglia; tutti lavorano in condizioni di estremo disagio.
Intorno al 2000 alcuni di loro hanno cominciato a organizzarsi per studiare la legge 30 sul lavoro. Cominciano a scioperare, diffondono un giornalino a circolazione interna, emettono un esposto all'Ufficio Provinciale del Lavoro, che dà loro ragione. La protesta va avanti per 7 anni. Risultato: contratti non rinnovati e licenziamenti.
Ascanio Celestini, folletto geniale, ironico ed eclettico, affabulatore capace come pochi di raccontare la contemporaneità in una prospettiva vichiana, è andato a raccogliere le testimonianze di questi ragazzi, riprendendo tutto con una semplicissima videocamera. "Questo documentario è venuto un po' loffio, un po' fiacco. Non ci sono sparatorie, non ci sono inseguimenti", dice lui, autoironico, in sottofinale. Non bisogna credergli: il film - pur con i suoi difetti formali soprattutto in fase di montaggio e di assemblaggio del sonoro - fotografa la goccia che, alla lunga, farà traboccare il vaso di un sistema capitalistico completamente degenerato. È il sistema dove i copper (i clienti pezzenti) ai quali le aziende concedono il minimo indispensabile sono gli stessi sui quali - dall'altra parte del filo telefonico - prosperano i profitti delle aziende stesse. Il film di Celestini - una sorta di De Seta del terzo millennio - documenta l'inganno a danno di questi lavoratori simpatici e persino sorridenti, servendosi delle loro testimonianze. Ne emerge un quadro deprimente costituito da assistenti di sala, moderni kapò in tempi di pace, che fanno da cuscinetto tra loro e lo staff dirigenziale, da parole usate per raggirare, da cambi di retribuzione senza preavviso. C'è da arrabbiarsi moltissimo a vedere questo documentario intensissimo e commovente che non si limita a essere un'operazione nobile, civile, profonda e poetica, ma che riesce spesso a strappare la risata nella sua rivendicazione dei diritti dei lavoratori. Parole sante, verrebbe da dire.
Imperdibile, come d'altronde lo è il disco di magnifiche canzoni che porta lo stesso titolo.    

lunedì 11 febbraio 2008

Snakes on a plane

anno: 2006   
regia: ELLIS, DAVID R.  
genere: dramma catastrofico  
con Samuel L. Jackson, Julianna Margulies, Nathan Phillips, Rachel Blanchard, Flex Alexander, Kenan Thompson, Keith Dallas, Lin Shaye, Bruce James, Sunny Mabrey, Casey Dubois, Daniel Hogarth, Gerard Plunkett, Terry Chen, Elsa Pataky, Emily Holmes, Tygh Runyan, Mark Houghton, David Koechner, Bobby Cannavale, Todd Louiso, Tom Butler, Kevin McNulty, Samantha McLeod, Taylor Kitsch, Byron Lawson, Drew Wicks, Scott Nicholson, Darryl Quon, Crystal Lowe, Candice Macalino  
location: Usa
voto: 4  

A bordo di un aereo in volo tra le Hawaii e Los Angeles viaggia un ragazzo (Phillips) che deve testimoniare contro un boss della malavita. A lui, all'agente che lo scorta (Jackson) e agli altri passeggeri è stato apparecchiato un piano terribile: una covata di serpenti esce dalle gabbie e semina panico e morte.
La struttura è quella classica dei b-movies a tema catastrofico della saga Airport: si seguono le vicende più o meno insipide di vari personaggi e si vede che fine fanno. La regia si muove tra l'horror più spinto (facce sventrate, un anaconda che divora un uomo, una persona col cranio fracassato dal calpestio dei passeggeri in fuga) e il grottesco involontario. Ma la tensione non manca e gli effetti speciali riescono quasi credibili.    

sabato 9 febbraio 2008

L'abbuffata

anno: 2007   
regia: CALOPRESTI, MIMMO 
genere: commedia 
con Paolo Briguglia, Elena Bouryka, Lele Nucera, Lorenzo Di Ciaccia, Diego Abatantuono, Donatella Finocchiaro, Nino Frassica, Valeria Bruni Tedeschi, Mimmo Calopresti, Gérard Depardieu, Yari Gugliucci, Eugenio Masciari, Silvana De Santis, Max Mazzotta, Giovanna Cau, Flavia Vento, Francesco Bruni, Mario Monaci Toschi, Maurizio Puglisi, Nathalie Rapti Gomez, Rocco Castel, Marina Viro, Lei Wang, Angelo Baiguini, Claudio Coccoluto, Enzo Russo, Steve Della Casa, G-Max, Palmino Raffo, Maria Gamberdella, Concetta Maiolino, Becky Hahn, Fabrizio Rondoni, Michele Raso, Pietro Delle Piane, Donato Martano, Francesca Gariano, Michele Vasca 
location: Italia
voto: 1

A Diamante, in Calabria, tre giovani amici vorrebbero girare un film su una coppia che si ritrova dopo tantissimi anni. Per avere qualche dritta, si rivolgono a un regista in crisi di ispirazione (Abatantuono) e a un attore (Calopresti) che li porta con sé a Roma. Qui arriva la grande occasione: Gerard Depardieu accetta la loro proposta. Una volta a Diamante per le riprese, l'attore francese viene accolto in pompa magna: mangia troppo e muore.
C'è da impallidire a vedere dei film come questo, che certifica la regola secondo la quale quando il cinema racconta storie di crisi di ispirazione, qualcosa di vero c'è sempre (e infatti una delle battute del film dice che è "meglio fare un brutto film che stare qui con le mani in mano a sentirsi superiori"). Nella prima commedia girata da Calopresti tutto assume un'aria svagata, la memoria torna a Il caricatore e l'operazione, imperdonabile, imbarazzante e persino boriosa, segna il punto più basso della carriera del regista calabrese, da anni a corto di idee.    

venerdì 8 febbraio 2008

Caos calmo

anno: 2008   
regia: GRIMALDI, ANTONELLO 
genere: drammatico 
con Nanni Moretti, Valeria Golino, Alessandro Gassman, Isabella Ferrari, Silvio Orlando, Blu Yoshimi Di Martino, Hippolyte Girardot, Roberto Nobile, Alba Caterina Rohrwacher, Manuela Morabito, Kasia Smutniak, Beatrice Bruschi, Sara D'Amico, Babak Karimi, Tatiana Lepore, Anna Gigante, Denis Podalydes, Charles Berling, Antonella Attili, Cloris Brosca, Valentina Carnelutti, Stefano Guglielmi, Nestor Saied, Dina Braschi, Ester Cavallari, Roman Polanski 
location: Italia
voto: 7

Dopo avere salvato una sconosciuta in mare, Pietro Paladini (Moretti) - cinquantenne romano, dirigente di una grossa azienda televisiva prossima a un'importante fusione - torna a casa e trova la moglie morta. Da quel momento su di lui grava l'intera responsabilità di contenere il dolore della figlia di dieci anni (Di Martino). Le vacanze sono finite: Pietro accompagna sua figlia alla riapertura della scuola, promettendole di aspettarla lì sotto fino all'ora dell'uscita. Mantiene la promessa, e continuerà a farlo per i mesi a venire, al punto di trasformare la panchina dei giardinetti antistanti la scuola nel suo quartier generale, dove si avvicenderanno colleghi di lavoro, la cognata scombinata (Golino), il fratello (un eccellente Alessandro Gassman) e persino il boss della multinazionale con la quale sta per avvenire la fusione (Polanski): tutta gente che in teoria va lì per consolarlo, ma che finisce per rovesciargli addosso i propri affanni. Lui si rifugia nelle sue classifiche mentali e nell'osservare la varia umanità che transita da quelle parti tutti i giorni: una ragazza che porta a spasso il suo cane (Smutniak), un bambino Down convinto che l'auto di Pietro lo saluti tutti i giorni e altri ancora.
Tratto dal best seller di Sandro Veronesi, il film di Antonello Grimaldi supera di una spanna le pagine del romanzo: azzera le marchette pubblicitarie, riduce la pletora di personaggi e affida a un Nanni Moretti davvero pertinente (ma francamente goffo in una scena erotica con Isabella Ferrari) il compito di esplorare quei luoghi dell'anima in cui - a dispetto del trauma subito e del senso di colpa che avrebbe potuto derivarne - il dolore si acquieta in una dimensione esistenziale altra, in uno zen della mente che trova in una panchina il suo rifugio. Nel film come nel romanzo, però, tutto rimane in superficie, a cominciare dal tema della rinascita, sospeso su una dimensione ellittica, e dall'intreccio, con i personaggi-chiave che finiscono forzatamente per conoscersi tutti tra loro per vie traverse. A dare lustro al film ci sono però il registro situazionista dell'opera, concentrato sulle atmosfere, e le dinamiche psicologiche tra personaggi, magnificamente orchestrate da un Nanni Moretti che, più che interpretare Pietro Paladini, sembra interpretare sé stesso. Con enorme bravura.    

domenica 3 febbraio 2008

In memoria di me

anno: 2007
regia: COSTANZO, SAVERIO  
genere: drammatico  
con Christo Jivkov, Filippo Timi, Marco Baliani, André Hennicke, Fausto Russo Alesi, Alessandro Quattro, Milutin Dapcevic, Massimo Cagnina, Ben Pace, Matteo D'Arienzo, Stefano Antonucci, Paolo Bizzeti, Rocco Andrea Barone  
location: Italia   
voto: 9

"Gli altri mi vedono come un vincente", confessa il giovane Andrea (Jivkov) durante il colloquio con padre superiore (Hennicke) prima di entrare in seminario  sull' isola di San Giorgio, a Venezia. Ma ad Andrea l'aspetto materiale della vita e il successo non interessano: è tormentato dai dubbi, cerca se stesso nella fede e nella vita spirituale ma - una volta entrato nel convento - rimane colpito dalla rigidità dell'ordine gerarchico ecclesiastico, dagli scantonamenti di due "fratelli", da una ricerca dell'atarassia che non è mai sfiorata dal dubbio né viene mai a contatto con la ragione.
Dopo il riuscitissimo Private, Saverio Costanzo ribadisce un talento fuori dal comune con un altro film nel quale ancora una volta emerge con prepotenza l'unità di luogo: tutto si svolge negli ampi spazi del monastero, che nella zoomata all'indietro dell'ultima inquadratura restituisce il senso di totale isolamento del posto. È qui che si consuma un thriller dell'anima in cui vengono a confronto spiritualità e ragione, dogmi e dubbi. Costanzo prende una posizione netta e lucida: la fede viene fissata nello spirito dei novizi con una sorta di lavaggio del cervello, la delazione paga e i dubbi vengono soffocati. Eppure In memoria di me, liberamente ispirato al romanzo di Furio Monicelli "Lacrime impure", nell'esplorare il mistero del nostro essere nel mondo pone allo spettatore moltissime domande. Lo fa con uno stile che manifesta la notevole maturità espressiva raggiunta da Costanzo, palesata dallo straordinario gioco di campi e controcampi che crea una tensione drammatica di spazi e volti (tra tutti, quello bello e intensissimo di Christo Jivkov, nomen omen), l'uso chiaroscurale delle luci, il livello ammirabile dei dialoghi, la scelta impeccabile delle musiche (Arvo Part, Valentin Silvestrov, gli Alter Ego), messe lì a contrappuntare il grande silenzio nel quale si consuma il tormento del protagonista.