domenica 30 giugno 2013

Blood

anno: 2012   
regia: MURPHY, NICK 
genere: poliziesco 
con Paul Bettany, Mark Strong, Brian Cox, Stephen Graham, Zoë Tapper, Ben Crompton, Adrian Edmondson, Natasha Little, Nick Murphy, Stuart McQuarrie, Patrick Hurd-Wood, Naomi Battrick, Daniel Pemberton, Lucy Lowe, Sandra Voe, Jasper Britton, Nick Pearse, Mark Callum, Brooklyn Baker, Andy Ross, Aaron Jeffcoate, Dean Roberts, Kate Dimbleby 
location: Regno Unito
voto: 7

A vedere Blood, verrebbe da dire che il familismo amorale non è faccenda esclusivamente italiana, come invece sosteneva il sociologo Banfield. Guardando il film prodotto da Sam Mendes - dove il sangue del titolo, prima ancora che degli innocenti, è quello dei legami familiari - si direbbe che il familismo è una cifra morale urgentissima anche in terra d'Albione. È qui che viene ritrovato il cadavere di un'adolescente martoriata da decine di coltellate. Un poliziotto autarchico e dalle maniere sbrigative (Bettany) e suo fratello (Graham), entrambi figli di un padre-padrone (Cox) che li ha timorati a dovere, decidono che le lungaggini dei tribunali sono fisime da burocrati e in un impeto d'ira tagliano corto: credendo di individuare il colpevole in un pedofilo redento che ha trovato la voce di Dio (Crompton), lo spediscono a quest'ultimo senza troppi scrupoli. Ma i veri colpevoli vengono presi e confessano e i due fratelli faticano a nascondere il delitto di cui sono responsabili in misura molto diversa.
Blood è stato indicato come il Mystic River inglese. Definizione che calza in parte, considerando le sordidezze dei legami familiari e l'eliminazione di un capro espiatorio del tutto innocente. Nick Murphy, già autore di 1921- Il Mistero di Rookford, restituisce con efficacia la psicologia dei due fratelli protagonisti, tanto sessuofobo il primo quanto pavido il secondo, calandoli in uno scenario tenebroso del quale vengono mossi con grande senso della suspense i fili dei rapporti familiari improntati alla menzogna. Chi per rimbambimento, chi per paura, chi per ipocrisia, tutti hanno qualcosa da nascondere. Esattamente il contrario di quanto accade a chi ha montato il trailer del film: mostrando tutti i momenti salienti della trama e rivelandovi da subito il colpevole. Un incredibile caso di spoiler.    

sabato 29 giugno 2013

Doppio Gioco - La verità si nasconde nell'ombra (Shadow Dancer)

anno: 2012       
regia: MARSH, JAMES
genere: spionaggio
con Andrea Riseborough, Clive Owen, Aidan Gillen, Domhnall Gleeson, Bríd Brennan, David Wilmot, Stuart Graham, Martin McCann, Gillian Anderson, Barry Barnes, Maria Laird, Ben Smyth, Jamie Scott, Bradley Burke, Daniel Tatarsky, Tom Bennett, Nia Gwynne, Jason Salkey, Nicholas Asbury, Morgan Watkins, Cathal Maguire, Ian Patterson, Michael McElhatton, Alan O'Neill, Gary Lydon, David Herlihy, Anne Brogan, Frank Smith, Kate Nic Chonaonaigh, Karl Shiels, Mark Huberman, Lisa Walsh, Ronnie McCann, Eoin Murtagh, Alan Devine
location: Irlanda del Nord, Regno Unito
voto: 6

Fate bene attenzione alla traduzione italiana del titolo, perché altrimenti di questa spy-story ultra-ellittica diretta da James Marsh, al suo primo lungometraggio di finzione dopo gli ottimi documentari Man on wire e Project Nim, capirete ben poco.
La vicenda inizia nel 1972, a Belfast. Ci scappa il morto, ed è un bambino. La gente non ci sta e si arma contro la corona inglese. Vent'anni dopo una ragazza (Riseborough) viene fermata mentre sta per compiere un attentato a Londra. È la sorella di quel bambino morto ed è diventata una giovane madre. Uno 007 inglese (Owen) le promette protezione per lei e per il figlioletto, a condizione che ella faccia da informatrice. Peccato però che la vita da informatrice è ben peggiore di quella che avrebbe potuto fare nelle (patrie?) galere.
Una regia di impostazione assai classica viene messa al servizio di una storia raccontata in maniera molto ellittica, che lascia scoperti diversi passaggi cruciali, richiedendo allo spettatore un grosso sforzo di raccordo. Il tutto per mettere in scena il dramma del separatismo nordirlandese e della tragica pagina del terrorismo dell'IRA attraverso uno stile algido, aggiungendo ben poco a un tema che - come nel caso di Michael Collins, Il silenzio dell'allodola e Il vento che accarezza l'erba - fatica a trovare un'adeguata rappresentazione cinematografica.    

Se sei cosi ti dico sì

anno: 2011       
regia: CAPPUCCIO, EUGENIO
genere: commedia
con Emilio Solfrizzi, Belén Rodríguez, Fabrizio Buompastore, Francesca Faiella, Toto Onnis, Manuela Morabito, Eleonora Albrecht, Iaia Forte, Roberto De Francesco, Pinuccio Sinisi, Salvatore Marino, Azzurra Martino, Lucia Bodenizza, Alessandro Feliù, Roberto Zibetti
location: Italia, Usa
voto: 2

Che Se sei così ti dico si fosse un film da evitare a ogni costo lo si capiva già dall'errore contenuto nel titolo, con quel "si" senza accento (mentre "così", correttamente, lo ha) e che puzzasse di bluff lo si intuisce dalla locandina, con un Solfrizzi radicalmente diverso da come è truccato nel film. Il resto è una storia esilissima che sta a metà strada tra il già inguardabile Notting Hill, commedia rosa targata julia Roberts e Hugh Grant e L'uomo in più di Sorrentino, con Servillo crooner meteoritico e dimenticato degli anni '80.
Siamo in Puglia, a Savelletri di Fasano, dove Pietro Cicala (Solfrizzi), dopo un successo passeggero ottenuto con una canzone intitolata Io, tu e il mare, è da anni costretto a riparare nella cucina del ristorante gestito da sua moglie (Forte). La grande occasione gli si ripresenta quando lo chiamano per uno di quei programmi spazzatura (autentici) a carattere nostalgico, I migliori anni, condotto dal sempre abbronzatissimo Carlo Conti. In fretta a furia e dopo non pochi ripensamenti, Pietro si reca a Roma per la diretta televisiva e lì, nell'albergo a cinque stelle dove viene ospitato, si imbatte accidentalmente in Talita Cortès (Belen Rodriguez), una capricciosa divetta della moda, che per togliersi di torno qualche domanda scomoda che arriva dalle solite troupe d'assalto del giornalismo scandalistico, lo fa passare per la sua nuova fiamma.
Con la sola parentesi di Uno su due, la filmografia di Cappuccio è costellata di commediole di infimo livello. Non fa eccezione, anzi, peggiora lo standard, questo film che ruota attorno al fondoschiena della Rodriguez e alle quattro smorfiette che la ex di Fabrizio Corona riesce a fare nel trasudo di silicone. Cosa ci faccia il sempre bravissimo Solfrizzi in un film come questo, peraltro prodotto dai fratelli Avati, è un vero mistero. Tra dialoghi tremebondi e banalissimi e uggia a gogò, Se sei così ti dico si rientra nella schiera di quei film in stile Viale del tramonto per i quali dovrebbe essere vietata per legge la versione in commedia, tanto più se non riescono a suscitare una sola risata.    

mercoledì 26 giugno 2013

Stoker

anno: 2012       
regia: CHAN-WOOK, PARK
genere: thriller
con Mia Wasikowska, Nicole Kidman, Matthew Goode, David Alford, Peg Allen, Lauren E. Roman, Phyllis Somerville, Harmony Korine, Lucas Till, Alden Ehrenreich, Dominick 'Dino' Howard, Jacki Weaver, Dermot Mulroney, Tyler von Tagen, Thomas A. Covert, Jaxon Johnson, Paxton Johnson, Judith Godrèche, Ralph Brown
location: Usa
voto: 3

I primi 20 minuti trascorrono tra le stanze della gigantesca residenza dove madre (Kidman) e figlia (Wasikowska, già trascurabile co-protagonista nel mediocre L'amore che resta) vivono da sole all'indomani della morte del marito/padre, con la domanda estenuante: "India, dove sei?" Non siamo in una biopic di Vasco De Gama, ma in un thriller psicologico per onanisti dello splatter (non a caso ci spunta anche un servizietto sotto la doccia) con la protagonista che, per l'appunto, si chiama India (che Dario Argento, con la sua Asia, abbia fatto scuola?). La ragazzetta, che è una diciottenne perennemente imbronciata, campionessa olimpionica di conficcamento di matite nelle teste altrui, si ritrova in casa quello psicopatico dello zio (Matthew Goode, odioso peggio che in Match point), accorso per i funerali del fratello (di lui) e padre (di lei). Come se non fosse sufficiente la faccia plastificata di una Nicole Kidman che rende risibili persino i ritocchi di Renato Balestra e del catramato, alla ragazza tocca anche qualche giorno di convivenza con lo zio fighetto, che non fa alcun mistero delle sue pulsioni incestuose e, nell'attesa dell'entrata in campo con la ragazzina, fa gli esercizi di riscaldamento con la madre. Ci sarebbe da raccontare il resto della trama per distogliere qualche potenziale spettatore dall'andare al cinema a guardare questa boiata, ma poi ci sarebbe il solito tronfietto pronto ad accusarmi di spoiling sulla community di FilmTv e quindi lascio perdere.
A parte dunque l'atmosfera tanto morbosa quanto posticcia che aleggia dalla prima all'ultima inquadratura del film, c'è da dire che la trasferta americana del sudcoreano Park Chan-wook, già autore dell'orribile Old boy, cerca vanamente la giusta cifra registica ispirandosi all'Hitchock de L'ombra del dubbio con immagini ricercate, scelte visive laccate a sostegno di un plot narrativo che fa acqua da tutte le parti e che serve solo a mettere in gara la follia omicida di due menti perverse.    

domenica 23 giugno 2013

Alberto il Grande

anno: 2013
regia: VERDONE, CARLO * VERDONE, LUCA
genere: documentario
con Alberto Sordi, Aurelia Sordi, Franca Valeri, Pippo Baudo, Claudia Cardinale, Gian Luigi Rondi, Enrico Vanzina, Carlo Vanzina, Christian De Sica, Emy De Sica, Ettore Scola
location: Italia
voto: 7,5

Da sempre (auto)celebrato come il prosecutore ideale dell'infinita galleria di ritratti di un italiano, Carlo Verdone, complice il fratello Luca dietro la macchina da presa, magnifica il mito del suo mentore ideale Alberto Sordi con un documentario che - a un decennio della morte - ne scandaglia alla pari tanto la vita pubblica, quanto quella privata, quest'ultima tenuta gelosamente al riparo da indiscrezioni dallo stesso attore romano. Ed è proprio la vita privata, forse perché meno nota, la parte che più si ammanta di aneddoti, avvalendosi al tempo stesso del registro un po' stucchevole di Verdone, che rimanda a toni marcatamente agiografici. Ecco allora scorrere in carrellata - tra le sale di una villa faraonica sita in uno dei punti più magici di Roma, all'imbocco dell'Appia antica - l'infanzia a Trastevere, il tic della diffidenza, la gigioneria, l'avversione al matrimonio, la coabitazione con le due sorelle (soltanto Aurelia gli resterà superstite), l'amore per Andreina Pagnani, le idiosincrasie alimentari, la religiosità, la passione per la Roma, le cene con i personaggi dello spettacolo e i cardinali, il lascito a una fondazione per anziani. Le parti migliori rimangono comunque i tantissimi ritagli da film, cinegiornali d'epoca e materiali d'archivio che, anche grazie agli ammalianti racconti di Emy e Christian De Sica, restituiscono una buona porzione dell'arte superlativa di Alberto il Grande.

Blue Valentine

anno: 2010   
regia: CIANFRANCE, DEREK
genere: sentimentale
con Ryan Gosling, Michelle Williams, Faith Wladyka, John Doman, Mike Vogel, Marshall Johnson, Jen Jones, Maryann Plunkett, James Benatti, Barbara Troy, Carey Westbrook, Ben Shenkman, Eileen Rosen, Enid Graham, Ashley Gurnari, Jack Parshutich, Samii Ryan, Mark Benginia, Timothy Liveright, Tamara Torres, Robert Russell, Michelle Nagy, Felicia Reid, Melvin Jurdem, Alan Malkin, Derik Belanger, Isabella Frogoletto, Madison Ledergerber, Jaimie Jensen
location: Usa
voto: 7,5

Il diario di una coppia in pieno naufragio sentimentale - lui (Gosling) innamorato, altruista e dolcissimo, ma con una propensione non irrilevante ad alzare il gomito, lei (Williams) insipida, spocchiosa e traditrice ma con un lavoro decente da ostetrica - si dipana tra flashback (girati in 16 mm) e flashforward (girati in digitale) per raccontarci, con una struttura a mosaico, l'esistenza di una coppia qualsiasi. L'innamoramento, la vita precedente, i rapporti difficili all'interno della famiglia di lei e quelli assenti nella famiglia di lui, una vecchia fiamma di lei spaccone e violento, una figlia arrivata dopo essere stata a un passo dall'aborto, le sbadataggini di troppo che costano la vita al cane. Tutto materiale che, al di là dei flussi che più o meno iperbolicamente puntano tanto in alto quanto soprattutto in basso, si rintraccia nella vita di quasi tutti. Ma è la magia con cui il regista - qui alla sua opera prima dopo una lunga esperienza da documentarista - riesce e entrare nelle pieghe dei sentimenti, trasformandoli in materia palpitante anche per chi di quelle vicende è solo spettatore, a conferire un'aura preziosa a un film le cui scene da un matrimonio ricordano la struttura di CinquePerDue di Ozon, coniugata con una vistosa matrice da cinema indipendente.    

sabato 22 giugno 2013

Amiche da morire

anno: 2013       
regia: FARINA, GIORGIA  
genere: commedia nera  
con Claudia Gerini, Cristiana Capotondi, Sabrina Impacciatore, Vinicio Marchioni, Marina Confalone, Corrado Fortuna, Antonella Attili, Tommaso Ramenghi, Adriano Chiaramida, Gaetano Aronica, Giovanni Martorana, Bruno Armando, Mimmo Mancini, Rori Quattrocchi, Giovanni Calcagno, Enrico Roccaforte, Giacinto Ferro, Lollo Franco, Lucia Sardo  
location: Italia
voto: 5

Delitto senza castigo in un'isoletta siciliana (anche se il film è girato in Puglia...). Olivia (Capotondi) è ossessionata dal pensiero di un possibile tradimento da parte del suo bel marito. Quando scopre che le cose stanno ben peggio di così, si coalizza con due quasi coetanee del paese, tutt'altro che amiche tra loro (Impacciatore e Gerini), per sistemare la faccenda. Nel frattempo un commissario di polizia (Marchioni) indaga sulla refurtiva di diverse rapine e sulla misteriosa sparizione del marito di Olivia.
Film d'esordio per la 25enne Giorgia Farina, che fa del bricolage con i generi mescolando commedia nera, grottesco, crime e persino il western, con qualche momento riuscito e altri decisamente più scadenti e scontati.    

domenica 16 giugno 2013

Killer in viaggio (Sightseers)

anno: 2012       
regia: WHEATLEY, BEN 
genere: grottesco 
con Alice Lowe, Steve Oram, Eileen Davies, Roger Michael, Tony Way, Seamus O'Neill, Monica Dolan, Jonathan Aris, Aymen Hamdouchi, Tom Meetan, Kali Peacock, Kenneth Hadley, Stephanie Jacob, Christine Talbot, Richard Lumsden, Dominic Applewhite, Sara Stewart, Richard Glover, Rachel Austin, Gemma Lise Thornton, Alana Burnett, Lisa-Marie Hoctor, Susan McArdle, Kelly Munro-Fawcett, Samantha Stone, Louisa Farrant, Gareth Jones, Sara Dee, Smurf, Ged 
location: Regno Unito
voto: 5

Stavolta Bonnie e Clyde hanno una parvenza di innocenza e innocuità, vestono malissimo e sembrano due scombinati. Nella realtà della finzione filmica si chiamano Tina (Lowe) e Chris (Oram), si sono conosciuti da appena 3 mesi e se ne stanno partendo con la loro roulotte per fare un giro nello Yorkshire. Ma Chris ha una forte sensibilità civica ed è insofferente alla maleducazione, per cui gli ci vuole poco per travolgere con la sua casa portatile il primo selvaggio che gli capita a tiro. Da lì una serie di delitti che troveranno in Tina un'encomiabile (si fa per dire…) discepola.
Non si capisce davvero dove voglia andare a parare l'opera prima di ben Whitley, che è un mix tra grottesco, splatter e una forma di cinismo che sta a metà strada tra il cinema di Haneke e quello di Ulrich Seidl. Il film vincitore del Leone Nero al festival di Courmayeur è un road movie in chiave di commedia nera, dalla struttura cadenzata in maniera sempre uguale (viaggio-delitto-fuga), con ambientazioni rimarchevoli e finale ampiamente telefonato.    

Studio illegale

anno: 2012       
regia: CARTENI, UMBERTO
genere: commedia
con Fabio Volo, Zoé Félix, Ennio Fantastichini, Nicola Nocella, Jean-Michel Dupuis, Marina Rocco, Ahmed Hafiene, Pino Micol, Federico Baccomo "Duchesne", Isa Barzizza, Erika Blanc, Luisella Boni, Adriano Braidotti, Cyrille Toualy Bonin
location: Emirati Arabi, Francia, Italia
voto: 1

L'insulsaggine all'ennesima potenza della commedia all'italiana si chiama Studio illegale, opera seconda di Umberto Carteni tratta dal romanzo di Federico Baccomo, che assembla un divo della tv (come già nel precedente Diverso da chi?) con qualche caratterista ai primi passi (Nocella, già coprotagonista nell'avatiano Il figlio più piccolo), una spruzzata di attori francesi di mezza tacca e un Ennio Fantastichini con un ghigno perennemente stampato sulla faccia. Proprio quest'ultimo, insieme al protagonista Fabio Volo, deve portare a termine un contratto delicatissimo tra una grossa azienda francese e un potentato arabo. Il cinico direttore dello studio legale (quando un suo sottoposto si suicida buttandosi dalla finestra, lui non fa una piega) vuole usare Andrea (Volo, appunto), playboy consumato, per "ammorbidire" la controparte di genere femminile (Felix). E invece… indovinate un po'?
Potrebbe essere la bruttissima copia di film come 10 in amore o La costola di Adamo, ma si tratta soltanto di un film appartenente al genere "Fabio Volo movies", monocorde come l'espressione da triglia del suo protagonista, senza neppure una battuta degna di questo nome.    

lunedì 10 giugno 2013

La rimpatriata

anno: 1963       
regia: DAMIANI, DAMIANO
genere: commedia
con Walter Chiari, Letícia Román, Francisco Rabal, Riccardo Garrone, Dominique Boschero, Mino Guerrini, Paul Guers, Gastone Moschin, Jacqueline Pierreux, Mimma Di Terlizzi, Cesare Barilli, Livia Contardi, Vincenzo De Toma, Tiziana Frada, Gaetano Fusari, Olivo Mondin, Franco Moraldi, Misa Pesaro, Marilena Possenti
location: Italia
voto: 3,5

Dovrei chiedere un congruo indennizzo alla redazione di Film Tv per avermi fatto perdere quasi due ore appresso a un film tanto inconsistente. Mi sarebbe bastato leggere il Morandini o il Mereghetti per farmi dissuadere da questa iniziativa esiziale.
Siamo nella Milano nel pieno del boom economico e un gruppo di cinque amici prossimi agli "anta" si ritrova - più per caso che per desiderio - a passare una notte brava di scorribande, zingarate e lepidezze condite soprattutto da conquiste femminili estemporanee. Il loro vero leader è Cesarino (Chiari), tombeur de femmes in piena crisi patrimoniale verso i quali gli altri hanno un rapporto di amore/odio per via della sua disinvoltura come playboy. Col passare delle ore la loro rimpatriata si trasformerà in un dramma collettivo.
Damiani aveva fatto e avrebbe fatto molto meglio con film come Quien sabe e Io ho paura. In questo dramedy, a parte le pretese inverosimili di una sfrontatezza femminile che nella realtà era assai più ingessata nei diktat di una cultura parruccona, sono l'enfasi stordente della messa in scena, i dialoghi allo stesso tempo inconsistenti ed esagitati, il carattere posticcio di tutta la vicenda a rendere il film insincero e pretenziosamente analitico.    

sabato 8 giugno 2013

L'assassino di Rillington Place # 10 (10 Rillington Place)

anno: 1970   
regia: FLEISCHER, RICHARD 
genere: thriller 
con Richard Attenborough, Judy Geeson, John Hurt, Pat Heywood, Isobel Black, Miss Riley, Phyllis MacMahon, Ray Barron, Douglas Blackwell, Gabrielle Daye, Jimmy Gardner, Edward Evans, Tenniel Evans, David Jackson, Richard Coleman, André Morell, Robert Hardy, Geoffrey Chater, Basil Dignam, Norman Henry, Edward Burnham, Edwin Brown, Norma Shebbeare, Sam Kydd, Rudolph Walker, Tommy Ansah, Reg Lye 
location: Regno Unito
voto: 7,5

Al numero 10 della londinese Rillington Place ha inizio, nel 1944, una serie di omicidi perpetrati da un miserabile travet piuttosto disturbato ma dai modi apparentemente calmi e giudiziosi (Attenborough). A farne le spese sono donne in cerca di un aiuto medico, che cadono nel tranello di una millantata competenza nel settore. Il caso si ispessisce nel 1949, allorquando una ragazza in cerca di aiuto per abortire clandestinamente (Geeson) fa la stessa fine. Il marito (Hurt) viene incolpato dell'omicidio.
Tratto da una storia vera opportunamente romanzata dal racconto Ten Rellington Place di Ludovic Kennedy, il film di Fleischer mostra ancora una volta l'agilità professionale del regista, a suo agio con il cinema di genere, come già aveva dimostrato in Frenesia di un delitto e Viaggio allucinante. Grande tensione, giochi di ombre e fotografia desaturata e notturna sono la cifra stilistica di un film di impronta hitchcockiana che non perde smalto a distanza di anni. Il futuro regista Richard Attenborough conferisce la giusta fisionomia al laido protagonista, ma il vero mattatore del film è un John Hurt (qui alla sua prima apparizione di rilievo), che già allora mostrava di avere la stoffa del fuoriclasse.    

martedì 4 giugno 2013

La storia del mondo in 2 ore (History of the world in two hours)

anno: 2013   
regia: COHEN, DOUGLAS J. 
genere: documentario
voto: 5

Condensare la storia del mondo (chiamatelo pure universo) in due ore, magari lasciando nei limiti del possibile le debite proporzioni tra il prima e il dopo la comparsa dell'uomo, è impresa quanto mano ambiziosa. Eppure questi documentaristi a stelle e strisce ci hanno provato, nonostante fossero a corto di immagini di repertorio relative ai  tempi del big bang e dei dinosauri. Non si parla della Terra né dell'umanità, badate bene, ma proprio della storia dell'universo mondo, partendo dalla sua formazione (tradotto in scene animate al computer a gogò, anche piuttosto noiose: durante il primo quarto d'ora si ha la sensazione di trovarsi di fronte al salvaschermo di Windows Media Player…), passando per la formazione dei pianeti, l'idrogeno, le glaciazioni, la comparsa dell'acqua, le prime forme elementari di vita, pesci, anfibi, rettili, primati e poi l'uomo, che fa la apparizione dopo la prima ora, diventando - nella seconda parte - il protagonista del documentario.
L'età del fuoco, quella del ferro, la scoperta dell'agricoltura, le grandi migrazioni, le religioni monoteiste: insomma, tutte le tappe principali, impacchettate in modo chiaro ed essenziale, delle nozioni che abbiamo appreso a scuola. Degli ultimi duemila anni - che se se si potessero contrarre i 14 miliardi di vita dell'universo in 14 anni, corrisponderebbero agli ultimi 3 secondi, mentre tutta la storia dell'umanità occuperebbe gli ultimi 6 minuti - due sono le cose cruciali: la scoperta delle Americhe e la Rivoluzione industriale.
Un bel ripasso di storia, fisica, biologia e chimica (con qualche traccia di sociologia), dunque, giustamente sbilanciato sul versante scientifico più che su quello umanistico. Operazione interessante, fin troppo spettacolarizzata, che rimane tuttavia a un tale livello di superficialità da non andare oltre la performance impossibile programmaticamente denunciata già nel titolo.    

lunedì 3 giugno 2013

E la chiamano estate

anno: 2012       
regia: FRANCHI, PAOLO
genere: drammatico
con Jean-Marc Barr, Isabella Ferrari, Filippo Nigro, Caterina Valente, Luca Argentero, Eva Riccobono, Romina Carrisi-Power, Annarita Del Piano, Christian Burruano, Jean-Pierre Lorit, Anita Kravos, Maurizio Donadoni, Marina Benedetto, Beatrice Lelli, Filippo Morelli, Alice Pavarotti, Alessandra Vanzi
location: Italia
voto: 1

Quando è stato presentato al Festival del cinema di Roma, E la chiamano estate - ennesimo titolo a corto di idee che va a depredare il repertorio della canzone (non fossero bastati Sono un pirata, sono un signore, Com'è bello far l'amore, Nessuno mi può giudicare, C'è chi dice no, Almeno tu nell'universo, Una canzone per te, Figli delle stelle, Questo piccolo grande amore, La prima cosa bella e Non c'è più niente da fare, giusto per limitarsi ai film coevi) - è stato accolto dal pubblico a suon di fischi. La critica ha invece pensato bene di insignire Paolo Franchi con il massimo alloro come regista e Isabella Ferrari - sguardo perennemente crucciato, occhi bistrati da un trucco pesantissimo anche al risveglio, culo generosamente all'aria - per la migliore interpretazione femminile. A guardare la fatica numero tre del regista bergamasco ci si domanda come possa avere vinto un premio con questa storiellina fragilissima di un uomo (Jean Marc Barr, che, recitando senza cappello, ha un'espressione sola…) scisso tra eros compulsivo (sul tema, Shame era un'altra cosa) e sentimento, che frequenta coppie in vena di trasgressione, va a puttane e propone compulsivamente agli amici di togliersi qualche sfizio con sua moglie, salvo poi non riuscire ad andare oltre il rapporto platonico con quest'ultima. L'assunto pruriginoso del film, sottolineato in modo pesantemente didascalico tanto dalle fellatio quanto dalle prime tre lettere dell'insegna al neon dell'hotel dove anche la moglie sfoga i suoi pruriti con uno sconosciuto, si snoda attraverso una struttura narrativa che fa capo alle testimonianze di quelli che, per un motivo o per l'altro, hanno conosciuto il protagonista, Dino. Tutto scorre come una nenia monocorde e laccata, tra ambientazioni fighette e improvvise discese nella suburra. Cresce sempre di più il sospetto che La spettatrice sia stato un fortunato incidente di percorso nella carriera di Franchi.    

sabato 1 giugno 2013

Tutti pazzi per Rose (Populaire)

anno: 2012       
regia: ROINSARD, REGIS  
genere: commedia  
con Romain Duris, Déborah François, Bérénice Bejo, Shaun Benson, Mélanie Bernier, Nicolas Bedos, Miou-Miou, Eddy Mitchell, Frédéric Pierrot, Féodor Atkine, Marius Colucci, Emeline Bayart, Dominique Reymond, Yannik Landrein, Nastassja Girard, Caroline Tillette, Jeanne Cohendy, Joan Mompart, Serpentine Teyssier, Sara Haskell, Béatrice Guéritaud, Romain Compingt, Pauline Morro, Hugo De Sousa, France Darry, Louis Merino, Bernard Fructus, Jean-Pierre Pivolot, Martin Loizillon, Marion Kneusé, Hortense Belhôte, Jeanne Lepers, Lena Friedrich, Pierre Tessier, Olivier Descargues, David Gabison, Pierre Grammont, Ken Samuels, Jean-Claude Donda, Ludovic Pinette, Camille Garcia, Fanny Sidney, Philippe Beau, Daniel Presley, Rupert Wynne-James, Ian McCamy, Pierre Yves Le Louarn, Léa Delorme, Caroline Attal, Benjamin Bernard, Nathalie Ortega, Marie Mingalon, Louise Gautelier, Anabela Dos Santos-Vincente, Virginie Amar, Sylvie Auger, Charlène Bawin, Corinne Bongrand, Angélique Boulay, Gladys Brocard, Yaëlle Carré-Lescarboura, Déborah Cavennes, Sarah Chiboub, Barbora Cokavcova, Laurence Defawer, Marie Dorazilova, Catherine Fett, Sylvie Julienne, Yolande Laffont, Christine Limayrac, Kristyna Marakova, Maddy Martinelli, Ety Marsan, Barbora Ondruchova, Jacqueline Peaudeau, Catherine Portzert, Lucie Renard, Isabelle Delia Riffaud, Aurélie Roobroeck, Sarah Scapolla, Brigitte Soquet, Lucie Tajzlerova, Sandra Theunissen, Petra Vintrlikova, Veronika Zetochova, Klara Zubajova, Michelle Chefneux, Marianne Beaumont, Nathalie Van Tongolen, Amandine Rath, Marine Beuret, Dorothée Loison, Catherine Le Masson, Karin Cieslarova, Karolina Foukalova, Simona Frankova, Renata Honcova, Petra Kinclova, Katerina Kunzeova, Erika Kvetonova, Marie-Pierre Majoufre, Veronika Mikulenkova, Lucie Napravnikova, Lucie Pavelkova, Jana Popelkova, Lisa Stirzel, Pavlina Seligova, Simona Sustkova, Aneta Urbanova, Veronika Vojkuvkova, Lucie Vomocilova, Elodie Smoos, Joséphine Hong Vincart, Romina Piccoli, Barbora Stejskalova, Barbora Sodomkova, Sabrina Goncalves Vieira, Olivia Martini, Tubga Gullukaya, Kelly Stratis, Irina Aleksandrova, Nathalie Stienen, Alexis Boucot, Thomas Chignier, Noël Clément, Siegfried Courteau, Alexis Heintz, Patrick Dray, Frédéric Féraud, Julien Francomano, Patrice Kornheiser  
location: Francia, Usa
voto: 5

Siamo nel 1959 e per Rose (interpretata da una Déborah François che scimmiotta alla meno peggio Doris Day) la realizzazione professionale significa trovare un posto come segretaria. L'occasione arriva grazie allo studio di assicurazioni diretto da Louis Échard (Duris), che ha un pallino: farla partecipare al campionato regionale di dattilografia. Lo spazio di affermazione della ragazza - dal campionato di Normandia a quello nazionale, prima di presentarsi ai mondiali in America - aumenta in modo inversamente proporzionale alla distanza tra lei e il suo capo, col quale, come da programma, finisce a letto. Complicazioni inevitabili.
L'idea migliore del film d'esordio di Régis Roinsard è quella di trasferire il culto della velocità, topos del XX secolo, non sulle auto o le moto, ma su un aspetto secondario come quello del battere a macchina, declinandolo per di più al femminile. E se la messa in scena vintage e tutta colori pastello riprende con assoluta destrezza gli stilemi delle commedie rosa anni '50 - '60 (imperdibili i titoli di testa) e le invenzioni visive non mancano e chiamano l'applauso, l'intera vicenda è un po' troppo stiracchiata e tirata per le lunghe (quasi due ore di film con una scena di sesso totalmente fuori registro) e incapace di sciogliere i due nodi cruciali relativi all'allontanamento tra padre e figlia e alle ragioni che spingono Régis con tanta solerzia e determinazione a dotarsi di una segretaria da primato.