mercoledì 29 agosto 2018

Mission: impossible - Fallout

anno: 2018       
regia: McQUARRIE, CHRISTOPHER    
genere: spionaggio    
con Tom Cruise, Henry Cavill, Simon Pegg, Rebecca Ferguson, Ving Rhames, Sean Harris, Angela Bassett, Vanessa Kirby, Michelle Monaghan, Alec Baldwin, Wes Bentley, Frederick Schmidt    
location: Francia, Germania, India, Regno Unito
voto: 7    

Come in ogni film di spionaggio che si rispetti, dal dopo 11 settembre c'è sempre un terrorista che vorrebbe seppellire metà dell'umanità. Stavolta è il turno di un fanatico che, al motto di "per avere una grande pace è necessaria una grande sofferenza", si muove a capo di una setta chiamata "Gli apostoli", con i quali ha intenzione di far esplodere tre bombe al plutonio e devastare gran parte dell'Asia. Problemi che scoraggerebbero chiunque, ma non Ethan Hunt (Cruise) e i suoi sodali, con i quali l'eroe di molte missioni impossibili si mette alla caccia del fantomatico cattivone, al quale non è stato possibile attribuire un'identità, nonché dello scienziato pazzo (Harris) che ha assemblato le diaboliche bombe. Il resto dell'intreccio lo fanno i doppi giochi dei servizi segreti inglesi e americani, una femme fatale (Kirby) che possiede informazioni preziose e delinquenti assortiti.
Se non sei Gianni Golfera o Tony Buzan, difficilmente riuscirai a ricordare la trama di questo film - come anche dei cinque episodi precedenti - a una settimana dall'uscita dalla sala. Ma poco importa: in opere come questa è la quantità di adrenalina trasmessa allo spettatore a contare: qui abbiamo inseguimenti contromano in mezza Parigi, salti tra i tetti di un palazzo e un altro, inseguimenti in elicottero, corpo-a-corpo su un precipizio montuoso e altre trovate di grande effetto che, al netto degli spiegoni che rallentano il ritmo e servono a chiarire allo spettatore cosa stia accadendo in mezzo a tutto quel turbinio di azione, regalano due ore e mezza di puro divertimento. Merito della regia testosteronica di Christopher McQuarrie, che non a caso è l'unico ad avere bissato la regia della serie dal 1996 a oggi, mettendola a servizio di un Tom Cruise che a 56 anni non si è ancora stancato di lavorare senza controfigure, producendosi in azioni incredibilmente spericolate. Peccato che a questo giro gli siano costate 6 mesi di fermo per via di una caviglia che ha impattato malissimo nel salto da un palazzo all'altro.    

martedì 28 agosto 2018

Passannante

anno: 2011   
regia: COLABONA, SERGIO    
genere: biografico    
con Fabio Troiano, Ulderico Pesce, Alberto Gimignani, Andrea Satta, Luca Lionello, Roberto Citran, Ninni Bruschetta, Bebo Storti, Maria Letizia Gorga, Massimo Olcese, Andrea Buscemi, Niki Giustini, Veronica Gentili, Andrea Lolli, Marco Bianchi Merisi, Citto Maselli, Gianfranco Phino, Timisoara Pinto, Corrado Solari, Gigi Garretta, Pietro Biondi, Gianluca Belardi, Jerry Mastrodomenico, Maria Cristina Blu, Manuela Ungaro, Francesca Giordani, Annalisa De Simone, Franco Di Maio    
location: Italia
voto: 8    

Il 17 novembre 1878 Giovanni Passannante, un volitivo ragazzo lucano che aveva imparato a leggere e a scrivere, tentò a Napoli il regicidio ai danni di Re Umberto I di Savoia (Bianchi Merisi). Tra processi farsa e finta bonomia del re, gli fu convertita la pena di morte in ergastolo, per cui visse per anni rinchiuso in isolamento nel carcere di Portoferraio, collocato in una cella minuta, umida, buia (Passannante perse la vista), posta sotto il livello del mare e sfamato di niente, al punto che finì per mangiare i propri escrementi. Fu solo uno degli atti scellerati che i Savoia perpetrarono contro di lui per dare un segno forte al movimento anarchico ed evitare la diffusione delle sue idee. Ma non finì lì il sadismo di una famiglia che in seguito avrebbe prodotto personaggi infimi come Vittorio Emanuele III, il re nano campione di codardia, nonché Vittorio Emanuele ed Emanuele Filiberto, sui quali, tra gestione della prostituzione e bassissima cronaca mondana, è meglio stendere un pietosissimo velo. Non domi, i Savoia consegnarono al Museo del crimine di Roma il cervello e il corpo di Passannante, classificato dall'allora influentissimo medico Cesare Lombroso come "criminale abituale". Nel frattempo, il corpo giaceva a Salvia di Lucania, ribattezzata Savoia di Lucania - come si chiama tuttora - per volere regale e come risarcimento morale per aver dato i natali all'attentatore. All'uopo, e molti anni dopo che Oliviero Diliberto, ministro della giustizia, ebbe firmato l'atto che permetteva di ricongiungere il corpo con la testa di Passannante, si mobilitarono in molti. Tra questi, in prima fila c'era Ulderico Pesce, che per anni portò il suo spettacolo su Pannannate sui palcoscenici italiani, Andrea Satta, frontman del gruppo rock Têtes de Bois (autori anche dell'ottima colonna sonora) e il giornalista Alessandro De Feo, ribattezzato per l'occasione Alessandro Marchitelli e interpretato da Alberto Gimignani. Per quanto con qualche ingenuità registica e attori non tutti all'altezza, il commovente film di Sergio Colabona - qui all'esordio sul grande schermo dopo anni di regie televisive - è un inedito, coraggioso e riuscitissimo collage in forma di inchiesta che monta con assoluto nitore brani dello spettacolo teatrale di Pesce, ricostruzioni di pura finzione (con la figura del protagonista affidata al credibile Fabio Troiano) e persino spezzoni televisivi che fanno montare una rabbia incontenibile nel vedere come i governi italiani - soprattutto quelli di destra (nel film, Castelli ci fa una pessima figura, ma Mastella non è da meno) - hanno trattato il caso Passannante rispetto alla riabilitazione dei Savoia. La testa che mai si piegò da vivo, ma che gli venne tagliata da morto, di quell'idomito idealista si ricongiunse finalmente al corpo nel 2007. Quanto a quell'individuo insulso che fu Umberto I di Savoia, ci pensò Gaetani Bresci a spedirlo anzitempo al creatore, ottenendo un trattamento non molto più amichevole di quello che fu riservato al protagonista di questo film.    

lunedì 27 agosto 2018

Salvo

anno: 2013       
regia: GRASSADONIA, FABIO * PIAZZA, ANTONIO    
genere: drammatico    
con Saleh Bakri, Sara Serraiocco, Luigi Lo Cascio, Giuditta Perriera, Mario Pupella, Redouane Behache, Jacopo Menicagli    
location: Italia
voto: 1    

Segnatevi questi due nomi: Fabio Grassadonia e Antonio Piazza. Vi serviranno nei vostri peggiori momenti di insonnia. I due registi siciliani al loro esordio portano sullo schermo un film così carico di boria e, allo stesso tempo, talmente inconsistente, che è difficile trovarne di simili. Salvo parte come un gangster movie girato con pochissimi spiccioli per poi imboccare la strada del realismo magico allorquando il taciturno protagonista (Bakri), che ha avuto l'incarico dal suo capomafia di rapire una ragazza cieca (Serraiocco), impone le mani su quest'ultima che, miracolosamente, riacquista la vista, con tanto di sindrome di Stoccolma annessa. Ci crediate o meno, il film è tutto qui. In questo nulla pneumatico, interpretato in maniera bovina dai due protagonisti e dai loro comprimari (tra i quali si confonde Luigi Lo Cascio, in un ruolo che è poco più di un cameo), la macchina da presa sfida la pazienza dello spettatore fissando interminabilmente i volti dei personaggi, sempre nella semioscurità, affidando loro una manciata di inutili battute e lasciando che il resto lo facciano i rumori d'ambiente. Cinema irritante per la sua protervia, per la pretesa di darsi un'aria d'essai semplicemente dilatando allo spasimo il nulla che pretende di raccontare. Letargico.    

domenica 26 agosto 2018

Another country – La scelta

anno: 1984   
regia: KANIEVSKA, MAREK    
genere: drammatico    
con Rupert Everett, Colin Firth, Michael Jenn, Robert Addie, Tristan Oliver, Frederick Alexander, Anna Massey, Geoffrey Bateman, Adrian Ross Magenty, Cary Elwes    
location: Regno Unito, Unione Sovietica
voto: 4    

A Mosca, un anziano ormai piuttosto malmesso (Everett) racconta a una giornalista americana come sia diventato una spia del KGB, facendo decollare la propria testimonianza dagli anni in cui visse in un college inglese. Qui, tra tentazioni dandy, omosessualità, rigide regole di ruolo e di studio, si trovò a contatto con delatori e personaggi ultraconformisti.
Il regista inglese ma di origini polacche Marek Kanievska firma il suo titolo forse più importante, certamente quello che diede a Rupert Everett l'occasione per farsi notare oltre il più ristretto panorama del cinema britannico. L'impianto del film è rigidamente teatrale, punta moltissimo sui dialoghi e mette a fuoco la condanna da parte di quegli ambienti retrogradi verso qualsiasi inclinazione omosessuale. Ma al di là di contesti raffinati ben ricostruiti, di abiti d'epoca che fanno la loro figura e di attori in parte, il film appare pretestuoso nel connettere i tre segmenti che lo compongono. Tant'è che non si capisce affatto il nesso tra la lunghissima sezione in flashback ambientata negli anni Trenta e i due brevi segmenti collocati nel 1983 che aprono e chiudono il film: cosa c'entra l'omosessualità col diventare una spia, se non per il fatto che in collegio ti hanno educato alla delazione continua?

giovedì 23 agosto 2018

Oreste Pipolo fotografo di matrimoni

anno: 1998       
regia: GARRONE, MATTEO    
genere: documentario    
con Oreste Pipolo    
location: Italia
voto: 6,5    

Oreste Pipolo è un fotografo notissimo a Napoli per via di quella sua attitudine, tutta particolare, a immortalare gli sposi come se fossero parte di un quadro. È un tripudio kitsch fatto di figuranti in livrea settecentesca, cornici, fondali improvvisati, bizzarrie assortite che tanto elettrizzano i fidanzati in procinto di convolare a nozze. Partendo da un'idea del produttore Carlo Cresto-Dina, Matteo Garrone segue Pipolo e i suoi vessatissimi collaboratori, sottoposti a una sfiancante ridda di urla per tutto il tempo della lavorazione (e persino dopo, in fase di selezione del materiale), nel prima, durante e dopo i servizi fotografici, facendo di Pipolo il prisma ottico attraverso il quale osservare Napoli nel sua versione ultrapop, fatta di arredi strapacchiani, inascoltabili musiche neomelodiche e ogni altro elemento che possa contribuire a elevare il brutto ad attrazione da circo Barnum. Tre quarti d'ora di documentario che dicono di quella città molto più di tanta antropologia o sociologia spicciola.    

Nina

anno: 2013       
regia: FUKSAS, ELISA    
genere: drammatico    
con Diane Fleri, Luca Marinelli, Ernesto Mahieux, Luigi Catani, Marina Rocco, Andrea Bosca, Claudia Della Seta    
location: Italia
voto: 1,5    

Elisa Fuksas è la figlia dell'archistar Massimiliano Fuksas e già l'essere "figlia di" la rende poco simpatica. Nel 2009 esordì con un documentario festivaliero a tripla firma e di una certa pregnanza, intitolato L'Italia del nostro scontento. Nel suo primo film di fiction ci propala il trascorrere delle settimane agostane di Nina (Fleri), a cui vengono affidati il cane depresso Omero che lei - causa il rotacismo - chiama Omeo e un criceto oversize. La ragazzetta passa le giornate in una scuola semideserta dove impartisce lezioni di canto a soggetti dalle improbabili doti e un corso privato da un sinologo napoletano (Mahieux) dal quale vorrebbe apprendere il cinese. A questo si aggiunge un'avventura con un ragazzo che le ha rubato un quaderno di appunti, interpretato da un Luca Marinelli in versione estremamente acerba.
L'insieme è ambientato, in confezione rigorosamente surrealista, all'Eur di Roma, fotografato sempre in notturna e con tanto di tributo (in diurna, stavolta) alla Nuvola di papà Max. Il rigore formale, grazie alla fotografia di Michele D'Attanasio, è ineccepibile ma il film è puro estetismo, un esercizio di stile fine a sé stesso, incapace di comunicare alcunché e nel quale le migliori prove attoriali sono quelle dei quadrupedi.    

mercoledì 22 agosto 2018

African Safari 3D

anno: 2013       
regia: STASSEN, BEN    
genere: documentario    
con Kevin Richardson; con la voce di Pino Insegno    
location: Botswana, Namibia, Zimbabwe
voto: 4,5    

Cosa ne è della fauna terrestre continuamente minacciata dall'uomo, dal bracconaggio, dai cambiamenti climatici? Prova a raccontarcelo un'equipe di esperti che ottengono anche l'accesso in aree protette e inaccessibili dell'Africa equatoriale per filmare rinoceronti, impala, ghepardi, leopardi, giraffe, elefanti, ippopotami e leoni. Fiaccato da dialoghi inascoltabili che si mangiano una quota tutt'altro che irrilevante dell'ora e mezza scarsa del documentario, il film diretto dal belga Ben Stassen si avvale tuttavia di ragguardevoli tecniche di ripresa che permettono di avvicinarsi in maniera impressionante a quattro dei cinque grossi animali della savana (bufalo non pervenuto). Ma se avete già visto i documentari della BBC, quelli del National Geographic o anche qualche puntata di Superquark lasciate perdere: vi eviterete un mucchio di chiacchiere inutili e poco esplicative.    

martedì 21 agosto 2018

Barriere (Fences)

anno: 2016   
regia: WASHINGTON, DENZEL    
genere: drammatico    
con Denzel Washington, Viola Davis, Jovan Adepo, Stephen Henderson (Stephen Mckinley Henderson), Russell Hornsby, Mykelti Williamson, Saniyya Sidney, Toussaint Abessolo    
location: Usa
voto: 6,5    

Siamo a Pittsburgh, negli anni '50. Troy Maxson (Washington) fa il netturbino, ha un figlio avuto da un precedente matrimonio (Hornsby), con ambizioni da musicista, che ha superato la trentina e che si fa vivo solo per battere cassa, una moglie premurosa (Davis) e devota da cui ha avuto un secondo figlio (Adepo) che fatica a conquistare la stima paterna, un fratello scemo (Williamson) e un amico che è costantemente di casa (Henderson). L'esistenza di questa famiglia rigidamente patriarcale è governata dalle ferree regole dei ruoli: il matrimonio è un contratto da rispettare, i figli rappresentano un obbligo da onorare. Ma, nonostante il suo dispotismo e i suoi valori vecchio stampo, Troy vive quell'esistenza come una gabbia: avrebbe potuto essere un asso del baseball e chissà se fuori dal recinto del giardino di quella casa modesta c'è una seconda vita per lui…
Tratto dall'opera teatrale del premio Pulitzer August Wilson, il film d'esordio in veste di regista di Denzel Washington (che nel 2010 ha portato con successo il testo a Broadway) ne rispetta pedissequamente l'unità di luogo, concedendo ampissimi margini ai dialoghi. È proprio su questi che il film perde forza e intensità: nella sproporzione tra la verbosità ai limiti della tachilalia del protagonista nella prima parte e l'improvvisa successione di veri e propri colpi di scena della seconda. Ma spiccano, per converso, la pregnanza sociologica del tema sulla possibilità di abitare un ruolo senza troppe frustrazioni, la complessità psicologica del protagonista e la difficoltà nell'accettare le ristrettezze nelle quali si è confinati a causa del colore della propria pelle, al punto che "negro" è l'appellativo che il protagonista rivolge di routine a tutti i suoi interlocutori.
Interpretazioni tutte eccellenti, con Viola Davis che si è assicurata l'Oscar 2017 come miglior attrice non protagonista.    

domenica 19 agosto 2018

L'incredibile Hulk (The incredible Hulk)

anno: 2008   
regia: LETERRIER, LOUIS    
genere: fantastico    
con Edward Norton, Liv Tyler, Tim Roth, William Hurt, Tim Blake Nelson, Ty Burrell, Christina Cabot, Peter Mensah, Lou Ferrigno, Paul Soles, Débora Nascimento, Greg Bryk, Chris Owens, Al Vrkljan, Adrian Hein, John MacDonald, Shaun McComb, Simon Wong, Pedro Salvín, Julio Cesar Torres Dantas, Raimundo Camargo Nascimento, Nick Alachiotis, Jason Burke, Grant Nickalls, Joris Jarsky, Arnold Pinnock, Tig Fong, Jason Hunter, Maxwell McCabe-Lokos, David Collins, John Carvalho, Robin Wilcock, Wayne Robson, Javier Lambert, Martin Starr, Chris Ratz, Todd Hofley, Joe La Loggia, Tamsen McDonough, Michael K. Williams, Roberto Bakker, Ruru Sacha, James Downing, Rickson Gracie, Stephen Gartner, Nicholas Rose, Genelle Williams, P.J. Kerr, Jee-Yun Lee, Desmond Campbell, DeShaun Clarke, Tony Nappo, Aaron Berg, David Meunier, Tre Smith, Moses Nyarko, Carlos A. González, Yan Regis, Stephen Broussard, Robert Morse, Matt Purdy, Lenka Matuska, Scott Magee, Wes Berger, Carla Nascimento, Krista Vendy, Mila Stromboni    
location: Brasile, Guatemala, Messico, Usa
voto: 6    

Dopo aver partecipato a un esperimento mirato a ottenere dei soldati dotati di superpoteri, uno scienziato (Norton) ha sviluppato una reazione abnorme all'esposizione ai raggi gamma, che lo fanno diventare tanto gigantesco quanto forzuto. Il generale dell'esercito che ha condotto la ricerca (Hurt) vuole catturarlo a tutti i costi per poterne replicare le caratteristiche. Ma l'uomo Hulk è difficile da acchiappare e, come se non bastasse, c'è un altro problema: è innamorato della figlia del generale (la pessima Liv Tler, labbra siliconate e fissità di sguardo degno di una triglia). Paparino, che non ha tante simpatie per il potenziale genero, decide così di scatenargli addosso un suo sottoposto ambiziosissimo, disposto a partecipare al programma di metamorfosi somatica (Roth).
L'incredibile Hulk arriva un lustro più tardi dell supereroe verde della Marvel di Ang Lee (Hulk), l'unico, fra i tanti, a distinguersi per cifra narrativa ed effetti speciali. Qui siamo davanti al classico blockbuster fracassone e anabolizzato che si avvale di diverse location e degli effetti speciali tutt'altro che all'altezza, ma con un cast d'eccezione che sta al gioco del pupazzone in veste della bestia con la bella (si fa per dire).    

sabato 18 agosto 2018

Parliamo delle mie donne (Salaud, on t'aime)

anno: 2014       
regia: LELOUCH, CLAUDE    
genere: commedia    
con Johnny Hallyday, Sandrine Bonnaire, Eddy Mitchell, Irène Jacob, Pauline Lefèvre, Sarah Kazemy, Jenna Thiam, Valérie Kaprisky, Isabelle de Hertogh, Rufus, Agnès Soral, Silvia Kahn, Antoine Duléry, Jean-François Dérec, Jacky Ido, Gilles Lemaire, Laurent Couson, Jérôme Cachon, Astrid Whettnall, Marie Micla, Stella Lelouch, Victor Meutelet, Rebecca (II), Tess Lauvergne, Noa Musa-Lelouch, Julie Nicolet, Dominique Pellissier, André Bibollet, Marie de Vathaire, Luc Poullain, Maud Simon    
location: Francia
voto: 5    

Un fotografo di fama internazionale (Hallyday) si trova nel suo sontuoso chalet di montagna (che, nella realtà, è quello del regista…) insieme alla giovane compagna conosciuta in occasione della vendita (Bonnaire), a un paio d'amici e ai domestici, quando vede arrivare alla spicciolata le sue quattro figlie - i cui nomi sono Autunno (Kazemy), Inverno (Thiam), Primavera (Jacob) ed Estate (Lefèvre) - avute da altrettante mogli. Dapprima sorpreso dall'evento del tutto insolito, viene a scoprire che si tratta di un escamotage del suo amico (Mitchell) che si è messo in contatto con le quattro donne con la scusa di una malattia del padre. Il quale è sempre stato un sottaniere egoista votato al lavoro e per questo disprezzato dalle figlie (e non a caso il titolo originale del film è Salaud, on t'aime, ossia, Bastardo, ti amiamo.
È il "solito" film di Lelouch, con la "solita" musica di Francis Lai, fatto di scene corali, ambienti ultraborghesi, dialoghi fitti, colpi di scena, dissapori familiari, tavolate, inserti spiazzanti (l'aquila reale si prende un bel po' di spazio nei simbolismi dell'opera). Il regista transalpino dirige col consueto mestiere, innescando il pilota automatico a servizio di una delle ultime interpretazioni di Johnny Hallyday. Film destinato a imboccare la strada dell'oblio a poche ore dalla visione.    

giovedì 16 agosto 2018

Son of a gun

anno: 2014       
regia: AVERY, JULIUS    
genere: gangster    
con Ewan McGregor, Brenton Thwaites, Alicia Vikander, Jacek Koman, Damon Herriman, Matthew Nable, Eddie Baroo, Tom Budge, Ivan Lightbody, Sam Hutchin, Nash Edgerton    
location: Australia, Usa
voto: 3    

Rinchiuso in carcere per un reato minore (quale? Chissà…), il giovane JR (Thwaites) entra nell'orbita del veterano Brendan Lynch (McGregor), che in cambio della protezione contro un nugolo di galeotti interessati alle terga del giovanotto chiede in cambio l'appoggio per un'evasione successivamente mirata al furto di un ingente quantitativo d'oro. Tra trappole, doppi giochi e una femme fatale (Vikander), il film arriverà esattamente dove si aspetta lo spettatore dopo i primi tre minuti.
Insulsa fiction dalle apparenti (ma solo apparenti) sembianze da film, da non collocare neppure a tarda notte nel palinsesto di ReteCapri, Son of a gun è il racconto di formazione di un giovanotto australiano (lo scialbo Brenton Thwaites) irretito dal carisma del mammasantissima di lungo corso, ma ben meno ingenuo di quanto sembri. La sterzata narrativa sulla sottotrama rosa e lo spiegone su come uno abbia ingannato l'altro contribuiscono soltanto ad alzare l'asticella del ridicolo del film.    

mercoledì 15 agosto 2018

Il mio domani

anno: 2011       
regia: SPADA, MARINA    
genere: drammatico    
con Claudia Gerini, Enrico Bosco, Raffaele Pisu, Paolo Pierobon, Francesca Bonelli, Isabella Tabarini, Anna Coppola, Lino Guanciale, Claudia Coli, Emanuele Simonini, Paolo Pitossi, Mauro Negri, Tiziana Bergamaschi, Erika Urban, Luca Pignagnoli, Epifanio Garofalo, Lee Colbert, Oleg Vareshagyn, Giorgia Senesi    
location: Italia
voto: 2    

Non so se dopo il premio per la miglior regia vinto al Mar del Plata film festival nel 2007 (Come l'ombra) l'opera numero tre di Marina Spada si sia aggiudicata qualche alloro anche al festival del cinema di Strangolagalli (FR) o a quello di Gardone Val Trompia (BS). Fatto sta che la regista meneghina, classe 1958, ha uno stile cinematografico ben riconoscibile e pertanto assai adatto alle ingordigie snobistiche festivaliere, uno stile basato sul nulla pneumatico. Come per il suo già citato film d'esordio, la Spada ribadisce una spiccata attitudine nel far girare a vuoto le sue opere. Sarà per questo che - tra i pistolotti da primo giorno di formazione per aspiranti sceneggiatori - si insiste tanto sul rapporto tra vuoti e pieni. Il mio domani è un film di vuoti: non si capisce perché il padre della protagonista (Pisu) sia ossessionato dalla religione, né quale rapporto intercorra tra la protagonista stessa e il datore di lavoro (Pierobon), del quale è l'amante. Ma sembrano buttate lì a caso anche le altre frange narrative: un corso di fotografia frequentato chissà perché, il rapporto di maternità surrogata con un nipote mezzo scemo, quello strambo con un amante passeggero (Guanciale).
Il mio domani aspira a essere il ritratto di una donna - peraltro interpretata con inarginabile sussiego da una Claudia Gerini tutt'altro che all'altezza e diretta malissimo - in crisi perenne, una manager che propina corsi di formazione in azienda (o forse fa la tagliatrice di teste? Non si capisce neppure questo), vede sporadicamente il padre e all'occasione si fa qualche trombata in giro. Ma la Spada non è Antonioni e la Gerini non è la Vitti, come documenta questo film carico di ellissi e vuoto di senso. Svogliata persino la colonna sonora formata da due jazzisti di rango come Paolo Fresu e Bebo Ferra.    

Duello al sole (Duel in the sun)

anno: 1946       
regia: VIDOR, KING WALLIS    
genere: western    
con Jennifer Jones, Joseph Cotten, Gregory Peck, Lionel Barrymore, Herbert Marshall, Lillian Gish, Walter Huston, Charles Bickford, Harry Carey, Joan Tetzel, Tilly Losch, Butterfly McQueen, Scott McKay, Otto Kruger, Sidney Blackmer, Charles Dingle    
location: Usa
voto: 3    

Un ricco e dispotico proprietario terriero (Barrymore) ha due figli: uno è un galantuomo (Cotten), l'altro uno scavezzacollo sottaniere (Peck). Entrambi innamorati di una donna mezzosangue dai frequenti palpiti carnali (Jones).
Polpettone tanto indigesto quanto insipido che passò per le mani di ben quattro registi, tra i quali il solo King Vidor risulta nei titoli di testa (i non accreditati furono Josef von Sternberg, Willem Dieterle e Otto Brewer). Di fatto si trattò di un'operazione fortissimamente voluta dal produttore David O'Selznick (qui anche in veste di sceneggiatore su un soggetto ispirato ad un romanzo di Niven Busch, adattato da Oliver H.P.Garrett) per lanciare la stella di sua moglie, Jennifer Jones: operazione miseramente fallimentare, visto che l'unico film di qualche rilievo al quale prese parte la bella mulatta fu L'inferno di cristallo. Costi stratosferici, comparse in quantità industriale, cast stellare: tutto a servizio di un'opera magniloquente, un melodrammone esagerato inguardabile e pieno di eccessi.    

martedì 14 agosto 2018

Tipi da spiaggia

anno: 2018       
regia: TRECARICHI, VITO    
gemere: documentario    
con Giovanni Aglio detto Vanni, Carlo Albano, Marta Aquila, Daniele Assirelli detto Gelato, Giulio Benedetti, Simona Biglietto, Massimo Bulli, Mattia Busani, Bettina Ciampolini, Luca Cirlini, Antonio Diurno, Daniela Escobar, Alfio Facheris in arte Alfio Furioso, Alexcia Germelli, Daniele Giacobbe in arte Layla Drag Queen, Teresa Giorgetti detta Terry Giusy Jambice, Gabriele Pagliarani, Christian Ricci detto Kraian, Veronica Ricci, Daniele Sacchi, Michela Sarti, Cosimo Sereni, Luca Staffieri, Silvia Vanucchi    
location: Italia
voto: 5    

Avete problemi di autostima? Vi sembra di avere un QI sotto la media? Se sì, allora Tipi da spiaggia - stesso titolo di un film degli anni Sessanta diretto da Mari Mattioli - è ciò che fa per voi e vi farà sentire dei premi Nobel. Già, perché la varia umanità che d'estate frequenta le spiagge di Rimini, Riccione Milano Marittima è un'accozzaglia di cerebrolesi con un'unica vocazione di genere: il rimorchio compulsivo per gli uomini e i selfie a raffica per le donne. Il documentario diretto da Vito Trecarichi e nato da un'idea di Alice Martinelli assembla le dichiarazioni - tra il mitomane e il delirante - di bagnini di lungo corso, drag queen e ciarpame vario dalle vaghe sembianze umane. È lo specchio di una (parte di) società degenerata che ha perso qualsiasi capacità relazionale e che non ha più alcun riferimento etico ma soprattutto estetico che non sia il bruttissimo da esibire con iattanza. A suo modo, un film esilarante, che ci racconta un'epoca da basso impero.    

lunedì 13 agosto 2018

La bocca del lupo

anno: 2010       
regia: MARCELLO, PIETRO    
genere: documentario    
con Vincenzo Motta, Mary Monaco, Franco Leo, Stefano Carappa, Anna Massa, Antonio Micheletti, Andrea Cambi, Adriano Rossi, Sara Trombetti, Michela Jugovich, Domenico Fertini, Claudio Coppola, Roberto Polloni, Anita Lee, Ursula Salvo, Manuela Rossi    
location: Italia
voto: 4,5    

Ci sono i caruggi di Genova, con le loro prostitute, i loro drop outs, i loro avanzi di galera. Ci sono le citazioni con voce over di Gaspare Ivrea, alias Remigio Zena, e il suo romanzo La bocca del lupo. Ci sono i filmini amatoriali che raffigurano una città industriale in espansione, all'inizio del novecento, c'è la rievocazione della partenza dei Mille "per fare l'Italia". E c'è Enzo (Motta), siciliano che ritorna a casa dopo aver trascorso gran parte della vita in galera. Ad aspettarlo c'è Mary (Monaco), transessuale conosciuta in carcere, alla cui testimonianza è affidata gran parte del film. Il quale non è un documentario vero e proprio e neppure un film di finzione. Docu-fiction, si direbbe oggi, che a Torino ha vinto il TFF 2009, e che per un'ora assembla immagini con criteri anodini, con piglio volutamente autarchico e minoritario, al punto da rendere davvero troppo opaco il racconto della città (cosa cambierebbe se il film fosse stato girato a Battipaglia?) in relazione alla vicenda umana del protagonista. Personalissima e spiazzante, l'opera del napoletano Pietro Marcello sembra più andare alla ricerca di una cifra autoriale che tentare di dare senso compiuto al film.    

Città violenta

anno: 1970       
regia: SOLLIMA, SERGIO    
genere: thriller    
con Charles Bronson, Jill Ireland, Michel Constantin, Telly Savalas, Umberto Orsini, Ray Saunders, Benjamin Lev, Peter Dane    
location: Usa
voto: 3,5    

Appena uscito dal carcere, un killer professionista (Bronson) dapprima si vendica dell'uomo che lo ha tradito, quindi si mette sulle tracce del boss locale (Savalas) che gli ha soffiato la donna (in realtà, una doppiogiochista irredimibile), la quale sta tramando con un avvocato (Orsini) che punta al vertice del racket.
Gangster movie di serie B che vorrebbe rifare il verso ai polizieschi hollywoodiani, riuscendo soltanto a ricavarne un'involontaria parodia. Si comincia con dieci minuti di inseguimento (girati male) in strade strettissime di un villaggio caraibico, passando per dialoghi interminabili e una serie di morti ammazzati ampiamente annunciati. Alla sceneggiatura ha preso parte anche Lina Wetmüller.    

domenica 12 agosto 2018

Ida

anno: 2013       
regia: PAWLIKOWSKI, PAWEL    
genere: drammatico    
con Agata Kulesza, Agata Trzebuchowska, Dawid Ogrodnik, Jerzy Trela, Adam Szyszkowski, Halina Skoczynska, Joanna Kulig, Dorota Kuduk, Natalia Lagiewczyk, Afrodyta Weselak, Mariusz Jakus, Izabela Dabrowska, Artur Janusiak, Anna Grzeszczak, Jan Wociech Poradowski, Konstanty Szwemberg, Pawel Burczyk, Artur Majewski, Krzysztof Brzezinski, Piotr Sadul, Lukasz Jerzykowski, Artur Mostowy    
location: Polonia
voto: 2    

Nella Polonia dei primi anni Sessanta, ancora segnata dalle cicatrici della seconda guerra mondiale, la giovane suora di origini ebree Ida (Trzebuchowska) entra in contatto con sua zia Wanda (Kulesza) per ricostruire la vicenda della morte dei suoi genitori durante la guerra. Nel peregrinare di villaggio in villaggio, incontra un giovane musicista jazz (Ogrodnik) che fa vacillare le sue intenzioni di prendere i voti.
Racconto di formazione in chiave di road movie, con un notevolissimo bianco e nero (la fotografia è di Lukasz Zal e di Ryszard Lenczewski) che è l'unica cifra ragguardevole del film, l'opera di Pawel Pawlikowski (Last resort, My summer of love), si perde in un estetismo manierato fine a sé stesso, trascurando gran parte del resto. Dialoghi asfittici, svolgimento narrativo pretestuoso, quasi-colpi di scena (l'incontro col bel jazzista, il suicidio della zia) ma pochissimo, se non nulla, sul piano della sostanza, della ricostruzione del post-travaglio bellico o dell'ambiente del noviziato frequentato dalla giovane protagonista.    

sabato 11 agosto 2018

Sicilian Ghost Story

anno: 2017       
regia: GRASSADONIA, FABIO * PIAZZA, ANTONIO    
genere: drammatico    
con Julia Jedlikowska, Gaetano Fernandez, Corinne Musallari, Andrea Falzone, Federico Finocchiaro, Lorenzo Curcio, Vincenzo Amato, Sabine Timoteo, Filippo Luna, Nino Prester, Baldassarre Tre Re, Rosario Terranova, Gabriele Falsetta, Vincenzo Crivello, Corrado Santoro    
location: Italia
voto: 1    

Non basta essere nati in Sicilia, avere mandato a memoria i lavori di De Seta e Tornatore e magari anche di Maresco, o parlare di mafia per fare un film che sia anche vagamente degno di questo nome. Già, perché il duo Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, già acclamato in ambito festivaliero per Salvo, ci propina una storia ispirata alla vicenda occorsa al tredicenne Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito di mafia, sequestrato, umiliato e poi ucciso per vendetta, sciolto nell'acido. Qui la storia viene adattata a un registro fantasy a supporto di un plot da teen movie sentimentale, in cui una compagna di classe (Jedlikowska) del protagonista Giuseppe (Fernandez) si invaghisce di quest'ultimo nonostante la resistenza tetragona dei genitori e l'indifferenza di professori e compagni di scuola al dramma del ragazzino. Dilatato oltremisura a due ore e dieci da immagini inutilmente descrittive (a cominciare dai primi, interminabili cinque minuti di pura astrazione), il film sembra andare alla ricerca di una cifra autoriale a tutti i costi, dimenticando la scrittura dei personaggi, trascurando completamente la recitazione (ben sotto il livello di guardia) e abusando dei cliché della fiction "di mafia" che si vedono, anche nella loro forma più elementare, fin dai tempi de La piovra televisiva. La favola nera di questi due registi siciliani gronda tracotanza, finendo col trasformare l'estetismo figurativo di Luca Bigazzi nel supporto kitsch ai loro compiacimenti autoriali e asservendo la tragedia umana al loro realismo magico d'accatto. Robaccia peraltro capace di trasformare persino un insonne cocainato in un narcolettico.    

venerdì 10 agosto 2018

Sangue e cemento

anno: 2010   
regia: TORELLI, THOMAS    
genere: documentario    
con Paolo Calabresi, Mario Russo, Eleonora Ferrazzi, Daniela Mastrosimini, Vincenzo Perrone, Andrea Petrosino, Daniele Sagnotti, Fabiana Tacente, Pietro Grasso    
location: Italia
voto: 7    

A un anno di distanza dal terribile terremoto de L'Aquila, arriva questo film-inchiesta affidato alla narrazione in video della Jena Paolo Calabresi, che racconta i retroscena di una tragedia ampiamente annunciata, affidandosi  soprattutto alle testimonianze di geologi, vulcanologi e sismologi. Tra queste, centrale è quella di Gaetano De Luca, il fisico che aveva studiato gli smottamenti di quella zona appenninica collocata nel bel mezzo di due faglie e quindi ad altissimo rischio sismico, ma poi mobbizzato ed espulso per le dichiarazioni rilasciate non soltanto prima - quando non sono servite a nulla - ma soprattutto dopo il terremoto. Le colpe, rispetto a una gestione dei movimenti tellurici che - dati alla mano - fa fare ai nostri politici e costruttori una figura pessima rispetto ai giapponesi, è tutta nell'avidità dei costruttori e nella compiacenza dei politici. I primi trovano qualsiasi trucco per abbassare i costi, rendendo sempre più scadente materiale fondamentale come il calcestruzzo e pensino materiali inerti come la sabbia: i secondi retrocedendo di categoria aree appetibili dai primi rispetto al rischio sismico, in modo che queste possano essere edificabili. Camorra e 'ndrangheta fanno il resto. Il risultato? Molti più morti, sfollati ed edifici distrutti di quanti se ne sarebbero contati se non ci fosse stato il piano regolatore del 1975, se i moniti dei sismologi fossero stati ascoltati e se i materiali fossero stati conformi alle normative, e non diluiti con acqua salmastra. Il documentario diretto da Thomas Torelli e prodotto dal collettivo Gruppo Zero - un'associazione di autori, registi e produttori votati a realizzare documentari di inchiesta - è puntualissimo, ben ritmato, pieno di informazioni utili, che hanno un valore al di là del fatto contingente. Tragedie annunciate come quella de L'Aquila si sono verificate e potrebbero verificarsi ancora. Con un solo responsabile: l'uomo e la sua avidità.    

mercoledì 8 agosto 2018

Il colosso d'argilla (The harder they fall)

anno: 1956   
regia: ROBSON, MARK    
genere: drammatico    
con Humphrey Bogart, Rod Steiger, Jan Sterling, Mike Lane, Max Baer, Herbie Faye, Rusty Lane, Jack Albertson, Felice Orlandi, Harold J. Stone, Edward Andrews, Jersey Joe Walcott, Carlos Montalbán, Nehemiah Persoff    
location: Usa
voto: 7,5    

Un faccendiere (Steiger) ha fiutato l'occasione per lanciare nel mondo della boxe un giovanottone sudamericano soprannominato Toro Moreno (Sterling), un marcantonio dall'aspetto davvero imponente ma assolutamente incapace di tirare un solo pugno. Affinché l'affare vada in porto e i palazzetti dello sport si riempiano, ha bisogno di qualcuno che richiami l'attenzione su questo gigante buono e ingenuo mediante articoli ad hoc sui giornali. All'uopo si presta Eddie Willis (Bogart), giornalista con qualche difficoltà momentanea, che transita dalla spregiudicatezza iniziale a una piena presa di coscienza.
Apologo morale sul lato più torbido del mondo della boxe, fatto di scommesse e incontri combinati, il film è anche l'ultima interpretazione di Bogart. Ispirato alla storia vera del pugile italiano Primo Carnera, è un'opera solida di impianto classicissimo, in gran parte affidata ai dialoghi, girata in un notevole bianco e nero firmato da Burnett Guffey.    

martedì 7 agosto 2018

La guerra è dichiarata (La guerre est déclarée)

anno: 2012       
regia: DONZELLI, VALERIE    
genere: drammatico    
con Valérie Donzelli, Jérémie Elkaïm, César Desseix, Gabriel Elkaïm, Brigitte Sy, Elina Löwensohn, Michèle Moretti, Philippe Laudenbach, Bastien Bouillon, Béatrice De Staël, Anne Le Ny, Frédéric Pierrot, Elisabeth Dion, Pauline Gaillard, Philippe Barassat, Valentine Catzéflis, Julie Peugeot, Serge Bozon, Henri Hooreman, Marie Donzelli, Claire Serieys, Riad Sattouf, Marie-Sohna Conde, Laure Marsac, Lucia Sanchez, Marion Lecrivain, Mademoiselle Mori, Sophie Kichine, Dorothée Sebbagh, Ahmed Zaoui, Diego Urgoiti, Bey Salah, Emmanuel Salinger, Irène Estevens, Nozha Khouadra, Blanche Gardin, Anne Berest, Alain Kruger, Christelle Huot-Marchand, Frédérique Dorat, Laurent Lacotte, Aude Lemercier, Benoît Barré, Katia Lewkowicz, Lucien Pages, Jennifer Decker, Esteban Carvajal-Alegria, Clémence Cabanes, Anne Gastaut, Adrien Antoine, France Lesbros, Laëtitia Trapet, Marie Weinberger    
location: Francia
voto: 5    

Capolavoro o boiata pazzesca? Difficile dirlo, a partire dallo spunto iniziale: la regista (e interprete) Valerie Donzelli ha chiamato sul set il suo ex marito (Elkaïm), col quale ha vissuto gli anni di un'odissea tragica fatta di ospedali, paure, difficoltà di ogni genere. Tutto legato alla malattia - un tumore al cervello manifestatosi in maniera precocissima - del figlio Adam. Il film non è che una riproposizione (romanzata?) del calvario vissuto dalla coppia, con tanto di voce fuori campo che racconta la travagliatissima esperienza dei due genitori e del loro entourage. Se l'idea, così marcatamente autobiografica, prima che originale è soprattutto spiazzante per il valore catartico che vuole assegnare nel portare sul grande schermo quella orribile vicenda, tutt'altro può dirsi della sua realizzazione: certo, liberissima, capace di evocare con grande forza l'idea di resilienza in un quadro complessivamente di grande ottimismo e di stemperare il dramma nella commedia,  di indulgere a molti siparietti sentimentali, ma anche di pescare alla rinfusa tra cifre stilistiche che sembrano accostate senza alcun criterio. Sicché a momenti di cinema alto se ne alternano altri decisamente più prosaici e perfino stucchevoli, accompagnati da scelte musicali capaci di passare dai quartetti di Vivaldi all'elettorpunk dei Frustration, passando per la meravigliosa O Superman di Laurie Anderson. Grande ambizione, risultato decisamente incoerente.    

sabato 4 agosto 2018

Tarantola

anno: 1955   
regia: ARNOLD, JACK    
genere: horror    
con John Agar, Mara Corday, Leo G. Carroll, Nestor Paiva, Ross Elliott, Edwin Rand, Raymond Bailey, Hank Patterson, Bert Holland, Steve Darrell, Clint Eastwood    
location: Usa
voto: 7,5    

Per fare fronte alle sempre più impellenti necessità di cibo di un'umanità arrivata (solo) a due miliardi di individui, il professor Deemer (Caroll) sta segretamente sperimentando un cibo ultranutriente che fa crescere a dismisura le sue cavie da laboratorio. Non ha però calcolato gli effetti collaterali, che colpiscono un suo collega, il quale viene trovato morto nel deserto dell'Arizona. Matt Hastings (Hagar), medico condotto del posto, vuole vederci chiaro e non si lascia convincere dall'ipotesi di una rara malattia deformante che avrebbe colpito il defunto. I nodi torneranno al pettine quando si capirà che una gigantesca tarantola sfuggita dal laboratorio sta seminando il terrore nella zona.
Horror distopico dagli effetti speciali oggi risibili, ma assai convincente nell'assunto di fondo: la scienza - anche quando opera a fini di bene - deve guardarsi dall'eccesso di ambizione dei suoi artefici, pena il rischio di creare un effetto boomerang. Finale frettoloso, ma tensione garantita per un'ora e un quarto.
Una raccomandazione: guardate bene chi si nasconde sotto la maschera da pilota chiamato a bombardare il mostruoso insetto. Riconoscerete gli occhi inconfondibili di Clint Eastwood.    

Sconnessi

anno: 2018       
regia: MARAZZITI, CHRISTIAN    
genere: commedia    
con Fabrizio Bentivoglio, Ricky Memphis, Carolina Crescentini, Stefano Fresi, Antonia Liskova, Eugenio Franceschini, Giulia Gorietti, Lorenzo Zurzolo, Benedetta Porcaroli, Maurizio Mattioli, Daniela Poggi, Nico Di Rienzo, Carolina Rey    
location: Italia
voto: 1    

La notizia è definitiva: anche noi abbiamo il nostro Robert De Niro, il fuoriclasse che si sputtana con filmetti ignobili come questo. Si chiama Fabrizio Bentivoglio. Lo si è visto recitare per Anghelopoulos, Sorrentino, Mazzacurati, Soldini e i Taviani, ma da qualche tempo gli piace rivestire i panni della vecchia gloria che recita col pilota automatico a fianco di attori che non valgono una sua unghia. È quanto accade anche in questo sconcertante episodio della commedia italiana che si chiama Sconnessi (vedere, per avere un'idea di come può essere trattato lo stesso tema, Disconnect, si parva licet). Film che sembra partorito dai pochi neuroni residui di un bambino ritardato. Nel sontuoso chalet di montagna sito a San Martino di Castrozza si riuniscono, oltre al padrone di casa (uno scrittore in crisi), la sua giovane compagna in dolce attesa (Crescentini), parenti assortiti e parassiti di quest'ultima e i due giovani figli del facoltoso intellettuale, in aperto conflitto col padre. Il quale è un forsennato detrattore delle tecnologia informatiche (casomai non fosse chiaro, la didascalia fa vedere che l'uomo digita ancora su una macchina da scrivere), che spera in una riesumazione delle vecchie modalità di relazione. Un blackout del wi fi mette tutti nelle condizioni di trovare una via alternativa di comunicazione che non sia quella di stare in perenne simbiosi col proprio cellulare.
Acefalo fino all'irritazione, con dialoghi che farebbero passare per un fine letterato uno come Pier Francesco Pingitore, il copione prevede persino un pistolotto che si risolve nel cerchiobottismo del sottofinale. Il cinema italiano al suo grado zero di scrittura.