martedì 31 luglio 2018

Transfert

anno: 2017       
regia: RUSSO, MASSIMILIANO    
genere: giallo
con Alberto Mica, Massimiliano Russo, Aldo Toscano, Clio Scira Saccà, Rosario Pizzuto, Salvatore Musumeci, Giuseppe di Noto, Enrico Sortino, Rossella Cardaci, Matteo Martorana, Paola Roccuzzo  
location: Italia
voto: 1    

Non si capisce se ci sia più megalomania o assoluta inconsapevolezza dei propri, enormi limiti, o magari entrambe le cose quando ti trovi davanti a un film che vorrebbe essere "d'autore" come questo. Fatto sta che con Transfert il cinema italiano si arricchisce di un titolo che dal ridicolo lo spinge sempre di più verso il tragico. E dai allora a rimpiangere i Vanzina, Nando Cicero e Bruno Corbucci, tutti passati a miglior vita con più onore di quanto non faccia questo smargiasso che risponde al nome di Massimiliano Russo, da Catania, capace di assegnarsi anche un posto da coprotagonista con rigoroso e ostentato accento siculo in un film che di verista non ha assolutamente nulla. La storia - talmente ridicola da invocare lo spoiler - è quella di un falso psicanalista (Mica) che ha in cura due sorelle dalle quali deriva un gioco di specchi sottolineato con allegorie talmente ingenue da suscitare tenerezza. Al film manca la minima sintassi filmica, la musica (di Ray Hermanni Lewis) è invadente, la recitazione meno che amatoriale e i contenuti dei dialoghi da bigino di psicanalisi. Un esempio fulgido dell'abisso che talvolta riesce a toccare il nostro cinema.    

lunedì 30 luglio 2018

L'intrusa

anno: 1955   
regia: MATARAZZO, RAFFAELLO    
genere: drammatico    
con Amedeo Nazzari, Lea Padovani, Andrea Checchi, Cesco Baseggio, Pina Bottin, Nico Pepe, Nando Bruno, Piero Palermini, Rina Morelli, Oscar Andriani, Ada Colangeli, Franca Dominici, Lia Lena, Amalia Pellegrini, Paola Quattrini    
location: Italia
voto: 7    

Un valente e rispettabilissimo medico di provincia (Nazzari), che non ha ancora superato il trauma per la tragica morte dell'amatissima fidanzata, salva dal suicidio Luisa (Padovani), una donna di cui riesce a prendersi cura, facendo in modo che abbia un posto nella scuola locale e infine sposandola. Ma un giorno il destino bussa alla loro porta proprio sotto le fattezze del mascalzone che aveva rovinato la vita di Luisa (Checchi), la quale deve ripercorrere ancora la pena per la perdita del figlio che portava in grembo.
È un melodrammone targato Matarazzo al cento per cento quello che il regista romano ha tratto da La moglie del dottore, di Silvio Zambaldi. I topoi del suo cinema ci sono tutti: la maternità, il ritorno del passato, la battaglia contro il pregiudizio. A questi, Matarazzo aggiunge stavolta un venatura comica affidata soprattutto ai personaggi della governante e del prete: un tocco che stempera il finale in crescendo, costruito su una successione di colpi di scena.    

domenica 29 luglio 2018

Sing Street

anno: 2016   
regia: CARNEY, JOHN    
genere: commedia    
con Ferdia Walsh-Peelo, Lucy Boynton, Jack Reynor, Maria Doyle Kennedy, Aidan Gillen, Kelly Thornton, Ian Kenny, Ben Carolan, Percy Chamburuka, Mark McKenna, Don Wycherley, Des Keogh, Kian Murphy, Marcella Plunkett, Vera Nwabuwe, Conor Hamilton, Karl Rice, Tony Doyle (II), Keith McErlean, Peter Campion, Lydia McGuinness, Eva-Jane Gaffney    
location: Irlanda, Regno Unito, Usa
voto: 6,5

Pur di far colpo su una ragazza (Boynton) di un anno più grande di lui, il quindicenne Conor (Walsh-Peelo) mette su una band musicale: un progetto nato quasi per caso, che si trasforma in un'enorme opportunità per fare fronte al bullismo di qualche compagno, al dispotismo del direttore dell'istituto scolastico e ai continui litigi tra padre e madre.
Dopo l'acclamato Once, l'irlandese John Carney gira un film sotto forma di racconto di formazione che è un tributo alla musica pop degli anni '80 - quella che vide affermarsi gruppi come i Duran Duran, Spandau Ballet, Hall & Oates, The Cure e i Clash, tutti infilati nella colonna sonora - carico di leggerezza e ottimismo. Sing Street è infatti un teen movie sentimentale che concede moltissimo spazio alla musica, puntando sulla metafora di Londra come terra promessa per i dublinesi che all'epoca se la passavano piuttosto male. Se la parte di film ambientata a scuola o quella che dà conto delle prove per le canzoni e per i video (siamo in piena esplosione del videoclip musicale) possono dirsi assai originali e pienamente riuscite, altrettanto non può dirsi per la lunga sottotrama sentimentale, che si avventura in un pistolotto sul riscatto del fratello maggiore del protagonista, che vive vicariamente l'affermazione di quest'ultimo.    

sabato 28 luglio 2018

Tangerines - Mandarini (Mandariinid)

anno: 2013       
regia: URUSHADZE, ZAZA    
genere: guerra    
con Lembit Ulfsak, Misha Meskhi, Giorgi Nakashidze, Elmo Nüganen, Raivo Trass    
location: Cecenia, Estonia, Georgia
voto: 5    

Mentre Cecenia e Georgia sono in guerra per la rivendicazione del territorio dell'Abcasia, il mite coltivatore di mandarini Ivo (Ulfsak), di origini estoni come il suo amico e vicino di campo Margus (Nüganen), si trova a soccorrere due soldati che combattono su sponde opposte. Questi ultimi si trovano a convivere forzatamente sotto lo stesso tetto a suon di minacce reciproche. Solo la salomonica presenza del padrone di casa e la sua bontà d'animo riusciranno nell'impresa di una coabitazione che costringerà i due ospiti a fronteggiare insieme altri pericoli esterni.
Piccolissimo film antimilitarista che ricorda Il prigioniero del Caucaso e Prima della pioggia, girato come un kammerspiel a bassissimo costo e basato su dialoghi spesso artefatti e didascalici: elementi di una prosa cinematografica stentata che - insieme al pessimo doppiaggio italiano - cozza con il nobilissimo e convincente messaggio contro la guerra.    

mercoledì 25 luglio 2018

L'Intrusa

anno: 2017   
regia: DI COSTANZO, LEONARDO    
genere: drammatico    
con Raffaella Giordano, Valentina Vannino, Martina Abbate, Anna Patierno, Marcello Fonte, Gianni Vastarella, Flavio Rizzo, Maddalena Stornaiuolo, Riccardo Veno, Emma Ferulano, Giovanni Manna, Vittorio Gargiulo, Alessandra Esposito, Flora Faliti, Francesca Zazzera, Maria Noioso, Christian Giroso, Carmine Paternoster    
location: Italia, Svizzera, Francia
voto: 6,5    

L'intrusa del titolo è una giovane madre (Vannino) che, con l'inganno, ha ottenuto ospitalità nella casupola collocata all'interno di una masseria di Napoli che si occupa di infanzia a rischio. La presenza della donna - moglie di un camorrista che ha ucciso un innocente - suscita il malcontento dei genitori degli altri ragazzi che frequentano la masseria. Giovanna (Giordano), la coordinatrice del centro, si trova a dover mediare tra la ricerca di una soluzione che offra ai figli della sua ospite un avvenire diverso e la salvaguardia dei diritti degli altri bambini.
Dopo alcuni documentari e il film di finzione L'intervallo, Leonardo Di Costanzo prosegue il suo discorso contro le mafie con un film che propone innanzitutto un dilemma morale che la protagonista- unica attrice professionista con un passato da coreografa e da ballerina - interpreta con piglio da eroina capace di battersi fino all'ultimo contro ogni forma di pregiudizio. Il finale, difficilmente risolvibile, forse è un po' pilatesco, i tempi sono quelli dilatatissimi di un cinema dalla forte impronta autoriale, tutto girato nel piccolo fazzoletto di terra della masseria, ma l'opera è forte e convincente e fa respirare impegno civile a pieni polmoni.    

domenica 22 luglio 2018

Ricky - Una storia d'amore e libertà

anno: 2009       
regia: OZON, FRANÇOIS    
genere: fantastico    
con Alexandra Lamy, Sergi López, Mélusine Mayance, Arthur Peyret, André Wilms, Maryline Even, Pierre Fabiani, Julien Haurant, John Arnold, Jean-Claude Bolle-Reddat, Hakim Romatif, Marc Susini, Catherine Jabot, Eric Forterre    
location: Francia
voto: 5    

Parla di nascite, ma è l'ennesimo di una lunga serie di aborti l'opera numero 9 del prolificissimo regista François Ozon, il Cassano del cinema, un incompiuto perenne, uno capace di guizzi improvvisi come di svarioni della fantasia del tutto fini a sé stessi. Dopo Gocce d'acqua su pietre roventi e Sotto la sabbia (per citare solo due dei lavori precedenti), è così anche per Ricky, favola contemporanea su un'operaia (Lamy) che genera un angelo. Dal realismo della scena iniziale - un po' Loach, un po' i Dardenne - il film vira verso un registro dalle venature orrorifiche per poi farsi racconto fantastico in piena regola sulla morbosità del vedere e sul tema della diversità. La storia raccontata è quella di una donna dalle molte voglie che, da sola, sta crescendo una bambina (Mayance) e che ne ha dato un secondo in adozione perché fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. Quando nella sua vita entra Paco (Lopez), i due avranno un bambino. I segni sulla schiena del neonato, che preludono alla comparsa di due ali, vengono scambiati per la prova di una violenza fisica. Lui, scottato dall'ingiustissima accusa, se ne va. Lei lo rimpiange ma poi lo ritrova quando il piccolo potrebbe tradursi in un affare.
Di amore e libertà - se non quella di volare del piccolo angelo - se ne trovano ben pochi in questo film dalla morale incerta, affidato a personaggi adulti ampiamente contraddittori, rispetto ai quali spicca la capacità di adattamento della piccola Lisa. L'ennesima idea originale e spiazzante, sprecata nel nome di un incedere narrativo farraginoso ed incerto.    

sabato 21 luglio 2018

Lamerica

anno: 1994   
regia: AMELIO, GIANNI    
genere: drammatico    
con Enrico Lo Verso, Michele Placido, Piro Milkani, Carmelo Di Mazzarelli, Elida Janushi, Sefer Pema, Nikolin Elezi, Esmeralda Ara, Marian Pietrj, Besim Kurti, Idajet Sejdia, Marieta Ljarja, Ilir Ara    
location: Albania, Italia
voto: 6    

Il capitalismo d'assalto ci porta in Albania, paese in rovina appena uscito dagli anni della dittatura comunista, dove è facile fiutare affari per delocalizzare riducendo a ben poca cosa il costo del lavoro. È qui che Fiore (Placido), accompagnato dal suo delfino Gino (Lo Verso), va alla ricerca di una testa di legno da mettere a capo di un calzaturificio che attrarre i fondi governativi per il rilancio del paese, arricchendo i falsi imprenditori e impoverendo chi già ha pochissimo. L'avventura si trasforma in un calvario per Gino e per il potenziale presidente dell'azienda (Carmelo Di Mazzarelli, pescatore prestato al cinema), un anziano in condizioni miserrime che si scopre essere un disertore siciliano dai tempi della guerra d'Albania. I due si troveranno a vivere le stesse difficoltà.
A tre anni dalle immagini del gigantesco sbarco di albanesi nel porto di Bari, immagini che colpirono moltissimo l'opinione pubblica, Amelio gira un film per mostrare l'illusorietà di quella visione dell'Italia come un Eden conosciuto attraverso le canzoni di Toto Cutugno e le trasmissioni televisive di Raffaella Carrà. Imbroglioni e opportunisti, gli italiani si trovano a vivere il loro contrappasso davanti a funzionari che - dopo gli anni del comunismo - sono tutt'altro che disposti a chiudere un occhio sui loro tentativi di corruzione. Un film intenso e lungimirante, necessario, ma raccontato con una lunghissima digressione centrale sotto forma di road movie e affidato a un attore privo del necessario carisma come Enrico Lo Verso.

mercoledì 18 luglio 2018

Beirut

anno: 2018       
regia: ANDERSON, BRAD    
genere: spionaggio    
con Jon Hamm, Rosamund Pike, Dean Norris, Mark Pellegrino, Larry Pine, Shea Whigham, Alon Moni Aboutboul, Idir Chender, Jonny Coyne, Leïla Bekhti, Kate Fleetwood    
location: Israele, Libano, Usa
voto: 2,5    

1972. Mentre i palestinesi cercano rifugio in Libano e Israele non fa sconti sugli eccidi, la moglie di un diplomatico americano residente a Beirut viene uccisa da un commando dell'OLP. Si scopre che tra i terroristi arabi si annida il fratello di un ragazzino che la coppia ha adottato e che probabilmente è coinvolto nella strage di Monaco. Il diplomatico (Hamm) torna in patria ma dieci anni più tardi, mentre nel frattempo è diventato un alcolizzato, il Mossad e la Cia lo cercano perché un suo amico dell'epoca (Norris) è stato rapito. Per liberarlo, ai servizi segreti viene chiesto in cambio proprio il fratello di quel bambino adottivo che nel frattempo è diventato anch'egli un feroce terrorista. Dapprima recalcitrante, il diplomatico americano si lascia coinvolgere nella faccenda.
Su FilmTV, con lo snobismo che gli è consueto, Mauro Gervasini ha parlato - a proposito dello script di Tony Gilroy (autore di filmacci come Michael Clayton) - di una "sceneggiatura da paura": sì, proprio da paura, visto che tra barbosissimi dialoghi, salti temporali e tanta, tanta confusione, si capisce pochissimo della trama di un film che ha oltretutto il demerito di spargere benzina sul conflitto israeliano-palestinese, servendosi di un cast di mezzi dilettanti. Neanche a dirlo, la produzione è targata Netflix.    

martedì 17 luglio 2018

Made in Italy

anno: 2017   
regia: LIGABUE, LUCIANO    
genere: drammatico    
con Stefano Accorsi, Kasia Smutniak, Fausto Maria Sciarappa, Walter Leonardi, Filippo Dini, Alessia Giuliani, Gianluca Gobbi, Tobia De Angelis, Leonardo Santini, Jefferson Jeyaseelan, Francesco Colella, Silvia Corradin, Giuseppe Gaiani, Naya Manson, Filippo Pagotto, Lorenzo Pedrotti, Marco Pancrazi, Ettore Nicoletti    
location: Germania, Italia
voto: 6    

Nella terza fatica cinematografica di Luciano Ligabue, rocker emiliano ruspante e genuino, si fondono due anime: c'è quella ingenua e involontariamente didascalica di chi vorrebbe raccontare il belpaese in una chiave fiction che sembra ereditare il testimone da Niente paura, il documentario di Piergiorgio Gay che ebbe proprio in Ligabue la sua figura di riferimento. E poi c'è una storia, vibrante e vitalissima, di amicizia, di amori traditi, di lavori poco o per nulla gratificanti, di serate in compagnia e di brutte storie col gioco d'azzardo. Se la prima vorrebbe mettere all'indice le assurdità e le contraddizioni del sistema Italia come luogo nel quale i sogni (di realizzazione, di giustizia, di uguaglianza) non hanno cittadinanza, relegate nel film a un pistolotto sovramisura, è l'anima di pura narrazione a colpire il bersaglio con maggiore efficacia, nonostante l'andamento rapsodico, la quantità di difetti nello svolgimento narrativo, l'invadenza delle musiche (ovviamente dello stesso regista) che sovrastano persino i dialoghi. Due anime che trovano corpo nel racconto - che dalle targhe delle auto sembra ambientato nella provincia di Parma, notissima per i salumifici, mentre in realtà è stato girato tra Reggio Emilia e Novellara, con escursioni a Roma, in Veneto e a Vigevano) - al centro del quale si trovano Riccardo (Accorsi) e Sara (Smutniak), coppia di lungo corso ormai in crisi e con qualche scheletro nell'armadio. Lui sta tutto il giorno a insaccare mortadelle, lei fa la parrucchiera. Tra serate in compagnia, ricordi di un passato dolente (un aborto naturale) e confessioni all'amica del cuore, le loro giornate scorrono sullo sfondo di un paesaggio sociale vivace e affettuoso, l'unico ammortizzatore sociale che sembra poter fronteggiare le carenze di un paese allo sbando. Tutto raccontato con la schiettezza e la semplicità di un mediano che con la penna non è mai riuscito a volare alto, ma ha saputo comunque arrivare al cuore della gente. Come in questo caso.

sabato 14 luglio 2018

Chiudi gli occhi (All I See Is You)

anno: 2016       
regia: FORSTER, MARC    
genere: drammatico    
con Jason Clarke, Blake Lively, Kaitlin Orem, Wes Chatham, Yvonne Strahovski, Danny Huston, Ahna O'Reilly, Miquel Fernández    
location: Spagna, Thailandia
voto: 1,5    

A seguito di un incidente avvenuto quando era bambina, Gina (Lively) è rimasta cieca. James (Jason Clarke, già protagonista in Everest), suo marito, se ne è preso amorevolmente cura a lungo e i due stanno anche cercando di avere un bambino. Vivono a Bangkok e, nonostante tutto, sembrano felici. Poi arriva l'opportunità di un'operazione che potrebbe restituire a Gina la vista almeno da un occhio. L'operazione riesce, Gina scopre i colori e i sapori della vita, diventa esuberante e James comincia a storcere il naso e a sabotare il decorso postoperatorio.
Con il suo cinema estetizzante e oleografico, Marc Forster è uno di quei registi che sono riusciti a rendere terribilmente noioso persino un episodio della serie 007, Quantum of solace. Qui supera sé stesso con un film interminabile, che indugia su una miriade di particolari (dai pesci nell'acquario di casa alle scene urbane) per raccontare una trama piena di eccessi sul rapporto di possesso tra un maschio crocerossino e padrone e una femmina irrequieta ma disposta al sacrificio coniugale. Tra filmini hard girati di nascosto e rivisti ossessivamente, scene ai limiti del grottesco (l'aggressione in strada alla donna che da bruco si è trasformata in una bellissima farfalla che ai fiori sembra preferire il baobab) e dialoghi asfittici, il film procede a suon di didascalie verso un finale con tanto di svolta thriller di sconcertante prevedibilità.    

venerdì 13 luglio 2018

Perfect Sense

anno: 2011       
regia: MacKENZIE, DAVID    
genere : fantascienza    
con Ewan McGregor, Eva Green, Ewen Bremner, Stephen Dillane, Denis Lawson, Connie Nielsen    
location: Danimarca, Germania, Regno Unito, Svezia
voto: 3    

L'idea di partenza non è male: in Scozia, un virus contagia le persone che cominciano a perdere dapprima un senso (l'olfatto), poi gli altri quattro, con reazioni sempre accompagnate da eccessi: di bulimia, di violenza, di pianto, di angoscia. Una epidemiologa - la cui interpretazione è affidata a Eva Green che, non potendo fare di meglio, recita soltanto con le tette - dopo una lunga carestia sessuale trova finalmente un partner, uno chef sottaniere (McGregor) deciso a mettere la testa a posto. Il pendolo dell'amore li porterà a lambire stati d'animo diversi, mentre i due, al pari degli altri, cercano di fare fronte all'epidemia.
Fastidioso dalla prima sequenza con voce over sentenziosa e declamatoria, il film è la classica furbata da dare in pasto al pubblico pronto a saltare sulla poltrona e a entusiasmarsi per una qualsiasi derivazione anche solo vagamente saramaghiana. Qui il racconto è a dir poco affannoso, la morale del film ostentata e tronfia, la riflessione sull'amore come collante inestirpabile infantile e corriva.    

mercoledì 11 luglio 2018

L'albero del vicino (Undir Trénu)

anno: 2017       
regia: SIGUROSSON, HAFSTEINN GUNNAR    
genere: drammatico    
con Steinþór Hróar Steinþórsson, Edda Björgvinsdóttir, Sigurður Sigurjónsson, Þorsteinn Bachmann, Selma Björnsdóttir, Lára Jóhanna Jónsdóttir, Dóra Jóhannsdóttir, Sigrídur Sigurpálsdóttir Scheving    
location: Islanda
voto: 7    

Pizzicato dalla moglie Agnes (Jónsdóttir) mentre si trastulla guardando un video girato con una sua ex, il quarantenne Atli (Steinþór Hróar Steinþórsson) viene mandato via da casa e si trova costretto a rientrare in quella dei genitori. I quali sono ai ferri cortissimi con i propri vicini a causa di un albero che produce un'ombra eccessiva nel giardino di questi ultimi. Il taglio delle gomme dell'auto e la sparizione del gatto dell'anziana coppia - fatti solo presumibilmente imputabili ai più giovani vicini - dà luogo a un'escalation di reciproche rappresaglie che arriverà al parossismo.
Il cinema islandese fa occasionalmente incursione dalle nostre parti e stavolta lo fa con l'opera terza di un regista che non disdegna il registro grottesco né si sottrae a un finale splatter. Il suo è un film con due trame parallele sul tema dell'incomunicabilità e del pregiudizio (spariscono prove, animali e persone, vedi la vicenda del figlio dell'anziana coppia morto suicida chissà per quale motivo) che sbocca in esiti contrapposti, popolato da personaggi perennemente accigliati, contornati da suoni e rumori stranianti, a sottolineare il contrasto tra l'apparente sobrietà e pulizia delle casette a schiera della civilissima Islanda e gli umori malmostosi che serpeggiano tra gli abitanti che le abitano, pronti a darsi guerra per un'inezia. Sull'insieme, aleggia l'ombra di Kaurismäki, con quella tipica miscela di bizzarro ed effetto straniante.    

domenica 8 luglio 2018

Game Night - Indovina chi muore stasera?

anno: 2018       
regia: DALEY, JOHN FRANCIS * GOLDSTEIN, JONATHAN M.    
genere: commedia nera    
con Jason Bateman, Rachel McAdams, Billy Magnussen, Sharon Horgan, Lamorne Morris, Jesse Plemons, Kylie Bunbury, Michael Cyril Creighton, Kyle Chandler    
location: Usa
voto: 3    

A Max (Bateman) e Annie (McAdams) piace molto passare le serate in compagnia dei loro amici a fare giochi di società. Ma non sopportano granché il vicino di casa (Jesse Plemons), un poliziotto che da poco è stato piantato dalla moglie, vive con un barboncino ed è sempre ingrugnato. Così inventano ogni scusa per non invitarlo più da loro. Ma in una di queste serate si troveranno a vivere un gioco di ruolo iperrealista nel quale il fratello di Max (Kyle Chandler), ricomparso dopo lungo tempo, viene rapito. E da lì la dialettica tra realtà e finzione del gioco passa a un ribaltamento continuo che si trasforma in una matrioska di colpi di scena.
Il film di John Francis Daley e Jonathan M. Goldstein, è una commedia nera scritta con il piede sinistro che vorrebbe rifare il verso a quel gioiellino che fu The game (Nessuna regola), condita con dialoghi di infimo livello e intorcinata in un racconto del tutto inverosimile pieno di buchi di sceneggiatura e con tanto di morale finale da volemose bene. La commistione di generi (dal gangster movie al comico-demenziale) e la carta del middle-man Jason Bateman - l'uomo che più normale non si potrebbe a contatto ancora una volta con situazioni parossistiche come ne La famiglia Fang, Regali da uno sconosciuto, Io sono tu e Come ammazzare il capo... e vivere felici) non alzano di un millimetro il livello sconfortante del film.    

sabato 7 luglio 2018

Carl Mørck - 87 minuti per non morire (Kvinden i buret)

anno: 2013       
regia: NORGAARD, MIKKEL    
genere: poliziesco    
con Nikolaj Lie Kaas, Fares Fares, Mikkel Boe Følsgaard, Sonja Richter, Patricia Schumann, Troels Lyby, Søren Pilmark, Marijana Jankovic    
location: Danimarca
voto: 2    

Si può realizzare un poliziesco talmente brutto e inverosimile? Se sì, evidentemente merita lo spoiler. E quindi cominciamo a pochi minuti dalla fine: Uffe (Mikkel Boe Følsgaard) e Merete (Sonja Richter) sono due ragazzini a bordo delle auto guidate dai rispettivi padri. Uno scherzo di lei causa un tragico incidente. Anni dopo Merete viene sequestrata da quel bambino che nel frattempo è cresciuto in un orfanotrofio (il padre è morto, la madre ha perso l'uso degli arti inferiori), è stato abusato e non ha altro desiderio che quello di vendicarsi. Per questo seduce la donna, se la porta a letto e la tiene per anni in una camera iperbarica, in totale isolamento. Un poliziotto dai modi bruschi (Nikolaj Lie Kaas), affiancato da un collega di origini libanesi (Fares Fares) è convinto che il caso della sparizione della donna, archiviato come suicidio, nasconda dell'altro. Si intestardisce e scopre la verità. Salvo prendersi una pallottola in testa non si sa da chi né quando né perché nella scena iniziale del film.
Coprodotto alla tv di stato danese, tratto dal romanzo La donna in gabbia di Jussi Adler-Olsen e interpretato da un attore feticcio di Susanne Bier, Nikolaj Lie Kaas, qui alla sua prova peggiore, Carl Mørck è criptico fin dal sottotitolo italiano (perché i minuti siamo 87 non è dato sapere: non si poteva lasciare la traduzione del titolo originale, La donna nella gabbia, appunto?) a dimostrazione di quanta approssimazione ci sia in tutto il copione.    

martedì 3 luglio 2018

L'affido - Una storia di violenza (Jusqu'à la garde)

anno: 2017       
regia: LEGRAND, XAVIER    
genere: drammatico    
con Denis Ménochet, Léa Drucker, Thomas Gioria, Mathilde Auneveux, Mathieu Saïkaly, Florence Janas, Saadia Bentaïeb, Sophie Pincemaille, Emilie Incerti-Formentini, Coralie Russier, Martine Vandeville, Jean-Marie Winling, Martine Schambacher, Jean-Claude Leguay, Julien Lucas, Noémie Vérot, Sabrina Larderet, Sylvain Pajot, Charlie Ballaloud, Yannick Hélary, Laurent Moreau, Valéry Calin, Marius, Anne-Gaëlle Jourdain, Jenny Bellay, Jérôme Care-Aulanier, Laurence Besson    
location: Francia
voto: 9    

Nella lunga sequenza iniziale, Antoine (Denis Ménochet, attore corpulento già al servizio di Frears, Tarantino, Ozon e Ridley Scott) e Miriam (Drucker) devono negoziare davanti al giudice (Russier), assistiti dalle rispettive avvocatesse, l'affido dei figli. La più grande (Auneveux) è prossima ai 18 anni, mentre il minore (Giora), 11enne, è il reale oggetto della contesa. La loro madre produce un documento che riporta le rimostranze del piccolo nei confronti del padre, col quale non vorrebbe passare neppure un paio di weekend al mese. Il genitore si dichiara disorientato e lascia intendere che le parole del figlio sono frutto del plagio materno. Fatto sta che il giudice gli dà corda e il ragazzino è costretto ad adeguarsi. Quello che accade dopo sarebbe un spoiler da evitare nonostante qualcosa sia intuibile già nel sottotitolo del film.
Esordio con i fuochi d'artificio del 39enne transalpino Xavier Legrand, che già aveva conquistato un Cèsar (gli Oscar francesi) con un cortometraggio e che è stato premiato a Venezia  con il Leone d'argento, premio per la migliore regia, e con il leone del futuro premio (opera prima "Luigi De Laurentiis"). Al tema, densissimo e attualissimo, delle famiglie sempre più "liquide" con tutti gli annessi e i connessi della gestione dei figli, si somma quello della violenza in famiglia. Una violenza che, nella sua dimensione fisica, nel film è lasciata sempre fuori campo (con l'eccezione dell'ultima, agghiacciante scena), mentre in quella psicologica passa attraverso subdoli meccanismi sopraffattori e manipolatori. Alla pregnanza dei contenuti Legrand somma una forma impeccabile, personalissima, che alterna lunghe sequenze a macchina ferma in campo medio ad altre davvero magistrali (su tutte, quella girata attraverso la feritoia di un bagno pubblico e quella, di tensione quasi hitchcockiana, durante una festa in cui noi spettatori capiamo che sta succedendo qualcosa, ma non sappiamo cosa, giacché la musica assordante copre volutamente le parole). Un film potentissimo, perturbante, nel quale l'unico, minuscolo neo, è quello di avviare una sottotrama che riguarda la figlia maggiore, poco funzionale al resto del racconto e solamente abbozzata.    

domenica 1 luglio 2018

Cosimo e Nicole

anno: 2012   
regia: AMATO, FRANCESCO    
genere: drammatico    
con Riccardo Scamarcio, Clara Ponsot, Paolo Sassanelli, Souleymane Sow, Giorgia Salari, Andrea Bruschi, Jo Prestia, Thierno Thiam "BILLO", Angela Baraldi    
location: Belgio, Francia, Italia
voto: 6,5    

Cosimo (Scamarcio) e Nicole (Ponsot), una studentessa francese, si conoscono in occasione della manifestazione maledetta che si tenne a Genova durante il G8, nel 2001. Scatta subito la scintilla: i due sembrano vivere una fusione totale e lui trova un'occupazione come fonico per conto di un organizzatore di concerti (Sassanelli). Le cose si complicano quando un operaio della Guinea (Sow), assunto in nero, cade da un'impalcatura. È a questo punto che il film imbocca una svolta noir (lo spunto ricorda molto quello de La promesse dei Dardenne) che fa scricchiolare il rapporto tra i due innamorati, ponendo loro questioni morali cruciali.
Dopo il mediocre Ma che ci faccio qui?, Francesco Amato torna in cabina di regia con una storia di amour fou che ha il grande merito di trattare il tema delle morti bianche sul lavoro e dei clandestini senza mai esprimere giudizi. Al contrario, cala il film - vincitore delle Prospettive italiane al festival di Roma - in una questione etica che forse scantona dall'apparente direzione iniziale dell'opera (la relazione fiammeggiante tra i due giovani), ma che si rivolve come non t'aspetti. Cast in stato di grazia. Peccato solo che sul palco salgano gruppi come Afterhours, Marlene Kuntz, Verdena e Bud Spencer Blues Explosion: d'altronde, c'è a chi piacciono…