sabato 31 gennaio 2015

Ti ricordi di me?

anno: 2014       
regia: RAVELLO, ROLANDO  
genere: commedia  
con Ambra Angiolini, Edoardo Leo, Paolo Calabresi, Susy Laude, Pia Engleberth, Lorenzo Gioielli, Ennio Fantastichini  
location: Italia, Svizzera
voto: 5  

Dopo la strepitosa commedia Tutti contro tutti, la coppia Massimiliano Bruno (sceneggiatore e soggettista) e Rolando Ravello (attore dotatissimo, ma anche regista a cottimo) ci riprova con una favola sentimentale di origine teatrale su due trentacinquenni che si conoscono perché entrambi si recano dalla stessa psicoterapeuta (Engleberth). Roberto (Leo) è un cleptomane con aspirazioni da scrittore di improbabili fiabe per bambini; Bea (Angiolini) è una maestra elementare che soffre di narcolessia, con totali perdite di memoria. La pervicacia di lui unisce mondi apparentemente inconciliabili, l'amore trionfa, i due si sposano, hanno un figlio. Ma il destino gioca alla coppia un brutto scherzo… Ancora una volta sarà la determinazione dell'uomo a riannodare i fili.
Parte in sordina, peraltro servito da un'attricetta di quart'ordine e con l'esoftalmo come Ambra Angiolini, questa favoletta metropolitana (apprezzabile la fotografia di Vittorio Omodei Zorini che evita l'effetto di una Roma da cartolina) che ha comunque dei momenti di grazia (la striscia pedonale verniciata in perpendicolare per facilitare l'attraversamento), trovate visive originali (l'album fotografico che si anima), fulminanti battute nascoste (come quella sul cantautore Pino Marino, amico della troupe: quanti l'avranno capita?) e il contrappunto della coppia che, pur stando insieme da dieci anni, non decolla mai.    

martedì 27 gennaio 2015

Still Alice

anno: 2014       
regia: GLATZER, RICHARD * WESTMORELAND, WASH
genere: drammatico
con Julianne Moore, Kate Bosworth, Shane McRae, Hunter Parrish, Alec Baldwin, Seth Gilliam, Kristen Stewart, Stephen Kunken, Erin Drake, Daniel Gerroll, Quincy Tyler Bernstine, Maxine Prescott, Orlagh Cassidy, Rosa Arredondo, Zillah Glory, Caridad Montanez, Caleb Freundlich, Charlotte Robson
location: Usa
voto: 6,5

L'occidente invecchia e le malattie allarmanti e subdole della terza età diventano oggetto di riflessione anche filmica. Per due ragioni fa parzialmente eccezione questo Still Alice. La prima è che il morbo di Alzheimer non viene diagnosticato a una persona anziana, bensì a una brillante cinquantenne (Moore), professoressa di linguistica di fama internazionale impiegata presso la Columbia University. La seconda è che - rispetto ai film che trattano con sempre maggiore frequenza il tema della malattia - stavolta non guardiamo lo scorrere degli eventi con gli occhi di chi assite il malato (come era in Amour, per esempio), bensì con quelli della protagonista, alla quale vengono dapprima a mancare nomi e concetti, per poi piombare nel calvario di una malattia che non dà scampo.
Il film di Richard Glatzer e Wash Westmoreland (già visti nel discreto La quinceañera) segue in maniera piuttosto convenzionale la traiettoria cronologica della via crucis della protagonista come fosse il diario di una brutale trasformazione che vede progressivamente svaporare la sua identità, tra figli non sempre disposti a capire e un marito affettuoso e premuroso (Baldwin) che le offre una costante solidarietà nonostante le tentazioni a non mollare i suoi impegni professionali. Servito da una Julianne Moore in stato di grazia, il film tratto dal best seller di Lisa Genova - pur soffrendo della medesima inclinazione documentaristica e di una certa propensione a ricattare emotivamente lo spettatore di film sullo stesso argomento come Away from her, Iris un amore vero, Le pagine della nostra vita e Una sconfinata giovinezza - ha un momento di potenza struggente: quando la protagonista, consapevole del baratro al quale si sta avvicinando, registra un videomessaggio per sé stessa, per ciò che dovrà fare quando la memoria sarà completamente persa. E sono proprio gli stratagemmi che la donna mette in atto per fronteggiare l'evanescenza della sua identità a rimanere impressi per l'indomabile volontà che esprimono.    

lunedì 26 gennaio 2015

The Equalizer - Il Vendicatore

anno: 2014   
regia: FUQUA, ANTOINE  
genere: noir  
con Denzel Washington, Marton Csokas, Chloe Grace Moretz, David Harbour, Haley Bennett, Bill Pullman, Melissa Leo, David Meunier, Johnny Skourtis, Alex Veadov, Vladimir Kulich, E. Roger Mitchell, James Wilcox, Mike P. O'Dea, Anastasia Mousis, Allen Maldonado, Chris Lemieux, Mike Morrell, Matt Lasky, Shawn Fitzgibbon, Vitaliy Shtabonoy, Timothy Smith, Robert Wahlberg, Steve Sweeney, Owen Burke, Luz Sanchez, John Romualdi, Johnny Messner, Patrick Coppola, William Xifaras, Jenny Johnson, Peter Haydu, Tait Fletcher, Mark Stefanich, Dan Bilzerian, Matt Leonard, Elisala Baker, Yan Dron, Meredith Prunty, Chanty Sok  
location: Russia, Usa
voto: 7,5  

Robert McCall (Washington), agente segreto ritiratosi a una vita tranquilla da quando è rimasto vedovo, ha un'idiosincrasia verso le ingiustizie. Capita così che una giovanissima prostituta (Moretz) che frequenta la tavola calda dove lui ogni sera si reca a bere qualcosa di caldo e a leggere un buon libro viene massacrata dal pappone russo che ne dispone. McCall, capace di azioni fulminee, non ci sta e scatena un inferno. Ma a Mosca - da dove viene diretto il traffico di prostituzione, droga, denaro sporco e amenità del genere - non sono molto contenti per l'accaduto e inviano un emissario sociopatico (Marton Csokas) che ha il compito di dare una lezione a McCall.
Quasi tre lustri dopo Training day, Fuqua recluta nuovamente Denzel Washington (superlativo in questo ruolo carismatico e malinconico) per un noir muscolare e avvincente, tratto dalla serie tv di Michael Sloan e Richard Lindheim, sceneggiato da Richard Wenk e girato superbamente, con grande dispendio di effetti speciali, ettolitri di finto plasma e scenografie che esaltano l'azione. Certo che se poi si va a prendere a modello La morfologia della fiaba di Propp, tutto rientra negli schemi e le sorprese sono apparentemente poche, ma in film del tutto inverosimili come questo ciò che conta sono suspense e azione - qui declinata secondo tutti i registri possibili dell'assassinio, con scantonamenti frequenti nel grand-guignol e uccisioni all'arma bianca, dal cavatappi al trapano - alle quali si aggiunge il tema della giustizia privata che dà origine alla serie televisiva e al titolo del film.    

venerdì 23 gennaio 2015

John Wick

anno: 2014       
regia: STAHELSKI, CHAD
genere: gangster
con Keanu Reeves, Michael Nyqvist, Alfie Allen, Willem Dafoe, Dean Winters, Adrianne Palicki, Omer Barnea, Toby Leonard Moore, Daniel Bernhardt, Bridget Moynahan, John Leguizamo, Ian McShane, Bridget Regan, Lance Reddick, Keith Jardine, Tait Fletcher, Kazy Tauginas, Alexander Frekey, Thomas Sadoski, Randall Duk Kim, David Patrick Kelly, Clarke Peters, Kevin Nash, Gameela Wright, Vladislav Koulikov, Munro M. Bonnell, Patricia Squire, Vladimir Troitsky
location: Usa
voto: 7

Da cinque anni John Wick (Reeves) si è ritirato dalla professione di killer a pagamento per rifarsi una vita accanto alla donna che ama. Quella donna muore di cancro e, come regalo postumo, gli regala un cagnetto che dovrebbe fungere da pet therapy. Quando un balordo, figlio del boss malavitoso per il quale John ha lavorato per anni (Nyqvist), gli ammazza la bestiola e gli porta via l'automobile, per John scatta l'ora di dissotterrare l'arsenale che ha in casa per cercare vendetta.
Di film come John Wick, che calano il gangster movie sul tema della vendetta, ne abbiamo visti a bizzeffe, da Furia e Il giustiziere della notte fino ai più recenti - e somiglianti - Parker, Taken, Giustizia privata e Old boy. Questo fumettone girato come un forsennato videogame da due registi (di cui uno soltanto accreditato) che vengono dal mondo delle controfigure ha però una marcia in più, pur non discostandosi affatto dall'impronta da B movie con tanto di supereroe solitario: l'azione è un perfetto mix tra arti marziali, inseguimenti e sparatorie acrobatiche con tanto di caricatori che finiscono quando meno te l'aspetti e a Keanu Reeves, sideralmente lontano dal personaggio del Piccolo Buddha e ormai consegnatosi in pieno all'action, è sufficiente un mimica al minimo sindacale per interpretare il suo uomo nero imbronciato e solitario a servizio di un plot violentissimo, erede della lezione di John Woo.    

Il nome del figlio

anno: 2015       
regia: ARCHIBUGI, FRANCESCA
genere: commedia
con Alessandro Gassman, Valeria Golino, Luig Lo Cascio, Rocco Papaleo, Micaela Ramazzotti, Marco Baliani, Raffaele Vannoli, Carolina Cetroli
location: Italia
voto: 4

Scordatevi Cena tra amici, il blockbuster transalpino che si è segnalato come una delle migliori commedie dell'ultimo decennio: questo remake non ha nulla a che vedere con l'originale. È necessario partire da qui per avvertire chi spera di andare al cinema per vedere una versione all'amatriciana (il film è girato nella zona del Mandrione, a Roma) del capolavoro tratto dal testo teatrale di Alexandre de la Patellière e Matthieu Delaporte.
Francesca Archibugi, che non si vedeva al cinema da oltre un lustro (Questione di cuore), ha cercato di declinare il film di secondo i cliché dell'italianità, mancando completamente il bersaglio, a dispetto del tentativo di giocare nuovamente la carta della coppia Gassman-Lo Cascio, reduce dal successo al botteghino de I nostri ragazzi. E così vai con i flashback inutili mirati a ricostruire il lignaggio da ebreo illustre del padre di due dei protagonisti e con la messa alla berlina della sinistra ipocrita, salottiera, snob e radical chic con la casa piena zeppa di libri nel quartiere gentrificato e con l'edonismo sfrenato della destra.
Lo spunto narrativo è quello di un invito a cena: il fratellone destrorso (Gassman) si reca a casa della sorella frustrata (Golino) e del marito di lei (Lo Cascio), professore universitario. Tra i commensali ci sono anche un amico (Papaleo) e la moglie del fratellone (Ramazzotti), bambolona apparentemente acefala che arriva in ritardo perché impegnata nella presentazione di un libro di un livello letterario che farebbero sembrare le barzellette di Totti roba da premio Pulitzer. Una discussione partita da uno scherzo (annunciando che il bebè in arrivo si chiamerà Benito, così come era Adolfo in Cena tra amici) degenera in una serie di recriminazioni incrociate, rivendicazioni e scheletri brutalmente tirati fuori dall'armadio in una logomachia di tutti contro tutti.
Se nel film francese qualche battuta sfuggiva per il troppo ridere, qui si rimane ammutoliti davanti a tanto spreco di parole, alle psicologie binarie (pretestuosamente arricchite da idiomi comportamentali, dalla ginnastica isometrica al tweet compulsivo) e ai movimenti in perenne volteggio della macchia da presa con tanto di drone domestico e Il nome del figlio, piuttosto che sembrare un remake del cugino gallico, pare la copia sbiadita e manierata de La terrazza, il capolavoro di Scola. Sicché in un film che si concede anche un imbarazzante trenino sulla note di Telefonami tra vent'anni di Lucio Dalla, le uniche cose che si salvano sono le immagini aeree iniziali, la recitazione del quintetto protagonista e il parto dal vero di Micaela Ramazzotti, filmata dentro la sala ospedaliera.    

mercoledì 21 gennaio 2015

Chi è senza colpa (The drop)

anno: 2014       
regia: ROSKAM, MICHAEL R.  
genere: thriller  
con Tom Hardy, Noomi Rapace, James Gandolfini, Matthias Schoenaerts, John Ortiz, Elizabeth Rodriguez, Michael Aronov, Morgan Spector, Michael Esper, Ross Bickell, James Frecheville, Tobias Segal, Patricia Squire, Ann Dowd, Chris Sullivan, Lucas Caleb Rooney, Jeremy Bobb, James Colby, Mike Houston, Michael O'Hara, Scott Johnsen, David Brown, Jessica Tate, John Di Benedetto, Robert Turano, Erin Darke, Khan Baykal, Jack Dimich, Danny McCarthy, Cathy Trien  
location: Usa
voto: 3  

Un tranquillo e solitario barista di Brooklyn (Hardy) si trova al centro di un traffico di denaro sporco che passa a rotazione per vari bar del luogo. Dopo avere subito una rapina al cospetto di suo cugino (Pandolfini), gestore del locale, l'uomo si trova a dover fronteggiare una situazione ancora più spinosa.
Distribuito in Italia direttamente su dvd - il che mostra una certa avvedutezza da parte degli esercenti nostrani - il film ripropone la figura di Tom Hardy nella veste di loner (come nel precedente Locke) al servizio di un copione fiacchissimo capace soltanto di partorire la scialba sorpresina del finale.    

martedì 20 gennaio 2015

La buca

anno: 2014       
regia: CIPRI', DANIELE
genere: grottesco
con Sergio Castellitto, Rocco Papaleo, Valeria Bruni Tedeschi, Jacopo Cullin, Ivan Franek, Teco Celio, Sonia Gessner, Lucia Ocone, Giovanni Esposito, Fabio Camilli, Carlo De Ruggieri, Fabrizio Falco, Barbara Chiesa, Silvana Bosi, Emmanuel Dabone, Lucia Lisboa, Valentina Bellè, Michele Nani, Elisa Di Eusanio, Gennaro Diana, Gordana Miletic, Luigi Carista, Antonietta Bello, Simone Sabani, Nino Scardina, Giovanni Antonio Ramunni, Simona Manganaro, Silvana Fallisi, Amedeo Pagani, Mauro Spitalieri, Moisè Curia, Gabriele Gattini, Jacopo Troiani, Alan Marin
location: Italia
voto: 2

A Ciprì piacciono i dettagli: nel suo esordio solista (È stato il figlio) l'origine di tutto era un graffio sull'automobile; qui una buca (utilizzata anche in senso metaforico) che è l'ennesimo pretesto per Oscar (interpretato da un Castellitto survoltato), avvocato parassita e scorbutico, per cercare di arraffare soldi con un suo assistito. Ma l'occasione ghiotta sembra arrivare con il morso di un cane, pretestuoso e del tutto inventato, per il quale chiede un risarcimento al suo presunto padrone (Papaleo). Peccato che il malcapitato sia un povero diavolo appena uscito dalla galera dopo una detenzione ingiusta di 27 anni. Compreso che dall'uomo non rimedierà un quattrino, l'avvocato mira ancora più in alto, a un maxirisarcimento per l'ingiusta pena subita.
Mentre Franco Maresco continua a sfornare lavori da incorniciare (Io sono Tony Scott, Belluscone), il suo sodale di un tempo passa dal grottesco del film precedente al cinema barzelletta: in un'ambientazione fuori dallo spazio e dal tempo, la trama si affastella su una serie di situazioni rabberciate che fanno rimpiangere il cinema di Boldi e De Sica (d'altronde basta guardare i suoi complici in fase di sceneggiatura per spiegare il livello: Alessandra Acciai, Massimo Gaudioso e Miriam Rizzo). Non bastasse, gli attori sembrando recitare senza guida, Castellitto non è mai stato tanto sopra le righe, Papaleo ha la solita espressione beota e le uniche cose decenti - in un plot narrativo insulso e sconclusionato, mai avvincente, che restituisce la sensazione di un film che non riesce a decollare - sono le animazioni sui titoli di testa, in stile anni '60, e la direzione della fotografia dello stesso Ciprì: l'unico ruolo che farebbe bene a conservare al cinema (vedi Tano da morire, Vincere, Alì ha gli occhi azzurri e La trattativa).    

lunedì 19 gennaio 2015

The Imitation Game

anno: 2014       
regia: TYLDUM, MORTEN 
genere: biografico 
con Benedict Cumberbatch, Keira Knightley, Matthew Goode, Rory Kinnear, Allen Leech, Matthew Beard, Charles Dance, Mark Strong, Alex Lawther, Tuppence Middleton, Tom Goodman-Hill, Steven Waddington, James Northcote, Jack Bannon, Jack Tarlton, Ilan Goodman 
location: Regno Unito
voto: 7 

All'inizio della seconda guerra mondiale i servizi segreti britannici reclutarono enigmisti, matematici, campioni di scacchi ed esperti di linguistica per cercare di decrittare il complicatissimo codice di Enigma, la macchina che i tedeschi usavano per cifrare i messaggi con i quali venivano pianificate le azioni belliche. Alla squadra che aveva avviato il lavoro senza risultati si unì il genio di Alan Turing (interpretato da Benedict Cumberbatch, che avevamo visto esordire a fianco di Keira Knightley in Espiazione e poi interpretare un altro eroe digitale ne Il quinto potere), il progenitore del moderno computer, l'uomo grazie al quale le forze alleate fermarono l'avanzata nazista, ribaltando l'esito del conflitto. Quell'uomo dalla pubertà difficile - gli anni della scuola vengono raccontati in flashback - di origini ebraiche, asociale e tracotante ma di un'intelligenza sconfinata, omosessuale e costretto a un matrimonio di facciata con una sua brillante collaboratrice e complice (la solita, insopportabile Keira Knightley, tutta mossette e sorrisetti), terminò la sua vita difficile - tra le accuse di doppiogiochismo con i russi (false) e quelle di omosessualità (vere) - con il suicidio, a soli 41 anni, mangiando una mela al cianuro (vi dice niente il marchio della Apple?).
Partendo dalla biografia scritta da Andrew Hodges, il regista norvegese Morten Tyldum realizza un film dall'impianto assai classico ma avvincente, che coniuga la diffidenza atavica dei servizi segreti con quella di una società parruccona che costringeva gli omosessuali alla castrazione chimica, criminalizzandoli, e discriminando anche le donne. Il film ha l'indubbio merito di avere portato sul grande schermo la biopic di una delle figure più importanti dell'ultimo secolo, capace di salvare con la sua invenzione (un gigantesco macchinario elettronico chiamato Christopher) milioni di vite umane e, in seguito, di cambiare quelle di noi tutti.
Premiato come miglior film al festival di Toronto.    

domenica 18 gennaio 2015

Pride

anno: 2014       
regia: WARCHUS, MATTHEW
genere: commedia
con Bill Nighy, Imelda Staunton, Dominic West, Paddy Considine, George MacKay, Joseph Gilgun, Andrew Scott, Ben Schnetzer, Chris Overton, Faye Marsay, Freddie Fox, Jessica Gunning, Joshua Hill, Lisa Palfrey, Liz White, Monica Dolan, Rhodri Meilir, Nia Gwynne, Kyle Rees, Karina Fernandez, Jessie Cave, Matthew Flynn, Menna Trussler, Jack Baggs, Joseph Wilkins, Bryan Parry, Derek Barr, Abram Rooney, Sophie Evans
location: Regno Unito
voto: 5

L'offensiva della Thatcher a suon di liberismo sfrenato e privatizzazione delle grandi imprese pubbliche nel 1984 mise alle strette i minatori di mezzo Regno Unito, che iniziarono uno sciopero a oltranza bloccando per un intero anno la produzione del carbone. Ai minatori si unì un gruppo di omosessuali che sotto l'acronimo di LGSM (Lesbiche e Gay a sostegno dei minatori) spalleggiò la campagna di sensibilizzazione per la condizione dei minatori, raccogliendo fondi ingenti e cavalcando l'onda della comune discriminazione in termini di diritti civili e sindacali ("Thatcher, polizia e stampa di destra: abbiamo gli stessi nemici", chiarisce uno di loro) e sfidando un muro di pregiudizi e l'imbarazzo di una comunità gallese in buona parte retrograda e parruccona.
Tratto da una storia vera, Pride, opera seconda di Matthew Warchus dopo Inganni pericolosi, è il più classico dei film che programmaticamente vogliono arrivare al grande pubblico a suon di carinerie e buoni sentimenti con l'occasione del tema impegnato: un film à là Ken Loach in sedicesimi, dunque, ma più sulla falsariga di Full monty e Billy Elliot che di Grazie, Signora Thatcher e Paul, Mick e gli altri. Warchus fa di tutto affinché il ciglio rimanga umido per gran parte del film, innesta in esso un siparietto musical a completare il debordare della musica di Christopher Nightingale e firma un copione (con Stephen Beresford) che richiede agli attori (tutti straordinari) risate continue. E quando gli attori ridono troppo, il pubblico non si diverte e l'innesco non funziona: tutto troppo macchiettistico, pretestuoso, edificante, con sottotrame bozzettistiche  (il giovane gay che non parla in famiglia, la lesbica sola, l'AIDS che serpeggia nella comunità omosessuale, le "conversioni" coatte, il coming out) e un tono concitato e scanzonato messo a servizio di una trama disordinatissima che su Pane e rose (l'espressione che si usa per indicare gli scioperi a oltranza) avrebbe potuto scegliere una strada meno ilare e più composta.    

venerdì 16 gennaio 2015

Hungry hearts

anno: 2014       
regia: COSTANZO, SAVERIO
genere: drammatico
con Alba Rohrwacher, Adam Driver, Roberta Maxwell, Al Roffe, Geisha Otero, Jason Selvig, Victoria Cartagena, Jake Weber, David Aaron Baker, Nathalie Gold, Victor Williams
location: Usa
voto: 6

La domanda che sorge spontanea vendendo il quarto film di Saverio Costanzo, il secondo consecutivo sul tema dell'anoressia è: ma vuoi vedere che questa fissazione sui corpi scarnificati dipende dalla paura che suo figlio debba indossare una camicia coi baffi e che il fidanzamento con scocchiazeppi Rohrwacher abbia alimentato certe fobie? Già, perché dopo il mediocre La solitudine dei numeri primi, uno dei tre film sui quattro realizzati finora a essere tratto da un'opera letteraria, anche stavolta troviamo una desolante storia di amore malato segnato dall'inedia volontaria. Che non è solo quella della madre (Rohrwacher), ma anche quella del "bambino indaco" (titolo del romanzo di Marco Franzoso da cui ha origine il film) che questa ha messo al mondo: un bambino che viene cresciuto nella quasi totale assenza di cibo, nella convinzione che abbia poteri speciali e che vada cresciuto lontano dai medici, dalle proteine e dalla luce del sole. Sicché quell'amore nato nella trappola del bagno di un ristorante cinese si trasforma in un'altra trappola: quella nella quale precipita Jude (interpretato da Adam Driver, già visto in A proposito di Davis), allegorizzata dai grandangolari eccezionalmente spinti e sporchi che esaltano la dimensione claustrofobica della messa in scena (sembrano evidenti i riferimenti a Rosemary's baby e L'inquilino del terzo piano). Un escamotage servirà al padre, pur blandito e innamorato della sua compagna, a portare il piccolo al riparo dalla nonna (Maxwell), fino a quando non interviene la magistratura prima del finale in chiave poliziesca.
Gli spazi chiusi continuano a rimanere l'ossessione di un regista dalle grandi potenzialità: prima la casa di Private, poi il convento di In memoria di me, in seguito quello intimo dei corpi flagellati de La solitudine dei numeri primi, la serie televisiva In treatment e ancora una casa-prigione nel suo primo film americano. Ma stavolta il tema di fondo trova una collocazione incerta (colpa del romanzo?), le ossessioni della madre purificatrice rimangono abbozzate e senza fondamento e il film, che pure pare avere notevoli ambizioni da cinema d'essai, si trasforma nella seconda parte in un thriller banalotto e sbrigativo.
Comunque strameritate le due coppe Volpi alla Mostra di Venezia assegnate ad Adam Driver e ad una Alba Rohrwacher che non sbaglia un colpo. Premio Pasinetti speciale per la regia alla 71. mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia (2014).    

domenica 11 gennaio 2015

Aracnofobia (Aracnophobia)

anno: 1990   
regia: MARSHALL, FRANK 
genere: horror 
con Jeff Daniels, Harley Jane Kozak, John Goodman, Julian Sands, Stuart Pankin, Brian McNamara, Mark L. Taylor, Henry Jones, Peter Jason, James Handy, Roy Brocksmith, Kathy Kinney, Mary Carver, Garette Ratliff Henson, Marlene Katz, Jane Marla Robbins, Theo Schwartz, Cori Wellins, Chance Boyer, Frances Bay, Lois De Banzie, Warren Rice, Robert Frank Telfer, Michael Steve Jones, Fiona Walsh, Terese Del Piero, Nathaniel Spitzley, Jay Scorpio, Mai-Lis Kuniholm, Robert 'Bobby Z' Zajonc 
location: Venezuela, Usa
voto: 6,5 

Il genere horror ha quasi sempre espresso le paure di un'epoca, metaforizzandole. Negli anni '90 l'affermazione planetaria di scienza e tecnologia aveva visto sorgere già da qualche tempo la società del rischio, che da Three Miles Island a Chernobyl, passando per l'Apollo 13, metteva a nudo gli effetti collaterali del nuovo Prometeo. Va nella stessa direzione anche questo thriller dell'orrore firmato dall'esordiente Frank Marshall, che parte da una spedizione in Venezuela voluta da un entomologo fanatico (Sands). Il fotografo dell'equipe muore, ucciso da un enorme ragno, e la sua salma  viene rimpatriata negli Stati Uniti. Il problema è che nella bara ha viaggiato lo stesso ragno, il quale è andato a nidificare presso una cascina dove si è appena domiciliato un medico condotto (Daniels) con la sua famiglia. Dopo alcune morti sospette, l'uomo vuole vederci chiaro, nonostante soffra di aracnofobia. Non impiegherà molto a capire che quelle morti sono imputabili ai ragni.
Come per Cujo e Monkey shines, la metafora della scienza che oltrepassa i limiti viene affidata alla furia animale. Con Aracnofobia il mix tra suspense, ironia e apologo orrorifico si coagula in un prodotto di genere ben riuscito, che propone in filigrana il sottotema della dialettica tra città e campagna.    

sabato 10 gennaio 2015

Come fare soldi vendendo droga (How To Make Money Selling Drugs)

anno: 2012   
regia: COOKE, MATTHEW   
genere: documentario   
con Woody Harrelson, Susan Sarandon, Eminem, 50 Cent, David Simon, Russell Simmons, Arianna Huffington, Matthew Cooke, Bobby Carlton, Freeway Rick Ross, Pepe, Joe Gilbride, Barry Neal Cooper, Brian O'Dea, Skipp Townsend, Mr. X, Mike Walzman, Jim Gray, R. Gil Kerlikowske, Eric Sterling, Raymond Madden, Keith Crossan, Yolanda Madden, Patrick Reynalds, Alexandra Natapoff, Neil Franklin, Howard Wooldridge, Radley Balko, John E. Harriel Jr.   
location: Usa
voto: 7   

È concepito come un sardonico gioco a più livelli - da come iniziare facendo il piccolo spacciatore fino a diventare un boss a comando di un cartello - questo documentario dichiaratamente satirico a partire dal titolo, nel quale si dà conto di quanto possa essere redditizio lo smercio di droga non solo per i narcotrafficanti, ma anche per tutto ciò che gravita intorno al mondo della droga, a partire dagli interessi governativi. Il dinamicissimo film realizzato da Matthew Cooke scoperchia i sepolcri imbiancati (dalla cocaina, ma anche la marijuana fa la sua porca figura, essendo il prodotto coltivato più redditizio in USA) facendo ricorso ad alcuni testimonial che sono riusciti a raggiungere cifre da capogiro (parliamo di 1000 dollari all'ora; in alcuni casi di 1 o 2 milioni di dollari al giorno) grazie alla droga, svelando i retroscena più incredibili che vanno dallo spaccio domestico alla corruzione degli agenti federali fino alla manipolazione dei processi. Ma il giocatore più forte in campo non sono i dealer o gli spacciatori: è il governo americano, che prima con Harry Anslinger e quindi con Richard Nixon e Ronald Reagan ha usato il proibizionismo come leva per far girare quattrini smisuratamente a proprio vantaggio (oggi il Governo a stelle e strisce spende 25 miliardi di dollari all'anno per la guerra alla droga, istituendo anche un un'apposita squadra antidroga come la DEA). Risultati? 9 banconote su 10 negli States portano traccia di cocaina mentre il 25% dei detenuti del mondo sono americani (ma solo il 5% della popolazione lo è) e di questi, il 90% sono afroamericani o latini (ma i maggiori consumatori sono i bianchi). Insomma, la droga e il proibizionismo sono - è questa il teorema proposto dal documentario - armi affilatissime per portare la guerra dei ricchi contro i poveri e ribadire una qualche forma di discriminazione anche su base razziale. Non è un caso che l'incremento di carcerazioni sia coinciso proprio con gli anni '70, quando si sono visti i primi segnali dell'offensiva dei ricchi del mondo contro i poveri del mondo. Nel frattempo, l'alcool continua a essere venduto tranquillamente…    

venerdì 9 gennaio 2015

Nick Cave - 20.000 Days on earth

anno: 2014       
regia: FORSYTH, IAIN * POLLARD, JANE   
genere: documentario   
con Nick Cave, Susie Bick, Warren Ellis, Darian Leader, Ray Winstone, Blixa Bargeld, Kylie Minogue, Arthur Cave, Earl Cave, Thomas Wydler, Martyn Casey   
location: Australia, Regno Unito
voto: 4,5   

Prendete un 57enne che ha vissuto su per giù 20.000 giorni (quelli del titolo) e fatevi raccontare la sua giornata-tipo. Quel 57enne potrebbe essere Nick Cave, rockstar australiana trasferitasi in Inghilterra, Paese dal quale è poi nato il suo successo planetario. Il problema è che la sua giornata-tipo - con tanto di seduta (fasulla: si vede lontano un miglio) dallo psicoterapeuta, pranzo a casa del suo barbutissimo amico e collaboratore Warren Ellis e giri senza sosta in auto (ora con a fianco Ray Winstone, attore e amico, ora con Blixa Bargeld, con lui nei Bad Seeds, ora da solo) - è meno interessante di quella del fruttivendolo egiziano che smercia verdure avvizzite sotto casa mia. Il documentario - pur girato benissimo dai due filmmakers australiani Iain Forsyth e Jane Pollard, con ottima scelta delle luci, fotografia superba e montaggio efficace - procede rapsodicamente in un mare di chiacchiere inutili, una sorta di verboso flusso di coscienza nel quale gli unici elementi di interesse sono i ricordi della vita da giovane tossicodipendente frequentatore di chiese del protagonista, una riflessione su identità e memoria, la rievocazione dell'epoca punk vissuta col suo primo gruppo, i Birthday Party, il racconto della continua ebbrezza da palcoscenico e qualche aneddoto come quello dello spettatore che non trovò di meglio che urinare sul palco durante un concerto dei Bad Seeds, con conseguente reazione non esattamente misurata di Mick Harvey, polistrumentista al fianco di Cave per anni. Ma l'insieme non dice nulla di interessante a chi già conosce il tenebroso e sciamanico artista australiano, né fornirà alcun quadro d'insieme a chi, al contrario, non ne sa nulla. Sicché le cose migliori del documentario sono la durata (relativamente breve) e gli intervalli puramente musicali, fatta eccezione per l'ultimo, registrato dal vivo con un audio indecoroso, non degno neppure di un filmato amatoriale.    

mercoledì 7 gennaio 2015

Non-Stop

anno: 2014   
regia: COLLET-SERRA, JAUME
genere: giallo
con Liam Neeson, Julianne Moore, Scoot McNairy, Michelle Dockery, Nate Parker, Corey Stoll, Lupita Nyong'o, Omar Metwally, Jason Butler Harner, Linus Roache, Shea Whigham, Anson Mount, Quinn McColgan, Corey Hawkins, Frank Deal, Bar Paly, Edoardo Costa, Jon Abrahams, Amanda Quaid, Beth Dixon, Cameron Moir, Lars Gerhard, Oliver Lehne, Michael Thomas Walker, Pat Kiernan, Annika Pergament, Victoria Arbiter, Jefrey Pollock, Hank Sheinkopf, Dani de Waal, Adi Hanash
location: Islanda, Usa
voto: 7

Niente di nuovo sul fronte del genere "Liam Neeson" (La preda perfetta, Taken), però stavolta la formula funziona. Siamo dalle parti della serie Airport, di Con Air, di Flightplan o di Snakes on a plane, scegliete voi. Al centro della vicenda c'è un agente federale (Neeson, appunto), addetto alla sicurezza aerea impegnato in un volo intercontinentale da New York a Londra. Pochi minuti dopo il decollo l'uomo viene tempestato da messaggi che gli impongono di far versare dal Governo americano 150 milioni di dollari, altrimenti ogni 20 minuti sarà uccisa una persona. L'agente federale cerca di tenere la situazione sotto controllo ma ci scappa il primo  morto, poi il secondo e anche il terzo finché non si capisce che il vero problema è che a bordo un fanatico ha messo una bomba. Al Pentagono sono convinti che il responsabile sia proprio l'agente federale, mentre i passeggeri si insospettiscono con inevitabili parapiglia e ribaltamenti di fronte. Vietato raccontare il finale.
Il tandem Collet-Serra + Nesson, che aveva messo a segno un thriller di buona fattura come Unknown, ci riprova con un action movie nel quale ancora una volta il perno narrativo è l'ambiguità identitaria del protagonista. Film fracassone, muscolare e con molti colpi di scena, Non-stop è l'ennesima variante sul tema delle ansie post 11 settembre.    

giovedì 1 gennaio 2015

American Sniper

anno: 2015       
regia: EASTWOOD, CLINT 
genere: guerra 
con Bradley Cooper, Kyle Gallner, Cole Konis, Ben Reed, Elise Robertson, Luke Sunshine, Troy Vincent, Brandon Salgadotelis, Keir O'Donnell, Marnette Patterson, Jason Hall, Billy Miller, Leonard Roberts, Jason Walsh, Reynaldo Gallegos, Kevin Lacz, Jake McDorman, Cory Hardrict, Eric Ladin, Sienna Miller, Brando Eaton, James Ryen, Luke Grimes, Jonathan Kowalsky, Shane Habberstad, Sammy Sheik, Kevin Ryan, Evan Gamble, Benjamin Mathes, Tim Griffin, Luis Jose Lopez, Brian Hallisay, Erik Aude, Jad Mhidi Senhaji, Navid Negahban, Fehd Benchemsi, Eric Close, Zack Duhame, Mido Hamada, Kathe Mazur, Sam Jaeger, Chance Kelly, Ryan Sadaghiani, Ayman Samman, Assaf Cohen, Fahim Fazli, Salah Salea, Hector Bucio, Aidan McGraw, Jonathan Groff, Melissa Hayden, Ferguson Reid, Mark Thomason, Pamela Denise Weaver, Amie Farrell, Quay Terry, James D. Dever, Tami Goveia, Leon Charles Farmer, Paul Meixner, Victoria Reina Sigloch, Joel Lambert, Owain Yeoman, Tony Nevada, Brett Edwards, Nick Salter, Ricky Ryba, Greg Duke, Max Charles, Jet Jurgensmeyer, Madeleine McGraw, Elizabeth Schmidt, Robert Clotworthy, Bryan Anderson, Jacob Schick, Wade White, Anthony Jennings, Vincent Selhorst-Jones  
location: Iraq, Usa
voto: 9 

La storia del "più letale cecchino della storia americana" è quella di Chris Kyle (Copper), emblema del wasp che all'indomani dell'11 settembre decise di arruolarsi con i Seals, i corpi speciali dell'esercito americano, per andare a combattere in Iraq assumendo la difesa dei suoi compagni come una missione vitale, che col tempo avrebbe adombrato persino la vita familiare. Quattro turni distanziati negli anni, oltre 1000 giorni complessivi di stazionamento in Iraq, un occhio posato su qualsiasi genere di orrore (intollerabile la vista del ragazzino torturato a colpi di trapano) e l'altro perennemente incollato al mirino di un fucile ad altissima precisione, destinato a uccidere quasi duecento nemici.
Si scrive "regia di Clint Eastwood" e si legge ormai quasi automaticamente "capolavoro". Il più grande regista vivente - e forse, lasciatemi esagerare, il più grande regista di tutti i tempi - a 84 anni continua a sfornare opere preziose, capaci di raccontare l'America come nessun altro. Ancora una volta troviamo i topoi classici del suo cinema: l'individuo come perno del racconto, lo scontro tra maschi, il patriottismo, la riflessione morale e civile sull'America, sulle sue contraddizioni, sulla mitografia di una nazione che ha rotto il patto originario con i suoi padri, lo stile classico e sobrio (mai come stavolta eccezionalmente dinamico e pulsante, con una tensione senza sosta dalla prima all'ultima scena). Tutto a servizio di un'epica dell'eroismo capace di mettere in mostra le luci (apparenti) e le tante ombre di un personaggio realmente vissuto e visto in patria come un eroe (lo chiamavano "la leggenda"), un fanatico del proiettile, vagamente paranoico, indottrinato prima dal padre a suon di Bibbia, patria e famiglia e poi dai più alti in grado con uno stile nel quale è riconoscibile l'addestramento dei soldati americani in vista della guerra in Vietnam del Kubrick di Full metal jacket.