lunedì 31 dicembre 2012

Classifiche 2012: top 10

I 10 film più belli usciti nel 2012

One day on Earth (2012) di Kyle Ruddick
Amour (2012) di Michael Haneke
Marina Abramovic: The Artist Is Present (2012) di Matthew Akers
Gli equilibristi (2012) di Ivano De Matteo
...E ora parliamo di Kevin (We Need to Talk About Kevin) (2010) di Lynne Ramsay
Tutti i nostri desideri (Toutes nos envies) (2012) di Philippe Lioret
ACAB - All Cops Are Bastards (2012) di Stefano Sollima
Henry (2011) Alessandro Piva
Il Cavaliere Oscuro - Il ritorno (The Dark Knight Rises) (2012) di Christopher Nolan
Bella addormentata (2012) di Marco Bellocchio


I 10 libri più interessanti letti nel 2012

Alessandro Baricco, Una certa idea di mondo. I migliori cinquanta libri che ho letto negli ultimi dieci anni, 2012, La Repubblica (saggistica generale)
Donata Francescato, Quando l'amore finisce, 2012, Il Mulino (psicologia)
Loretta Napoleoni, Il contagio. Perché la crisi economica rivoluzionerà le nostre democrazie, 2011, Rizzoli (economia)
Raffaele Simone, Presi nella rete. La mente ai tempi del web, 2012, Garzanti (comunicazione)
Giovanni Ciofalo, Infiniti anni Ottanta. Tv, cultura e società alle origini del nostro presente, 2011, Mondadori (comunicazione)
Maria Cristina Saccuman, Biberon al piombo. L'impatto dell'inquinamento sulla salute dei bambini, 2012, Sironi (scienze)
George Ritzer, La religione dei consumi, 1999, Il Mulino (sociologia)
Stefano Pivato, Il secolo del rumore. Il paesaggio sonoro del Novecento, 2011, Il Mulino (storia)
Luca Davico e Luca Staricco, Trasporti e società, 2006, Carocci (sociologia)
Carlo Lucarelli e Massimo Picozzi, Sex crimes. Storia di passioni morbose e di efferati delitti, 2011, Mondadori (psicologia)


I 10 dischi più belli ascoltati nel 2012

Bill Fay - Life Is People
Kevin Tihista - On This Dark Street
Alt-J - An Awesome Wave
Jakob Bro - Time
Eivind Aarset - Dream Logic
Lars Danielsson - Liberetto
Benedikt Jahnel - Equilibrium
Enrico Rava - On The Dance Floor
Jack Savoretti - Before The Storm
Robin Jackson - Dust Diaries

domenica 30 dicembre 2012

Là-bas - Educazione criminale

anno: 2011   
regia: LOMBARDI, GUIDO 
genere: gangster 
con Kader Alassane, Moussa Mone, Esther Elisha, Billy Serigne Faye, Fatima Traore, Alassane Doulougou, Salvatore Ruocco, Franco Caiazzo, Gaetano Di Vaio, Marco Mario de Notaris 
location: Italia
voto: 6

Il 18 settembre del 2008 un gruppo di camorristi affiliato al clan dei Casalesi fece una strage di ragazzi africani presso una sartoria di Castel Volturno. Uno di loro sopravvisse fingendosi morto e risultando decisivo per le testimonianze del processo. Le indagini dimostrarono che nessuno dei morti era legato alla camorra né tanto meno alla mafia nigeriana, che sul posto gestiva droga e prostituzione. L'esordiente Guido Lombardi racconta quell'episodio orribile con un film che sta a metà strada tra ricostruzione documentaristica e finzione, parente alla lontana di Gomorra di Garrone. Al centro della vicenda c'è Yssouf (Alassane), che si arrabatta come può vendendo fazzoletti ai semafori fino a quando non viene ingaggiato da quel piccolo boss locale che è diventrato suo zio (Mone). Quando il ragazzo si trasforma in un corriere della droga cominciano i guai seri.
Lombardi ricostruisce con grande verismo gli ambienti degradati dell'hinterland casertano e le condizioni di miseria dei neri sfruttati e spesso vestiti solo con tute acetate, mostrando altresì sensibilità antropologica nel documentare le abitudini religiose e la determinazione verso l'integrazione nel tessuto sociale di quella parte di immigrati non disposti a scendere a compromessi con la criminalità organizzata. Al film, che pure ha fatto incetta di premi (tra questi, il Leone del futuro-premio opera prima "Luigi De Laurentiis" al festival di Venezia), manca soltanto un pizzico di ritmo e un po' più di coraggio nella scelte di regia, per quanto resti apprezzabile il tentativo di restituire per intero la Babele linguistica di un luogo dove la lingua italiana serve soltanto da ponte tra idiomi diversi. Il che ha reso necessario sottotitolare l'intero film.     

venerdì 28 dicembre 2012

Poor cow

anno: 1968   
regia: LOACH, KEN  
genere: drammatico  
con Carol White, John Bindon, Terence Stamp, Queenie Watts, Kate Williams, Ray Barron, Hilda Barry, James Beckett, Laurie Asprey, Kenneth Campbell, Ron Clarke, Gladys Dawson, Terry Duggan, Rose Hiller, Winnie Holman, Malcolm MacDowell  
location: Regno Unito
voto: 3,5

Il film d'esordio di Ken Loach, quando ancora si firmava col suo nome per intero (Kenneth) è datato 1967, e già conteneva in nuce gli elementi che avrebbero caratterizzato tutto il suo cinema: i diseredati, le periferie, la classe operaia, la giustizia. Qui siamo nei sobborghi di Londra, dove Joy (White) è costretta a crescere da sola il suo bambino, in quanto il suo compagno (Bindon), uomo dispotico e brutale, è finito in carcere. La ragazza cerca di sbarcare il lunario come può, passando dal fare la cameriera alla fotomodella, si lega a un amico del marito (Fuller), ma anche quest'ultimo, dopo un po', finisce in galera per via di un furto. Suo marito uscirà di prigione di lì a poco…
Melodramma a sfondo sentimentale tratto dal romanzo Povero amore mio di Nell Dunn, con voce off della stessa protagonista, didascalie che scandiscono il racconto come fosse una sorta di autoconfessione e intermezzi di forte impronta documentaristica che conciliano il sonno. Il cinema di Loach era ancora acerbo, ma i suoi tasselli essenziali erano già ben visibili. Indimenticabili le canzoni di Donovan che accompagnano il film.    

giovedì 27 dicembre 2012

La parte degli Angeli (The Angels' Share)

anno: 2012   
regia: LOACH, KEN
genere: commedia
con Paul Brannigan, John Henshaw, Gary Maitland, Jasmin Riggins, William Ruane, Roger Allam, Siobhan Reilly, Chooye Bay, Paul Birchard, James Casey, Roderick Cowie, Paul Donnelly, Scott Dymond, Nick Farr, David Goodall, David Graham, Finlay Harris, John Joe Hay, Barrie Hunter, Kasumi Kitano, Scott Kyle, Lynsey Lawrie, Lorne MacFadyen, Charles MacLean, Joy McAvoy, Alison Mcginnes, Lynsey-Anne Moffat, Daniel Portman, Jim Sweeney, Dai Tabuchi, Gordon Taylor, Fernando Velasquez, Robert J. Goodwin
location: Regno Unito
voto: 7,5

C'è tutto il cinema di Loach in questa commedia drammatica ambientata nei dintorni di Glasgow: la periferia, gli emarginati, la lotta di classe, la voglia contagiosa di giustizia ed equità sociale. Eppure, nonostante gli ingredienti siano ancora una volta gli stessi, il cinema del grandissimo maestro britannico continua a pompare vitalità, dinamismo e una capacità di raccontare come pochi altri.
Un gruppo di trentenni con le fedine penali non proprio immacolate, tutti condannati a svariate ore di lavori socialmente utili in luogo della galera, si trovano sotto l'egida di un educatore benevolo. Tra un lavoro di muratura e l'altro, arriva il giorno del diversivo: andare alla degustazione di whisky di qualità eccellente (il titolo del film deriva proprio da quel 2% di scotch contenuto nelle botti e che ogni anno evapora). Uno di loro (Brannigan), appena diventato padre e perseguitato dagli amici del ragazzo che ha picchiato a sangue e che lo ha portato al processo, scopre di avere un naso raffinatissimo per il whisky. Comincia così a coltivare il suo talento fino a quando non gli viene un'idea geniale: trafugare il contenuto di una botte che vale più di un milione di sterline quando questa viene messa all'asta. Indossato il kilt, con i suoi sodali tenta allora un'operazione all'apparenza impossibile.
Film corale a metà strada tra I soliti ignoti e Full Monty, giocato in gran parte sulla contrapposizione di classe, La parte degli angeli ricorda altri film corali del regista britannico, come Paul, Mick e gli altri. Costellato da battute fulminanti, il film lascia a bocca per la compassione che Loach prova per i suoi personaggi, per la poesia con cui riesce a riportarli dai bassifondi dell'esistenza al riscatto sociale, mostrandoci il lato buono che si nasconde dietro le loro intemperanze. E ha del miracoloso ciò che il regista riesce a ottenere dai suoi attori, ancora una volta presi dalla strada e ancora una volta capaci di un realismo che lascia il segno.
Premio della giuria al 65. festival di Cannes (2012).    

mercoledì 26 dicembre 2012

End of Watch - Tolleranza zero

anno: 2012   
regia: AYER, DAVID
genere: poliziesco
con Jake Gyllenhaal, Michael Peña, Natalie Martinez, Anna Kendrick, David Harbour, Frank Grillo, America Ferrera, Cle Shaheed Sloan, Jaime FitzSimons, Cody Horn, Shondrella Avery, Everton Lawrence, Leequwid 'Devil' Wilkens, James 'Pistol' McNeal, Zone, Alvin Norman, Richard Cabral, Diamonique, Maurice Compte, Yahira Garcia, Manny Jimenez Jr., Nikki Nicholle Barreras, Michael Monks, Hugh Daly, Kristy Wu, David Castaneda, Candace Smith, Serene Branson, Ramon Camacho, Kevin Vance, Corina Calderon, Eric Garcetti, David Fernandez Jr., Nelly Castillo, McKinley Freeman, John A. Russo, Tom Spencer
location: Usa
voto: 5

Lo ammetto: non so se End of watch sia un'espressione idiomatica (nel caso, certamente non significa Tolleranza zero, come suggerisce il sottotitolo italiano del film nonché il titolo di un bruttissimo disco di Pat Metheny, Zero tolerance for silence). A naso direi che watch abbia più probabilità di avere a che fare con l'orologio (fine turno?) che col guardare. La fine del tempo sembra arrivare con un agguato da parte di un gruppo di malavitosi messicani per Brian Taylor (Gyllenhaal) e Mike Zavala (Peña), dioscuri di stanza presso la polizia di Los Angeles. Frizzi e lazzi si alternano ad azioni più o meno rischiose o arrischiate: lo spacciatore, il segregatore di bambini, il terrorista e così via, seguendo una struttura narrativa che per l'intero film alterna chiacchierate in auto con scene d'azione. David Ayer, già regista di un altro poliziesco di buona fattura (La notte non aspetta), ci aggiunge la fissazione di uno dei due per le riprese video (avrà copiato dal De Palma di Redacted?), contribuendo, con questa scelta, a dare l'impressione di avere frullato insieme gli spunti documentaristici di Polisse con il racconto semi-filologico del lavoro di polizia di Tropa de Elite e il tema della coppia di agenti inseparabili (Training day e dintorni, non a caso scritto proprio da Ayer), tutti polizieschi contemporanei di successo. Un effetto déjà vù, dunque, che per di più cerca di compensare il grigiore della struttura narrativa con il grand guignol di diverse scene raccapriccianti: da quella del poliziotto che chiede aiuto con un pugnale conficcato nell'occhio a quella dei cadaveri dissezionati.    

martedì 25 dicembre 2012

Ruby Sparks

anno: 2012       
regia: DAYTON, JONATHAN * FARIS, VALERIE
genere: commedia fantastica
con Paul Dano, Zoe Kazan, Chris Messina, Annette Bening, Antonio Banderas, Aasif Mandvi, Steve Coogan, Toni Trucks, Deborah Ann Woll, Elliott Gould, Alia Shawkat, Jane Anne Thomas, John F. Beach, Eleanor Seigler, Emma Jacobs, Wallace Langham, Rightor Doyle, Eden Brolin, Michael Silverblatt, Mary Jo Deschanel, Kai Lennox, Ole Olofson, Jack Levinson, China Shavers, Casey Genton, Michael Berry Jr., Lindsay Fishkin, Claudia Bestor, Oscar
location: Usa
voto: 4

Mai (o quasi) fidarsi dei film che parlano di uno scrittore, di uno sceneggiatore o di un regista in crisi (basti pensare a L'abbuffata di Calopresti, Boris il film, Il regista di matrimoni, La passione, Secret window, Wonder boys e La dea del successo): quasi sempre sono il trucco per uscire davvero dall'impaccio della creazione e il risultato si vede tutto. Non fa eccezione l'opera seconda - tratta da una fiacca sceneggiatura della coprotagonista Zoe Kazan (nipote del regista Elia) - di Jonathan Dayton e Valerie Faris, già autori del godibile Little Miss Sunshineche qui affidano a Paul Dano il ruolo di protagonista dopo avergli dato quello di un eccentrico adolescente nel film precedente. Il ragazzo, che al computer preferisce una vecchia macchina per scrivere, ha avuto fortuna con un primo romanzo ma non riesce più a ingranare. I fogli rimangono bianchi finché non gli si presenta, in carne (poca) e ossa (molte) la stessa protagonista dei suoi racconti (Zoe Kazan, appunto, sua compagna anche nella vita). Sarà un'allucinazione? Macché: pare che anche gli altri vedano la ragazza. C'è però un problema: la creatura è tutta sua e, di conseguenza, lui può farle fare ciò che vuole. Il film non è ambientato ad Arcore né a Palazzo Grazioli e quindi il ragazzo si accontenta di far parlare la sua fidanzata in francese e poco più. Ma alla lunga il gioco diventa noioso…
Epigono di film come Harvey, Ruby Sparks gioca sul tema dell'amico immaginario e sull'antinomia junghiana tra amore e potere, mantenendosi sempre sul filo del paradosso. Ci aggiunge l'idea della creatura inventata che si ribella - come già si era visto nel sordiano Io e Caterina - ma finisce col girare sempre intorno alla stessa solfa, senza guizzi e con divagazioni narrative tanto inutili quanto imbarazzanti, a cominciare dall'incontro tra nuora e suocera alternativa (Bening). Magari con il terzo film si riuscirà a capire se Little Miss Sunshine sia stato o meno un incidente di percorso.    

sabato 22 dicembre 2012

La Regola del Silenzio - The Company You Keep

anno: 2012       
regia: REDFORD, ROBERT 
genere: thriller 
con Robert Redford, Shia LaBeouf, Julie Christie, Sam Elliott, Jackie Evancho, Brendan Gleeson, Terrence Howard, Richard Jenkins, Anna Kendrick, Brit Marling, Stanley Tucci, Nick Nolte, Chris Cooper, Susan Sarandon, Hamza Adam, Barry Bowman, Jennifer Bradley, Mark Brandon, Andrea Brooks, Lane Edwards, Dan Gerrity, G. Michael Gray, Lucie Guest, Eddy Huber, Lexie Huber, Jon Johnson, Hiro Kanagawa, Matthew Kimbrough, Kelly-Ruth Mercier, David Milchard, Kenneth Miller, Lochlyn Munro, Allison Riley, Stephen Root, Erin Simms, Clay St. Thomas, Mark Steinberg, Jordan Weller, Bernie Yao 
location: Usa
voto: 5

Campione del cinema impegnato, promotore infaticabile del cinema giovane legato al Sundance festival, irriducibile attivista politico, da regista Robert Redford non è mai riuscito a tenere il passo con la sua vocazione politica. Non fa eccezione questo La regola del silenzio, che racconta la vicenda di un pacifista (lo stesso Redford) che negli anni settanta venne accusato dell'omicidio di una guardia giurata durante una rapina. L'uomo si è rifatto una vita, è un affermato avvocato rimasto vedovo con una figlia adolescente al seguito, ma quando, dopo più di trent'anni, la sua identità viene svelata da un giovane reporter di Albany, è costretto alla fuga. Con una serie di mosse astute e coraggiose, l'uomo cerca di far emergere la verità, ben diversa dalle colpe di cui è imputato.
Nel migliore dei casi, il film tratto dal romanzo di Neil Gordon è il parente povero de Il fuggitivo, con una spruzzata di generico impegno che sembra messo lì per ricordare i bei tempi andati e con tanto di passerella di star democratiche (Sarandon, Christie, Nolte, Elliott) che non va oltre il cammeo. Per essere un film basato sull'inseguimento - come gran parte del cinema hollywoodiano - non contiene neppure una scena capace di tenere alta la tensione. Per di più, il protagonista è poco credibile come genitore, e lo svolgersi del racconto è fiacco e prevedibile, in linea con un cinema dall'impianto molto classico, apprezzabilissimo per gli intenti e l'invito alla riflessione, ma incapace di autentici sussulti. Notevole l'accompagnamento della colonna sonora firmata da Cliff Martinez.    

martedì 18 dicembre 2012

La bottega dei suicidi (Le magasin des suicides)

anno: 2012       
regia: LECONTE, PATRICE 
genere: animazione 
location: Francia
voto: 5

Dopo più di trent'anni di carriera e dopo successi come Il marito della parrucchiera o Confidenze troppo intime, Patrice Leconte riesce finalmente a coniugare due sue passioni finora inespresse: l'animazione e il musical. Lo fa raccontando una storia all'apparenza macabra, tratta dal libro di Jean Teulé e parente alla lontana di certe atmosfere degne di Tim Burton: quella di una società talmente annichilita nella quale il suicidio diventa gesto comune. Così c'è chi pensa che anche quello dell'autosoppressione possa essere un business e rastrella denaro grazie a una bottega, quella del titolo, che offre qualsiasi tipo di rimedio, dalla corda col cappio al veleno, per chi aspira a un veloce trapasso. Le cose vanno bene fino a quando nella famiglia Tuvache, che gestisce la bottega (papà si chiama, neanche a dirlo, Mishima…) nasce Alan, che rappresenta un grosso problema: ride troppo ed è sempre allegro. Gli affari saranno compromessi? Nella città comincia a respirarsi un'aria nuova…
Difficile confezionare un messaggio più ingenuo, flebile e retorico, a prescindere da come si vede il mondo e l'esistenza, se con la beota gaiezza di un Candide o come una fatica di Sisifo. Fatto sta che nel primo cartone animato da regista di Leconte tanto è originale e accattivante la forma, tanto sono deboli e inconsistenti trama e contenuti. Se questi ultimi esprimono un livello cognitivo da terza elementare, la forma, più vicina ai Simpson o alle animazioni di D'Alò che alle meraviglie di Dreamworks e Pixar, si lasciano apprezzare per la caratterizzazione dei personaggi, per le ardite "riprese" dall'alto, per la spettacolarità dei tetri scenari urbani, ma anche per le molte invenzioni visive disseminate qua e là: da una seduta psichiatrica in cui i pensieri si trasformano nella macchie di Rorschach agli scenari metropolitani che rifanno il verso a De Chirico. Da non perdere i titoli di coda, che con semplici caratteri latini richiamano le diverse modalità di suicidio, e da notare qualche bella torvata in sede di sceneggiatura, come il nome della bottega che, una volta convertita in una creperie, si chiama Dulcis in fundo…     

lunedì 17 dicembre 2012

Lawless

anno: 2012       
regia: HILLCOAT, JOHN
genere: gangster
con Shia LaBeouf, Tom Hardy, Jason Clarke, Guy Pearce, Jessica Chastain, Mia Wasikowska, Dane DeHaan, Chris McGarry, Tim Tolin, Gary Oldman, Lew Temple, Marcus Hester, Bill Camp, Alex Van, Noah Taylor, Mark Ashworth, Tom Proctor, Bruce McKinnon, Eric Mendenhall, Toni Byrd, Robert T. Smith, Jake Nash, William J. Harrison, Joyce Baxter, Jeff Braun, Malinda Baker, Tom Turbiville, Chad Randall, Terry Keasler, Duncan Nicholson, Ron Clinton Smith, Anna House, Ricky Muse, Peter Krulewitch
location: Usa
voto: 6

1931. Il proibizionismo vige già da una decina d'anni ma non basta a fermare l'attività di produzione illegale di whisky e di altri superalcolici da parte dei tre fratelli Bondurant. Lo sceriffo di Franklin County, in Virginia, chiude un occhio e prende una parte fino a quando non arriva un cattivissimo e determinatissimo vicesceriffo (Pearce) a guastare le feste. Si scatena così una guerra all'ultimo sangue nella quale viene coinvolta anche mezza cittadina.
Tratto dal romanzo autobiografico scritto da Matt Bondurant, nipote di Jake, uno dei tre fratelli, e tratto da una sceneggiatura del rocker australiano Nick Cave (che ha composto la colonna sonora insieme a Warren Ellis), il film di Hillcoat esegue il compito con diligenza, rifacendo il verso a Scorsese, De Palma, Coppola e Leone senza averne lontanamente il talento. La tensione tuttavia è garantita, il sangue scorre a ettolitri e la violenza non risparmia il grand guignol. Abbastanza per riscattare la pessima prova del precedente The road, ma troppo poco per rimanere opera da cineteca: qui, tra scene viste e riviste e la voce fuori campo che spiega e raccorda, non si va oltre la variante rurale del gangster movie.    

domenica 16 dicembre 2012

Rapunzel - L'intreccio della torre (Tangled)

anno: 2010   
regia: GRENO, NATHAN * HOWARD, BYRON 
genere: animazione 
location. Usa
voto: 8

Nata da un re e una regina molto amati, la piccolissima Rapunzel viene rapita ancora nella culla da una vecchia strega che sa che i suoi capelli sono miracolosi: permettono di non invecchiare mai. La megera cresce la ragazzina nell'alto di una torre in mezzo al bosco, intimandole di non lasciare mai la sua residenza coatta. Ma arriva il giorno, quando ormai la ragazza sta per raggiungere il diciottesimo anno di vita, in cui nella torre fa capolino, durante una fuga, un ladro di bell'aspetto: per Rapunzel sarà l'occasione per prendere finalmente contatto con il mondo e mettersi alla ricerca della sua famiglia.
Tratto da uno dei più noti racconti dei fratelli Grimm (Raperonzolo nella versione italiana, qui ampiamente ritoccata), Rapunzel mette insieme inventiva visiva, avventura, molta comicità (la scena della ragazzina che capita nella taverna "infestata" da bruttissimi ceffi dal cuore tenero è memorabile) e un certo numero di canzoni delle quali si farebbe volentieri a meno.    

sabato 15 dicembre 2012

The Grey

anno: 2012       
regia: CARNAHAN, JOE
genere: avventura
con Liam Neeson, Frank Grillo, Dermot Mulroney, Dallas Roberts, Joe Anderson, Nonso Anozie, James Badge Dale, Ben Bray, Anne Openshaw, Peter Girges, Jonathan Bitonti, James Bitonti, Ella Kosor, Jacob Blair, Lani Gelera, Larissa Stadnichuk
location: Usa
voto: 2

Partiti per andare a lavorare presso una piattaforma petrolifera in Alaska, un gruppo di operai rimane vittima di un brutto incidente aereo. Il velivolo si schianta in aperta alta montagna e i sopravvissuti, che non hanno provviste né armi, sono anche costretti a vedersela con dei lupi ringhiosi e affamati.
Non si quale sostanza psicotropa abbia assunto il produttore del film per buttare soldi in uno spettacolino così avvilente. Siamo alla fiera del già visto in materia di drammi catastrofici, con tutte i cliché del caso: il leader carismatico (Neeson, che nel film interpreta un uomo rimasto recentemente vedovo, - proprio come è accaduto nella sua vita privata - spedito lì dalla compagnia proprio per salvaguardare gli operai dagli attacchi dei lupi), l'antagonista rompiballe, il sognatore sfortunato, la decimazione dei sopravvissuti, l'accanimento della natura contro questi poveri superstiti. Il regista, che ha già dato forma e firma a un blockbuster come A-Team, pare indeciso tra un horror con effetti speciali risibili (i primissimi prototipi di Rambaldi erano meno meccanici dei lupi di The grey) e il dramma interiore posticcio (il protagonista ha qualche rimorso per una vicenda di malattia della moglie che rimane a dir poco ellittica) con forti quote di machismo. Schematico e didascalico, il film tratto dal racconto Ghost Walker di Ian Mackenzie Jeffers fa rimpiangere persino la trascurabilissima serie di Airport e non ci regala un attimo di bellezza neppure sfruttando le scenografie naturalistiche che fanno da contorno alla vicenda.    

mercoledì 12 dicembre 2012

Bolt - Un eroe a quattro zampe

anno: 2008   
regia: HOWARD, BYRON * WILLIAMS, CHRIS 
genere: animazione 
location: Usa
voto: 3

Fin da piccolo il cane Bolt recita un copione senza saperlo, come già si era visto in The Truman show, convinto di avere dei superpoteri (è, a sua insaputa, il protagonista di una serie tv che furoreggia tra il pubblico a stelle e sctrisce). Quando viene allontanato per errore dal set comincia - purtroppo e per fortuna - ad assaggiare la vita vera in compagnia di una gatta piuttosto navigata e di un criceto.
Non va oltre una fiacchissima trasposizione del blockbuster di Weir in formato cartoon questo film melenso, scontatissimo, nel quale latitano persino le invenzioni animate che sono il pepe dei film di questo genere. Nella versione italiana la voce di Bolt è affidata a Raoul Bova. Se proprio non avevano di meglio, è sempre meglio di DJ Francesco.    

domenica 9 dicembre 2012

Alì ha gli occhi azzurri

anno: 2012       
regia: GIOVANNESI, CLAUDIO 
genere: drammatico 
con Nader Sarhan, Stefano Rabatti, Brigitte Apruzzesi, Marian Valenti Adrian, Cesare Hosny Sarhan, Fatima Mouhaseb, Francesco Panetta, Yamina Kacemi, Salah Ramadan, Marco Conidi, Alessandra Roca 
location: Italia
voto: 7

Alì non si chiama Alì, ma Nader (Sarhan), e per avere gli occhi azzurri si mette le lenti a contatto. Già, perché lui si sente italiano, nonostante i genitori, egiziani trapiantati nella periferia romana del Laurentino 38, antepongano a ogni altra cosa la loro identità musulmana. È in nome di quella identità che ingaggiano col figlio una battaglia affinché il ragazzo, sedicenne, rinunci alla storia d'amore con la sua fidanzata italiana: per il Corano la cosa non va bene. Per Nader ha così inizio una settimana brava durante la quale si ritrova a pendolare di giorno tra espedienti vari e qualche comparsata a scuola, dove c'è anche l'amico Stefano (Rabatti) e a girovagare di notte in cerca di alloggi di fortuna. Per i due amici le cose si mettono male quando, durante una rissa in discoteca, ci scappa la coltellata. E si mettono peggio quando Stefano si invaghisce della sorella di Nader.
Ritaglio di vita in una Roma che più pasoliniana (a partire dal titolo del film) non potrebbe essere, e nella quale i ragazzi di vita si arrabattano come possono tra multiculturalismo, marginalità e aspirazioni minime. Giovannesi, qui al suo secondo lungometraggio di finzione dopo La casa sulle nuvole, aiutato anche dalla fotografia cupissima di Daniele Ciprì e da un cast di attori credibilissimi presi dalla vita reale e che nel film conservano i loro nomi, immortala una realtà talmente vivida da rendere quasi impalpabile il confine tra finzione e documentario. Un'opera di indubbio interesse alla quale manca soltanto un pizzico di lucidità in più nella traiettoria narrativa, davvero molto esile.
Premio speciale della giuria e premio alla migliore opera prima e seconda alla VII edizione del festival internazionale del film di Roma (2012).    

sabato 8 dicembre 2012

Exit through the gift shop

anno: 2010   
regia: BANKSY 
genere: documentario 
con Banksy, Mr. Brainwash, Debora Guetta, Monsieur André, Zeus, Shepard Fairey, Ron English, Caledonia Curry, Borf, Buffmonster, Steve Lazarides, Wendy Asher, Roger Gastman, Laurent Nahoum-Vatinet, Amanda Fairey, Romain Lefebure, Clemence Janin, David Healy, Celeste Sparrow, Derek Walborn, Adam Lawrence, Justin Murphy, Justin Saliman, Sonja Teri, Grace Jehan, Rhys Ifans, Space Invader, Christina Aguilera, Beck, Victor Borrayo, Angie Crouch, Mary Cummins, Liam Gallagher, Noel Gallagher, Angelina Jolie, Jude Law, Jay Leno, Joshua Levine, Shaquille O'Neal, Brad Pitt, Alastair Stewart, Tai, Alex Thomson 
location: Regno Unito
voto: 8

Di Banksy, writer inglese ormai assurto a fama mondiale, si sa pochissimo, vista la caparbietà con cui riesce a nascondere la sua identità. Eppure i suoi disegni disseminati sui muri di mezzo mondo - compresi quelli dei territori palestinesi dove ha dipinto degli squarci esotici - rappresentano una delle pagine più innovative, rivoluzionarie e dissacranti della street art. Dai graffitari degli anni '90 alle mostre nei grandi spazi espositivi di Los Angeles e del Moma di New York, il suo documentario è una strana creatura tutt'altro che autocelebrativa: in esso, piuttosto, vi è un singolare gioco di specchi tra lui, che compare sempre rigorosamente in controluce e incappucciato, e Thierry Guetta, un francese mezzo pazzo con una mania compulsiva che lo spinge a filmare sempre e qualsiasi cosa. Filma di qua, filma di là, Thierry - trasformatosi poi in Mister Brainwash (il signor lavaggio del cervello) - si ritrova a filmare i writer nelle loro incursioni più acrobatiche (e, tra questi, lo stesso Banksy), fino a quando non decide di trasformarsi lui stesso in un marchio, arrivando a diventare una star a metà strada tra pop e street art, capace di rastrellare milioni di dollari saccheggiando Obey, Banksy e Andy Warhol.
La forza di questo straordinario documentario sta nel restituire un'immagine a tutto tondo della street art, mostrando - senza esplicitarla - la zona liminare tra arte e impostura. Si colgono il ruolo centrale della ripetizione dell'atto e i punti di contatto tra arte di strada e branding. È esemplificativo il caso di Invader, uno che incolla sui muri, nelle posizioni più inarrivabili, i personaggi del videogioco Space Invaders, piccoli mosaici realizzati con piastrelle colorate. Un documentario poco convenzionale, per nulla didascalico, eppure capace di ricostruire il percorso accidentato di questa forma d'arte che è la quintessenza della volatilità e al tempo stesso la summa della riproducibilità tecnica di cui parlava Benjamin: un vero coacervo di contraddizioni.    

mercoledì 5 dicembre 2012

Il sospetto (Jagten)

anno: 2012       
regia: VINTERBERG, THOMAS
genere: drammatico
con Mads Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Annika Wedderkopp, Lasse Fogelstrøm, Susse Wold, Anne Louise Hassing, Lars Ranthe, Alexandra Rapaport, Ole Dupont, Rikke Bergmann, Katrine Brygmann, Allan Wibor Christensen, Nina Christrup, Daniel Engstrup, Josefine Gråbøl, Steen Ordell Guldbrandsen, Øyvind Hagen-Traberg, Nicolai Dahl Hamilton, Bjarne Henriksen, Karina Fogh Holmkjær, Jacob Højlev Jørgensen, Jytte Kvinesdal, Birgit Petersen, Rasmus Lind Rubin, Frank Rubæk, Søren Rønholt, Sebastian Bull Sarning, Hana Shuan, Troels Thorsen
location: Danimarca
voto: 3

Una bambina dell'asilo (Wedderkopp) racconta una cazzata e un adulto (Mikkelsen), il suo maestro, finisce in prigione. Non è un film di fantascienza, anche se ci si avvicina moltissimo, bensì una variante sul tema della pedofilia, che con Festen già aveva fruttato gli allori al regista in squadra col Dogma 95, Thomas Vinterberg. Pur avendo le sembianze del melodramma realista, Il sospetto è un'accozzaglia di trovate inverosimili che assemblano alla rinfusa Cane di paglia, Il dubbio e Caccia selvaggia. La storia è quella di un maestro d'asilo, separato, che diventa vittima di un'accusa del tutto gratuita da parte di una mocciosa che è anche la figlia del suo migliore amico. Convocato dalla dirigente scolastica, che non si è fatta scrupolo di sottoporre la bambina a una sommaria perizia da parte di uno psicologo che usa alla piccola gli stessi metodi di estorsione che la Gestapo rivolgeva agli ebrei, il maestro si limita a dire: "la situazione è grave". Un altro al suo posto avrebbe rovesciato la scrivania e sarebbe tornato dopo un quarto d'ora col fucile a canne mozze. Lui no: resiste stoicamente, aspetta che le indagini facciano il loro corso, per qualche tempo vede persino il sole a scacchi. L'epidemia della maldicenza è esiziale, si innesca un effetto contagio per cui dopo qualche giorno il mite maestro viene trasformato nel mostro di Marcinelle. Gli amici lo abbandonano, i commercianti gli usano una delicatezza che fa rimpiangere i metodi dei Casalesi e qualcuno gli fa anche trovare il cadavere del cane davanti all'uscio di casa. Dalla sua parte rimangono soltanto il figlio adolescente e un amico. Il sottofinale è talmente assurdo che mi piacerebbe raccontarlo per sfregio al film, ma vi lascio la sorpresa se avete 7 euro da buttare.
C'è da rimanere costernati dopo aver visto un film del genere. Ci si domanda: perché tanta voglia di colpire il pubblico con una favola che è al più una sorta di sbiadita parabola cristologica? Perché eliminare dal plot narrativo qualsiasi elemento di plausibilità (un minimo di strategia difensiva da parte dell'accusato; una minor prontezza al linciaggio prima morale e poi fisico da parte dei cittadini; il sottofinale che, ancora una volta, non sto a dire)? Nella sua voglia di colpire lo spettatore al basso ventre, con un racconto al quale va comunque riconosciuta una notevole potenza narrativa e una capacità indubbia di tenere la tensione sempre su quote altissime, Vinterberg finisce per offrire un'analisi delle dinamiche comunitarie quanto mai rozza, approssimativa, persino didascalica (ci viene spiegato passo per passo come e perché la bambina arriva all'accusa infamante), in consistente ritardo persino sulle teorie già a loro tempo semplicistiche di Tarde e Le Bon.
L'unico merito del film, oltre alla bella prova di Mads Mikkelsen - che a Cannes si è conquistato il massimo alloro - è quello di ricordarci - come fece L'innocenza del diavolo - quanto di diabolico possa esserci nei bambini.    

domenica 2 dicembre 2012

Un matrimonio all'inglese (Easy Virtue)

anno: 2008   
regia: ELLIOTT, STEPHAN 
genere: commedia 
con Jessica Biel, Colin Firth, Kristin Scott Thomas, Ben Barnes, Kris Marshall, Kimberley Nixon, Katherine Parkinson, Pip Torrens, Christian Brassington, Charlotte Riley, Jim McManus, Georgie Glen, Laurence Richardson 
location: Regno Unito
voto: 5

Già autore di film eccentrici come Priscilla la regina del deserto e The eye, l'australiano Stephan Elliott per la sua opera terza si cimenta sul tema dello scontro tra culture, incarnato da una nuora americana e una suocera inglese. La prima (Biel) è una donna indipendente e anticonformista, che si è fatta apprezzare nel campo delle corse automobilistiche nel primo dopoguerra. Ha però il difetto di essere una yankee. È per questo, e per il modo irruento con cui la ragazza porta un'aria di freschezza, innovazione e disinvoltura sessuale, che la suocera (Scott-Thomas) - un'aristocratica donna inglese decaduta che vive con la famiglia in una specie di reggia - non riesce a sopportarla. Lo scontro tra le due donne sarà senza esclusione di colpi.
Tratto da una commedia scita da Noel Coward e già portata al cinema da un giovanissimo Hitchcock quando il cinema era ancora muto (Fragile virtù), Un matrimonio all'inglese passa dal registro grottesco (l'uccisione del cane) al melodramma, tira frecciate allo snobismo british e chiude con un finale telefonato. Attori tutti perfettamente in parte, fotografia con colpi di genio.    

sabato 1 dicembre 2012

Una famiglia perfetta

anno: 2012
regia: GENOVESE, PAOLO
genere: commedia
con Sergio Castellitto, Marco Giallini, Claudia Gerini, Eugenia Costantini, Francesca Neri, Carolina Crescentini, Ilaria Occhini, Eugenio Franceschini, Giacomo Nasta, Lorenzo Zurzolo, Romuald Andrzej Klos, Paolo Calabresi, Maurizio Mattioli, Sergio Fiorentini
location: Italia
voto: 7

La famiglia perfetta è la commedia che non ti aspetti, convinto di entrare in sala per vedere l'ennesima variante insipida sugli Immaturi d'Italia. E invece si rimane spiazzati fin dalla prima scena, quando Leone (interpretato dal solito Castellitto da applausi), durante il pranzo prenatalizio nella sua gigantesca residenza umbra, attacca ferocemente il più piccolo dei suoi figli (Nasta). Ma è tutta finzione. Già, perché Leone, uomo tanto straricco quanto solo, ha preso in affitto una compagnia di attori per passare il Natale simulando di avere una famiglia e preparando per loro tanto di copione. Le brusche virate improvvisative del padrone di casa innervosiscono i commedianti, contenuti a stento dal capocomico (un impeccabile Marco Giallini dai tempi sempre giusti) in vista del lauto guadagno che si prospetta loro. Quando a casa arriva una donna rimasta in panne per strada (Neri), i teatranti saranno costretti a improvvisazioni ancora più acrobatiche. Finale assolutamente a sorpresa e tutto da gustare.
Con La famiglia perfetta Paolo Genovese gioca la sua carta migliore, scrivendo un copione che - con Happy family di Salvatores - sembra finalmente portare nuova linfa alla stantia commedia italiana. Merito certamente della trama così ricca di trovate, ma anche dei due protagonisti maschili, che con una Claudia Gerini in costante crescita formano un trio di esuberante comicità. Peccato solo che il resto del cast, a partire da Francesca Neri, Ilaria Occhini e Eugenio Franceschini, non sia all'altezza della situazione.    

venerdì 30 novembre 2012

Io vi troverò (Taken)

anno: 2008   
regia: MOREL, PIERRE 
genere: thriller 
con Liam Neeson, Maggie Grace, Leland Orser, Jon Gries, David Warshofsky, Holly Valance, Katie Cassidy, Xander Berkeley, Olivier Rabourdin, Gérard Watkins, Famke Janssen, Marc Amyot, Arben Bajraktaraj, Radivoje Bukvic, Mathieu Busson, Michel Flash, Nicolas Giraud, Rubens Hyka, Camille Japy, Valentin Kalaj, Fani Kolarova, Goran Kostic, Christophe Kourotchkine, Edwin Kruger, Jalil Naciri, Anca Radici, Nathan Rippy, Helena Soubeyrand, Tommy Spahija, Anatole Taubman, Bertrand Treuil, Opender Singh, Christy Reese, George Hertzberg, Nabil Massad, Ivette Gonzalez 
location: Francia, Usa
voto: 6

Nella prima mezz'ora, prima di arrivare all'action movie per cui uno ha deciso di acquistare il biglietto o il dvd (sempre che non lo abbia trovato in qualche torrente o in groppa a un mulo...), bisogna sorbirsi i cachinni di una diciassettenne viziata (Grace), che strepita perché papi (Neeson) non la manda con l'amichetta mentecatta (Cassidy) a fare un viaggio in Europa. Papi in effetti sa il fatto suo: per anni è stato un agente segreto e adesso che sua figlia vive insieme alla sua ex moglie (Janssen) con un uomo ricchissimo e potente, il rischio di finire in qualche guaio aumenta.
Ecco infatti che le due ragazzine, appena arrivate a Parigi, vengono rapite da una gang di albanesi per essere avviate sulla strada della prostituzione d'alto bordo con ricchi bavosi (le pretese di fiction del film hanno impedito a Berlusconi i partecipare al casting). Papi giura loro di trovarli, pur avendo un notevolissimo svantaggio temporale.
Alla fiera dell'improbabile, non mancano tutti i cliché del cinema fascistoide e xenofobo, dall'uomo che si fa giustizia da solo agli albanesi brutti, sporchi e molto cattivi. Eppure, passata quella insopportabile mezz'ora iniziale - tutta una sottolineatura dei sensi di colpa che papi ha verso sua figlia per averla trascurata durante la crescita a causa del suo lavoro - alla fine ci si diverte. Cinema fracassone, botte da orbi, arti marziali, esplosioni nemmeno fossimo sulla striscia di Gaza, tutto secondo la prospettiva ipertrofica tipica di Luc Besson, che ha scritto il film insieme a Robert Mark Kamen.    

giovedì 29 novembre 2012

Questa storia qua

anno: 2011
regia: PARIS, ALESSANDRO * RIGHETTI, SIBYLLE
genere: documentario
con Vasco Rossi, Novella Rossi, Ivana Lenzi, Marco Gherardi, Giulio Santagata, Marco Manzini, Lucio Serra, Manola Righetti, Maurizio Ferlito, Gaetano Curreri, Giuliano Riva, Angelo Righetti, Floriano Fini, Stef Burns
location: Italia
voto: 5

Questa storia qua sembra quasi la storia di uno qualsiasi. Uno che nasce negli anni Cinquanta a Zocca, piccolo comune nel modenese. Il padre camionista, gli amici, il bar, le ragazze, le prime esperienze da disc-jockey nella radio libera locale. Quell'uomo qualsiasi è Vasco Rossi, il più celebrato rocker nazionale, esploso negli anni Ottanta grazie a brani immortali come Albachiara, Siamo solo noi e Vita spericolata. Una storia fatta di determinazione e fiducia, ma anche di modestia ("non sono mica più intelligente degli altri: solo che quando scrivo canzoni ogni tanto ho delle botte di genio"), di piccole soddisfazioni (la vincita de L'usignolo d'oro da bambino) e di inciampi: la cocaina, il carcere a Pesaro. Non fosse stato il Vasco nazionale, questo film - diretto da due ventottenni e costruito sulle testimonianze di amici e parenti e sulla memoria dello stesso protagonista, nonché su immagini di repertorio, filmini in super 8, istantanee della comunità locale - non avrebbe mai trovato posto nelle sale cinematografiche: il tentativo, nato da un'idea di Sybille Righetti, di ricondurre Questa storia qua alle sue radici di provincia è troppo insistito, non riuscendo a proporsi né come ricostruzione antropologica né come ritratto a tutto tondo di questo artista contraddittorio e pulsante.    

lunedì 26 novembre 2012

Di nuovo in gioco (Trouble with the curve)

anno: 2012       
regia: LORENZ, ROBERT 
genere: drammatico 
con Clint Eastwood, Amy Adams, Justin Timberlake, John Goodman, Matthew Lillard, Robert Patrick, Scott Reeves, Ed Lauter, Matt Bush, Chelcie Ross, Rus Blackwell, Brian F. Durkin, Joe Massingill, Raymond Anthony Thomas, Clifton Guterman, George Wyner, Bob Gunton, Jack Gilpin, Louis Fox, Ricky Muse, Tom Dreesen, Peter Hermann, James Patrick Freetly, Norma Alvarez, Tyler Silva, Jay Galloway, Seth Meriwether 
location: Usa
voto: 3

Era dai tempi di Nel centro del mirino, anno di grazia 1993, che Clint Eastwood non si prestava come attore per un film che non fosse suo. Con Di nuovo in gioco (pessimo adattamento di Trouble with the curve, che fa riferimento alle traiettorie curve in lancio nel gioco del baseball), l'ormai ottantaduenne Clint interpreta Gus, un talent scout del baseball dal passato glorioso ma dal presente difficile. La sua vista comincia ad appannarsi e le nuove tecnologie - messe anche al servizio delle analisi sportive - sono per lui un concorrente sleale, al punto che nel team nel quale si è distinto per decenni scoprendo enormi talenti qualcuno vorrebbe silurarlo proprio per via dei suoi metodi all'antica. Come se non bastasse, il rapporto con la figlia quasi trentenne (una scialba Amy Adams), brillante avvocatessa, è alquanto difficile. Dopo la morte di sua moglie, Gus ha dovuto crescerla da solo, trasformandosi programmaticamente in un padre assente per evitarle una vita difficile. La missione di scovare un nuovo talento del baseball in vista dell'anno che sta per iniziare diventa per padre e figlia l'occasione per ritrovarsi e raccontarsi.
L'esordiente Robert Lorenz, già assistente alla regia per lo stesso Eastwood, non riesce che a produrre una copia sbiadita dell'arte del Maestro, dirigendo un film nel quale inanella uno dopo l'altro una serie di stereotipi sulla cultura americana: dal baseball ai saloon travestiti da pub dove si suona la musica country, Di nuovo in gioco è un film tutti dicono "wow!" e nel quale non manca neppure l'icona pop delle teenager, Justin Timberlake, messo lì come specchietto per le allodole. Ci mancavano soltanto i poster di Marilyn Monroe, i riferimenti alla guerra del Vietnam e la statua della libertà e il quadro sarebbe stato completo. L'unico motivo di interesse del film sta nella dialettica tra vecchio e nuovo, ma anche in questo caso la sceneggiatura si gioca il suo asso in maniera didascalica e pure il finale, che dà un senso al titolo originale del film e spezza il ritmo monocorde dell'opera, è ampiamente telefonato.    

domenica 25 novembre 2012

Essential killing

anno: 2010   
regia: SKOLIMOWSKI, JERZY 
genere: avventura 
con Vincent Gallo, Emmanuelle Seigner, Zach Cohen, Iftach Ophir, Nicolai Cleve Broch, Stig Frode Henriksen, David L. Price, Tracy Spencer Shipp, Mark Gasperich, Phillip Goss, Klaudia Kaca, Dariusz Juzyszyn, Raymond Josey, Robert Mazurkiewicz, Janusz Wojtarowicz, Pawel Baranek, Marcin Galazyn, David Jefferson, Donnell Knox, Geo D. Oliver, Kamil Ruszecki, Stanislav Marek Lukasik, Jérôme Dassier, Daniel Bratterud, Geir Marring, Bakar Mustapha, Øysteun Nordli, Patrick Gudmundsen, Morten Muom, Kristoffer Kaayne Kaalsaas, Rune Øgaard, Daniel William Verstegen, Bilbjørn Ruus, Hâvar Austli, Kenneth Berger, Even Løken Bergan, Morten Enger, Christian Teisnes, Stefan Johansen, Niklas Nygaard, Lars Markus Verpeide Bakke, Lars Berg Jensen, Kamil Hagberg, Ivar Eeg Gusscard, Thor Arne Thomassen, Âge Ruste, Lars Jonas Carberg, Ola Østbye Høiecgen, Louis Rustam Foss, Johannes Randem, Trygve Gausdal, Christian Aaslie, Aras Kanani, Ferdinand Gulbrandsen, Victor Alexander Viita, Torgrim Ødegård, Uno Wahl, Varg Strande, Anders Kile Cronningsæter, Byørn Ivar Lund, Håkon Speirs Færvik, Frank Benjamin Finger, Thomas Berg, Bjørn Fjærestad, Fredrik Formo, Ivan Andreassen, Magnus Opsahl, Eirik Daleng, Emerson Reichert Gomes 
location: Afghanistan, Polonia
voto: 7

Non ha un nome, non dice una sola parola. Sappiamo solo che quando, nella feritoia di un canyon nel mezzo del deserto dell'Afghanistan, si vede davanti tre militari americani, spara. Gli danno la caccia, lo catturano e lo trasferiscono con altri detenuti tra le nevi della Polonia. Ma il blindato che li trasporta slitta e lui riesce a liberarsi. Da quel momento inizia una lotta per la sopravvivenza che lo costringerà ad uccidere quando non vorrebbe.
Latitante dalle sale cinematografiche italiane da oltre un ventennio, il talentuoso regista polacco Skolimowski torna al cinema con un'opera estrema, che sospende il giudizio e si discosta da qualsiasi presa di posizione morale per mostrarci l'istinto di sopravvivenza nel suo spirito più puro.
Premio speciale della giuria e premio Cinemavvenire alla 67a Mostra internazionale del cinema di Venezia (2010). Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Vincent Gallo.
Vuoi vederlo? Lo trovi qui.

domenica 18 novembre 2012

Sulla mia pelle

anno: 2003   
regia: JALONGO, VALERIO
genere: drammatico
con Ivan Franek, Vincenzo Peluso, Donatella Finocchiaro, Mario Scarpetta, Stefano Cassetti, Antonio Pennarella, Riccardo Zinna
location: Italia
voto: 5

Opera seconda, invisibile o quasi, di Valerio Jalongo, romano classe 1960, regista impegnato che dopo aver firmato un episodio nel collettaneo Juke box, si era fatto notare con il discreto Messaggi quasi segreti - Spaghetti slow. Come nella sua opera precedente, anche in questa si trova il tema della dialettica tra autorità e voglia di libertà. Se nel film del 1998 i due poli erano rappresentati da un padre e un figlio, in Sulla mia pelle il nucleo è dato dall'istituzione carceraria. È da qui che Tony (Franek), istituzionalizzato presso una casa circondariale campana, prende a morsi la pochissima libertà che gli viene concessa grazie a un lavoro presso un caseificio locale. Qui l'uomo scopre che il suo datore di lavoro (Peluso) ha diverse grane con la camorra. Un po' per amore (verso la sorella del suo capo, interpretata da Donatella Finocchiaro), un po' per un insopprimibile bisogno di giustizia, decide allora di sacrificare la propria libertà per ridare ai suoi "padroni" una vita più serena.
Costellato da buone intenzioni, il film scritto e diretto da Jalongo rimane in parte irrisolto: un po' per qualche deviazione narrativa non strettamente necessaria (i due compagni di cella del protagonista); e un po' perché lascia l'impressione di un film a teorema, con qualche cliché di troppo, a cominciare dal secondino di buon cuore e dalla tresca tra "il bruto" e la bella.
Volete vederlo? lo trovate qui.

sabato 17 novembre 2012

Vodka lemon

anno: 2003       
regia: SALEEM, HINER  
genere: grottesco  
con Romik Avinian, Lala Sarkissian, Ivan Franek, Rouzanne Mesropian, Zahal Karielachvili, Armen Marutyan  
location: Armenia
voto: 1

L'incontro tra due anziani vedovi in Armenia. Surreale, ostinatamente alla ricerca della cifra più lirica, sembra uscito da un mix tra Kusturica e Kaurismaki. Una noia mortale.    

domenica 11 novembre 2012

Red lights

anno: 2012       
regia: CORTES, RODRIGO
genere: thriller
con Cillian Murphy, Sigourney Weaver, Robert De Niro, Elizabeth Olsen, Toby Jones, Joely Richardson, Burn Gorman, Craig Roberts, Karen David, Patricia Potter, Leonardo Sbaraglia, Jeany Spark, Jan Cornet, Peter Brooke, Garrick Hagon, Eugenio Mira, Jesse Bostick, Gina Bramhill, Pablo Derqui, Molly Malcolm, Mitchell Mullen, Benjamin Nathan-Serio, Aidan Shipley, Jeff Mash, Simon Lee Phillips, Liliana Cabal, Nathan Osgood, Paulette Sinclair, Lynn Blades, Ann Turnbull, Roscoe van Dyke, Brian Lehane, Miquel Bordoy, Xavier Capdet, Eben Young, Julius Cotter
location: Usa
voto: 5

Chi vincerà nell'ennesimo confronto serrato tra il razionalismo scientifico e le pretese inattingibili della parapsicologia? Prova a rispondere a un quesito che il cinema pone per l'ennesima volta (Il tocco della medusa, Vidocq, Le verità nascoste) l'opera seconda del regista spagnolo Rodrigo  Cortés (che si è guadagnato i galloni hollywoodiani grazie al successo del suo precedente ed estremo lungometraggio, Buried), che arpeggia sapientemente sulla tastiera della tensione, salvo poi risolvere il film in una maniera tanto telefonata quanto pilatesca.
La vicenda si svolge negli Stati Uniti, dove la professoressa Margaret Matheson (Weaver) e il suo assistente Tom Buckley (Murphy) indagano per conto del Centro di studi sui fenomeni paranormali sui tanti casi di impostori che si sono venduti al pubblico facendosi passare per sensitivi, mentre in realtà usano soltanto trucchetti tecnologici sofisticatissimi. La vicenda si fa più complicata quando torna sulle scene Simon Silver (De Niro), un sensitivo cieco che si sottopone volontariamente agli esami dei ricercatori. Qualcuno ci lascerà la pelle e Silver avrà una bella sorpresa.
Se la parte thriller e quella documentaristica del film possiedono un apprezzabile mordente, il film si rivela però assai schematico (i due ricercatori hanno entrambi ragioni biografiche che li spingono verso la ricerca pervicace della verità scientifica), prevedibile e con un finale tanto debole quanto ellittico e forzato.    

sabato 10 novembre 2012

Un'estate da giganti (Les géants)

anno: 2011       
regia: LANNERS, BOULI
genere: avventura
con Paul Bartel, Zacharie Chasseriaud, Marthe Keller, Karim Leklou, Martin Nissen
location: Belgio
voto: 4

La fotocopia sbiadita di quel film seminale che fu Stand by me è ambientata tra i lussureggianti paesaggi montani del Belgio, dove tre ragazzini 14-15 enni - due di loro sono fratelli con i genitori sempre assenti - si arrabattano come possono in un'estate difficile da passare. Non sanno come tirare avanti ma sono abituati a farlo da soli, sicché raccolgono la prima occasione che si offre loro: quella di cedere in affitto per sei mesi, e per una cifra irrisoria, la casa dove abitano a un losco cocainomane. Il problema è: dove andranno a stare per tutto quel tempo? E così comincia l'avventura con la forzatura delle serrature delle case da villeggiatura, l'incontro fortunato con una filantropa, l'occupazione di una stamberga sul fiume.
Fin dalle prime scene - paesaggi magnificamente fotografati, cura dei dettagli, ritmi volutamente dilatatissimi a dispetto degli appena 83 minuti del film - si intuiscono subito gli intenti lirici del regista. Tanta abbondanza di mezzi espressivi, coniugata con la bravura dei tre piccoli interpreti, non basta però a dare all'opera un senso compiuto: in questo film che sta tra fiaba e road movie sono troppe le ellissi narrative e troppo vaghi gli intenti stessi del racconto, che finisce col risultare un'istantanea sbiadita di un romanzo di formazione che ha la durata di una sola estate.    

venerdì 9 novembre 2012

Ex drummer

anno: 2007   
regia: MORTIER, KOEN 
genere: grottesco 
con Dries Vanhegen, Norman Baert, Sam Louwyck, Gunter Lamoot, Tristan Versteven, Dolores Bouckaert, Barbara Callewaert, François Beukelaers, Bernadette Damman, Jan Hammenecker, Wim Willaert, Sebastien Dewaele, Eric Vanrenterghem, Dubbe, Kurt Vandemaele, Flip Kowlier 
location: Belgio
voto: 3

Uno è un tossico erotomane e stupratore. Un altro è violento e pure mezzo sordo. Il terzo ha un braccio semiparalizzato ed è omosessuale. Sono i tre membri di una rock band belga piuttosto âgée, i Femimists, alla ricerca di un batterista. Lo trovano in uno scrittore di successo (Vanhegen) che, pur non avendo alcuna invalidità, in compenso non sa suonare la batteria. E il gioco è fatto: l'impresa del quartetto si trasformerà in una discesa negli inferi.
Immagini proiettate al contrario, stanze capovolte, linguaggio scurrile, oscenità di ogni genere - dallo stupro di una vecchia cicciona pelata alla sodomia spropositata tra maschi fino a un tizio che si evira il suo membro gigantesco - dialoghi beckettiani con tanto di disquisizioni sulla morte di re Baldovino sono gli addendi di un film che punta al risultato più scorretto possibile e non salva nessuno. Si rimane travolti dall'inventiva visionaria che frulla insieme il Danny Boyle più iconoclasta con la cinico TV di Ciprì e Maresco e i deliri di Alex De La Iglesia. Insomma, il film tratto dal romanzo di Herman Brusselmans è molto punk, in tutti i sensi, ma con troppa forma, tantissima maniera e nessun contenuto.    

lunedì 5 novembre 2012

Redacted


anno: 2007   
regia: DE PALMA, BRIAN
genere: guerra
con Sahar Alloul, Happy Anderson, Lara Atalla, Karima Attayeh, Francois Caillaud, Patrick Carroll, Andrew Cullen, Rob Devaney, Izzy Diaz, Mike Figueroa, Qazi Freihat, Shatha Haddad, Paul Hijazin, Suhail Abdel Hussein, Ty Jones, Dhiaa Kahlil, Hiyam Abdel Karim, Yanal Kassay, Ohad Knoller, Shukraya Maran, Sabrine Munther, Paul O'Brien, Adel Odai, Kel O'Neill, Hameed Sahi, Abigail Savage, Nick Seeley, Issam Shamary, Daniel Stewart Sherman, Julie Thiery, Helen Zamel, Jafar Zoubi, Mazen Zoubi, Zahra Zubaidi
location: Iraq, Usa
voto: 8

Nel 2006, nel corso della famigerata "missione di pace" per difendere la "nascente democrazia irachena" due soldati, per puro sadismo e ferocia belluina, irrompono nella casa di una famiglia locale, stuprano una ragazzina di 15 anni e la massacrano insieme ai suoi congiunti, giustificando l'episodio come una rappresaglia per l'uccisione di un commilitone. Nel loro reparto militare non manca chi s'indigna e chi riprende tutto con una videocamera.
Potentissimo film di denuncia antimilitarista, ma anche antiamericana, firmato con stile da mockumentary da Brian De Palma, che con l'escamotage del film nel film realizza un'opera di inusuale verismo. La storia, ispirata a un fatto realmente accaduto, mette impietosamente a nudo la pagliacciata delle presunte "armi di distruzione di massa" e altre corbellerie uscite dal cilindro dell'unico presidente scimmia che gli Usa abbiano mai avuto, George W.Bush. Durissimo nel suo iperrealismo, Redacted si candida a rimanere come una pietra miliare del cinema antimilitarista, in una ghirlanda ideale che aggiunge una gemma preziosa a film come Stalag 17, Orizzonti di gloria, Apocalypse now, Soldato blu e Full metal jacket.
Leone d'argento a Brian De Palma per la miglior regia alla 64. mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia (2007).    

giovedì 1 novembre 2012

Come l'ombra

anno: 2007   
regia: SPADA, MARINA
genere: drammatico
con Anita Kravos, Karolina Dafne Porcari, Paolo Pierobon, Loris Carraro, Alessandro Codaglio, Graiella Comana, Cristiana Corradi, Gisella Filippi, Lorenzo Lastrucci, Patrizia Olgiati. Alessandro Stellacci, Ivan Stojanov
location: Italia
voto: 3

Un ambiguo professore di russo (Pietrobon), che per ragioni ignote si è trasferito dall'Ucraina a Milano, chiede a una sua alunna sulla trentina (Kravos), impiegata presso un'agenzia turistica, di prendersi in casa per qualche giorno una sua lontana cugina (Porcari) fino a quando lui non rientrerà in città. La donna dapprima nicchia, quindi accetta e avvia con la nuova arrivata un rapporto amichevole. Ma improvvisamente la ragazza scompare.
Sarà che l'opera dell'esordiente Marina Spada è stracarica di ellissi, ma del lungometraggio non si riesce proprio ad afferrare il senso: non è un film sulla xenofobia, né un'opera sui clandestini che arrivano in Italia. Non è neppure un film sull'amore frustrato e se è invece un film sull'amicizia femminile, al massimo potremmo parlare di un abbozzo. La regista si sforza di dare un'impronta autoriale al suo lavoro (siamo smaccatamente dalle parti dell'Antonioni di L'avventura), a suon di riprese in campo lunghissimo, immagini fisse e un'insolita scelta nella messa fuori fuoco delle scene (la fotografia è di Gabriele Basilico). Ma tutto ciò non basta né a comporre un'opera sull'amicizia né tanto meno a raccontare una città come Milano, nonostante le marchette a Esselunga, Coin e tanti altri marchi commerciali.
Premio per la miglior regia al Mar del Plata film festival 2007.    

mercoledì 31 ottobre 2012

Copycat: omicidi in serie

anno: 1995   
regia: AMIEL, JON 
ggenere: poliziesco 
con Sigourney Weaver, Holly Hunter, Dermot Mulroney, William McNamara, Harry Connick Jr., J.E. Freeman, Will Patton, John Rothman, Shannon O'Hurley, Bob Greene, Tony Haney, Danny Kovacs, Tahmus Rounds, Scott DeVenney, David Michael Silverman, Diane Amos, Richard Conti, Nick Scoggin, Bert Kinyon, Dennis Richmond, Rob Nilsson, Kenny Kwong, Charles Branklyn, Kelly DeMartino, Rebecca Klingler, Terry Brown, Corie Henninger, Bill Bonham, Kathleen Stefano, Chris Beale, Hansford Prince, Don West, Jay Jacobus, John Charles Morris, Keith Phillips, Johnetta Shearer, Ron Kaell, Kelvin Han Yee, James Cunningham, Victor Talmadge, Brian Keith Russell, Damon Lawner, Russ Christoff, Doug Morrisson, Edith Bryson, Jeni Chua, William Oates, Lee Kopp, Thomas J. Fieweger, Floyd Gale Holland, Anthony Moore, Stephanie Smith, S.J. Spinali, Katherine Fitzhugh, Robert Benscoter, Arlon G. Greene, Stuart W. Yee, Vincenetta Gunn, David Ferguson, Eleva Singleton, Gena Bingham 
location: Usa
voto: 4

Un serial killer dall'aspetto rassicurante (non è un giallo e lo spettatore lo vede fin dall'inizio) si diverte a ripetere gli stessi, raccapriccianti ed efferati omicidi dei suoi inconsapevoli mentori, da John Wayne Gacy a Jeffrey Dahmer e Peter Kurten. La polizia di San Francisco, come da manuale, brancola nel buio e si affida a una profiler espertissima (Weaver) che una brutta esperienza ha costretto all'abuso di psicofarmaci e all'agorafobia. Sarà proprio lei l'obiettivo finale del serial killer.
Se so che sto per vedere un film poliziesco di Jon Amiel, non mi aspetto Hitchcock né Kubrick, ma un minimo di tensione sì. Qui di tensione, tolti i venti minuti finali e la scena iniziale (che è pressoché identica a quella di chiusura) non ce n'è affatto, gli attori sono stati reclutati in saldo e lo script è fiacchissimo. Da evitare.    

lunedì 29 ottobre 2012

Berlin (Lou Reed's Berlin)

anno: 2007   
regia: SCHNABEL, JULIAN
genere: musicale
con Lou Reed, Sharon Jones, Rupert Christie, Steve Hunter, Fernando Saunders, Rob Wasserman, Tony 'Thunder' Smith, New London Children's Choir, Emmanuelle Seigner, Antony Hegarty
location: Usa
voto: 5

Berlin, il terzo album del rocker newyorchese Lou Reed, fu un vero fiasco. Forse per questo l'ex frontman dei Velvet underground non eseguì mai dal vivo le canzoni di quell'album. 33 anni dopo, eccolo calcare per cinque sere consecutive il palco del St. Ann's Warehouse, in quella stessa Brooklyn dove era nato nel 1942. Julian Schnabel, più noto come artista figurativo d'avanguardia che non come regista, filma quelle storiche performance live nelle quali il divo era accompagnato da una piccola orchestra, un coro di ragazzi e da Anthony Hegarty alla voce. Lo spettacolo cinematografico allestito da Schnabel non è certo quello che Scorsese ha tirato fuori per filmare i Rolling Stones (Shine a light), la mano del semidilettante - che aveva comunque già all'attivo film come Basquiat e Lo scafandro e la farfalla - mostra i suoi limiti, ma la musica - con l'intensità delle liriche sul tema della gelosia, la potenza travolgente di canzoni come Lady Day, Men Of Good Fortune e Caroline Says - riscatta la semplicità dello sguardo cinematografico con una grinta e una capacità performativa rimaste inalterate. Chapeau.    

domenica 28 ottobre 2012

Maradona by Kusturica

anno: 2008       
regia: KUSTURICA, EMIR
genere: documentario
con Diego Armando Maradona, Emir Kusturica, Manu Chao, Lucas Fuica
location: Argentina
voto: 4

Il campione lo conoscono tutti: è uno dei personaggi più famosi al mondo. E poi a Diego Armando Maradona sono stati già dedicati film (Maradona - La mano de Dios) e documentari (Amando Maradona), e non solo in Italia.
Il film di Kusturica non aggiunge nulla al racconto dell'ex calciatore, che è un concentrato di istrionismo e populismo: il regista serbo gli lascia campo libero per le sue esternazioni, picconature e pontificazioni, gli fa assist per domande più o meno comode e lo lascia sentenziare contro tutto e tutti (il che, in questo caso, non sempre guasta, visto che i bersagli sono personaggi come Matarrese e Havelange). Ma del Maradona cresciuto in una famiglia con sette fratelli nelle favelas argentine, che ha indossato le magli del Boca, del Barça, del Napoli e della nazionale argentina - con cui vinse il mondiale del 1986 dopo avere realizzato il gol del secolo contro l'Inghilterra, quando si era da poco conclusa la guerra delle Falkland - si sa già tutto, così come si conoscono i vizi privati (come quello per la cocaina) e le fissazioni (da Guevara a Castro). Filmato in un tempo forse eccessivamente lungo (3 anni), il Maradona di Kusturica soffre troppo delle smanie di protagonismo e dell'inarginabile narcisismo di quest'ultimo, che fin dalle prime battute si presenta come "il Maradona del cinema" (stendiamo un velo pietoso…). Troppo preso dal divinare se stesso alla stregua del fuoriclasse sudamamericano (vedi gli accostamenti pretestuosi tra gli spezzoni di film del primo e alcuni momenti della vita del secondo), Kusturica trascura quasi tutto il resto, l'avventura italiana del pibe de oro è poco più che una breve parentesi e l'autoincensamento del presente si traduce in un un duetto agiografico. L'unico vero momento gustoso del film sono gli spezzoni in cui si mostrano i riti (compreso quello nuziale) della chiesa maradoniana: non è una metafora, esiste davvero, con tanto di liturgie e preghiere. Sic.    

sabato 27 ottobre 2012

Amour

anno: 2012       
regia: HANEKE, MICHAEL
genere: drammatico
con Jean-Louis Trintignant, Emmanuelle Riva, Isabelle Huppert, Alexandre Tharaud, William Shimell, Ramón Agirre, Rita Blanco, Carole Franck, Dinara Droukarova, Laurent Capelluto
location: Francia
voto: 9

È ancora una volta la casa lo scenario dove si consumano le tragedie del cinema di Haneke: dopo quella profanata di Funny games, quella claustrofobica de La pianista, quella spiata di Niente da nascondere e quella patriarcale de Il nastro bianco, con Amour il grande appartamento parigino di una coppia di ottuagenari, insegnanti di musica ormai in pensione, fa da cornice al lento e inesorabile declino di lei (Riva). Il film parte dalla fine, la donna distesa sul letto ormai morta e cosparsa di fiori, ma la vera tragedia ha inizio con un momento di vuoto, di assenza: è il sintomo di un ictus che la porterà a perdere mobilità, autonomia, linguaggio. Lui (Trintignant: in Italia non lo si vedeva dai tempi di Film rosso, anno di grazia 1994) la assiste con caparbietà; quando le forze si affievoliscono assume un'infermiera a ore, poi una seconda, ma il percorso è irreversibile e le sporadiche visite di una figlia troppo occupata (Huppert), che a ogni occasione pontifica, non aiutano l'uomo.
Con Amour, Haneke ci racconta l'amore oblativo nella sua quintessenza (qualcosa del genere si era visto in Away from her), scaraventando lo spettatore nella potenza - psicologica, fisica e morale - di una sofferenza che si acuisce con il passare dei giorni, andando di pari passo con una capacità di amare che diventa eroica, pur dilaniata dal desiderio sopito di un ritorno alla propria libertà personale e contagiata dall'abitudine, come nelle diverse reazioni all'intrusione di un piccione in casa, gioiello metaforico del film. È cinema scarnificato, essenziale, realizzato per intero in interni, quasi senza musica e con inquadrature fisse, molte ellissi narrative e diversi fuori scena come è da sempre nello stile di questo indiscutibile Maestro. Strameritato il massimo alloro conquistato al festival di Cannes.    

venerdì 26 ottobre 2012

Il comandante e la cicogna

anno: 2012       
regia: SOLDINI, SILVIO  
genere: commedia fantastica  
con Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Claudia Gerini, Giuseppe Battiston, Luca Zingaretti, Maria Paiato, Michele Maganza, Serena Pinto, Shi Yang, Luca Dirodi, Giselda Volodi, Giuseppe Cederna, Fausto Russo Alesi e con le voci di Pierfrancesco Favino, Gigio Alberti e Neri Marcorè  
location: Italia, Svizzera
voto: 6

Ci guardano sconsolati dall'alto i padri della patria e gli esponenti di rango dell'Italia che fu. E ci commiserano. "Duole il petto doverlo ammettere - dice il bronzo ventriloquo di una statua equestre di Garibaldi (la voce è quella di Favino) - ma se avessi potuto prevedere tutto questo sarebbe stato meglio tenersi gli austriaci". L'Italia (siamo a Torino) che sta ai suoi piedi si presenta fin dalla prima scena con due automobiliste che vengono alle mani per ragioni di viabilità e presenta un bestiario di varia umanità fatta di tangentisti, corrotti, cripto-liberal rappresentati da un anonimo a cui è dedicata una statua la cui testa di Cazzaniga finisce anche per rotolare in terra. E poi c'è l'Italia dei lavoratori onesti che tirano avanti nonostante tutto (Mastandrea), con figli a carico e la presenza fantasmatica di una moglie (Gerini) morta troppo presto. C'è l'Italia di chi coltiva ancora il gusto dell'arte (Rohrwacher) ma è costretta a piegarsi a una committenza spocchiosa e grossolana e non ce la fa a pagare la pigione, o quella dei drop out, come il moralizzatore naïf interpretato da Giuseppe Battiston, enciclopedia vivente avvezzo alla citazione colta e in equilibrio precario nella babele linguistica del mondo intero, o, ancora, un nerd adolescente che farebbe di tutto per la cicogna con la quale ha stretto un legame speciale.
La commedia numero tre di Soldini è tutto questo: genio inventivo nei singoli frammenti, spezzoni dell'Italia in disfacimento, ma anche incapacità di raccordare il tutto se non attraverso una metaforizzazione un po' didascalica (il comandante del titolo è lo stesso Garibaldi; la cicogna è il futuro che potrebbe arrivare, entrambi ben al di sopra del formicaio umano che sono costretti a guardare). Al film manca l'impasto, lo sguardo d'insieme, il raccordo tra le tante, azzeccatissime tracce - che costituiscono un puzzle divertente, servito da attori in stato di grazia (col solito Mastandrea da standing ovation) e molto ben scritto - e il senso stesso della fustigazione, che lascia una sensazione di futilità, diluita nella dimensione fiabesca del racconto.
Titoli di coda da non perdere.    

mercoledì 24 ottobre 2012

La peggior settimana della mia vita

anno: 2011   
regia: GENOVESI, ALESSANDRO
genere: comico
con Fabio De Luigi, Cristiana Capotondi, Monica Guerritore, Antonio Catania, Gisella Sofio, Alessandro Siani, Nadir Caselli, Chiara Francini, Arisa, Luca Altavilla, Federica Fracassi, Nicola Sisti Ajmone, Andrea Mingardi
location: Italia
voto: 4

Il 40enne Paolo (De Luigi) sta per sposarsi e per lui si annuncia una settimana memorabile. Sì, memorabile, ma in maniera radicalmente diversa dalle aspettative: ogni suo gesto finirà per trasformare l'incontro con i futuri suoceri, nella loro residenza sul lago di Como, in una catastrofe.
Ispirato a un format della BBC (The Worst Week of My Life) ma con molti debiti anche nei confronti di Ti presento i miei e Hollywood party, il primo film da regista di Alessandro Genovesi (già sceneggiatore per Salvatores di Happy family) si avvale, nella sua pochezza, quasi esclusivamente del talento comico e della possente mimica facciale di Fabio De Luigi. Per il resto, situazioni da slapstick viste e straviste, recitazione bovina da tutte le parti, intreccio forzato e frammentario ma anche, va riconosciuto, molto garbo. Il che, per una volta, non guasta.    

domenica 21 ottobre 2012

7 days in Havana (7 días en La Habana)

anno: 2012       
regia: CANTET, LAURENT * DEL TORO, BENICIO * MEDEM, JULIO * NOÉ, GASPAR * RAPERO, PABLO * SULEIMAN, ELIA * TABÍO, JUAN CARLOS
genere: drammatico
con Josh Hutcherson, Daniel Brühl, Emir Kusturica, Elia Suleiman, Melissa Rivera, Jorge Perugorría, Mirta Ibarra, Daisy Granados, Vladimir Cruz, Melvis Santa Estevez, Luis Alberto García, Othello Rensoli, Leonardo Benítez
location: Cuba
voto: 1


I film a episodi non hanno mai goduto di buona salute, neppure - come nel caso di New York stories e Al di là delle nuvole - quando annoveravano nomi del calibro di Allen, Scorsese, Coppola, Antonioni e Wenders. Figurarsi quando nei saldi di fine stagione finiscono registi bolliti, esordienti o mezze tacche che a stento riescono ad avere visibilità in patria: nella fattispecie, un solo cubano e gli altri di varie altre nazionalità. 7 days in Havana è quanto di peggio si riesca a vedere sul piano dell'assemblaggio di 7 linguaggi cinematografici diversi, che come unico elemento in comune hanno quello di gareggiare per aggiudicarsi la palma dell'episodio peggiore.
Scanditi per ciascun giorno della settimana, gli episodi partono con un ragazzetto americano che cerca sesso facile nella capitale cubana; al martedì il regista Emir Kusturika, nella parte di sé stesso, arriva ubriaco alla premiazione del festival cinematografico dell'Havana; il mercoledì è il turno di un impresario spagnolo che si invaghisce di una cantante di night club la quale sta con un giocatore di baseball fallito; il quarto episodio - un involontario omaggio al cinema di Jacques Tati - è incentrato sulla figura di un giornalista israeliano che, nell'attesa di poter intervistare Castro, si rende conto con occhi disarmati della realtà locale; il quinto episodio è un bagno di purificazione al quale i familiari di una ragazza costringono quest'ultima per farle passare le smanie saffiche; il sabato è il giorno di una madre di famiglia che, oltre a spaccarsi la schiena negli altri giorni della settimana, prepara caramelle per raggranellare qualche spicciolo in più. L'episodio di chiusura ha come protagonisti un gruppo di vicini di casa, intenzionati a organizzare una cerimonia in onore della vergine Oshun.
Quanto rum si sono bevuti produttori e registi di questo film per mettere in piedi un'accozzaglia del genere (lo spunto sono sette storie tratte da altrettanti racconti di Leonardo Padura Fuentes)? Episodi strascicati, senza nerbo, né capacità di racconto, né cura delle immagini (se non, forse, per l'episodio di Gaspar Noè). Tutto da dimenticare.    

sabato 20 ottobre 2012

La bella gente

anno: 2009       
regia: DE MATTEO, IVANO
genere: drammatico
con Monica Guerritore, Antonio Catania, Iaia Forte, Giorgio Gobbi, Victoria Larchenko, Myriam Catania, Siddhartha Prestinari, Elio Germano
location: Italia
voto: 4

Ve la ricordate Louise Fletcher, quella che interpretava l'infermiera aguzzina della clinica psichiatrica di Qualcuno volò sul nido del cuculo? Beh, quella era una dilettante rispetto alla Monica Guerritore de La bella gente, sadica e mostruosa come poche altre figure al cinema. La ricca signorotta romana di mezza età si commuove nel vedere una giovanissima prostituta dell'Europa orientale (Larchenko) picchiata dal suo magnaccia sul ciglio di quella strada che lei sta percorrendo per andare a trascorrere le sue vacanze estive in collina. Sicché si incapriccia, convince quel Pilato di un marito (Antonio Catania) a farsene carico e offre alla giovane protezione, cure e ristoro. Peccato che quando a casa arrivano il figlio (Germano) con la fidanzata neurolabile (insopportabilmente interpretata da Myriam Catania, figlia di mammà Rossella Izzo: ma si sa che in Italia bastano i legami di sangue per accedere al mondo dello spettacolo) i progetti umanitari della donna, che peraltro detesta la futura nuora, vadano in frantumi come gli oggetti che lancia per casa nei frequenti momenti di isteria innescati dall'invaghimento del suo bravo figliolo nei confronti della ragazzina ucraina.
Alla sua seconda prova da regista Ivano de Matteo conferma tante buone intenzioni e sensibilità sociale, ma anche una pochezza sconcertante: i personaggi sono tagliati con l'accetta (con ampie responsabilità da parte di Valentina Ferlan, autrice di soggetto e sceneggiatura), l'ipocrisia viene mostrata allo spettatore con il piglio da trattatello morale che più didascalico non si può e gli attori - Elio Germano e Antonio Catania a parte - fanno a gara per assicurarsi il ruolo del peggiore. Niente da fare: nonostante nel film reciti anche quel mistero imperscrutabile che è Iaia Forte, che alla straordinaria inespressività associa anche una rara bruttezza, il massimo alloro va proprio a Monica Guerritore. Vedendola "recitare" si capisce perché nel curriculum annoveri film come Stato interessante, Fotografando Patrizia, Scandalosa Gilda, Mutande pazze e Femmina.
Quanto al tema della ricca famiglia ultraborghese dalle buone intenzioni, è molto meglio andarsi a rivedere Da qualche parte in città di Michele Sordillo: se La bella gente non ha trovato neppure un esercente disposto a proiettarlo in sala, il film di Sordillo, circolato anch'esso in maniera quasi carbonara, almeno merita la visione.    

mercoledì 17 ottobre 2012

Killer Joe

anno: 2012       
regia: FRIEDKIN, WILLIAM
genere: thriller
con Matthew McConaughey, Emile Hirsch, Juno Temple, Thomas Haden Church, Gina Gershon, Scott A. Martin, Gralen Bryant Banks, Carol Sutton, Danny Epper, Jeff Galpin, Marc Macaulay, Gregory C. Bachaud, Charley Vance
location: Usa
voto: 4

Chris (Hirsch) ha alle calcagna alcuni scagnozzi che esigono la restituzione di una grossa somma. Come uscirne? Semplice: basta ingaggiare un poliziotto che fa il killer professionista a tempo perso (McConaughey) e fare uccidere la propria madre, che ha un'assicurazione sulla vita di 50mila dollari. Papà (Church)  d'accordo, ma il killer Joe vuole i soldi in anticipo e se questi non ci sono potrebbe prendersi la sorellina di Chris (Temple) come caparra. Ma Chris è così stupido da non sapere in quale enorme guaio si sta mettendo…
Passate da un pezzo le 70 primavere, Friedkin, che ha un pedigree di rango con film come Il braccio violento della legge, Cruising e L'esorcista, gioca a fare il terzo fratello Coen dirigendo un film tratto da un testo teatrale di Tracy Letts, una black comedy a forti tinte grottesche, che per almeno un'ora annaspa in una trama senza mordente e che soltanto nella lunga scena finale tira finalmente fuori le unghie con una carneficina in puro stile pulp. La tensione latita, il sarcasmo sullo sfascio della famiglia redneck è di grana talmente grossa da non sortire alcuna sorpresa e tutto sembra pensato per essere programmaticamente in linea con il cinema trendy di Tarantino & C.    

lunedì 15 ottobre 2012

Lourdes

anno: 2009       
regia: HAUSNER, JESSICA  
genere: drammatico  
con Sylvie Testud, Léa Seydoux, Bruno Todeschini, Elina Löwensohn, Irma Wagner, Gilette Barbier, Gerhard Liebmann  
location: Francia
voto: 3

Occhio ai titoli di testa: Lourdes è riuscito a vincere tanto il premio Brian, dell'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, quanto il cattolico premio Signis 2009. Basta fare uno più uno per capire che l'unico, vero pezzo forte di questo film cinematograficamente inesistente sta nella quota apicale di cerchiobottismo che riesce a raggiungere.
Una ragazza malata da tempo di sclerosi a placche (Testud) sperimenta l'ultima carta, quella della speranza, recandosi a Lourdes. Qui, tra suore dell'Ordine di Malta, preti e preghiere continue, ogni tanto si tenta il gioco cabalistico del miracolo. Il quale miracolo tocca proprio a lei, suscitando le invidie di chi non è stato baciato dalla stessa fortuna e facendola poi precipitare nei sensi di colpa per essere stata la protagonista di quel fatto straordinario. La scienza, intanto, fa la sua partita e ammette: non si è mai visto niente del genere.
La regista austriaca Jessica Hausner va in trasferta, lascia la macchina da presa dove capita, sottopone lo spettatore a estenuanti piani fissi in campo lungo, tirando avanti per oltre un'ora e mezza a suon di discorsi vacui, omelie e preghiere in un tripudio di kitsch dell'anima, con interpreti mummificati e canzoni d'antan messe lì a casaccio. Una dimostrazione di come, a voler accontentare tutti, ci si muove talmente poco e in punta di piedi che alla fine si rimane immobili e con la stessa fissità della macchina da presa, realizzando un film talmente lento che farebbe passare Tarkovsky per un maestro dell'action movie più adrenalinico.