venerdì 26 novembre 2010

I figli sorpassano a destra i genitori. La spinta da maschi e regioni rosse


La mela continua a cadere abbastanza vicino all'albero. Ma adesso cade dalla parte opposta. Trentacinque anni fa i figli scavalcavano a sinistra i genitori: oggi li scavalcano a destra. Se i figli sono il futuro di un paese, tira brutta aria per la sinistra italiana, ma i numeri parlano chiaro: quella che sembrava un'ovvietà antropologico-sociale al limite del luogo comune ("a vent'anni siamo tutti rivoluzionari") viene smentita da una ricerca congiunta dell'Istituto Gramsci e dell'Istituto Cattaneo di Bologna che verrà resa pubblica oggi. Frugando in una vecchia indagine del 1975 sull'orientamento politico degli italiani, i tre ricercatori (Piergiorgio Corbetta, Dario Tuorto, Nicoletta Cavazza) si sono imbattuti in una piccola miniera non ancora sfruttata: alcune centinaia di questionari compilati in parallelo da genitori e figli delle stesse famiglie. Hanno incrociato quei dati, poi hanno deciso di ripetere il sondaggio oggidì, a una generazione di distanza, intervistando oltre quattrocento coppie genitori-figli.

Quel che hanno scoperto è una vera e propria inversione di tendenza nella trasmissione ereditaria di valori e ideologie: i figli sono diventati più conservatori dei padri. Visto che c'è una generazione di mezzo, si può anche dire: chi la fa l'aspetti: chi trent'anni fa aveva abbandonato "da sinistra" i propri padri, ora si trova aggirato a destra dai propri figli. Unico elemento costante: sono sempre loro a muoversi, i ragazzi. Infatti, allora come oggi, il gruppo dei genitori
si colloca più o meno al centro dello spettro destra-sinistra; ma il gruppo irrequieto dei figli, che nel '75 era più a sinistra del gruppo dei genitori di circa un punto (in un arco convenzionale da 0=sinistra a 6=destra), oggi è più a destra di 0,3 punti. I maggiori responsabili dell'inversione a U, altro dettaglio che non farà piacere ai progressisti, sono i rampolli (soprattutto i maschi) delle famiglie meno istruite, meno ricche e che vivono nelle regioni "rosse": quelle dove l'omogeneità ideale tra padri e figli una volta era più forte. Insomma è proprio lo "zoccolo duro" dell'insediamento elettorale storico della sinistra, le famiglie unite, proletarie, laboriose, tutte casa e cellula, che si sta sfarinando.

Eppure, a ben vedere, la grande maggioranza delle famiglie continua a trasmettere ai figli le proprie visioni del mondo. Il "tasso di dissimilarità" generazionale italiano è in fondo piuttosto limitato (1,6 punti su una scala di dieci), la grande maggioranza dei figli somigliano ai padri, si rassicurino dunque i genitori: sono buoni pedagoghi politici. E i genitori di sinistra, nonostante la frana, riescono ancora a tenere i figli dalla loro parte più spesso di quelli di destra. Su cento genitori che votano un partito di sinistra, 75 hanno figli che li imitano, mentre su cento genitori di destra solo 60 hanno figli che votano come loro. La famiglia progressista insomma "convince" di più. Ipotesi lusinghiera: i suoi valori sono più robusti, moralmente superiori e resistenti all'usura. Ipotesi realistica e tecnica: è più facile riconoscere una continuità nei partiti di sinistra (Pci-Ds-Pd) che nei partiti di destra (la novità assoluta della Lega ha spaccato le famiglie dell'ex area Dc). In ogni caso, le distanze tra il proselitismo familiare di sinistra e quello di destra si sono drasticamente accorciate: nel '75 le percentuali di "ereditarietà" politica erano di 86 a 36 a favore dei genitori di sinistra. Un altro sorpasso probabilmente è in vista.

Ora, però, non è il caso di tirare conclusioni epocali. Il ribaltone intra-familiare avviene in realtà in un contesto in cui la politica ha perso spessore, significato, autorevolezza. Dalle domande di controllo sulla preparazione e l'attività politica effettivamente svolta, si scopre che i figli di quell'epoca immediatamente post-sessantottina erano più informati, coinvolti e impegnati dei loro genitori: oggi è l'inverso. E metà dei figli intervistati oggi non sa dare una convincente spiegazione della differenza fra sinistra e destra: erano solo il 30% nel '75. Allora, le baruffe domestiche esplodevano perché i ragazzi erano "impegnati" politicamente e i genitori apatici e qualunquisti; oggi per l'esatto contrario. Dunque, di che parliamo? "Di famiglie che condividono molto più spesso l'indifferenza che l'impegno, dove la polarità destra-sinistra ha perso quasi ogni significato", sintetizza il professor Corbetta. Le mele cadono vicino all'albero, ma hanno sempre meno sapore.
(di Michele Smargiassi, da "La Repubblica" del 26 novembre 2010)

La Mignottocrazia del Cavaliere. Un sistema per stravolgere le regole

da Repubblica — 26 novembre 2010

ESCE oggi nelle librerie l' ultimo libro di Paolo Guzzanti, "Mignottocrazia", (Aliberti editore). Ne pubblichiamo alcuni stralci. Mignottocrazia come stupro delle regole Le regole della vita civile come le regole della vita democratica sono faticose, pedanti, poco agili e create con l' esperienza di secoli proprio allo scopo di impedire che prevalgano gli istinti, la forza, la sopraffazione e anche un eccesso di carisma personale in competizione con le regole e che tende a soffocarle, ucciderle, deriderle. La mignottocrazia come sistema di potere ha esattamente questo scopo ideologico: assuefare l' opinione pubblica con un continuo e Fare come gli pare Quando Berlusconi, di fronte al caso della ragazza Ruby afferra i microfoni dei cronisti e scandisce il fatto che lui fa e intende seguitare a fare come gli pare, a condurre lo stile di vita che vuole e che in quello stile di vita c' è la festa, le donne e il piacere, non fa una dichiarazione impudente o imprudente. Fa una dichiarazione politica. La dichiarazione politica è anzi ideologica. (...) Berlusconi si fa forte del disprezzo popolare - in Italia e soltanto in Italia - per tutte le forme di controllo. Quando lui definisce i controlli e i contrappesi «lacci e lacciuoli», chiama l' applauso dello stesso pubblico televisivo ed elettorale che apprezza, loda e anzi si entusiasma per le sue attività sessuali vere o presunte, per il suo disprezzo per le regole e lo stile di vita che dovrebbe essere consono a un capo di governo. (...) rivendicato stupro delle regole, delle norme, delle consuetudini, introducendo una prassi apparentemente anarchica, l' esibita passione per le feste piene di ragazze in attesa del loro regalino, ma in realtà funzionale al mantenimento del potere. (...) Il voltafaccia della Santanché In tutte le salse le sue avventure o supposte tali sono state difese con una sloganistica semplificata: la sinistra protegge e si identifica con omosessuali di ogni varietà, transessuali, travestiti e comunque persone sessualmente ambigue, mentre la destra berlusconiana spiccia e casereccia si identifica con il maschio standard, quello delle barzellette cui piace fondamentalmente "la fica". Daniela Santanché, che come avversaria di Berlusconi aveva denunciato anche lei la maniacale sessualità di quest' ultimo specificando di non aver mai ceduto alle sue seduzioni, una volta tornata all' ovile berlusconiano con una carica da sottosegretario si è sbracciata nella difesa di Berlusconi come maschio sanamente affamato di sesso femminile. (...) Le hai messo le mani sul culo? Eravamo seduti e si svolse il rituale comizio del Cavaliere il quale sa avere con la folla il rapporto carnale che è un parafrasi dell' atto sessuale (...) Berlusconi sceso dal palco si stava dirigendo verso il punto dove ero seduto io (...) una folla a poltiglia si spalmò sulla mia fila di sedie e vari corpi mi si appiccarono contro (...). Fu a quel punto che il presidente del Consiglio dei Ministri del governo italiano, con un coup de théatre dei suoi aprì il sipario dei corpi umanie apparve a pochi centimetri dalla mia faccia, raggiante, compagnone, studentesco e mi disse con un sorriso a quarantadue denti: "Bé? Ma l' hai toccata? Hai visto che gnocca che ti è venuta addosso? Le hai messo almeno le mani sul culo? Trattare le donne da proprietario Ho sempre pensato che Berlusconi sarebbe caduto sulle donne. L' ho pensato negli anni in cui ero parlamentare di Forza Italia, quando accettai la candidatura per poter proseguire la mia inchiesta sul dossier Mitrokhin, e l' ho pensato quando ho lasciato lo stesso partito, prima che si compisse il rito equivoco dell' unificazione fra Alleanza nazionale e il partito di Berlusconi. (...) Un comportamento aziendale, padronale, fintamente paterno, segnato dal più profondo disprezzo per l' altro sesso, un disprezzo nasalmente negato nel modo più sinceramente sfrontato: «Io odiare le donne? Ma tu sei pazzo! Io amo le donne, corteggio le donne perché le adoro e loro lo sanno». (...) Usa il denaro come sex appeal Molti anni fa Berlusconi disse a Beppe Piroddi, un celebre playboy degli anni Ottanta: «Il denaro, i mega-affari e il potere? Certo, caro Beppe, sono importanti, ma per me contano in quanto mi permettono di competere con te e i tuoi colleghi nella conquista delle più belle donne del mondo. (...) Cariche di prostitute in offerta speciale Si vantava di massacrare due donne al giorno con una pillola che non era il Viagra perché l' episodio è di molti anni fa. Ciò dimostra che per luiè più importante far sapere agli altri che è uno scopatore irrefrenabile, più che un conquistatore di donne, un amante desiderabile e desiderato. (...) La sua ex consorte Veronica Lario parla di lui come dell' imperatore, o del drago al quale vengono sacrificate legioni di vergini. In realtà, più modestamente, sullo scannatoio sacrificale del lettone di Putin vengono portate spesso delle puttane in offerta speciale (...) Bella ragazza e testa vuota Il sistema mignottocratico consiste nel creare una classe dirigente di esseri umani clonati, robotici, composta prevalentemente da donne ma non soltanto, selezionati secondo criteri di sex appeal. Che poi ci siano o non ci siano incentivi sessuali alla carriera, questo è un optional. Secondo la bibbia del berlusconismo, una bella ragazza con la testa vuota è sempre meglio di una brutta ragazza con la testa piena di idee e di cultura.

martedì 23 novembre 2010

Il mio nome è Khan (My name is Khan)

anno: 2010       
regia: JOHAR, KARAN
genere: drammatico
con Shahrukh Khan, Kajol, Shane Harper, Adrian Kali Turner, Harmony Blossom, Christopher B. Duncan, Michele Marsh, Jennifer Echols, Douglas Tait, Steffany Huckaby, Parvin Dabas, Katie A. Keane, Retson Ross, Raul Bustamante, Michael William Arnold, Vinay Pathak, Mel Fair, Pallavi Sharda, Sugandha Garg, Brent Mendenhall, Sonya Jehan, Tanay Chheda, Jennifer Barbosa, Kathleen M. Darcy, Carl Marino, Arjun Mathur, Zarina Wahab
location: India, Usa       
voto: 5,5

Cresciuto seguendo l'insegnamento materno secondo il quale nel mondo l'unica vera distinzione tra gli uomini è quella tra buoni e cattivi, Rizwan Khan - afflitto da una forma lieve di autismo nota come sindrome di Asperger - promette a sua madre che riuscirà a vivere un'esistenza felice. I suoi intenti sembrano realizzarsi quando, lasciata l'India per S.Francisco, incontra Mandira (Kajol), giovane madre con figlio al seguito. Alla morte violenta di quest'ultimo, avvenuta all'indomani dell'11 settembre a causa del montare dell'intolleranza etno-religiosa, la donna ingiunge a Khan: "vai a dire al Presidente degli Stati Uniti 'io sono Khan e non sono un terrorista'. Lui la prende in parola, girando per tutto il Paese in attesa di incontrare il presidente.
Chi ha una minima familiarità con i prodotti dell'industria cinematografica più prolifica del mondo non avrà difficoltà a rintracciare nel film diretto da Karan Johar tutti gli stilemi del cinema di Bollywood: colori sgargianti, stile narrativo da fotoromanzo, musiche a go go. Mancano soltanto i balletti e ci sarebbe stato tutto. Il film, che è una via di mezzo tra Forrest Gump e Rain man, si lascia comunque vedere: non gli difettano ritmo e ironia (il protagonista prima di copulare legge il "Manuale del sesso per i negati"), alcune trovate sono notevoli (con Khan che, sapendo riparare quasi tutto, inventa una bicicletta per pompare via l'acqua) ma l'insieme, a partire dalle riflessioni sulla discriminazione religiosa e sull'intolleranza diffusa dopo l'11 settembre, rasenta costantemente banalità e qualunquismo e a poco serve la notevole performance di Shahrukh Khan, l'attore indiano più noto.    

domenica 21 novembre 2010

Una vita tranquilla

anno: 2010       
regia: CUPELLINI, CLAUDIO
genere: drammatico
con Toni Servillo, Marco D'Amore, Francesco Di Leva, Juliane Köhler, Leonardo Sprengler, Alice Dwyer, Maurizio Donadoni
location: Germania       
Voto: 7

Fuggito 15 anni prima dall'Italia dove è creduto morto, Rosario (Servillo) si è rifatto una vita e una famiglia in Germania, lasciando l'attività di camorrista per quella di cuoco. Il passato bussa nuovamente alla sua porta quando sull'uscio del ristorante che porta il suo nome Rosario rivede il figlio abbandonato all'epoca (D'Amore), inviato come sicario dalle ecomafie campane per assassinare un manager che avrebbe intralciato gli interessi della camorra. La vita tranquilla di Rosario è così messe a dura prova.
Su una trama di ispirazione noir non proprio nuovissima (basterebbe citare L'uomo dalle due ombre, A history of violence e The Bourne supremacy), Cupellini imbastisce un dramma psicologico al quale Servillo, che da solo continua a valere il prezzo del biglietto al cinema (non a caso si è aggiudicato il premio Marc'Aurelio della giuria come miglior attore al Festival di Roma), offre una gamma espressiva ricchissima, dal riso al pianto. Nonostante la regia accorta, i notevoli movimenti di macchina e l'ottima direzione degli attori (il "compare" Francesco Di Leva ha vinto il premio come miglior interprete italiano in occasione dello stesso festival), il film di Cupellini - ancora incerto sulla direzione espressiva da prendere dopo i toni da commedia di 4-4-2 e Lezioni di cioccolato - soffre qualche buco di sceneggiatura (com'è possibile che il figlio ritrovi il padre sfuggito per 15 anni alla camorra?), ma è eefficare nell'aggiornare la figura degli italiani all'estero proposta in epoche passate da Nino Manfredi con film come Pane e cioccolata e Spaghetti House.    

sabato 20 novembre 2010

La Terrazza sul Lago (Lakeview Terrace)

anno: 2008       
regia: LaBUTE, NEIL 
genere: thriller 
con Samuel L. Jackson, Patrick Wilson, Kerry Washington, Ron Glass, Justin Chambers, Jay Hernandez, Regine Nehy, Jaishon Fisher, Robert Pine, Keith Loneker, Caleeb Pinkett, Robert Dahey, Ho-Jung, Bitsie Tulloch, Michael Sean Tighe, Valeri Ross, Dartenea Bryant, Dallas Raines, Dale Godboldo, Lynn Chen, Wiley M. Pickett, Vincent Laresca, Paul Terrell Clayton, Jeff Cockey, Wrenna Monet, Tabitha Taylor, Khira Thomas, Cassius Willis, Vanessa Bell Calloway, Cocoa Brown, Marc Chaiet, Zorianna Kit, Hiep Thi Le, Ajay Mehta, Billy Brown, Sarah Lieving, Eva La Rue, Lonnie Moore, Jamie Vandevert, Lisa Dewitt, Michael Landes 
location: Usa       
voto: 5

Chris (Wilson) e Lisa Mattson (Washington) sono una coppia apparentemente felice. Lui è bianco, lei nera, e non piacciono affatto al poliziotto loro vicino di casa (Jackson), un californiano nero passatista e parruccone rimasto vedovo e col dente avvelenato. L'uomo fa irruzione nella vita dei due in maniera sempre più sgradevole, in un crescendo di efferatezze che la coppia fatica ad arginare.
Neil LaBute, ex astro ascendente del cinema indipendente americano, continua a incagliarsi in storielline sempre più corrive, come già era accaduto con Possession. La finezza psicologica di film come Nella società degli uomini e Amici & vicini lascia posto alla grana grossa di un razzismo capovolto, con cui il nero ultraconservatore veicola i propri risentimenti personali verso i malcapitati di turno. Le nefandezze sul tema del cattivo vicinato sono già state raccontate molte altre volte con ben altro spessore: basterebbe pensare a L'inquilino del terzo piano ad Alexandra's project. Qui la vicenda assume i contorni di un thriller con prevedibile klimax, i protagonisti sono tagliati con l'accetta, gli interpreti sembrano presi al discount del casting e laghi non se ne vedono. Forse LaBute stava pensando di girare un altro film.    

venerdì 19 novembre 2010

Stanno tutti bene - Everybody's Fine

anno: 2009       
regia: JONES, KIRK 
genere: commedia 
con Robert De Niro, Drew Barrymore, Kate Beckinsale, Sam Rockwell, Lucian Maisel, Damian Young, James Frain, Melissa Leo, Katherine Moennig, Brendan Sexton III, James Murtaugh, Austin Lysy, Chandler Frantz, Lily Sheen, Seamus Davey-Fitzpatrick, Mackenzie Milone, Kene Holliday, Mandell Butler, Lou Carbonneau, E.J. Carroll, Debargo Sanyal, Ben Schwartz, Caroline Clay, Jayne Houdyshell 
location: Usa       
voto: 6

Frank Goode (De Niro) è un operaio in pensione che ha passato tutta la vita a rivestire di PVC i cavi elettici per garantire ai suoi quattro figli un futuro dignitoso. Rimasto vedovo e geograficamente lontano dai quattro, vorrebbe averli tutti con sé a tavola ma ognuno di loro trova una scusa per evitare la riunione nella casa avita. Sicché l'uomo, nonostante il suo medico lo abbia sconsigliato, parte per un interminabile viaggio in pullman e in treno tra New York, Chicago, Las Vegas e Denver per andare a trovare quelli che si ostina a chiamare "i miei bambini". La realtà che gli si paventa davanti è però ben diversa da quella che la moglie, finché era in vita, gli raccontava e l'uomo scopre di avere forse riposto troppe aspettative nei suoi figli.
Remake dell'omonimo film diretto da Tornatore, interpretato da Mastroianni e datato 1990, il film ("scritto", si legge nei titoli di testa) di Kirk Jones soffre in parte gli stessi difetti dell'originale: ritmo monocorde, finale telefonato. De Niro è però talmente formidabile da non fare rimpiangere il Marcello nazionale nemmeno per un attimo e la sceneggiatura imbastisce un paio di guizzi che toccano le corde del sentimento in maniera efficace, su un registro complessivamente da commedia.    

domenica 14 novembre 2010

The Social Network

anno: 2010       
regia: FINCHER, DAVID
genere: biografico
con Jesse Eisenberg, Rooney Mara, Bryan Barter, Dustin Fitzsimons, Joseph Mazzello, Patrick Mapel, Andrew Garfield, Toby Meuli, Alecia Svensen, Calvin Dean, Jami Owen, James Dastoli, Robert Dastoli, Scotty Crowe, Jayk Gallagher, Marcella Lentz-Pope, Aria Noelle Curzon, Trevor Wright, Barry Livingston, Marybeth Massett, Randy Evans, Denise Grayson, John Getz, Rashida Jones, Carrie Armstrong, Henry Roosevelt, Armie Hammer, Josh Pence, Max Minghella, David Selby, Pamela Roylance, Brian Palermo, Brett Leigh, Chris Gouchoe, Nicholas Tubbs, Kevin Chui, Richard Ferris, Burke Walton, Anh Ba Nguyen, Dane Nightingale, Stephen Fuller, John He, Nick Smoke, Cali Fredrichs, Shelby Young, Steve Sires, Brenda Song, Malese Jow, Victor Z. Isaac, Abhi Sinha, Mark Saul, Cedric Sanders, Justin Timberlake, Dakota Johnson, Nancy Linari, Douglas Urbanski, Inger Tudor, Aaron Sorkin, Mariah Bonner, Kyle Fain, Christopher Khai, Emma Fitzpatrick, Jeffrey Thomas Border, Courtney Arndt, Felisha Terrell, Zoe De Toledo, Simon Barr, Alex Leigh, Phil Turnham, Richie Steele, Chris Friend, Tom Harvey, Alex Olijnyk, Ray Poulter, Bob Hewitt, Dave Lambourn, James Padmore, Sebastian Kouba, Charles Herbert, Robin Dowell, Nathan Hillyer, James Shanklin, Alex Reznik, John Hayden, Oliver Muirhead, Shane Adler, Amy Ferguson, Monique Edwards, Cayman Grant, Wallace Langham, Scott Lawrence, Peter Holden, Darin Cooper, Jared Hillman, Caitlin Gerard, Lacey Beeman, Cherilyn Wilson, Caleb Landry Jones, Franco Vega, Andrew Thacher, Eric La Barr
location: Usa       
voto: 5,5

The social network ovvero come accadde che un nerd dell'università di Harward creò Facebook e divenne il più giovane miliardario vivente. La storia dell'invenzione di quel buco della serratura elettronico che si chiama Facebook, il più noto tra i social network, viene ricostruita dal David Fincher, abituale frequentatore del cinema d'azione (Seven, The game, Fight club, Zodiac), facendo perno sulla battaglia legale che Mark Zuckerberg, il genietto de computer diventato appunto multimiliardario, subì da parte del suo unico amico e di un trio di fighetti invidiosi. Tutto ebbe inizio nel campus più famoso del mondo, anno di grazia 2003, quando Mark (Eisenberg), lasciato dalla fidanzata per il suo eccesso di sussiego, decide di vendicarsi lanciando in rete una sorta di campionato virtuale per la più bella ragazza di varie università americane. Il gioco si estende, prende forma e diventa quello che conosciamo tutti. A chi già conosce la storia di Zuckerberg, il film dal punto di vista strettamente cinematografico non dirà molto, non fosse altro che per il fatto che il film somiglia a tanti altri college movies, con ragazze in tiro, cocaina, spocchia un tanto al chilo, montaggio frenetico, anche se il tutto girato con grande mestiere. La parte più interessante del film sta invece nel coagulo tra avidità, pettegolezzo, rimorchio  e colpi bassi che marchia i protagonisti della vicenda, con scelte di casting che culminano nell'insulsaggine di Shawn Fanning, l'inventore di Napster, interpretato dall'idolo delle ragazzine Justin Timberlake. Per la serie: prepariamoci a vedere le nuove facce del capitalismo. Ci sarà da rimpiangere Onassis.    

venerdì 12 novembre 2010

La scuola è finita

anno: 2010       
regia: JALONGO, VALERIO
genere: drammatico
con Valeria Golino, Vincenzo Amato, Fulvio Forti, Luciano De Luca, Antonella Ponziani, Marcello Mazzarella, Alfio Sorbello, Gianluca Belardi, Paola Pace, Silli Togni, Gea Martire, Marina Biondi, Vittoria Piancastelli, Erika Urban, Sergio Meogrossi, Paolo Giovannucci, Marco Zangardi, Anna Pititto, Cecilia Broggini, Roberta Fossile
location: Italia       
voto: 7

Andrebbero visti in sequenza La scuola, Come te nessuno mai e questo La scuola è finita, per capire verso quale direzione si sta progressivamente muovendo una delle più importanti agenzie di socializzazione dei giovani. Il film di Jalongo, l'ultimo in ordine di tempo di questa ideale trilogia ma anche assai vicino al francese La classe, sembra segnare il punto di non ritorno dell'istituzione scolastica. Al centro del racconto c'è Alex (il sorprendente Fulvio Forti), un ragazzo "difficile" di un istituto tecnico della periferia romana, al quale cercano di dare sostegno due insegnanti sulla via del divorzio (Golino e Amato, ancora una volta insieme dopo Respiro), dalle opposte inclinazioni: materna e comprensiva lei, eterno Peter Pan e demotivato all'insegnamento lui, che però trova nella musica rock un canale di comunicazione col ragazzo. Lo spaccato della scuola che Jalongo - che oltre ad essere regista è anche un insegnante - offre è disarmante: l'assenza di regole tocca qualsiasi categoria, gli studenti occupano la scuola per noia, devastandola, mentre il professore di lettere consuma droghe sintetiche, finendo anche all'ospedale dopo una notte brava passata col suo alunno. Il film, al quale ha collaborato in fase di sceneggiatura proprio Daniele Luchetti, regista de La scuola, pur essendo eccessivo nel finale e in parte irrisolto, mette in scena le molte solitudini dei personaggi che lo popolano, con un ritmo pregevole e un accompagnamento musicale perfettamente consonante, opera di Francesco Sarcina. La cosa che più rimane impressa sono le suppellettili degradate della scuola, tanto materiali quanto metaforiche, che sono la spia- unitamente a scene come quella dell'irruzione delle unità cinofile nella scuola - di uno sfascio parossistico. In attesa di vedere il prossimo film sulla scuola, dopo che sarà passato lo tsunami Gelmini     

giovedì 11 novembre 2010

Lulu of the bridge

anno: 1998   
regia: AUSTER, PAUL 
genere: drammatico
con Harvey Keitel, Mira Sorvino, Willem Dafoe, Vanessa Redgrave, Richard Edson, Don Byron, Kevin Corrigan, Victor Argo, Peggy Gormley, Harold Perrineau, Gina Gershon, Sophie Auster, Mandy Patinkin, Greg Johnson, David Byrne, Holly Buczek, Lou Reed, Tom Gilroy, Paul Lazar, Michael Cerveris, Slava Schoot, Henry Yuk, Fred Norris, Brian McGuinness, Neil Donovan, Socorro Santiago, O.L. Duke 
location: Usa   
voto: 1

Fenomenologia dell'ammanicamento. Può succedere che sei uno scrittore mediocre, molto amato dal pubblico di massa per le stesse ragioni per cui è venerato uno come Paulo Coelho (leggere l'illuminante saggio di Raffaele Simone, La terza fase, per credere), se conosci il jet set newyorchese, se ti sei fatto amico un regista cinese trapiantato in America che si chiama Wayne Wang che, come te, si dà arie da intellettuale ma poi gira film come Un amore a cinque stelle o L'ultima vacanza, beh, allora può anche darsi che qualcuno ti faccia fare un film, o magari due. È quanto è accaduto a Paul Auster, che dopo avere licenziato il primo lungometraggio a firma singola, Blue in the face, ha firmato questa specie di thriller parapsicologico sgangherato come pochi altri e di inarrivabile tracotanza. Il delirio narrativo del regista-scrittore parte da un musicista jazz (Keitel) che durante un concerto viene colpito dalla pallottola di un fan. Convinto di dover abbandonare la musica (ha il polmone perforato), l'uomo una sera si imbatte casualmente in un cadavere che reca con sé una pietra magica, la quale diventerà la fonte di tutti i suoi guai, finendo col coinvolgere anche la sua fidanzata, aspirante attrice (Sorvino). Quanto peyote avesse assunto Auster durante la redazione del copione e le riprese non è dato sapere. Ma l'enigma ancora più impenetrabile è un altro: perché gente del rango di Harvey Keitel, Mira Sorvino, Vanessa Redgrave e Willem Dafoe si è prestata a quest'operazione insulsa?    

martedì 9 novembre 2010

La vita è una cosa meravigliosa

anno: 2010       
regia: VANZINA, CARLO 
genere: commedia 
con Gigi Proietti, Vincenzo Salemme, Enrico Brignano, Nancy Brilli, Luisa Ranieri, Emanuele Bosi, Virginie Marsan, Orsetta de Rossi, Sebastiano Lo Monaco, Yuliya Mayarchuk, Armando De Razza, Frank Crudele, Maurizio Mattioli, Rodolfo Laganà, Vincenzo Crocitti, Carlo Fabiano, Anis Gharbi 
location: Italia       
voto: 4

È inutile, bisogna arrendersi all'evidenza: i fratelli Vanzina sono dei geni. Un film come La vita è una cosa meravigliosa andrebbe obbligatoriamente proiettato in tutte le scuole d'Italia. Soltanto così, forse, si riuscirebbe a spiegare ai ragazzi come funziona quel finissimo lavaggio del cervello che questo cinema e la televisione stanno compiendo da quasi trent'anni. Altro che I persuasori occulti di Vance Packard! I due geni dell'artigianato in 35 mm stavolta hanno fatto un film a episodi che in apparenza è un unico lungometraggio, visto che i protagonisti sono legati da ragioni di lavoro. Ci sono tre tizi, un medico (Proietti), un politico (Salemme) e un poliziotto (Brignano), ciascuno dei quali viene ingiustamente accusato di avere commesso qualcosa di cui non è responsabile. Poco importa che i tre commettano altri impicci, favorendo colleghi scellerati o chiedendo strade preferenziali per l'esame del figlio all'insegna della filosofia del do ut des (il medico), spiando la fidanzata (il poliziotto) o inciuciando con industriali corrotti (il politico). Il messaggio che passa, di craxiana memoria, è "tutti colpevoli, nessun colpevole" e, in sottotesto, che in fondo quelli sono peccatucci veniali, sui quali le malelingue si accaniscono con cattiveria gratuita. Vi ricorda qualcosa? Ovviamente a produrre e distribuire è Medusa, la società dello psiconano e infatti le marchette non si contano: dai riferimenti a Zelig, i Cesaroni, 3 metri sopra il cielo fino a "buana Berlusconi". Con i richiami sparsi a vallettopoli, le escort, le intercettazioni, le raccomandazioni, i due figli di Steno vorrebbero dare anche una parvenza di cinema attento all'attualità e alla politica: sfondano invece il muro del più gretto registro nazionalpopolare, che procede lieve lieve lungo la strada di una satira che non graffia mai, col contorno di una Roma che più turistica non si potrebbe. Peccato che Proietti continui a guardare soltanto al proprio conto in banca e col suo immenso talento continui a prestarsi a operazioni come questa.    

domenica 7 novembre 2010

Colpo di fulmine - Il mago della truffa (I Love You Phillip Morris)

anno: 2009       
regia: FICARRA, GLENN * REQUA, JOHN
genere: commedia
con Jim Carrey, Ewan McGregor, Leslie Mann, Rodrigo Santoro, Ted Alderman, Nicholas Alexander, Michael Beasley, Tony Bentley, Allen Boudreaux, Sean Boyd, Brennan Brown, Marcus Lyle Brown, Marylouise Burke, Beth Burvant, Trey Burvant, Edward D. Caiado, Clay Chamberlin, Dameon Clarke, Ken Clement, Antoni Corone, David Dahlgren, Harrison C. Davies, Tommy Davis, Ladson Deyne, Kibwe Dorsey, Lela Edgar, Aunjanue Ellis, J.D. Evermore, Griff Furst, Jeff Galpin, Larry Gamell Jr., Jim Garrity, Geraldine Glenn, Annie Golden, Douglas M. Griffin, Jessica Heap, Brent Henry, Randy Herman, Louis Herthum, Tim Hickey, Keith Hudson, Jaime San Andres, DeVere Jehl, David Jensen, Kennon Kepper, Jacqueline King, Elton LeBlanc, Sharon K. London, Audrey Lynn, Marc Macaulay, Reginald Mack, Sammi-Jack Martincak, David Joseph Martinez, James B. McDaniel, Ann Mckenzie, Wendy Michaels, Kathrin Middleton, Randall Newsome, Lance E. Nichols, Gianni Palermo, Antonino Paone, Liann Pattison, Henry Pelitire, Nicholas Rich, Denise Robin, Johnny Rock, Andrew Sensenig, Morgana Shaw, Michael Showers, Andy Sims, Lisa Mackel Smith, Derek Southers, David Stanford, Victor Tijerino, Elizabeth Tranchant, Jeremy Dean Turner, Martha Twombly, Deneen Tyler, Jake Austin Walker, Jaycie Taylor Walker, Michael Wozniak, Jaymon Yates
location: Usa       
voto: 5,5

Dopo un indicente in auto, Steven Russell (Carrey) decide di confessare la sua omosessualità e da poliziotto sposato e con un figlio si trasforma in un gay truffatore. Nell'andirivieni dalle carceri conosce Philip Morris (McGregor), col quale inizia una storia che proseguirebbe anche oltre le sbarre se non fosse che Steven continua a inventare truffe geniali e a finire ripetutamente in prigione.
Tratto dal libro omonimo di Steve McVicker, ambientato negli anni '80, Colpo di fulmine racconta la vera storia di Steven Russell, raccontata in chiave comico-demenziale scodellando moltissimi clichè e giocando sulla parodia dei gay alla maniera de Il vizietto. Fratello minore di Prova a prendermi e dei tanti film imperniati sul tema della truffa, il film non lesina volgarità ma anche molte trovate di grande inventiva. Il talento di Carrey - che continua a rimanere quello di The mask, con la consueta, in arginabile ridda di smorfie - è innegabile, ma la sua arte recitativa è costantemente sopra le righe e sconfina irrimediabilmente nell'istrionismo. Molto meglio Ewan McGregor.    

sabato 6 novembre 2010

In carne e ossa

anno: 2008   
regia: ANGELI, CHRISTIAN
genere: drammatico
con Alba Rohrwacher, Luigi Diberti, Maddalena Crippa, Ivan Franek, Barbara Enrichi, Lena Reichmuth
location: Italia       
voto: 1

Al discount dei film con Alba Rorwacher prendi 2 e paghi 1. Peccato per la spesa della benzina per arrivare fino al cinema. Già perché l'eroina di interpretazioni magnifiche come Cosa voglio di piùPiano, solo e Giorni e nuvole con la stessa cura dimagrante per poter sembrare (e ci riesce benissimo) anoressica si è buttata in due film uno peggiore dell'altro: La solitudine dei numeri primi e questo. Per l'occasione, in quest'opera che è arrivata nelle sale con due anni di ritardo grazie alla sventatezza della Iris (il regista, dato il cognome, deve avere godere di ottime referenze in paradiso), la Alba nazionale interpreta Viola, 25enne disadattata (a vedere la coppia genitoriale si capisce perché). La ragazza è anoressica e non ha tutti i venerdì in ordine, sicché i genitori - lui (Diberti) un medico agli arresti domiciliari, lei (Crippa) una pianista acrimoniosa - chiamano lo psichiatra di famiglia (Franek) per la bisogna. Neanche a dirlo, la ragazza se ne innamora, aprendo una contesa con la madre mentre il padre architetta nell'ombra (o meglio al cellulare) contro il rivale. In questa Cronaca familiare dalle atmosfere decadenti, l'esordiente Christian Angeli solletica i prudori del pubblico abituato al buco della serratura del Grande fratello mettendoci dentro di tutto: dai due protagonisti filantropi, uno che pratica l'eutanasia a sua discrezione, l'altro che si scopa le pazienti svitate, alla politica, le tentazioni incestuose, la malattia mentale. Un guazzabuglio che sotto certi aspetti nella trama richiama Passione d'amore di Scola ma che sconfina involontariamente nel grottesco, con attori tutti sotto tono e una colonna sonora oltremodo invadente.
Da non perdere i titoli di coda: sia perchè il regista si premura di farci sapere che si è laureato a Parigi, sia perché compare la dicitura "nessun animale è stato maltrattato durante la produzione di questo film": probabilmente il riferimento è a Maddalena Crippa, visto che altra fauna non se ne vede.    

venerdì 5 novembre 2010

Last Night

anno: 2010       
regia: TADJEDIN, MASSY
genere: drammatico
con Keira Knightley, Sam Worthington, Eva Mendes, Guillaume Canet, Griffin Dunne, Stephanie Romanov, Scott Adsit, Daniel Eric Gold, Justine Cotsonas, Chriselle Almeida, Rae Ritke, Cheryl Ann Leaser, Anson Mount
location: Usa       
voto: 4

Quadrilatero amoroso a New York. Joanna (la anoressica Knightley) e Michael (Worthington, reduce dal successone di Avatar) sembrano un'affiatatissima coppia di trentenni ultrabenestanti. Lei va in crisi quando, durante una festa, vede lui intrattenersi con una piacente collega di lavoro (Mendes, prossima alle taglie di Anita Ekberg e Serena Grandi). Il giorno dopo, Michael e la sua collega vanno in trasferta e Joanna incontra una sua vecchia fiamma, con la quale vorrebbe riaccendere antichi ardori mentre si lacera nel dubbio di cosa stia facendo suo marito.
La sceneggiatrice iraniana Massy Tadjedin esordisce dietro la macchina da presa raccontando la storia di tutte le storie, quella del tradimento nella coppia. Lo script - che nell'impostazione sembra un incrocio tra Closer e Breve incontro - è piuttosto prevedibile, i luoghi comuni non mancano e il risultato - un vero inno al torpore - non va oltre il fotoromanzo per femminucce, rimanendo lontanissimo da capolavori del genere come Cosa voglio di più di Soldini.    

Waiting for Superman

anno: 2010     
regia: GUGGENHEIM, DAVID
genere: documentario
location: Usa           
voto: 6

A due anni dal premio Oscar vinto con il riuscito Una scomoda verità, Davis Guggenheim torna a scandagliare le falle del sistema statunitense con un altro documentario che punta stavolta i riflettori sul sistema scolastico. Dagli anni '70 gli Stati Uniti hanno infatti conosciuto una progressiva crisi del sistema educativo che li ha fatti slittare di moltissime posizioni nelle prestazioni dei suoi studenti a livello mondiale, costruendo una vera e propria macchina dell'abbandono e accrescendo progressivamente il divario tra le scuole di buona caratura e quelle dove non si impara nulla. Il quadro che ne esce è disarmante e i governi di diverso colore politico, a dispetto delle tante promesse fatte, non sono finora stati in grado di raddrizzare la situazione. Si va dai professori che leggono il giornale in classe mentre gli studenti giocano a dadi al "valzer dei limoni", lo scambio che gli istituti pubblici più scadenti fanno al termine di ogni anno scolastico scambiandosi i docenti più scarsi, nella speranza di ottenerne di leggermente migliori e altre amenità del genere che la dicono lunga sul degrato americano, nonostante loro non abbiano la Gelmini. Dal ritratto di Guggenheim, che ha scelto un percorso narrativo che passa (con qualche indugio di troppo) attraverso le vicende di cinque studenti disagiati, emergono pesanti responsabilità organizzative e amministrative, profondissime divisioni di classe (le scuole più scadenti e che registrano il più alto tasso di abbandoni sono quelle frequentate dai neri), l'ingerenza profonda e in alcuni casi devastante del sindacato dei docenti. Ma il momento più toccante arriva alla fine, con la roulette per accedere alle cosiddette "charter schools", una lotteria durante la quale si assiste all'estrazione dei bussolotti in attesa di sapere a quale destino si andrà incontro e se si avrà una minima chance di riscatto sociale.    

giovedì 4 novembre 2010

Greendale

anno: 2003   
regia: YOUNG, NEIL (con lo pseudonimo di BERNARD SHAKEY) 
genere: musicale 
con Neil Young, Ben Keith, Eric Johnson, Sarah White, Erik Markegard, Elizabeth Keith, Pegi Young, James Mazzeo, Paul Supplee, Sydney Stephan, Adam Donkin, Dylan Donkin, Brian Sagrafena, John Ashcroft, Tom Ridge, Billy Talbot, Ralph Molina, Mountainettes, Pegi Young, Nancy Hall, Twink Brewer, Sue Hall 
location: Usa       
voto: 3

La calma apparente della immaginaria cittadina di Greendale viene scossa dall'omicidio di un agente di polizia. Le indagini non fanno che amplificare il diffuso clima di insicurezza del dopo 11 settembre.
Firmando il lungometraggio col consueto pseudonimo di Bernard Shakey, Neil Young - uno dei quattro rocker più importanti della storia (gli altri tre sono Zappa, Dylan e Cohen) - gira un film dei suoi, alla maniera di certe incisioni discografiche abborracciate, mostrando un gusto per la sperimentazione in forma di puro divertissement che non lo sposta di un millimetro da opere precedenti come Journey through the past e Human highway. Nelle mani di Young il cinema diventa un giocattolo: l'autore di Harvest non ha neppure una vaga idea su dove collocare la macchina da presa (rigorosamente a mano, visto che si tratta di un Super 8 gonfiato in pellicola a 35 mm), monta approssimativamente e dirige attori che danno l'idea di divertirsi un mondo in occasione di una goliardata tra amici e che prestano il labiale all'interpretazione canora younghiana. Dall'unico concept album finora prodotto dal musicista canadese, un film sgangherato con buone musiche e un finale esaltante grazie a Be the rain, uno dei migliori brani della sua carriera.    

Guida galattica per autostoppisti (The hitchhicker's guide to the galaxy)

anno: 2005   
regia: JENNINGS, GARTH 
genere: commedia fantastica 
con Martin Freeman, Mos Def, Sam Rockwell, Zooey Deschanel, Bill Nighy, John Malkovich, Steve Pemberton, Warwick Davis, Anna Chancellor, Patrick Walker, Robert Tygner, James Thrift, Katherine Smee, Nigel Plaskitt, William Todd Jones, Mark Jefferis, Brian Herring, Jane Garnier, Phillip Eason, Barry Dowden, Mason Ball, Richard Coombs, Jerome Blake, Jane Belson, Polly Jane Adams, Mak Wilson, Simon Jones 
location: Usa   
voto: 2

Un giorno Arthur Dent (Freeman) si sveglia e scopre che le ruspe stanno per abbattere la sua casa per farci passare una tangenziale. Le sorprese non finiscono lì: il suo migliore amico (Def) viene da un'altra galassia e la Terra sta per essere distrutta per farci passare una mega tangenziale galattica. L'unica soluzione per sopravvivere è fuggire facendo l'autostop per le galassie.
Originato dai personaggi creati da Douglas Adams per l'omonima serie radiofonica per la Bbc, adattata successivamente in forma di romanzo, serie televisiva e videogioco, Guida galattica per autostoppisti è un film di fantascienza con pretese filosofiche in chiave grottesca, che non trova un equilibrio tra pochade e banali riflessioni sul senso della vita. I guizzi, quasi tutti affidati alle animazioni e alla voce fuori campo, non mancano e ci sono momenti di pura inventiva come l'arma punto di vista e il motore d'improbablità, ma questo mix tra i Monty Python e Guerre stellari vola talmente basso, galassie a parte, da sembrare più adatto a un pubblico di poppanti che a uno adulto.    

mercoledì 3 novembre 2010

L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford (The assassination of Jesse James by the coward Robert Ford)

anno: 2007   
regia: DOMINIK, ANDREW
genere: western
con Brad Pitt, Casey Affleck, Sam Shepard, Mary-Louise Parker, Paul Schneider, Jeremy Renner, Garret Dillahunt, Zooey Deschanel, Michael Parks, Ted Levine, Sam Rockwell, Pat Healy, Brooklynn Proulx, Meredith Henderson, Kailin See
location: Usa   
voto: 4

Negli anni intorno al 1880 Jessie James (Pitt), famigerato bandito del West, imperversa per gli Stati Uniti compiendo furti e rapine con la sua banda. Sulla sua testa grava una maxi taglia che verrà riscossa dal giovane Bob Ford (un Casey Affleck che, con la sua perfetta faccia da idiota, sta benissimo nella parte), accolito ventenne che per lui nutre una venerazione fin dall'infanzia, e che alla prima occasione gli spara alla nuca, passando i successivi dieci anni a fare i conti con le accuse di codardia.
Andrew Dominik firma un western atipico, straniato, rarefatto, nel quale il rumore delle colt lascia moltissimo spazio ai silenzi di dialoghi interminabili e lentissimi. Ne esce un dramma psicologico al centro del quale si trovano un killer carismatico e un gregario abietto, che sembrano giocare una partita a scacchi a furia di battute affilate e sguardi sospettosi. Siamo all'intellettualizzazione estrema del cinema western, sostenuta da una dilatazione estenuante del tempo filmico, ma anche da una splendida fotografia e dalla musiche altrettanto belle di Nick Cave (che nel finale compare anche in un breve cameo) e Warren Ellis. Lontanissimo dalla lezione di Ford, Hathway, Hawks e Peckinpah, Dominik sembra piuttosto essersi ispirato a Kiarostami, producendo un'opera estetizzante dal ritmo insostenibilmente monocorde.