mercoledì 29 maggio 2013

Sussurrate con me fontane romane

anno: 2005   
regia: LOMBARDI, GUIDO  
genere: documentario  
con Anna Lajolo (voce)  
location: Italia
voto: 4,5

Il tripudio di splendori artistici della città eterna è tale che le sue moltissime fontane rischiano quasi di passare in secondo piano al confronto dei molti altri capolavori. Plauso, dunque, alla bella idea di Guido Lombardi (alla regia) e Anna Lajolo (alla voce, sulla quale occorre stendere un velo pietoso: sembra una lettrice alle primissime armi) per avere dato il giusto rilievo ai mille modi con cui architetti e ingegneri si sono sbizzarriti nel far scorrere l'acqua a Roma. La capitale è stata infatti per lungo tempo all'avanguardia e i suoi acquedotti portavano acqua per chilometri e chilometri, almeno fino a quando non sono arrivati i barbari, intorno al 500, e hanno messo in ginocchio le riserve idriche della città. Ci sarebbe voluto quasi un millennio prima che Roma potesse tornare agli antichi splendori e prima che potesse annoverare tra le sue bellezze fontane come quella dei fiumi, delle tartarughe, la barcaccia di piazza di Spagna o la fontana di Trevi. Peccato però che il risultato cinematografico di questo documentario di circa mezz'ora non vada assolutamente oltre il prodotto amatoriale, con musica assemblata senza alcun criterio, riprese sghembe e zoomate fuori posto.    

martedì 28 maggio 2013

L'uomo che veniva dal nulla - The man from nowhere (Ajeossi)

anno: 2010   
regia: LEE, JEONG-BEOM  
genere: gangster
con Bin Won, Sae-ron Kim, Tae-hoon Kim, Hee-won Kim, Seong-oh Kim, Jong-pil Lee, Thanayong Wongtrakul, Hyo-seo Kim, Young-chang Song, Su-ryun Baek, Kyeong-eup Nam, Jeong Do-won, Do Won Kwak, Seok-hyeon Jo, Sang-Kyeong Son, Jae-won Lee, Min-ho Hwang 
location: Corea del Sud
voto: 7

Tae Shik (Bin Won) è il gestore di un banco di pegni nella periferia degradata di una qualche città sudcoreana. Quando la madre della sua piccola vicina di casa (l'unica che abbia un rapporto con lui) si mette contro dei terribili trafficanti di droga e di organi umani, sottraendo loro un ingente quantitativo di droga, i malavitosi le rapiscono la figlia. Tae Shik, che la polizia è convinta sia il trafficante numero uno, si mette alla ricerca della ragazzina, entrando in un mondo infernale.
Blockbuster in Corea del Sud, dove è stato il secondo incasso della stagione, L'uomo che veniva dal nulla è un film violentissimo che assembla molti degli elementi topici del cinema di genere dell'estremo oriente: arti marziali a gogò, scene ultrasplatter che non risparmiano colpi durissimi allo stomaco dello spettatore, sangue a ettolitri, corpo a corpo all'ultimo respiro: il tutto un po' sulla scia di Kitano, con tanto di compiacimento estetizzante della violenza e di concessioni al grottesco. Eppure il film riesce, seppure in maniera didascalica, a mostrare una sua anima grazie al modo con cui tiene per un'ora la tensione prima di sciogliere il nodo psicologico sul perché di tanta attenzione dell'uomo venuto dal nulla rispetto alla bambina.    

domenica 26 maggio 2013

La grande bellezza


anno: 2013       
regia: SORRENTINO, PAOLO  
genere: grottesco
con Toni Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Carlo Buccirosso, Iaia Forte, Pamela Villoresi, Galatea Ranzi, Massimo De Francovich, Roberto Herlitzka, Isabella Ferrari, Massimo Popolizio, Anna Della Rosa, Giovanna Vignola, Giusi Merli, Giorgio Pasotti, Franco Graziosi, Sonia Gessner, Luca Marinelli, Dario Cantarelli, Ivan Franek, Anita Kravos, Luciano Virgilio, Giulio Brogi, Vernon Dobtcheff, Serena Grandi, Lillo, Giorgia Ferrero, Giulia Di Quilio
location: Italia
voto: 9,5

"Tu che lavoro fai?" "Io sono ricca". "Bellissimo lavoro". È questo lo scambio di battute che compendia l'esistenza da vitellone metropolitano di Jap Gambardella (interpretato da un Toni Servillo così strabiliante da superare se stesso), giornalista che si occupa d'arte e con un piccolo successo alle spalle come romanziere, L'apparato umano, scritto quarant'anni prima. Per concepire un nuovo romanzo, Jap vorrebbe cercare la grande bellezza che gli dia lo stimolo giusto. E invece, nella Roma più mondana e influente, con attici che guardano su Piazza Navona come sul Colosseo, Jap non trova che nani, paillettes, nobili decaduti che si vendono a cottimo, amici sfigati e feste ultrapacchiane nelle quali si immerge con programmatico cinismo. Senza contare che il suo lavoro lo mette a contatto con le forme più sgraziate e corrive di performing art o lo porta ad assistere al macabro rito della serializzazione del botulino, con una Serena Grandi irriconoscibile e un Massimo Popolizio di disarmante impudenza.
Sessant'anni dopo, di quella dolce vita romana di felliniana memoria - alla quale il film di Sorrentino rende un esplicito omaggio con tanto di sosta in via Veneto - non rimane che la smorfia plebea di una città decadente, nella quale il triste teatrino dei salotti-bene non è che lo specchio di un'intera civiltà in disfacimento, contrappuntato dal contrasto costante tra il classicismo impeccabile della Roma del passato e le ridicolaggini dell'arte di oggi, con bambine impegnate nell'action painting e acrobate fallite che si fracassano la testa contro un muro.
Superata la crisi della trasferta americana (This must be the place rimane un film inguardabile), Sorrentino recupera il suo smisurato talento mettendolo a servizio di un contenuto sottolineato con tale enfasi da sembrare didascalico (viviamo in un'epoca di piena barbarie), come se la preoccupazione per la messa in scena, l'uso ancora una volta straniante della musica, i contrasti fortissimi nel montaggio fossero diventati l'urgenza primaria del suo fare cinema. Ciò non toglie che La grande bellezza si candidi a essere un'opera di livello internazionale, capace di declinare un linguaggio cinematografico altissimo, nella quale lo sguardo sulla città non è mai "medio": o le terrazze dei mega appartamenti del centro storico, o il mirino di una macchina fotografica (un tributo ai paparazzi di ieri, che hanno passato il testimone agli orientali capaci di fotografare compulsivamente qualsiasi cosa) o le transenne di un convento di giovanissime suore. Un'opera, dunque, che dimostrerà che l'Italia non è soltanto il paese noto per le pezze e la pizza, ma anche per la grande bellezza prodotta da alcuni dei suoi cineasti.    

sabato 25 maggio 2013

Il ministro - L'esercizio dello Stato (L'exercice de l'État)

anno: 2011       
regia: SCHOELLER, PIERRE  
genere: drammatico  
con Olivier Gourmet, Michel Blanc, Zabou Breitman, Laurent Stocker, Sylvain Deblé, Didier Bezace, Jacques Boudet, François Chattot, Gaëtan Vassart, Arly Jover, Eric Naggar, Anne Azoulay, Abdelhafid Metalsi, Christian Vautrin, François Vincentelli, Stéphan Wojtowicz, Ludovic Jevelot, Marc-Olivier Fogiel, Brigitte Lo Cicero, Jade Phan-Gia, Brice Fournier, Veronique Calderari, Pierre-François Dollé, Fabrice Jardin, Cédric Lemereigne, Ludovic Wystraete, Anne Paris, Philippe Naman, Réginald Huguenin, Gilles Bellomi, Grégoire Morano, Mathilde Ferrato, Véronique Wellecan, Fanny Touron, Marine Blake, Valérie Khong, François Berland, Mya Chanson, Ange Baraglioli, Thierry Besnard, Zmourda Chkimi, Bouzid Ghezali, Véronique Noël, Bernard Teissandier, Jean-Michel Chapelain, Emmanuel Gayet, Nicolas Jouhet, Régis Romele, Laurence Pollet-Villard, Martine Vandeville, Philippe du Janerand, Gaëtan Le Marchand, Serge Noel, Philippe Jourde, Ménothy Cesar, Laurent D'Olce, Maxime Motte, Caroline Grapin, Joséphine Lazzarino, Anna Andreotti, Anne De Broca, Joëlle Faye, Léa Crespi  
location: Francia
voto: 5

"4000 contatti e neppure un amico": è questa la sintesi dell'esistenza di Bertrand Saint-Jean (Gourmet), ministro dei trasporti costantemente al telefono (vediamo comparire i contenuti degli sms sullo schermo) e che perde il sonno nel pensare se privatizzare o meno le ferrovie francesi. Il resto, tra incubi erotici (notevolissima la scena iniziale, con una donna che finisce nelle fauci di un coccodrillo all'interno di un palazzo damascato) ed emergenze continue (uno scuola-bus è precipitato mietendo diverse vittime), è tutta una mediazione, una stretta di mano, un conto alla rovescia per la fine del mandato ("ancora 18 mesi e cambiamo ritmo", promette alla moglie), leniti dalle debolezze del privato (il gomito alzato) e poco altro.
Prodotto dai fratelli Dardenne, al film di Pierre Schöller non manca certo l'originalità: è la rappresentazione ordinaria di un uomo di potere (lo vediamo anche seduto sul cesso), il disvelamento di ciò che succede dietro le quinte. L'ansia per un discorso da preparare, i rapporti di sub e superordinazione sanciti dall'uso asimmetrico del "tu" e del "lei", l'inconsistenza del rapporto con i collaboratori: è su questo spaccato di vita che si concentra un film che, a dispetto dell'ottima prova di tutto il cast e dei colpi di scena, è però incapace di emozionare.    

mercoledì 22 maggio 2013

Così mangiavamo

anno: 2008   
regia: BARZINI, STEFANIA PAHEL * ACCIAI, ALESSANDRA    
genere: documentario    
location: Italia
voto: 7

Com'è cambiata l'alimentazione dal secondo dopoguerra a oggi? Quali novità sono arrivate sulle nostre tavole e come si sono trasformati i modelli di socializzazione a tavola e gli ambienti del mangiare? A partire da una nota autobiografica appena accennata, Stefania Barzini (coadiuvata in cabina di regia da Alessandra Acciai) prova a rispondere a queste domande con piglio sociologico di assoluta efficacia. Mantenendo il contento storico-sociale, le trasformazioni antropologiche e le oscillazioni dell'economia come costante sfondo di riferimento, il documentario ci permette di assistere alla traiettoria gastronomica di un Paese uscito del dopoguerra poverissimo e con le ossa rotte. All'inizio degli anni '50 appena il 6% della popolazione disponeva di un frigorifero, lo zucchero era ancora una rarità sulle nostre tavole e della carne non si vedeva neppure l'ombra, se non nei deschi della borghesia più altolocata. Anche l'acquisto al mercato, delegato - nemmeno a dirlo - alle sole donne, era assai diverso da come lo conosciamo oggi: regole assai meno rigide, prodotti sfusi e senza contenitori, massima libertà di scelta. Quella stessa scelta di cui - con l'arrivo della pubblicità, e di Carosello in particolare - saremmo stati espropriati. Con il boom economico, a cavallo tra fine anni '50 e primi anni '60, anche i consumi avrebbero cambiato marcia e il ricordo dell'olio di fegato di merluzzo, raccapricciante quanto inevitabile integratore ante-litteram a servizio della crescita dei ragazzi, si sarebbe fatto via via più appannato. Eravamo nel pieno degli anni '60 quando la marcia inarrestabile verso il moltiplicarsi dei consumi conobbe un'ulteriore accelerazione: la costruzione dell'Autostrada del Sole rese sempre più diffusi gli scambi alimentari su tutto lo Stivale, mentre il gelato diventava una moda, le carni si declinavano in -ino e -ina (dallo spezzatino alla scaloppina) e i coloranti cominciavano a essere usati in maniera spregiudicata. Ci avrebbero pensato il '68 e la crisi petrolifera del '73 a ridare un po' di sobrietà alle nostre abitudini alimentari, sebbene l'industria e l'inquinamento - si veda il caso del colera - ormai avevano già fatto i loro danni. Gli anni '80 furono forieri di ulteriori trasformazioni: mentre le mamme, i cui tempi da dedicare alla cucina erano sempre più ridotti all'osso, preparavano i sofficini ai figli, questi ultimi aderivano appieno alla moda dei fast food, presa a prestito dagli States. Quella americana non fu però l'unica moda importata in un Paese, il nostro, dalla grandissima e riconosciuta tradizione gastronomica (pizza e spaghetti su tutti): ad essa di associò quella francese della nouvelle cuisine, con i piatti che si allargavano e le porzioni che rimpicciolivano. Arrivavano anche le prime fobie: per esempio quella per le verdure in foglia, dopo Chernobyl, e qualche fissazione di troppo, come quella per la frutta esotica. Ma le novità non si fermarono qui: esplose il consumo di merendine e biscotti e quello dei surgelati, mentre i nuovi ritmi di lavoro contribuirono alla diffusione di mense e refettori.
Negli anni '90 la guerra del Golfo sembrò una minaccia sufficientemente concreta da farci trasformare le abitazioni in bunker equipaggiati di ogni genere alimentare, al punto che, nel periodo durante il quale Bush senior era impegnato a bombardare l'Iraq,  gli scaffali dei supermercati rimasero vuoti. La globalizzazione e l'esplosione dei viaggi intercontinentali rese meno peregrina l'idea di accostarsi al cibo etnico, che cominciò ad arrivare anche sui banchi del supermercato. Con gli anni Duemila si compì il giro di boa: l'aviaria e la mucca pazza ci traghettarono dalla paura della fame a quella del cibo. Tutto questo e moltissimo altro ancora viene raccontato dalla voce pimpante di Giuliana De Sio e dal registro ironico del testo, corredato da molte immagini d'epoca, spezzoni di altri documentari, animazioni originali, cifre e dati, qualche testimonianza celebre e la presenza, ormai inarginabile, di "prezzemolo" Carlo Petrini.    

domenica 19 maggio 2013

No - I giorni dell'arcobaleno

anno: 2012   
regia: LARRAIN, PABLO 
genere: drammatico 
con Gael García Bernal, Alfredo Castro, Luis Gnecco, Néstor Cantillana, Antonia Zegers, Marcial Tagle, Pascal Montero, Jaime Vadell, Elsa Poblete, Diego Muñoz, Roberto Farías, Sergio Hernández, Manuela Oyarzún, Paloma Moreno, César Caillet, Pablo Krögh, Patricio Achurra, Amparo Noguera, Alejandro Goic, Carlos Cabezas, Claudia Cabezas, Paulo Brunetti, Iñigo Urrutia, Pedro Peirano, Patricio Aylwin, Eugenio Tironi, Juan Forch, Eugenio García, Juan Gabriel Valdés, Jaime de Aguirre, Florcita Motuda, Patricio Bañados, Osvaldo Silva, Carmen María Pascal, María Teresa Bacigalupe, Cecilia Echeñique, Tati Pena, Javiera Parra, Isabel Parra, Cristina Parra, Milena Rojas, Carlos Caszely, Gabriela Medina, Malucha Pinto, Maitén Montenegro, Jorge Yáñez, Claudio Narea, Marco Antonio de la Parra, Ana María Gazmuri, Marcela Medel, Reinaldo Vallejo, Claudio Guzmán, Consuelo Holzapfel, Maricarmen Arrigorriaga, Shlomit Baytelman, Delfina Guzmán, María Elena Duvauchelle, Julio Jung 
location: Cile
voto: 7,5

Dopo 15 anni di feroce dittatura, il regime di Pinochet, in Cile, era sempre più incalzato dall'opinione pubblica internazionale. Il generale che aveva scalzato Allende con un golpe l'11 settembre del 1973, tre lustri più tardi fu costretto a indire un referendum attraverso il quale il popolo era chiamato a esprimersi a favore (sì) o contro (no) il proseguimento del suo comando. I 15 minuti di televisione che, nel 1988, le due opposte fazioni avevano a disposizione per la durata della campagna, avrebbero dovuto essere sfruttati nel migliore dei modi. René Saavedra (Garcia Bernal), giovane pubblicitario di enorme talento ingaggiato dai comunisti sostenitori del no, ebbe così non poche difficoltà nel sostenere fino alla fine il principio di una campagna propagandistica incentrata sull'ottimismo anziché sulla barbarie del regime fascista che li aveva oppressi per quindici anni. La storia gli diede ovviamente ragione.
Il terzo lungometraggio di Pablo Larrain (dopo Tony Manero e Post mortem) è un'opera di taglio documentaristico (pellicola sgranata giallo ocra, macchina a spalla, controluce esplosivi) destinata a diventare uno di quei film paradigmatici per come riesce a raccontare, partendo da un episodio reale (seppur romanzato e figlio di una pièce di Antonio Skàrmeta), la prevalenza del marketing sull'ideologia, al punto che la dittatura venne battuta proprio sul suo stesso terreno: quello della propaganda e della seduzione delle masse. Sicché se i contenuti di quella campagna non possono che indispettire davanti all'evidenza che un ottimismo beota può avere ragione sull'espressione cruenta del realismo, è innegabile che il film di Lorrain andrebbe fatto vedere e rivedere da quella sinistra che in Italia ancora non ha capito quanto il suo elettorato sia stato imbarbarito dalla televisione e che a volte un jingle può funzionare assai meglio di cento comizi.
Doppio merito al regista per avere ricordato, grazie ai tanti spezzoni di documentari d'epoca, quanto quel dittatore sanguinario di Pinochet fu appoggiato da Karol Wojtyla, uno dei più spregiudicati e immondi uomini politici di tutto il Novecento.    

Treno di notte per Lisbona (Night Train to Lisbon)

anno: 2013       
regia: AUGUST, BILLE  
genere: drammatico  
con Jeremy Irons, Mélanie Laurent, Jack Huston, Martina Gedeck, Tom Courtenay, August Diehl, Bruno Ganz, Lena Olin, Beatriz Batarda, Marco D'Almeida, Christopher Lee, Charlotte Rampling, Nicolau Breyner, Jane Thorne, Ana Lúcia Palminha, Hans Peter Müller, Burghart Klaussner, Filipe Vargas, Adriano Luz, Sarah Bühlmann, Dominique Devenport, Helena Afonso  
location: Portogallo, Svizzera
voto: 5

Da quando sua moglie, 5 anni prima, lo ha lasciato, il professor Raimund Gregorius (Irons) vive un'esistenza ruotinaria e abbrutita tant'è che già nella prima scena lo vediamo riciclare la bustine di tè dal secchio dell'immondizia. La sua vita così grigia si tinge del rosso del cappotto di una ragazza che entra casualmente nella sua esistenza e che, grazie a un libro misterioso, lo spinge a recarsi in tutta fretta a Lisbona. Qui l'uomo ricostruisce la vicenda di un medico (Huston) con marcate ascendenze filosofiche, scomparso prematuramente e autore del libro che ha fatto da molla a tutti gli avvenimenti. La storia di questo giovane medico è anche la storia della rivoluzione dei garofani avvenuta in un Portogallo fiaccato prima da Salazar e poi da Caetano, una vicenda di trame oscure, tradimenti, Resistenza, persone che si sono perse e mai più ritrovate.
Partito da un romanzo di Pascal Mercier dalle pretese filosofiche eccessive, il film ne rispecchia tutte le fragilità e l'eccesso di ambizione. A saltare subito all'occhio sono l'inverosimiglianza (il professore insegna in un liceo di Berna, mica a Palermo, ed è alquanto improbabile che possa aver lasciato una classe sguarnita senza conseguenze disciplinari), gli elementi non funzionali al racconto disseminati qua e là (la tracheotomia della sorella del medico/scrittore; il cambio di occhiali come metafora debolissima e corriva di un altro modo di cambiare la vita) e l'incapacità di raccontare la Resistenza portoghese restituendole il suo peso specifico, al punto che la storia, cambiandone l'ambientazione, poterebbe riecheggiare una qualsiasi altra vicenda di Resistenza. Da Treno di notte per Lisbona, dunque, è uscito un copione talmente impacciato che anche il cast - un raduno di all stars, da Bruno Ganz a Martina Gedeck - sembra non crederci granché e tutti sembrano assai sotto tono.    

venerdì 17 maggio 2013

Il grande Gatsby (The Great Gatsby)

anno: 2013       
regia: LUHRMANN, BAZ  
genere: drammatico  
con Leonardo DiCaprio, Tobey Maguire, Carey Mulligan, Amitabh Bachchan, Steve Bisley, Richard Carter, Jason Clarke, Adelaide Clemens, Vince Colosimo, Max Cullen, Mal Day, Elizabeth Debicki, Lisa Adam, Joel Edgerton, Emmanuel Ekwenski, Eden Falk, Isla Fisher, Emily Foreman, Tiger Leacey Wyvill, Charlize Skinner, Garrett William Fountain, David Furlong, Daniel Gill, Iota, Price Johnson, Stephen James King, Goran D. Kleut, Kim Knuckey, Barrie Laws, Mark Lemon, John Maumau, Brendan Maclean, Frank Aldridge, Callan McAuliffe, Ben McIvor, Hamish Michael, Brian Rooney, Kevin McGlothan, Nick Meenahan, Olga Miller, Heather Mitchell, Gus Murray, Kate Mulvany, Barry Otto, John O'Connell, Corey Blake Owers, Tasman Palazzi, Brenton Prince, Bryan Probets, Milan Pulvermacher, Alfred Quinten, Ghadir Rajab, Jake Ryan, John Sheerin, Nicholas Simpson, Kasia Stelmach, Nick Tate, Jack Thompson, Kieran van Bunnik, Sylvana Vandertouw, Gemma Ward, Matthew Whittet, Felix Williamson, Bill Young, Nancy Denis, Kahlia Greksa, Karinna Greksa, Natasha Marconi, Jaclyn Seymour, Briden Aspinall, Charles Bartley, Veronica Beattie, Kane Bonke, Kirby Burgess, Henry Byalikov, Thomas Egan, Danielle Evrat, Ryan Gonzalez, Lyndell Harradine, Sophie Rose Holloway, Michelle Hopper, James May, Zac McAliece, Lara Mulcahy, Mikaela Smith, Alex Stewart, Romina Villafranca, Mitchell Woodcock, Kaylie Yee, Tiana Canterbury, Morgan Choice, Eden Dessalegn, Elenoa Rokobaro, Lisa Viola, Betsy Effie Nkrumah, Thabang Baloyi  
location: Usa
voto: 3,5

Nelle poche settimane successive all'uscita in sala del film, il capolavoro di Francis Scott Fitzgerald ha venduto più copie di quanto non abbia mai fatto durante l'intera vita del suo autore. Potere del cinema. Potere della moda. Fatto comunque incomprensibile a chi, in quella saga dell'avventuriero (DiCaprio) venuto dal nulla, che mette su un impero e si innamora della donna sbagliata (Mulligan), trova a malapena qualche indizio sulle polveri bagnate di un'epoca di opulenza e jazz band prossima al tramonto (siamo negli anni '20).
La quarta trasposizione cinematografica del best seller dello scrittore americano porta la firma di Baz Luhrmann, regista alla veemente ricerca di una patente da autore d'essai che riuscirebbe a fare sempre lo stesso film sia che gli si affidassero Le avventure di Yoghi e Bubu, sia che gli si richiedesse un remake de Il settimo sigillo. Questo grande Gatsby non fa altro che restituire il senso di carnevalata, di tronfio spettacolo circense condito da un tracimante sfarzo pacchiano che già avevano caratterizzato i due film precedenti (Romeo + Giulietta e Moulin Rouge). Ma tant'è: a una parte della critica e al pubblico l'artificio ultraspettacolare piace, l'ampollosità della messa in scena colpisce a dovere anche l'occhio più distratto e poco importano la colonna sonora anacronistica e tronitruante, l'abuso di pixel e la prima mezz'ora che passa sotto il segno della domanda "è lui o no è lui?". Certo che è lui! E infatti ecco finalmente apparire il solito DiCaprio in forma smagliante, capace di un repertorio recitativo che, tolti i movimenti di macchina da scuola del cinema (ma fini a loro stessi) è l'unico vero motivo per acquistare il biglietto.    

domenica 12 maggio 2013

Il cecchino (Le Guetteur)

anno: 2013   
regia: PLACIDO, MICHELE
genere: poliziesco
con Daniel Auteuil, Mathieu Kassovitz, Olivier Gourmet, Francis Renaud, Nicolas Briançon, Jérôme Pouly, Violante Placido, Luca Argentero, Arly Jover, Christian Hecq, Michele Placido, Hocine Choutri, Pascal Bongard, Géraldine Martineau, Flavien Tassart, Cédric Melon, Pierre Douglas, Sébastien Lagniez, Yves Girard, Affif Ben Badra, Tewfik Essafi, Amandine Noworyta, Joël Saint Just, Vinye, Stéphane Cohen, Vincent Aguesse, Armel Cessa, Shirley Baltimore
location: Francia
voto: 7,5

A Parigi il commissario Mattei (Auteuil) sta per mettere in scacco la banda che ha collezionato, impunita, una serie di rapine. Tutto sembra essere stato studiato alla perfezione, ma un cecchino (Kassovitz, vero mattatore del film) manda a monte il piano. Una volta catturato il malvivente, il commissario punta sul gioco di tradimenti e ritorsioni interni alla banda che sembra un nido di vipere, cercando di fare collaborare il criminale. Ma nel frattempo il bottino della rapina è sparito, il capo dell'organizzazione (un Luca Argentero mai così svogliato e fuori parte) è ferito gravemente e quei soldi fanno gola alle persone sbagliate.
Per la sua decima regia il oltre vent'anni, Placido conferma, fosse anche per il suo passato professionale pre-cinematografico, che il genere poliziesco è quello che gli riesce di gran lunga meglio. Si dirà che fare un polar in Francia è come cucinare una pizza a Napoli, ma all'attore/regista pugliese non si può disconoscere il talento per la messa in scena, la capacità di alternare scene d'azione e dialoghi tesissimi, pur inciampando in più d'un buco di sceneggiatura e nei depistaggi allo spettatore.    

sabato 11 maggio 2013

Miele

anno: 2013       
regia: GOLINO, VALERIA  
genere: drammatico  
con Jasmine Trinca, Carlo Cecchi, Libero De Rienzo, Vinicio Marchioni, Iaia Forte, Roberto De Francesco, Barbara Ronchi, Massimiliano Iacolucci, Claudio Guain, Elena Callegari, Teresa Acerbis, Jacopo Crovella, Valeria Bilello, Gianluca De Gennaro  
location: Italia, Messico, Turchia
voto: 8

Eros e thanatos si confondono nella vita di Irene (Trinca), conosciuta con lo pseudonimo di Miele da chi non sopporta più lo strazio di un corpo annichilito dalla malattia e decide così di morire. Una volta al mese, tra una nuotata, una corsa, una relazione con un uomo sposato che si permette anche di essere geloso (Marchionni), Miele va in Messico a procurarsi un barbiturico per cani che somministra ai suoi "pazienti". Ha un'etica, Miele. Così, quando viene a sapere che un ingegnere settantenne (Cecchi), il suo ennesimo "cliente", è in realtà un uomo che gode di ottima salute, va su tutte le furie. Tra i due nasce un rapporto conflittuale ma anche confidenziale, che induce Miele a cercare di dissuadere l'ingegnere dai suoi propositi suicidari.
Tratto dal romanzo "A nome tuo" di Mauro Covacich (rielaborato in fase di sceneggiatura con Francesca Marciano e Valia Santella), il film d'esordio di Valeria Golino è una magnifica sorpresa. Non tanto per il tema spinoso che coraggiosamente sceglie di affrontare (l'eutanasia, il suicidio), quanto per la qualità della messa in scena, per la regia capace di scelte mai banali, dal montaggio del sonoro alla fotografia di una Roma spesso inedita. Potente, a tratti commovente e persino ironico, Miele riesce a mostrare la complessità d'animo di quest'angelo della morte arrivando a sospendere completamente il giudizio in merito all'aspetto etico (la ragazza ne ricava pur sempre dei soldi e forse, come sembrano suggerire i flashback ellittici di alcune bellissime riprese sulla neve, da giovane ha perso la madre in modo traumatico). Al solito, immenso Carlo Cecchi il merito di avere dato volto e anima a un personaggio che rimane scolpito nella memoria; a Jasmine Trinca, l'attrice più androgina del nostro cinema, quello di aver offerto la sua prova migliore (sebbene la sua gamma espressiva continui a essere confinata nelle espressioni torve e crucciate) e a Valeria Golino quello di averci regalato un esordio memorabile e un finale bellissimo, anche se un po' telefonato.    

Tirannosauro (Tyrannosaur)

anno: 2011   
regia: CONSIDINE, PADDY
genere: drammatico
con Peter Mullan, Olivia Colman, Eddie Marsan, Archie Lal, Jag Sanghera, Mike Fearnley, Paul Conway, Lee Rufford, Samuel Bottomley, Sian Breckin, Paul Popplewell, Robin Butler, Sally Carman, Ned Dennehy, Fiona Carnegie, Julia Mallam, Chris Wheat, Craig Considine, Robert Haythorne
location: Regno Unito
voto: 6

L'incontro tra due solitudini nella periferia degradata di una qualsiasi città inglese è il tema del film d'esordio di Paddy Considine, attore visto in Hot fuzz e The Bourne ultimatum. Lui (Mullan) è talmente avvezzo alla violenza da uccidere il suo amato cane a calci in un momento di rabbia e disperazione; lei (Colman, che proprio insieme a Considine aveva recitato nello stesso Hot fuzz) è una donna religiosissima che vive sotto la minaccia costante di un marito prevaricatore e stupratore (Marsan). I due si conoscono, si annusano, si danno - per quello che possono - reciproco sostegno, si sfiorano senza mai arrivare a una vera intimità, tenendosi costantemente sul crinale di una ricaduta negli inferi: lei quello delle rappresaglie manesche del marito; lui quello del'alcol e della furia più cieca.
Opera intimista e per nulla consolatoria, Tirannosauro si avvale dell'interpretazione strabiliante dei due protagonisti, messi al servizio di una trama che ricorda per molti versi My name is Joe, il lungometraggio di loach interpretato dallo stesso, intensissimo Peter Mullan. Se al film non si può certo imputare la mancanza di coraggio, a partire dalla blasfemia del protagonista, va però detto che i 90 minuti corrono tutti sul filo di un registro piuttosto monocorde, interrotto soltanto da qualche accesso di violenza che, per fortuna dello spettatore, viene quasi sempre lasciata fuori campo.    

venerdì 10 maggio 2013

Mi rifaccio vivo

anno: 2013       
regia: RUBINI, SERGIO  
genere: commedia fantastica  
con Emilio Solfrizzi, Neri Marcorè, Lillo (Pasquale Petrolo), Sergio Rubini, Vanessa Incontrada, Bob Messini, Gian Marco Tognazzi, Margherita Buy, Valentina Cervi, Bob Messini, Giulia Di Quilio  
location: Italia
voto: 5

Fin da piccolo Biagio Bianchetti (Lillo, qui orfano di Greg), bonario e pacioso, si è visto scavalcare dal "rivale" Ottone Di Valerio (Marcorè). Entrambi imprenditori di grosso calibro, i due si mettono in società per un affare milionario che però finisce male e induce Biagio al suicidio. Arrivato nell'aldilà non al cospetto di San Pietro, ma di Karl Marx (Messini), a Bagio viene data la possibilità di tornare sulla terra per qualche giorno e aggiustare le cose. Assunte le sembianze di Dennis Rufino (Solfrizzi), grande amico e mentore di Ottone, Biagio/Denis finisce per rafforzarne la posizione, salvo poi ingarbugliare talmente la matassa da mettere tutto a soqquadro.
Rubini ricicla se stesso imbastendo una commedia degli equivoci con larghi debiti verso Capra (La vita è meravigliosa) e Lubitsch (Il cielo può attendere). L'idea di qualcuno reincarnato in qualcun altro era stata già proposta ne L'anima gemella; quella dell'uomo che si re innamora della vita l'avevamo vista ne L'amore ritorna; la vendetta che ha come movente l'invidia è il tema dei suoi due film precedenti (Colpo d'occhio e L'uomo nero). Sulla carta, dunque, niente di originale, sebbene la confezione risulti comunque indovinata, soprattutto grazie alla performance da mattatore di un incontenibile Solfrizzi e a dialoghi che offrono più di un'occasione per ridere. Quanto alle pretese di stare incollati alla realtà con il propagarsi dei suicidi degli imprenditori è meglio stendere un velo pietoso.
Da segnalare uno sfondone linguistico: agli sceneggiatori Carla Cavalluzzi e Umberto Marino (che non lavorava con Rubini dai tempi de Il viaggio della sposa) è sfuggito che bondage è un termine di lingua inglese, non francese.    

mercoledì 8 maggio 2013

Benur - Un gladiatore in affitto (Tre comiche disperazioni)

anno: 2012       
regia: ANDREI, MASSIMO
genere: commedia
con Nicola Pistoia, Paolo Triestino, Elisabetta De Vito, Teresa Del Vecchio, Stefano Fresi, Mauro Mandolini, Giorgio Carosi, Stefania Polentini, Ilaria Giorgino, Fatma Frencia, Leonardo Belli, Natallia Barysava, Pino Le Pera, David Di Noia, Maurizio Di Noia, Harold De Jesus, Sasko Aleksovski, Alessandro Casentini, Raliza Georgieva, Kyra Kole, Alessandro Agostini, Anna Ioele, Marco Caldoro, Emanuele Belli, Francesca Belli, Omar Monno, Matteo Pluchino, Federico Gera, Daniele Starnoni, Ottavio Mattarelli, Mikalai Razhaluoski, Francesca Schiavone, Augusto Fornari, Alessandra Costanzo, Lorenzo Ficini
location: Italia
voto: 3

Guerra tra poveri a Corviale, borgata tra le più degradate della capitale. Sergio (Pistoia) è un ex stuntman che dopo un incidente sul lavoro si vede costretto a ripiegare sul ruolo di centurione che, all'ombra del Colosseo, si mette in posa per i turisti. Sennonché, per terminare un occasionale lavoro da imbianchino - che gli dovrebbe consentire di pagare la pigione nella casa dove vive insieme alla sorella (De Vito) - gli si presenta la possibilità di passare momentaneamente quella sua specie di impiego a Milan (Triestino), un ingegnere bielorusso inventivo e simpatico arrivato a Roma clandestinamente e disposto a qualsiasi cosa. Il rapporto tra i due, ai limiti della schiavitù, si trasformerà col tempo in una proficua amicizia.
La commedia che intristisce è il massimo del paradosso per chi voglia cimentarsi nel genere trainante del cinema italiano. Massimo Andrei, qui alla sua opera seconda, centra pienamente l'obiettivo con un film di origine teatrale (Ben Hur: una storia di ordinaria periferia di Gianni Clementi) che è un'antologia di cliché, situazioni scontate, trovate viste e straviste (la sorella che rammenda mentre lavora col telefono per una hot line…). Cinema da gabinetto (non a caso, l'ultima parola del film), dunque, sull'arte di arrangiarsi, che delle tre comiche disperazioni del sottotitolo mantiene soltanto il sostantivo, senza lasciare traccia dell'aggettivo e che al massimo può aspirare al titolo di scult entro il Grande Raccordo Anulare.
Nella gara tra improbabili mattatori, Triestino (caratterista visto soprattutto nel cinema di Verdone e dei Vanzina) sovrasta Pistoia (molto teatro, poco cinema: da Piccoli equivoci a Uomini sull'orlo di una crisi di nervi): tanto ricco di sfumature il primo, quanto monocorde nella sua perpetua volgarità urlata il secondo.    

domenica 5 maggio 2013

Nella casa (Dans la maison)

anno: 2012   
regia: OZON, FRANÇOIS
genere: commedia
con Fabrice Luchini, Ernst Umhauer, Kristin Scott Thomas, Emmanuelle Seigner, Denis Ménochet, Bastien Ughetto, Jean-François Balmer, Yolande Moreau, Catherine Davenier, Vincent Schmitt, Jacques Bosc, Stéphanie Campion, Ronny Pong, Diana Stewart, Jana Bittnerova, Nadir Azni, Bénérice Barbin, Marie Brunet, Cyril Chaussivert, Matthieu Cisse, Yann Conflant, Manon Delaître, Noé Fournier, Vincent Hocini, Guillaume Jacques, Marie Jupille, Cendro Kancel, Belkacem Lalaoui, Alain Lhostis, Antoine Louis, Kevin Méanard, Mehdi Meskar, Mohamed Dahmane El Mehdi, Mélissa Placide, Olivier Royer, Hana Tanem, Christian Tongkhiane, Gaëtan Vajou
location: Francia
voto: 6,5

In un liceo esclusivo di Parigi un professore (Luchini) dà un compito in classe ai suoi alunni, col quale chiede di raccontare il weekend appena trascorso. Uno di essi (Umhauer) si distingue non soltanto per la capacità di scrittura, ma anche per quella di saper attirare l'attenzione del docente, che per giunta è uno scrittore fallito, con un espediente narrativo che catapulta quest'ultimo all'interno della casa medioborghese di un suo compagno di scuola (Ughetto). Quello che doveva essere un semplice tema in aula si trasforma così in un feuilleton voyeuristico che induce il ragazzo a penetrare in maniera sempre più indiscreta nella vita dell'amico, fino a sconfinare nella zona liminare tra realtà e fantasia.
Prodotto nel più classico stile Ozon: due personaggi al centro della scena, atmosfere morbose (Swimming pool), ambientazione intimistica (La famiglia è simpatica), commistione tra realtà e finzione (Sotto la sabbia) e impostazione teatrale (8 donne e un mistero). Quanto basta per fare di questo romanzo di formazione molto cerebrale, a metà tra commedia e melodramma, un apologo sull'immaginazione nel quale l'aspetto più rilevante è quello relativo alla dialettica tra realtà e fantasia nella produzione dell'atto creativo della scrittura.    

sabato 4 maggio 2013

Effetti Collaterali (Side Effects)

anno: 2013       
regia: SODERBERGH, STEVEN 
genere: giallo
con Jude Law, Rooney Mara, Catherine Zeta-Jones, Channing Tatum, Vinessa Shaw, Ann Dowd, Carmen Pelaez, Marin Ireland, Polly Draper, Haraldo Alvarez, James Martinez, Vladimi Versailles, Jacqueline Antaramian, Michelle Vergara Moore, Katie Lowes, David Costabile, Mamie Gummer, Steven Platt, Victor Cruz, Elizabeth Rodriguez, Peter Friedman, Andrea Bogart, Laila Robins, Mitchell Michaliszyn, Elizabeth Rich, Roderick Rodriguez, Mark Weekes, Scott Shepherd, Michael Nathanson, Timothy Klein, Sheila Tapia, Josh Elliott, Sasha Bardey, Ashley Morrison, Steve Lacy, Ken Marks, Devin Ratray, Russell G. Jones, Munro M. Bonnell, Susan Gross, Debbie Friedlander, Ilyana Kadushin, Johnny Sanchez, Nicole Ansari-Cox, LaChanze, Alice Niedermair, Craig muMs Grant, Davenia McFadden, Ray DeBenedictis, J. Claude Deering 
location: Usa
voto: 7,5

Al ritorno a casa del marito (Tatum) dal carcere, dove era stato rinchiuso per insider trading, Emily (Mara) va in depressione e cerca di suicidarsi. Affidata alle cure del dottor Banks (Law), che le prescrive un farmaco sul quale si sta ancora testando la sperimentazione, Emily, pur migliorando le sue condizioni, ha degli effetti collaterali tanto imprevedibili quanto esiziali. Le cose però sono molto diverse da come appaiono.
Uno dei cineasti più prolifici del nostro tempo torna al tema che gli fu caro all'inizio della carriera, quello della dialettica tra apparenza e realtà (Sesso, bugie e videotape), con un giallo psicologico pieno di colpi di scena anche se con più di un buco di sceneggiatura. Se all'inizio l'attenzione dello spettatore viene convogliata sulle trame oscure che investono le multinazionali farmaceutiche, nel suo svolgimento il film prende le pieghe di un legal thriller in cui la partita a scacchi tra medico e paziente e i risvolti torbidi del passato della protagonista prendono nettamente il sopravvento.    

mercoledì 1 maggio 2013

Le migliori cose del mondo (As melhores coisas do mundo)

anno: 2010       
regia: BODANZKY, LAIS 
genere: commedia 
con Francisco Miguez, Denise Fraga, Fiuk, José Carlos Machado, Gabriela Rocha, Caio Blat, Renata Bastos, Lilian Blanc, Maria Eugênia Cortez, Célio Cruz Filho, Sophia Gryschek, Gabriel Illanes, Rebeca Lopes, Brenda Lígia, Gustavo Machado, Carlos Mandel, Matheus Marchetti, Thais Abujamra Nader, Rodrigo Pasquale, Luccas Perazzio, Jairo Pereira, Paula Pretta, Érika Rigonatti, Anders Rinaldi, Mário Sérgio, Paulo Vilhena, Luiz Felipe de Castro, Gustavo de Magalhães 
location: Brasile
voto: 5

Il 15enne Mano (Miguez) prende svogliatamente lezioni di chitarra, va in bianco nel suo primo giro a prostitute, si innamora della ragazza sbagliata, ha almeno un amico che è un vero Giuda ma è un entusiasta della vita. E tutto sommato lo rimane anche quando i suoi si lasciano, perché suo padre (Machado) si è innamorato di un altro uomo e nonostante il fratello maggiore non l'abbia presa proprio benissimo.
Romanzo di formazione innocuo con toni decisamente da teen movie piccolo piccolo, sui temi dell'amicizia, della delazione, del bullismo e delle apparenze, ambientato a San Paolo del Brasile, ispirato ai libri della serie Mano, molto popolare in Brasile, e supportato da qualche discreta trovata in fase di riprese. Ma nulla di più.