martedì 30 gennaio 2018

Gruppo 7 (Unit 7 aka Grupo 7)

anno: 2012   
regia: RODRIGUEZ, ALBERTO  
genere: poliziesco  
con Antonio de la Torre, Andrés Blanco, Javier Berger, Joaquín Núñez, Manuel Bernal, José Manuel Poga, Jacinto Bobo, Edu Bulnes, Estefanía de los Santos, Adelfa Calvo, Julián Villagrán    
location: Spagna
voto: 7  

Nei 5 anni che precedono l'Expo del 1992 a Siviglia, quattro poliziotti della narcotici - noti come Gruppo 7 - fanno il brutto e il cattivo tempo nel centro della città, dapprima sgominando bande di spacciatori, quindi entrando in combutta con questi ultimi per estendere il giro d'affari sporchi. Ma l'anticorruzione, nel frattempo, indaga su di loro.
Poliziesco iberico di notevole fattura, che mette in corto circuito l'avidità dei quattro poliziotti (una sorta di Uno Bianca in salsa spagnola) con l'apparente eroismo dei protagonisti stessi e con tutte le loro contraddizioni (a cominciare da quello apparentemente più agguerrito dei quattro, che possiede un mondo mistico religioso tutto suo). Ritmo martellante, azione e colpi di scena di scena non mancano, la fotografia desaturata è curata a dovere e tanto basta ad attenuare la sensazione di déjà vù e ad accentuare quella di un buon prodotto di genere.    

lunedì 29 gennaio 2018

Ai Weiwei: Never Sorry

anno: 2011       
regia: KLAYMAN, ALISON   
genere: documentario   
con Ai Weiwei, Changwei Gu, Ying Gao, Huang Hung, Tehching Hsieh, Zuzhou Zuoxiao, Evan Osnos, Yanping Liu, Danqing Chen, Inserk Yang    
location: Cina, Usa
voto: 4,5   

Artista? Impostore? Sovversivo? È difficile definire Ai Weiwei, senz'altro il più noto artista cinese a livello internazionale, che con le sue opere - spesso frutto di idee sue, ma poi realizzate da altri - ha cercato in ogni maniera di far sapere al mondo quanto repressivo potesse essere ancora il regime comunista cinese. Opere basate soprattutto sulla quantità: dai cento milioni di semi raccolti e pitturati ad uno ad uno ai nomi dei bambini morti in occasione di un terremoto e trasposti in un'opera composta da qualche migliaio di zaini colorati che li rappresentano. Semisconosciuto fino all'inizio del nuovo millennio, Ai Weiwei ha raggiunto in seguito una notorietà fulminante, dovuta in parte anche all'essere inviso al potere centrale cinese.
Il documentario che ne racconta la traiettoria artistica non è però affatto all'altezza della situazione: non produce infatti altro che un assemblaggio di immagini raccolte pigramente, tra quadretti familiari ripresi alla bell'e meglio, spezzoni di interviste, testimonianze svogliate e scarsissimo corredo di documentazione sull'opera dell'artista. Un vero peccato, perché una figura tanto importante avrebbe meritato ben più di questo documentario dalla sintassi filmica davvero povera.    

sabato 27 gennaio 2018

Il cittadino illustre (El ciudadano ilustre)

anno: 2016   
regia: COHN, MARIANO * DUPRAT, GASTON   
genere: drammatico   
con Oscar Martínez, Dady Brieva, Andrea Frigerio (II), Nora Navas, Manuel Vicente, Belén Chavanne, Gustavo Garzón, Julián Larquier (Julián Larquier Tellarini), Emma Rivera, Marcelo D'Andrea, Pablo Gatti    
location: Argentina, Spagna, Svezia
voto. 7,5   

Dopo aver vinto il premio Nobel, lo scrittore argentino Daniel Mantovani (interpretato da Oscar Martinez, Coppa Volpi a Venezia), un uomo che è un mix di disincanto e intelligenza, decide di tornare dopo 40 anni nel natio paese di Salas - quello che ha dato origine e ispirazione a molti dei personaggi dei suoi libri - per una serie di conferenze. Qui viene accolto con apparente riverenza, ma tra viaggi organizzati malissimo e alberghi di quart'ordine. E  siccome nemo propheta in patria, per Mantovani il ritorno a casa si trasforma in un purgatorio durante il quale vengono fuori antiche acrimonie da parte dei suoi concittadini e il disprezzo per quella gente da parte dell'autore.
Cinema di parola che riduce al minimo la sintassi visiva attraverso inquadrature spesso fisse e convenzionali, il film di Gastón Duprat e Mariano Cohn torna a interrogarsi sull'arte (L'artista) con una scrittura elegantissima, curata nel minimo dettaglio, con cui in almeno un paio di occasioni (il discorso del romanziere a Stoccolma e quello in una delle conferenze) si arriva a livelli astrali. Ma è la densità della riflessione - mai intellettualistica - sul senso dell'arte, unita alla complessità del protagonista raccontato, in una chiave che talvolta cede il passo al grottesco, in tutte le sue contraddizioni a fare de Il cittadino illustre un film di assoluta finezza narrativa.    

giovedì 25 gennaio 2018

I Am Not Your Negro

anno: 2016       
regia: PECK, RAOUL   
genere: documentario   
con James Baldwin, Harry Belafonte, Marlon Brando, Dick Cavett, George W. Bush, Tony Curtis, Gary Cooper, Ray Charles, Shumerria Harris    
location: Usa
voto: 4,5   

Il Roipnol? L'Halcion? Il Minias? Lo Stilnox? Lasciate stare: tutta robaccia che dà anche effetti collaterali. Per la cura dell'insonnia dovete provare I am not your negro, film che vi garantisce di mandarvi in onde theta in pochi minuti e senza alcuna ripercussione fisica (a meno che vi siate messi scomodi sulla poltrona). Ed è un vero peccato che sia così, perché - almeno sulla carta - il film diretto dall'haitiano Raoul Peck, sulla base di un libro incompiuto scritto da James Baldwin (Remember this house), avrebbe potuto essere interessantissimo. A spanne il tema sembra essere quello del razzismo (vabbè, dai, si capiva anche dal titolo…), declinato in ragione tanto della superiorità dell'uomo bianco, quanto in quella della contraffazione della realtà, come avvenne - per esempio - nella rappresentazione cinematografica dello sterminio degli indiani d'America, che i film di John Wayne (come lui, tanti altri), fecero passare per atti d'eroismo o in quella di tante immagini puibblicitarie.
Il perno del film (e del libro) sono tre personaggi chiave della cultura nera americana, accomunati dallo stesso destino, quello della morte per assassinio: Medgar Evers, Malcolm X e Martin Luther King. Sulle loro storie volteggiano le parole dello stesso Baldwin, scrittore e polemista di razza, e sono parole che vanno dritte al cuore della questione, che argomentano, dimostrano, filosofeggiano, espressione di una dialettica fulminante.  Queste stesse parole, le terribili immagini di repertorio che mostrano i pestaggi ai danni della popolazione di colore e tante altre espressioni di un razzismo che non è mai venuto meno sono tuttavia assemblate scriteriatamente: seguire il filo del discorso diventa quasi impossibile, tanto più se questo è accompagnato dalla voce monocorde di Samuel L. Jackson. Tutto ciò fa di I am not your negro un'opera virtualmente preziosa, ma montata senza cura alcuna.    

lunedì 22 gennaio 2018

L'ora più buia (Darkest hour)

anno: 2017       
regia: WRIGHT, JOE
genere: storico
con Gary Oldman, Kristin Scott Thomas, Lily James, Stephen Dillane, Ronald Pickup, Ben Mendelsohn, Charley Palmer Rothwell, Hannah Steele, Richard Lumsden, Nicholas Jones, Jordan Waller, Hilton McRae, Jeremy Child, John Locke, Mary Antony, Tim Ingall, Brian Pettifer    
location: Regno Unito
voto: 8

Per il visconte di Halifax (Dillane), l'uomo che lo avversò in parlamento e nello schieramento di governo, insistendo affinché gli inglesi negoziassero con i nazisti, Winston Churchill (Oldman) fu l'uomo che "ha mobilitato la lingua inglese e l'ha spedita in battaglia". Sigaro (o bastone) perennemente nella mano destra e un bicchiere di scotch nella sinistra, Churchill fu l'uomo che - nonostante la disfatta di Gallipoli durante la I guerra mondiale (da rivedere Gli anni spezzati di Peter Weir) - dovette caricarsi sulle spalle il gravosissimo compito di gestire il Regno Unito nel 1940, anno nel quale anche l'Inghilterra entrò nel mirino delle mire espansionistiche di Hitler. Nemico giurato di quest'ultimo, Churchill fu un retore stratosferico (non a caso insignito in seguito anche del Nobel per la letteratura), capace di parlare senza fronzoli tanto al popolo, quanto ai suoi colleghi in parlamento. Con L'ora più buia Joe Wright (Espiazione, Hanna, Anna Karenina) firma il suo film di gran lunga più riuscito, concentrandosi sul farraginoso itinerario che, a seguito delle dimissioni dell'attendista Chamberlain (Pickup), portò Churchill a Downing Street e mettendo in risalto la capacità di quest'ultimo di relazionarsi con le persone comuni a dispetto dei modi bruschi e del costante borbottio. È inevitabile che ne sia uscito un ritratto quasi elegiaco, che dà risalto all'autorevolezza, alla determinazione e alle straordinarie doti oratorie di questo gigante della politica inglese. Un ritratto ineccepibile, esaltato dalla sceneggiatura di Anthony McCarten (quello de La teoria del tutto) e dalla prova da ovazione di Gary Oldman (applausi anche per i truccatori) e supportato da un cast di primissimo ordine. Se la prova attoriale è magistrale, la regia - pur nel suo classicismo, ma con le sue straordinarie invenzioni di macchina, le sue angolazioni di ripresa, l'uso indovinatissimo delle luci crepuscolari - non è da meno, arrivando all'eccelso sia nella scena in cui il primo ministro, indispettito per il traffico, prende per la prima volta la metropolitana di Londra, sia in quella del famosissimo discorso che annunciava al popolo inglese, con i soldati assediati a Calais e a Dunkirk (meravigliosa coincidenza l'uscita, nello stesso periodo, del film di Nolan), che la guerra ai nazisti sarebbe costata "lacrime e sangue, fatica e sudore".    

domenica 21 gennaio 2018

Chi m'ha visto

anno: 2017       
regia: PONDI, ALESSANDRO  
genere: commedia  
con Pierfrancesco Favino, Giuseppe Fiorello (Beppe Fiorello), Mariela Garriga, Dino Abbrescia, Sabrina Impacciatore, Mariolina De Fano, Michele Sinisi, Maurizio Lombardi, Oriana Celentano, Francesco Longo (III), Gianni Colajemma, Cesare Pasimeni, Vito Facciolla, Delia Taccarelli, Dalila Trovisi, Albertino, Arisa, Paolo Belli, Edoardo Bennato, Alex Britti, Claudio Cecchetto, Carlo Conti, Simone Cristicchi, Gigi D'Alessio, Elisa, Emma, Francesco Facchinetti, Giusy Ferreri, Rosario Fiorello, Iaia Forte, Lorenzo Fragola, Giorgia, Gianluca Grignani, J-Ax, Jovanotti, Mara Maionchi, Vincenzo Mollica, Gianni Morandi, Nek, Roy Paci, Max Pezzali, Raiz, Marina Rei, Red Ronnie, Giuliano Sangiorgi, Nicola Savino, Anna Tatangelo, Trio Medusa, Paola Turci, Federico Zampaglione    
location: Grecia, Italia
voto: 2  

Terminato il tour con Jovanotti, il chitarrista Martino Piccione (Fiorello) torna a Ginosa, il paese natio nelle Murge, in attesa che la sua carriera finalmente decolli. E invece le cose vanno male, i dischi non si vendono, il suo produttore (Abbrescia) gli volta le spalle e la sua notorietà è a zero. Cosa fare per farsi notare, allora? Sparire per un po', grazie all'aiuto dell'amico Peppino (Favino) Quaglia (che fantasia i cognomi, eh?), almeno fino a quando qualcuno non comincerà a domandarsi dove sia finito, prima che la televisione si appropri del caso e i musicisti comincino a inviare dei videoappelli. Ma la sua sparizione, nel frattempo, ha generato un indotto possente per il paesino e per Martino (sembianze à la Keith Richards) si prospetta la necessità di protrarre la sua latitanza dal pubblico.
Microscopico film d'esordio di Alessandro Pondi (non a caso già sceneggiatore di cinepanettoni come Natale a Beverly Hills e Natale in Sudafrica), che imbastisce una commedia insulsa a suon di luoghi comuni e banalità assortite (la tv parassita, gli amici interessati, l'accidia strapaesana, la prostituta di sani principi), nella quale si salva soltanto l'interpretazione survoltata di Favino in versione pugliese e la breve antologia in cui molti divi della canzone si prestano al gioco con camei in video, anche se mette i brividi pensare che il meglio della canzone degli anni dieci debba passare per Gigi D'Alessio, Elisa, Emma, Francesco Facchinetti, Giusy Ferreri, Lorenzo Fragola, Giorgia, J-Ax, Giuliano Sangiorgi e Anna Tatangelo. Poi dice che uno smoccola...    

sabato 20 gennaio 2018

Ammore e malavita

anno: 2017   
regia: MANETTI BROS. (Antonio & Marco Manetti)  
genere: musicale  
con Giampaolo Morelli, Serena Rossi, Claudia Gerini, Carlo Buccirosso, Raiz, Franco Ricciardi, Antonio Buonuomo, Ivan Granatino, Graziella Marina, Antonio Fiorillo, Lucianna De Falco, Rosalia Porcaro, Pino Mauro, Antonino Iuorio, Andrea D'Alessio    
location: Italia, Usa
voto: 7  

Sobillato dalla moglie (Gerini), il boss camorrista Don Vincenzo, detto 'O re del pesce (Buccirosso), decide di simulare la propria morte mandando al Creatore un suo sosia. Un'infermiera (Rossi) dell'ospedale dove è ricoverato per una pallottola scopre l'inghippo, sicché don Vincenzo sguinzaglia i suoi scherani affinché la donna venga uccisa e non parli. Ma uno di essi è una vecchia fiamma della giovane donna, tutt'altro che disposto ad assassinarla. Ecco allora che si scatena una caccia ai due amanti in fuga.
Il cinema senza confini - di genere, di budget, di location - dei fratelli Manetti approda a un musical in chiave di gangster movie, nel quale vecchi successi canori del passato (tra tutti, quello preso in prestito da Flashdance) vengono miscelati con brani autografi (di Pivio & Aldo De Scalzi), assorbiti a meraviglia in una trama fitta di colpi di scena, che non lesina momenti comici e una parodia sorniona del Gomorra televisivo. Gli unici nei di questo film, che alza ulteriormente l'asticella dell'azzardo cinematografico del cinema di Roberta Torre (Tano da morire, Sud Side Stori), sono la presenza di Claudia Gerini, romana prestata a una napoletanità posticcia, e qualche minuto di troppo (il film dura due ore e un quarto), con parentesi newyorchese fuori misura.    

mercoledì 17 gennaio 2018

Tre manifesti a Ebbing, Missouri (Three Billboards Outside Ebbing, Missouri)

anno: 2017       
regia: McDONAGH, MARTIN  
genere: drammatico  
con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish, Lucas Hedges, Zeljko Ivanek, Caleb Landry Jones, Clarke Peters, Samara Weaving, Peter Dinklage, John Hawkes, Amanda Warren, Kerry Condon, Michael Aaron Milligan, Lawrence Turner, Jerry Winsett, Malaya Rivera Drew, Darrell Britt-Gibson, Nick Searcy, Sandy Martin, Kathryn Newton    
location: Usa
voto: 7,5  

Una ragazzina è morta dopo essere stata stuprata ma a Ebbing, nel Missouri, sembra che l'attività preferita della polizia locale sia quella di prendere a bastonate le persone di colore, anziché cercare l'assassino. Così Mildred (McDormand), la madre della ragazza, prende a noleggio tre enormi spazi pubblicitari collocati sulla strada che porta alla cittadina, e su di essi fa mettere le scritte: "stuprata mentre stava morendo", "ancora nessun arresto?", "come mai, capitano Willouhby?". Il capo della polizia chiamato in causa (Harrelson) è assai ben visto in città e per di più ha un tumore che lo sta portando anzitempo a miglior vita. Bastano queste due ragioni perché Mildred diventi invisa a gran parte dei suoi concittadini e perché arrivino ritorsioni contro i suoi pochi amici. Improvvisi colpi di scena cambiano le carte in tavola.
Martin McDonagh si conferma regista eccentrico e spiazzante, con un film ancora una volta imperniato sul senso di colpa, nel quale non mancano brusche sterzate sul grottesco (vedi In Bruges) e riflessioni tutt'altro che banali su delitto e castigo. A una trama ben congegnata e supportata da sapidi dialoghi si aggiunge l'ennesima prova da standing ovation di Frances McDormand e un disegno dei personaggi a tutto tondo, dei quali ci vengono mostrate contraddizioni, debolezze ma anche qualche virtù.    

domenica 14 gennaio 2018

Remember

anno: 2015   
regia: EGOYAN, ATOM   
genere: drammatico   
con Christopher Plummer, Martin Landau, Dean Norris, Bruno Ganz, Jürgen Prochnow, Heinz Lieven, Henry Czerny, Sofia Wells, Peter DaCunha, Kim Roberts, Janet Porter, Stefani Kimber, Duane Murray, Amanda Smith    
location: Canada, Germania
voto: 6   

Rimasto da poco tempo vedovo e ormai in pianta stabile in una casa di riposo per anziani, Zev (Plummer) - sotto la guida solerte dell'amico Max (Landau) - vuole mantenere a tutti i costi fede alla promessa che fece prima di perdere la memoria: uccidere il nazista che sterminò la sua famiglia. L'uomo lascia così l'istituto per mettersi alla caccia della sua vittima, di cui conosce soltanto il nome. Il suo itinerario si trasforma in un'angosciante e scrupolosa ricerca di questo fantasma del passato.
Ennesimo film sulla questione ebraica per l'armeno canadese Atom Egoyan, che qui imbastisce un racconto in forma di road movie con qualche sbavatura (vicende e personaggi non sempre plausibili), ma con indubbia tecnica nel costruire un climax efficacissimo, che tocca l'acme nello spiazzante finale, forse eccessivo.    

sabato 13 gennaio 2018

Tutti i soldi del mondo (All the Money in the World)


anno: 2017       
regia: SCOTT, RIDLEY
genere: drammatico
con Michelle Williams, Christopher Plummer, Mark Wahlberg, Charlie Plummer, Romain Duris, Timothy Hutton, Marco Leonardi, Giuseppe Bonifati, Giulio Base, Andrea Piedimonte, Andrew Buchan, Maurizio Lombardi, Guglielmo Favilla, Nicolas Vaporidis, Francesca Inaudi, Olivia Grant, Charlie Shotwell, Ghassan Massoud, Bakar Qabbani, Roy McCrerey, Charlotte Beckett, Rainer Sellien, Giampiero Judica    
location: Arabia Saudita, Italia, Marocco, Regno Unito, Usa
voto: 5

Fu una storia terribile e, al tempo stesso, avvincente, quella che nel 1973 - l'anno della guerra dello Yom Kippur che determinò l'austerity petrolifera in gran parte dell'Occidente - coinvolse uno degli uomini più ricchi del pianeta, Paul Getty (Christopher Plummer). Una storia che, sulla carta, avrebbe potuto essere oggetto di un film potente, coinvolgente, tanto più se a dirigerlo ci metti un maestro indiscusso come Ridley Scott. E invece i fatti sono andati ben diversamente, a cominciare dalla necessità di rimpiazzare Kevin Spacey, chiamato a interpretare il vecchio plutarca prima che scoppiasse il bubbone mediatico delle molestie sessuali, con Christopher Plummer, decisamente più consono al ruolo. Non bastasse questo, si ha l'impressione che gran parte del budget se ne sia andato per le sontuose scenografie e le ricostruzioni d'epoca - in grandissima parte ambientate a Roma - dimenticandosi della sceneggiatura. Ecco allora che Tutti i soldi del mondo anziché aggiungersi a capolavori come Il gladiatore, Thelma & Louise, Robin Hood e The martian (uno solo dei quali non è un film "in costume"), va a ispessire le file dei più clamorosi passi falsi del regista britannico (Chi protegge il testimone, Nessuna verità, Le crociate). Tra brigatisti rossi ridotti a macchiette capaci solo di produrre slogan un tanto al chilo, scene di massa girate in maniera dilettantistica, caricature della 'ndrangheta calabrese e delle puttane romane, tutto sembra tradire un copione scritto con grande sciatteria, con più di un buco di sceneggiatura e scarsissima attenzione ai personaggi di secondo piano. È davvero un peccato perché la storia di Paul Getty III (Charlie Plummer), diciottenne rapito nel luglio 1983 a Roma, tenuto segregato in Aspromonte e poi ceduto a chi nel rapimento vedeva l'occasione di grandi profitti (Leonardi), avrebbe meritato ben altro. Alla figura del rapito, al quale - come prova per ottenere il riscatto - fu tagliato un orecchio (la regia avrebbe potuto risparmiarci i dettagli splatter), si aggiungono quella del ricchissimo e potentissimo nonno, l'unico che avrebbe potuto pagare i 17 milioni di dollari chiesti per il riscatto, di un mediatore (Wahlberg) e della madre del ragazzo (Williams), donna ormai in bolletta dopo la separazione dal marito. Se quest'ultima viene trasformata in una sorta di indomita madre coraggio, il primo si rivela come la figura nettamente più interessante: un vecchio cinico e brutale, chiuso nella solitudine della sua gabbia dorata, ossessionato dal denaro in modo molto più simile a quello di Paperon de' Paperoni - il possesso di un incredibilione per il puro gusto di potercisi tuffare - che non nello Scrooge di dickensiana memoria.    

giovedì 11 gennaio 2018

Maradonapoli

anno: 2017   
regia: FEDERICI, ALESSIO MARIA  
genere: documentario  
location: Italia
voto: 7  

Più che un film su Maradona, il primo documentario di Alessio Maria Federici - romano e romanista che ha in curriculum commediole di infimo livello come Lezioni di cioccolato 2, Stai lontana da me, Fratelli unici, Tutte lo vogliono e Terapia di coppia per amanti - è un sapido ritratto della napoletanità. Senza mostrare una sola azione di gioco ma intervistando commercianti, pescivendoli, venditori ambulanti, trasportatori, ma anche giornalisti e professori universitari, Federici raccoglie testimonianze sull'impronta indelebile lasciata dal calciatore argentino nel periodo irripetibile durante il quale Corrado Ferlaino, con magistrale quanto infingarda operazione di mercato, nel 1984 riuscì a portarlo al Napoli, squadra dove el Pibe de oro vinse due scudetti e vari altri titoli. "Maradona è l'unico demone che ha portato Napoli in paradiso", "un napoletano nato all'estero", come sentenziano due degli intervistati, tessere di un mosaico composto con un'impressionante abilità in fase di montaggio e dal quale esce un ritratto vivissimo, a tratti persino commovente, di una città maestra nell'arte di arrangiarsi e che trent'anni dopo l'arrivo di Maradona continua imperterrita a raccontarne la leggenda, a perpetuarne il mito attraverso un racconto ininterrotto e un merchandising inesauribile, dalle sciarpe ai tatuaggi. Maradona come San Gennaro, come la pizza, come Totò: l'uomo che - dopo tanto tempo - riuscì a far sentire la gente di Napoli non più come lo sfrido d'Italia, ma come la prima della classe, regalandole una gioia sconfinata, lasciando alla città anche l'eredità di una miriade di ragazzi che, tra il 1985 e il 1992, furono tutti battezzati col nome di Diego.    

martedì 9 gennaio 2018

Uno bianca

anno: 2001   
regia: SOAVI, MICHELE  
genere: poliziesco  
con Kim Rossi Stuart, Dino Abbrescia, Giorgio Crisafi, Claudio Botosso, Emanuele Secci, Bruno Armando, Matteo Chioatto, Silvia De Santis, Luciano Curreli, Massimo De Rossi, Pietro Bontempo    
location: Italia
voto: 7  

L'ispettore di polizia del commissariato di Rimini Valerio Maldesi (Rossi Stuart) è l'unico veramente convinto che dietro la banda della Uno Bianca, che tra il 1987 e il 1994 seminò il terrore in Emilia Romagna, provocando 24 morti tra una rapina e l'altra, ci sia qualcosa di grosso. Il magistrato che da Roma segue le indagini è l'incarnazione dell'ottusità, i suoi colleghi nicchiano; l'unico che, pur tentennado, lo segue nelle spericolate operazione di infiltramento è Rocco Atria (Abbrescia). I due non tardano molto a capire che dietro l'impunità dei delitti e la sorprendente capacità di non lasciare mai tracce si nasconde una gang di poliziotti.
Miniserie televisiva andata in onda nel 2001 sotto la regia di Michele Soavi, Uno bianca rappresenta il momento di passaggio del regista milanese dall'horror (Deliria, La chiesa, La setta, Dellamorte Dellamore) a un claudicante quanto volenteroso cinema d'impegno (Arrivederci amore, ciao, Il sangue dei vinti). Qui, la pochezza della messa in scena e la scarsa qualità di gran parte del cast sono compensate da un racconto tesissimo, pieno di sorprese e non privo di qualche elemento di originalità in fase di ripresa. Anche a distanza di tempo, Uno bianca, dal nome dell'auto di cui si servivano i poliziotti per compiere le loro scorribande, rimane un film ad alta tensione, un prodotto televisivo di buon livello.    

domenica 7 gennaio 2018

Gatta Cenerentola

anno: 2017   
regia: CAPPIELLO, IVAN * GUARNERI, MARINO * RAK, ALESSANDRO * SANSONE, DARIO    
genere: animazione  
con le voci di Massimiliano Gallo, Maria Pia Calzone, Alessandro Gassman, Mariano Rigillo, Renato Carpentieri    
location: Italia
voto: 6  

A bordo di una nave dove sta per celebrarsi il matrimonio tra Angelica e l'artefice di un progetto avveniristico sulla memoria, che ha tutte le carte in regole per rilanciare l'intera città di Napoli. Ma quest'ultimo viene ucciso dal boss Salvatore Logiusto, detto 'o re, il quale mira ad appropriarsi delle sostanze del morto sposandone la vedova. Di mezzo ci sono però Cenerentola, che negli anni successivi alla perdita violenta del padre si è chiusa in un mutismo totale, e un infiltrato della polizia che sta cercando di incastrare Logiusto.
Da Basile a Roberto De Simone e da questo alla vena visionaria di Alessandro Rak (suo il celebratissimo L'arte della felicità), qui coadiuvato in cabina di regia da Ivan Cappiello, Marino Guarneri e Dario Sansone, Gatta Cenerentola diventa un'opera d'animazione rivolta a un pubblico adulto, con riferimenti alla droga, alla transessualità, alla prostituzione e alla malavita. Film eterodosso e coraggiosissimo, che cala in una trama noir elementi fantascientifici (la memoria del passato che appare sotto forma di ologrammi ai personaggi) e musical (con le canzoni di Guappecartò, Francesco Di Bella, Virtuosi di San Martino, Daniele Sepe, Enzo Gragnianiello, Foja, Ilaria Graziano e Francesco Forni), guardando ai manga nipponici e con citazioni da Blade runner (la continua pioggia di cenere), senza farsi scrupolo di raccontare scabrosità e femminielli. Ma è proprio sull'eccesso di stili e rimandi che il film finisce con l'inciampare in una trama a tratti farraginosa, quasi gli autori fossero preoccupati di esibire uno stile grandeur a tutti i costi.    

giovedì 4 gennaio 2018

The Accountant

anno: 2016   
regia: O’CONNOR, GAVIN  
genere: noir  
con Ben Affleck, Anna Kendrick, J.K. Simmons, Jon Bernthal, Jeffrey Tambor, John Lithgow, Jean Smart, Cynthia Addai-Robinson, Alison Wright, Gary Basaraba, Kelly Lintz (Kelly Collins Lintz), Fernando F. Chien, Alex Collins, Andy Umberger, Greg Sproles, Kevin Glen Kavanaugh, Jason MacDonald, David Anthony Buglione, Susan Williams, Boualem Hassaine, Ron Prather, Seth Lee, Mary Kraft, Jake Presley, Izzy Fenech, Robert C. Treveiler    
location: Svizzera, Usa
voto: 7  

Christian Wolf (Affleck) è un quarantenne autistico col pallino dei numeri, che fa il contabile freelance per conto di organizzazioni criminali. Su di lui comincia a indagare un agente del Dipartimento del Tesoro (Simmons) proprio nel momento in cui Wolf si mette a servizio del presidente di una società di robotica (Lithgow) nella quale cominciano a verificarsi strane morti.
Ben Affleck, campione di inespressività, è perfetto nel ruolo dell'autistico incapace di emozioni ma abile nel trasformarsi all'occorrenza in un killer implacabile e dalle molte risorse. Peccato che la storia di cui è protagonista assoluto - una sorta di Will Hunting / Rain man in salsa noir - sia intricatissima: in essa si mescolano flashback, varie sottotrame, revenge movie, una vicenda embrionale a tinte rosa e rimandi edipici che fanno facilmente perdere il bandolo della matassa. Ma la confezione è accurata e l'azione non manca.    

mercoledì 3 gennaio 2018

Zanna Bianca

anno: 1973   
regia: FULCI, LUCIO  
genere: avventura  
con Franco Nero, Virna Lisi, Fernando Rey, John Steiner, Raimund Hamstorf, Daniel Martin, Rick Battaglia, Daniele Dublino, Maurice Poli, John Bartha, Antonio Luigi Guerra, Carla Mancini, Missaele, Carole André    
location: Canada
voto: 6,5  

Lo scrittore nonché commissario governativo Scott (Nero) si reca a Dawson City, nell'estremo nord del Canada, insieme al fratello Kurt, per raccogliere appunti sui cercatori d'oro. Charlie, la guida indiana che lo accompagna, si trova costretto a portare suo figlio nell'ospedale della cittadina, dopo che questo è caduto sotto una lastra di ghiaccio, provvidenzialmente salvato da Zanna Bianca, un cane lupo. Su quest'ultimo ha però messo gli occhi il boss locale Beauty Smith, che vuole sfruttare il quadrupede per le scommesse. Un prete doppiogiochista (Rey), una entreneuse figlia di quest'ultimo (André) e una suora che fa l'infermiera (Lisi), completano il quadro dei personaggi che sono al centro di una vicenda che vede contrapposto il cattivo Smith a Scott.
Tratto dal celeberrimo romanzo di Jack London e diretto dal maestro dei B-movies Lucio Fulci, Zanna bianca è un film d'avventura in chiave western che resiste all'usura del tempo grazie a una trama avvincente, piena di colpi di scena.    

martedì 2 gennaio 2018

After Porn Ends 2

anno: 2017       
regia: WAGONER, BRYCE   
genere: documentario   
con Ashley Adams, Brittany Andrews, Lisa Ann, Danny D, Aubrey Gold, Dennis Hof, Darren James, Jewel Jonlyn Jeter, Johnnie Keyes, Chasey Lain, Bud Lee, Janine Lindemulder, Venus Lux, Ginger Lynn, Ariana Marie, Gary Dean Orona, Nicole Prause, Shyla Ryder, Herschel Savage, Donny Sins, Georgina Spelvin, Howard Stern, Tabitha Stevens, Jenevieve Zaya    
location: Usa
voto: 3,5   

Aggiornamento del film di cinque anni prima, con star più o meno attempate del cinema hard degli anni '70, '80 e '90 e frammenti di interviste ai divi emergenti. Più rispondente al titolo rispetto al capitolo precedente, After porn ends 2 racconta le vicende della cougar Lisa Ann (l'attrice che rivela i retroscena più interessanti, a cominciare dal razzismo che serpeggia negli ambienti del porno e che si è data all'editoria e ha pubblicato un'autobiografia), di Brittany Andrews (entrata e uscita dal mondo del porno), di Darren James (colpito dal virus Hiv sul set e adesso impegnato in campagne a favore del controllo delle malattie sessualmente trasmissibili), di Chasey Lain, che racconta al regista quanto i set a luci rosse la abbiano segnata. E poi ci sono Ginger Lynn, oggi "famosa" pittrice (così dice...), Tabitha Stevens, la donna tutta denti che si è trasformata in una fotografa di successo, Janine Lindemulder, che ha depauperato l'enorme fortuna economica arrivata troppo presto, perdendo casa e figlio, rendendosi anche protagonista di una battaglia legale contro Sandra Bullock. A queste storie si aggiunge quella persino tenera dell'ormai ultrasettantenne Johnnie Keyes, reinventatosi come cantante jazz e crooner. A quelle dei protagonisti si affiancano brevi dichiarazioni dei divi emersi nell'epoca di internet: le loro testimonianze servono a rendere più nitido il contrasto tra l'età dell'oro del porno - quella compresa tra gli anni '70 e gli anni '90 - e la radicale trasformazione dell'industria, avvenuta in seguito alla facilità d'accesso ai prodotti da parte del pubblico. una metamorfosi che ha contribuito a spostare moltissimo verso l'alto gli standard performativi di attori e soprattutto attrici, costrette a qualsiasi aberrazione pur di sfondare (in tutti i sensi). Cinema di impianto strettamente televisivo, nutrito da brevi inserti censurati e ammantato da tutta la tristezza che quel mondo comunica.    

lunedì 1 gennaio 2018

Ritratto di famiglia con tempesta (Umi yori mo mada fukaku)

anno: 2016       
regia: KORE-EDA, HIROKAZU  
genere: drammatico  
con Hiroshi Abe, Yôko Maki, Satomi Kobayashi, Lily Franky, Sôsuke Ikematsu, Yuri Nakamura, Rirî Furankî, Isao Hashizume, Taiyô Yoshizawa, Kirin Kiki    
location: Giappone
voto: 3  

Ryota (Abe) è un ex scrittore di successo che vorrebbe vivere sugli allori, ma che si è riciclato come detective in un'agenzia investigativa per sbarcare il lunario. Perennemente in bolletta, Ryota riannoda i rapporti con la madre (Kiki) e con la ex moglie (Maki) per rastrellare qualche altro quattrino, infilandosi in una rete relazionale che gli permette di mettere a fuoco l'andamento della sua esistenza.
Come per ogni regista orientale che si rispetti, la critica ha osannato questo letargico film di Hirokazu Kore-Eda, già regista del ben più riuscito e penetrante Father & Son e di Little sister. Ancora una volta sono le relazioni all'interno della famiglia a interessare il regista giapponese, che qui traccia un ritratto talmente statico da lambire a più riprese un'andatura in tempo reale, che si sofferma su ogni dettaglio del quotidiano dei diversi personaggi. Nel suo minimalismo esasperato, al film manca persino quella traccia estetizzante tipica di certo cinema orientale (si pensi a Kim Ki Douk), così come è assente quella profondità di contenuti rintracciabile altrove (a cominciare da Kurosawa). In più, alcune sottotracce narrative vengono abbandonate alla stregua di alcuni personaggi (su tutti, la vicenda dei due clienti, marito e moglie, che su opposte sponde ingaggiano il detective per rovinare economicamente l'altro, di cui non è dato sapere l'esito e che all'improvviso spariscono dal racconto). A leggere le recensioni su giornali e riviste specializzate, si ottiene un saggio della protervia di quella critica togata che crede ciecamente nell'equazione lentezza=qualità.