lunedì 22 febbraio 2016

La gabbia dorata - La Jaula de oro

anno: 2013   
regia: QUEMADA-DIEZ, DIEGO
genere: avventura
con Brandon López, Rodolfo Domínguez, Karen Martínez, Carlos Chajón, Ramón Medína    
location: Guatemala, Messico, Nicaragua, Usa
voto: 6

L'odissea di tre 16enni - un ragazzino burbero, una ragazzina camuffata da maschio e un indio del Chiapas che non parla una sola parola di spagnolo - parte dal Guatemala e, attraverso il Messico, arriva fino agli Stati Uniti. Tra viaggi a piedi, in cima ai treni, assediati da predoni e trafficanti, che conoscono solo la legge delle armi e che prendono loro il pochissimo che hanno, e attriti tra i due ragazzini, il viaggio avrà un esito che lascia attoniti.
Il tema del varco delle frontiere da parte di popoli annichiliti da guerre e povertà, che ha finora visto impegnato soprattutto il cinema europeo (L'ospite inatteso, Lettere dal Sahara, Riparo, Verso l'Eden, Welcome, giusto per citarne qualcuno) torna a toccare i transfughi verso l'Eldorado a stelle e strisce dopo film come Traffic e Frozen river. Con una struttura narrativa da road movie, dialoghi ridotti al minimo e colonna sonora assente, una marcata attenzione al paesaggio e uno sguardo che cerca di oggettivare i moltissimi scogli dell'impresa quasi impossibile dei tre ragazzini, il film d'esordio di Diego Quemada-Diez, già operatore di macchina per Loach, la Coixet e Iñárritu, si distingue da opere analoghe per una rappresentazione scarnificata e senza alcune speranza, in una cornice filmica che sfiora il documentarismo senza il minimo orpello spettacolare.
Premiato a 'Un certain regard' di Cannes 2013.    

domenica 21 febbraio 2016

Ridendo e scherzando. Ritratto di un regista all'italiana

anno: 2015   
regia: SCOLA, PAOLA * SCOLA, SILVIA
genere: documentario
con Ettore Scola, Pierfrancesco Diliberto (Pif)
location: Italia
voto: 6,5

Nella sala lillipuziana che il Guinness dei primati ha decretato essere il più piccolo cinema del mondo, quello dei Piccoli, nella romana Villa Borghese, si incontrano i modi disincantati e burberi di Ettore Scola con il sorriso travolgente ed ironico di Pif, collega dell'ottuagenario regista di Trevico ma con un tantino di esperienza in meno. È l'occasione per fare una chiacchierata "con cazzeggio" sull'ineffabile carriera del grandissimo regista di film come La più bella serata della mia vita, C'eravamo tanto amati, Brutti, sporchi e cattivi, Una giornata particolare, La terrazza, La famiglia e Che ora è, autore pluripremiato e assurto a ruolo di indiscusso Maestro della commedia all'italiana. Dai passi iniziali come vignettista per il Marc'Aurelio, lo stesso giornale nel quale conobbe Fellini, ai primi ruoli di "negro" (oggi si direbbe ghostwriter) per Marchesi e Metz, fino alle sceneggiature di film epocali come Un americano a Roma (1954), Il conte Max (1957), Adua e le compagne (1960), Il sorpasso (1962), Io la conoscevo bene (1965) e moltissimi altri (una settantina in tutto), il documentario ci conduce fino alla lunga carriera da regista del protagonista.
Il film voluto dalle figlie del regista, Paola e Silvia (già co-sceneggiatrici di alcuni dei film paterni), ridendo e scherzando alterna stralci dalle opere maggiori di Scola a rarissimi filmini di repertorio, ai quali viene aggiunto qualche cammeo ripreso dagli archivi domestici (toccanti quelli con Troisi e quello del ritorno a sorpresa da Parigi per festeggiare la moglie Gigliola). Per lo spettatore si tratta di una buona occasione per un ripasso leggero dell'opera di uno dei registi italiani più incisivi e interessati all'analisi sociale del Paese, con un prodotto che sotto il profilo cinematografico non si diversifica da tante altre operazioni simili.    

sabato 20 febbraio 2016

Il caso Spotlight (Spotlight)

anno: 2015       
regia: McCARTHY, THOMAS
genere: drammatico
con Mark Ruffalo, Michael Keaton, Rachel McAdams, Liev Schreiber, John Slattery, Brian d'Arcy James, Stanley Tucci, Jamey Sheridan, Billy Crudup, Len Cariou, Paul Guilfoyle, Lana Antonova, Neal Huff, Michael Cyril Creighton, Patty Ross, Stefanie Drummond, Elena Wohl, Jami Tennille, Laurie Heineman, Doug Murray, Laurie Murdoch, Darrin Baker, Duane Murray, Robert Clarke, Robert Clarke (II), Jimmy LeBlanc, Maureen Keiller, David Fraser, Brian Chamberlain, Gene Amoroso, Richard O'Rourke, Gary Galone    
location: Usa
voto: 7

C'è una scena ne Il caso Spotlight, saranno nemmeno 60' di girato, nella quale la sezione di redazione del Boston Globe che va sotto il nome di Spotlight chiarisce il tema della copertura dalla parte della Chiesa del problema della pedofilia: è la risposta alla crisi di vocazioni. La Chiesa da decenni assolda soggetti sessualmente deviati pur di rimpinguare le file. E, se qualcosa non va, li trasferisce in un'altra parrocchia. Uno di questi preti, quello dal quale parte tutta l'indagine del quotidiano statunitense, oggi è stato collocato a S.Maria Maggiore, a Roma. È un sistema, quello della Chiesa: se arriva qualche denuncia, avvocati profumatamente pagati prendono accordi sottobanco con le famiglie dei ragazzini molestati sessualmente, o stuprati, quasi sempre appartenenti a classi sociali povere e con situazioni famigliari difficili. E tutto viene messo a tacere, grazie anche all'omertà di cittadini.
Già raccontato tre anni prima con encomiabile piglio documentaristico da Alex Gibney in Mea Maxima Culpa, il tema della pedofilia nella chiesa viene riportato in scena dal film di Thomas McCarthy - regista che già aveva mostrato sensibilità ai temi sociali nel suo precedente L'ospite inatteso - che ripercorre la vicenda che nel 2001 portò il problema dei preti pedofili sotto i riflettori dell'intera opinione pubblica internazionale, innescando uno scandalo senza precedenti, e che valse alla redazione del Boston Globe il premio Pulitzer per la migliore inchiesta giornalistica. Il film, al quale può essere rimproverata l'assenza di grinta sul piano del racconto, procede con una struttura piuttosto convenzionale, preoccupandosi soprattutto di mostrare l'alacre lavoro di quei reporter coraggiosi e volitivi, espressione del lato più nobile del giornalismo investigativo (siamo dalle parti di Tutti gli uomini del presidente). Ma è proprio la potenza dei contenuti a far sì che il film venga divorato da ciò che racconta, pur affidandosi a un cast ben affiatato nel quale Mark Ruffalo cerca di primeggiare a suon di smorfie.    

mercoledì 17 febbraio 2016

The End of the Tour - Un viaggio con David Foster Wallace

anno: 2015       
regia: PONSOLDT, JAMES   
genere: biografico   
con Jesse Eisenberg, Jason Segel, Anna Chlumsky, Mamie Gummer, Mickey Sumner, Joan Cusack, Ron Livingston, Becky Ann Baker    
location: Usa
voto: 3,5   

In occasione della pubblicazione di Infinite jest, un tomo di oltre un migliaio di pagine che David Foster Wallace (Segel) pubblicò nel 1996, un giornalista di Rolling Stone, David Lipsky (Einseberg), decise di intervistarlo. Il film si concentra sui cinque giorni nei quali Lipsky, con il suo registratore sempre acceso, accompagnò Wallace in giro per gli States alle presentazioni del suo bestseller.
James Ponsoldt si cimenta nella più impervia delle imprese: quella di tentare di acquerellare il ritratto di uno scrittore complesso e controverso come Wallace. I suoi intenti naufragano miseramente nel macchiettiamo: la bandana sempre calzata sulla testa, le stravaganze, i cani, la solitudine, il fisico corpulento, l'astemia, la fissazione per la scopata senza sforzo sono i tratti sui quali si concentra lo schizzo sbiadito dello scrittore. Un ritratto flebile flebile nel quale le logomachie tra i due protagonisti, alternate a vere e proprie scaramucce, sono offerte allo spettatore come pillole di un dialogo ebete, di bassissimo livello, in un contesto narrativo sempre uguale a se stesso.    

giovedì 11 febbraio 2016

Perfetti sconosciuti

anno: 2016       
regia: GENOVESE, PAOLO
genere: commedia
con Giuseppe Battiston, Anna Foglietta, Marco Giallini, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Kasia Smutniak, Benedetta Porcaroli    
location: Italia
voto: 7,5

È la notte di San Valentino e a casa di Rocco (Giallini) ed Eva (Smutniak) si cena tutti insieme nell'attesa dell'eclissi di luna. Alle due coppie ospiti si aggiunge Peppe (Battiston), atteso in compagnia della sua nuova fiamma che non arriverà neppure stavolta, Bianca (Rohrwacher) e Cosimo (Leo), coppia fresca di matrimonio, e Lele (Mastandrea) e Carlotta (Foglietta), binomio coniugale perennemente sull'orlo di una crisi di nervi. Eva propone un gioco: si depositano i cellulari sul tavolo, si leggono pubblicamente i messaggi e si ascoltano in viva voce le conversazioni. Ma siccome quasi tutti hanno qualche scheletro nell'armadio, ne esce una carneficina. Con molti colpi di scena e sorpresa finale.
Paolo Genovese (già regista di film come Immaturi, Una famiglia perfetta e Tutta colpa di Freud) firma, con la complicità di Filippo Bologna, Paolo Costella, Paola Mammini e Rolando Ravello, il suo film più compiuto, cavalcando l'onda del successo di opere come ne I nostri ragazzi, Il nome del figlio e Dobbiamo parlare, al quale fa da cornice non più di un'ambientazione due camere e tinello bensì un nell'appartamentone ultraborghese ai Parioli di Roma che fa da teatro a questo ennesimo gioco al massacro. Se il cast - con la sola eccezione di Alba Rohrwacher alla quale riescono soltanto ruoli piagnucolosi - è affiatatissimo, il vero valore aggiunto del film sta in uno script congegnato in maniera assai imprevedibile, quantunque incapace di risolvere il finale con maggiore coraggio (ma lo si può leggere in diverse maniere). Dialoghi e sceneggiatura portano sulla tavola i temi del tradimento (nella coppia, ma anche tra amici), dell'omofobia e delle relazioni con i figli attraverso una scrittura essenziale, ma anche piena di guizzi (come nel caso della distinzione tra gli uomini assimilati ai pc Microsoft - che valgono poco, sanno fare una sola cosa alla volta e sono inaffidabili - e le donne associate al Mac - che costano molto, danno dipendenza e creano circuiti chiusi). Si ride molto, ma nel film non c'è quasi cenno a una riflessione sulla accettazione acritica della tecnologia e sulla conseguente atrofizzazione della distinzione tra pubblico e privato.
Sui titoli di coda si può ascoltare l'ennesima, irritante canzone di Fiorella Mannoia, registrata appositamente per il film. Uscite sereni: non vi perderete nulla.    

mercoledì 10 febbraio 2016

Lo stagista inaspettato (The Intern)

anno: 2015       
regia: MEYERS, NANCY  
genere: commedia  
con Robert De Niro, Anne Hathaway, Rene Russo, Nat Wolff, Adam DeVine, Anders Holm, JoJo Kushner, Andrew Rannells, Zack Pearlman, Jason Orley, Christina Scherer, Linda Lavin, Celia Weston, Steve Vinovich, C.J. Wilson, Erin Mackey, Christina Brucato, Emma Angstadt    
location: Usa
voto: 4  

Superman ha 70 anni, è pensionato, vedovo e si chiama Ben Whittaker (De Niro). Per 40 anni è stato dietro la stessa scrivania a occuparsi di vendite e adesso, che di tempo ne ha tanto, non ce la fa a starsene con le mani in mano. Finisce così col farsi reclutare in qualità di stagista senior da un'azienda da 200 dipendenti che vende abbigliamento femminile on line e che è diretta da una trentenne nevrastenica, insonne e carrierista (Hathaway). Con savoir faire da vero gentiluomo e un understatement da grande diplomatico, Ben riuscirà non soltanto a fornire un importante contributo all'azienda, ma anche a ridare autostima alla sua capa, minacciata dal possibile ingresso di un amministratore delegato esterno, e a salvarle il matrimonio.
Specialista in commedie per famiglie imperniate sul confronto maschio-femmina (Genitori in trappola, What women want, Tutto può succedere, L'amore non va in vacanza, È complicato), Nancy Meyers firma l'ennesimo copione stucchevole affidandosi a una coppia di interpreti che sono una garanzia al botteghino. De Niro gigioneggia come mai in precedenza, licenziando a suon di smorfie una delle prove peggiori di tutta la carriera, mentre la Hathaway si limita a strabuzzare gli occhi da cerbiatta. Il resto è paccottiglia piena di melassa, esaltazione della famiglia e del carrierismo, nella peggiore tradizione dell'american way of life.    

domenica 7 febbraio 2016

The Hateful Eight

anno: 2015       
regia: TARANTINO, QUENTIN
genere: western
con Samuel L. Jackson, Kurt Russell, Jennifer Jason Leigh, Walton Goggins, Demián Bichir, Tim Roth, Michael Madsen, Bruce Dern, James Parks, Dana Gourrier, Zoë Bell, Lee Horsley, Gene Jones, Keith Jefferson, Craig Stark, Belinda Owino, Channing Tatum    
location: Usa
voto: 4,5

Poco dopo la fine della guerra civile che ha insanguinato il paese a stelle e strisce, John Ruth (Russell) deve condurre Daisy Domergue (Jason Leigh) a Red Rock, tra le montagne del Wyoming, dove la attende la forca. Lungo la strada per la locanda di una certa Minnie, i due incontrano il maggiore Warren (Jackson) che viene caricato in carrozza insieme allo sceriffo Chris Mannix (Goggins): entrambi sono stati fermati da una tormenta di neve. I quattro (più il cocchiere) arrivano nella locanda, dove trovano alcuni strani tipi: un inglese (Roth), un tizio che dice di chiamarsi Joe Gage (Madsen), un generale in pensione (Dern) e un messicano (Bichir). Tutti diffidano di (quasi) tutti. Sarà un carneficina. ma quell'incontro è tutt'altro che casuale.
Al suo ottavo film, Tarantino celebra se stesso fin dai titoli di testa (occhieggiando a Fellini), licenziando un film sul modello di Dieci piccoli indiani, verbosissimo, fluviale, senza idee e costruito a suon di autocitazioni: dall'incontro tra carrozza e viandante (Django unchained), all'uomo sotto il pavimento (Bastardi senza gloria), passando per il tema della vendetta (Kill Bill), il meccanismo diegetico del tutti contro tutti (Le iene), l'espediente narrativo del racconto circolare, le teste spaccate che schizzano sangue ovunque e il gusto per la sottomissione sessuale tra uomini (Pulp fiction). Il tutto condito con un inarginabile gusto splatter tra vomito di sangue, arti mozzati e delitti all'arma bianca. Per stomaci forti e gente resistente al sonno. Ma, fortunatamente, anche per chi detesta il razzismo. Colonna sonora, riconoscibilissima, di Ennio Morricone.    

venerdì 5 febbraio 2016

Cop car

anno: 2015       
regia: WATTS, JON   
genere: poliziesco   
con Kevin Bacon, Shea Whigham, Camryn Manheim, James Freedson-Jackson, Hays Wellford   
location. Usa
voto: 1   

Due ragazzini di 10 anni scappano da casa, fanno 80 chilometri a piedi e a un certo punto trovano un'auto apparentemente abbandonata della Polizia. Pur non sapendo neppure dove sia il pedale della frizione, i due avviano la macchina e se ne vanno a zonzo per le strade assolate degli States. Lo sceriffo (Bacon) che la aveva inopportunamente lasciata nel posto sbagliato per ultimare un lavoro sporco, si mette sulle loro tracce con lo scopo di recuperare la vettura che gli è stata sottratta.
I due ragazzini che, a piedi e con i vestiti sdruciti, se ne vanno in giro per campi snocciolando soddisfatti un notevole turpiloquio (ma "fanculo no, non si può dire: è troppo grave") rappresentano anche il vertice di scrittura dei dialoghi di questo film immondo, montato malissimo e che vorrebbe essere un racconto di formazione in salsa splatter ma riesce soltanto a proporsi come un ridicolo thriller pasticciatissimo, privo di invenzioni e recitato da cani.    

mercoledì 3 febbraio 2016

Ti guardo (Desde allá)

anno: 2015       
regia: VIGAS, LORENZO 
genere: drammatico 
con Alfredo Castro, Luis Silva, Jericó Montilla, Catherina Cardozo, Marcos Moreno, Jorge Luis Bosque, Jeralt Jiménez, Felipe Massiani, Auffer Camacho, Ivan Peña, Greymer Acosta, Joretsis Ibarra    
location: Venezuela, Messico
Voto: 6 

A Caracas un uomo di mezza età che fa l'odontotecnico, benestante e colto (Castro), tallona ragazzini imberbi. Poi se li porta a casa, li fa spogliare e si masturba guardandoli. Ma l'uomo segue da tempo anche una persona anziana e distinta: suo padre. Il teppistello recalcitrante (Silva) che prima gli ha sferrato un durissimo colpo alla testa e poi lo ha derubato diventa il suo virgulto.
Sembra un film sui temi dell'omosessualità, della perversione e del voyeurismo e invece parla di manipolazione all'interno di una sottaciuta lotta di classe quest'opera prima del regista venezuelano Lorenzo Vigas, premiato con manica larghissima a Venezia con il massimo alloro. Ma, si sa, da quelle parti se non fanno gli snob non sono contenti. E allora basta eliminare la colonna sonora, portare un po' di macchina a spalla, abusare dell'autofocus, lasciare fuori campo le scene chiave, ridurre al minimo i dialoghi e fare qualche close up sopra la media e qualche premio te lo danno. Anche il Leone d'oro. Da uno spunto sociologicamente valido sul machismo obbligato nella società latinoamericana, viene ricavato un film ellittico, nel quale il sempre bravo Alfredo Castro (Tony Manero, No - I giorni dell'arcobaleno) offre una recitazione tutta per sottrazione, dove l'intero repertorio espressivo viene demandato allo sguardo. Ma tanta arte recitativa e tanta cura nella regia non bastano a cancellare l'impressione che, a conti fatti, la forma straripi rispetto alla sostanza.