giovedì 27 febbraio 1997

Il momento di uccidere (A time to kill)

anno: 1996       
regia: SCHUMACHER, JOEL  
genere: drammatico  
con Matthew McConaughey, Samuel L.Jackson, Kevin Spacey, Sandra Bullock, Brenda Fricker, Oliver Platt, Donald Sutherland, Kiefer Sutherland, Ashley Judd  
location: Usa
voto: 6

Nello stato del Mississippi, due gradassi violentano, umiliano, seviziano ed infine impiccano, senza ottenerne la morte, una bambina nera. Sapendo come vanno le cose da quelle parti (siamo all'inizio degli anni '60), il padre della bambina (Samuel L.Jackson) si fa giustizia da solo prima che i tribunali bianchi rimettano in circolazione i due galantuomini. Su questo retroscena Schumacher, partendo dal romanzo di John Grisham (ormai un divo di Hollywood, dopo Il socio e Il rapporto Pelican), imbastisce il resto del racconto, che si svolge quasi tutto in aula e vede contrapposti un giovane avvocato progressista difensore dei neri (l'inespressivo Matthew McConaughey) ad un cinico conservatore dalla mutria berlusconiana (l'attore-prezzemolo Kevin Spacey). Il primo, coadiuvato dall'esoterica presenza di una giovane ricercatrice (Bullock), riesce a spuntarla, ma a carissimo prezzo e dopo che il Ku Klux Klan ha fatto razzie ovunque. Di indubbia efficacia narrativa (difficilmente i temi dell'ingiustizia e del razzismo lasciano indifferente il pubblico), Il momento di uccidere si risolve tuttavia in una flebile replica dell'assai più convincente Mississippi burning di Alan Parker. Diversamente dall'opera del regista britannico, qui lo schematismo dell'intreccio si fa prevedibile, i personaggi (specialmente quello della Bullock) improbabili e caricaturali e l'indulgenza verso il sentimentalismo eccessiva. Sutherland padre e figlio gareggiano su sponde opposte: ma Donald stravince in tutti i sensi.    

Tucker - Un uomo e il suo sogno

anno: 1988       
regia: COPPOLA, FRANCIS FORD 
genere: biografico 
con Jeff Bridges, J.Allen, Martin Landau, F.Forrest, Mako, Dean Stockwell, Christian Slater         
location: Usa
voto: 6 

Nel volere realizzare il progetto di un'automobile economica e sicura, Preston Tucker (Jeff Bridges) sfida, nel '45, le tre major dell'industria automobilistica. Il suo sogno verrà boicottato e, tra cause civili e debiti, Tucker sarà costretto a gettare la spugna. Ma le note finali ci informano che il suo progetto costituisce ancora oggi le fondamenta delle moderne automobili.
Con Tucker, Coppola racconta una storia vera con venature autobiografiche (l'insuccesso commerciale di Un sogno lungo un giorno; i costi elevatissimi di Cotton Club) e rimandi al cinema di Capra, smascherando le contraddizioni del sistema economico americano ed il mito del self made man a cui è concesso di vendere le proprie idee in un mercato di libera impresa. Confezione, come al solito, impeccabile. Colonna sonora di Joe Jackson.    

mercoledì 26 febbraio 1997

Schegge di paura (Primal fear)

anno: 1996       
regia: HOBLIT, GREGORY   
genere: giallo   
con Richard Gere, Laura Linney, John Mahoney, Edward Norton           
location: Usa       
voto: 3,5   

Martin Vail (Gere) è un vanitoso quanto arrogante "principe del foro" - come lui stesso ama definirsi - che difende in aula un chierichetto (Norton) reo dell'omicidio dell'arcivescovo di Chicago. Unica ragione di una causa portata avanti gratuitamente è la rivalsa contro il pubblico ministero Janet Venable (un'inguardabile Laura Linney), a suo tempo compagna di letto. Quando Martin si accorge della colpevolezza del suo imputato, dopo avere invano tentato di trovare un altro colpevole. punta l'intera linea di difesa sulla minorazione psichica. Riuscirà a spuntarla in aula, quando davanti alla giuria il suo cliente manifesterà chiari segni di schizofrenia, ma un colpo di scena finale, che vale l'intero film, lo costringerà a rivedere i suoi principi.
P roveniente dalla televisione, Hoblit esordisce al cinema con un lavoro tratto dal romanzo di William Diehl, che pur non avendo nessuna particolarità e relegando il film nel novero della mediocrità assoluta, ha però il merito di non calcare sul pedale di sesso e violenza, ma di puntare tutto su un'onesta sceneggiatura. La morale di fondo, che ridimensiona la tracotanza ed il protagonismo dei duellanti forensi, non dissimula qualche eco progressista.    

Hardcore

anno: 1978       
regia: SCHRADER, PAUL  
genere: giallo  
con G.C.Scott, P.Boyle, S.Hubley, D.Sargent          
location: Usa
voto: 6

Un industriale della provincia americana (un efficacissimo Scott), calvinista che parla citando versi della Bibbia a memoria, va a New York a cercare la figlia scomparsa, dopo che le ricerche affidate ad un detective erano state interrotte. Scoprirà che la ragazza è entrata nel mondo a luci rosse.
Come accadrà in tutta l'opera successiva del cinema di Schrader, il regista e sceneggiatore sonda gli abissi dell'animo umano con grande capacità di sintesi e senza compiacimento. Col suo ritmo da tachicardia, Hardcore si colloca al crocevia tra film giallo, dramma psicologico, analisi sociale e documentario e mostra con nitore gli inferi del mondo della pornografia riuscendo abilmente ad evitare la trappola dell'iperrealismo (le scene di sesso sono praticamente inesistenti). Peccato che il film si chiuda "con una schematica difesa dell'America di provincia contro la città, della tradizione contro la civiltà urbana" (Mereghetti) e che appaia eccessivamente affrettato nelle ultime battute. Nella colonna sonora figura Helpless di Crosby, Stills, Nash & Young.

lunedì 24 febbraio 1997

American gigolò

anno: 1980       
regia: SCHRADER, PAUL  
genere: giallo  
con Richard Gere, L.Hutton  
location: Usa
voto:6

A Los Angeles, il prostituto d'alto bordo Julian Kay (Richard Gere) viene ingiustamente accusato dell'omicidio di una delle sue clienti. Quando scoprirà che a volerlo incastrare è un senatore la cui moglie se la spassa con lo stallone, verrà messo in salvo proprio dalla donna, che per amore non si periterà di affrontare lo scandalo. Dopo Hardcore, lo sceneggiatore di Taxi driver e Toro scatenato torna nel mondo della prostituzione evitando moralismo e scene di sesso, confezionando così un film di pregevole fattura nel quale, come nel suo precedente, la parte più interessante rimane la descrizione della realtà in cui si muovono questi personaggi. Gere venne lanciato proprio da American Gigolò ma non è ancora riuscito a ripetersi.    

sabato 22 febbraio 1997

I soliti sospetti (The Usual Suspects)

anno: 1995   
regia: SINGER, BRYAN  
genere: noir  
con Kevin Spacey, Gabriel Byrne, Chazz Palminteri, Stephen Baldwin, Kevin Pollak, Pete Postlethwaite, Benicio Del Toro, Suzy Amis, Frank Medrano, Ron Gilbert, Clark Gregg, Paul Bartel, Giancarlo Esposito, Carl Bressler, Dan Hedaya  
location: Usa
voto: 6,5

In un commissariato di Polizia a San Diego, California, Kujan (Palminteri) sta interrogando "Verbal" Kint (Kevin Spacey, premiato con l'Oscar quale migliore attore non protagonista), uno dei due superstiti scampati all'incendio di una nave, mentre l'altro, semicarbonizzato, sta testimoniando in una sala ospedaliera. A sentire Verbal, sembrerebbe che lui e altri quattro, incontrandosi per un confronto all'americana voluto dalla Polizia, miravano a portare a termine un colpo per "sistemarsi". Ma la mano di un fantomatico burattinaio, lo spietato Kayser Sose, li constringe a cose più grandi di loro. Così, quando il gruppo va all'attacco di una nave ungherese carica di cocaina, si scopre che lo stupefacente non c'è e che il motivo della missione ordinata da Kayser Sose è ben diverso... I sospetti di Kujan sembrano convergere su uno dei cinque (Byrne), ma i conti non tornano.
Curando calligraficamente ambientazione e regia, Singer costruisce un meccanismo tutt'altro che a orologeria, sulla falsariga di storie postmoderne che, ormai lontanissime dalla geometrica lealtà di Hitchcock, "vanno avanti a casaccio, tra ridondanze superflue e false piste, confermando che il racconto come intrattenimento, labile concatenazione degli eventi o lo spessore dei personaggi sono valori obsoleti" (Kezich). Così, uscendo dalla sala si ha la sensazione che questo diabolico Kayser Sose abbia raggirato anche noi e che la storia, pur con un finale da manuale e una palpabile tensione, sia in fondo un grosso bluff. Premio Oscar a Christopher McQuarrie per la migliore sceneggiatura originale.

venerdì 21 febbraio 1997

Ecce bombo

anno: 1978   
con MORETTI, NANNI 
genere: grottesco 
Nanni Moretti, Luigi Moretti, Luisa Rossi, Lina Sastri, Piero Galletti, Susanna Javicoli, Filippo La Porta, Carla Taviani, Pier Farri, Sandro Conte, Benedetta Bini, Luciano Agati, Maria Bufalini, Augusto Minzolini, Fabio Traversa, Simona Frosi, Francesca Ghiotto, Andrea Pozzi,  Age, Cristina Manni, Cristiano Gentili, Glauco Mauri, Nadia Fusini, Mauro Fabretti, Paolo Zaccagnini, Maurizio De Taddeo, Alberto Abruzese, Roberto De Lellis, Vincenzo Vitobello, Carola Stagnaro, Giampiero Lombardo, Giorgio Viterbo, Guido Parlatore, Lorenza Ralli, Giampiero Mughini, Maurizio Romoli 
location: Italia   
voto: 10

Ritratto generazionale scevro da qualsiasi autoindulgenza, feroce e sarcastico senza rinunzie alla comicità, il secondo lungometraggio (in 16 mm.) di Nanni Moretti è un album che raccoglie, in maniera magari un po' caotica ed ancora acerba, una vivacissima antologia delle istantanee che ritraggono una certa gioventù di sinistra degli anni settanta. Più che una vera e propria storia, nel film c'è un periodare vago e fumettistico nell'arco di sei mesi nell'esistenza di un nugolo di ventenni romani che ruota attorno alla figura del protagonista Michele (Nanni Moretti). Tra l'occupazione della scuola della sorella minore, la preparazione per gli esami di maturità degli amici più giovani ed i progetti per le vacanze, l'esistenza di questi ragazzi - che hanno smesso gli abiti da vitelloni per un più intenso maquillage da esistenzialisti - si cosparge di discussioni sulle comuni, i rapporti con i genitori e quelli di coppia, ed è nutrita da riunioni di autocoscienza. Ma su tutto aleggia un'ineffabile atmosfera di incomunicabilità, suggellata dalla scena finale con Michele e Olga (Lina Sastri), l'amica psicopatica, che si guardano ammutoliti. A soli venticinque anni Moretti regala al Cinema un'opera storica, spesso ingenua e discontinua, ma efficacissima nel trasmettere il senso di impotenza di una generazione. La sceneggiatura è memorabile, inzeppata da "gag" esilaranti come quella in cui il protagonista, riflettendo su se stesso, dice: "Mi faccio tristezza a me, figuriamoci agli altri" o come quella della ragazza che vive alla giornata rassicurando l'interlocutore nel suo lavoro con la frase: "vedo gente, giro, mi muovo, faccio delle cose"; quella in cui buca il pallone ad alcuni bambini sulla spiaggia ed infine le disquisizioni linguistiche sull'uso degli articoli, alla milanese, anteposti ai nomi propri ("Giovanni, non il Giovanni; Pannella, non il Pannella; fica, non figa"). Costellato da personaggi improbabili (il poeta improvvisato Alvaro Rissa o Mario, il depresso che telefona alla radio libera parlando sempre dell'amico etiope) e da cammei di noti intellettuali che tradiscono l'alto lignaggio del regista (il rocker Sandro Oliva, il massmediologo Alberto Abruzzese, il giornalista Giampiero Mughini, la scrittrice Nadia Fusini e lo sceneggiatore Age), Ecce bombo rappresenta anche un attacco all'istituzione del cinema che troverà ampio spazio nei suoi lavori successivi. Qui il regista romano si limita ad attaccare Alberto Sordi e Nino Manfredi. Amabilissimo per chi nelle contraddizioni di quella generazione si è riconosciuto, il film "non riesce ancora a trasformare (come Moretti saprà fare in seguito) la sua vitale aggressività e la sua disillusione da rabbia narcisistica in sofferta scelta morale" (Mereghetti).

giovedì 20 febbraio 1997

Un sogno lungo un giorno (One from the heart)

anno: 1982       
regia: COPPOLA, FRANCIS FORD   
genere: drammatico   
con F.Forrest, T.Garr, Raoul Julia, N.Kinski, H.D.Stanton           
location: Usa

voto: 5   

La notte della festa dell'Indipendenza, una coppia in crisi di Las Vegas (Forrest e Garr) vive una scappatella, rispettivamente con un'acrobata (Kinski) e un cameriere (Julia). Ma all'alba del nuovo giorno i due torneranno insieme.
Con una storia esile esile Coppola coglie il pretesto per dare fondo a tutta la propria caleidoscopica fantasia di regista, affidandosi a collaboratori di rango come Vittorio Storaro e Tom Waits. Il risultato fu economicamente catastrofico (Coppola dovette vendere gli studi Zoetrope dove venne girato il film) e tutto sommato non all'altezza delle aspettative. Paradossalmente, il mix di musical, echi surrealisti e dramma psicologico diventa avvincente soltanto nei momenti in cui la coppia discute, mentre appare eccessivamente rapsodico e volutamente onirico nel resto. Come è già accaduto spesso per il cinema di Bertolucci, la fotografia di Storaro finisce per egemonizzare l'intero film e il talento smisurato di Coppola ne esce ingiustamente ridimensionato.    

venerdì 14 febbraio 1997

Diario di un ladro (Pickpocket)

anno: 1959   
regia: BRESSON, ROBERT
genere: drammatico
con Martin Lasalle, Marika Green, Pierre Leymarie, Jean Pelegri, Dolly Scal,  Kassagi, Pierre Étaix, Cesar Gattegno
location: Francia   
voto: 9

Ispirato da ideali superomistici secondo cui le persone troppo dotate sono anche al di sopra della legge, Michel (La Salle) dà inizio, a Parigi, alla sua carriera di borseggiatore. Dopo essersi messo in società con due complici e avere trovato rifugio in Italia ed in Inghilterra per un breve periodo, Michel viene acciuffato dalla polizia. Vedendo il sole a scacchi pensa al suicidio, ma il nascente amore per Jeanne (Marika Green), una ragazza madre, lo farà desistere dai suoi propositi.
Girato, come di consueto, con uno stile scarno, sobrio, in bianco e nero, privo di qualsiasi ammiccamento alla spettacolarità, senza suscitare alcuna simpatia verso il destino pure amaro di questo personaggio dostoevskijano, Pickpocket riesce ad essere un film di altissima tensione emotiva e morale. Da una parte, infatti, le scene dei furti - che richiesero la collaborazione di un ladro di professione (Kassagi) - sono girate con rara maestria, alternando piani medi e primi piani, ed accompagnate da un montaggio di rigore scientifico. Mentre tutto ciò alimenta, sul piano narrativo, una tensione emotiva fortissima - accentuata dall'algida indifferenza alle proprie azioni del suo protagonista, dal suo sguardo imperturbabile, il suo abbigliamento dimesso e fuori misura - dall'altra si coglie tutta la tensione morale che anima il personaggio. Mosso da un'etica giansenista che privilegia l'ascesi del singolo, il film è anche un viaggio nell'interiorità lacerata del suo protagonista, non a caso raccontata attraverso la lettura dei passi del suo diario. Sulla deriva esistenziale di un ladruncolo, lo stesso Bresson tornerà anni più tardi con L'argent.

giovedì 13 febbraio 1997

Dinosauri a colazione

anno: 1985       
regia: ASHER, WILLIAM   
genere: commedia   
con Walter Matthau, C.Grodin, Vincent Gardenia, T.Daly, B.Macy, G.Radner, S.Martin           
location: Usa
voto: 1   

Pochi film sono coperti da un mistero altrettanto fitto ed insondabile come quello che avvolge questo film: dove avrà trovato Charles Grodin, mediocre attore di filmetti di serie B e autore del soggetto, un produttore tanto irresponsabile da mettere su 75 minuti di pellicola la sua idea bislacca? La pretesa sarebbe quella di raccontare in chiave ironica la Hollywood degli anni '80. Un produttore (un Matthau passato, con questo film, a fare marchette) promette ad un amico morituro (Vincent Gardenia) di realizzare un film tratto dal best seller Love in sex. A dispetto delle perplessità complessive e delle difficoltà individuali, l'operazione andrà in porto. Che sia la cronaca di un fatto vero?

martedì 11 febbraio 1997

M.A.S.H.

anno: 1970   
regia: ALTMAN, ROBERT   
genere: grottesco   
con Donald Sutherland, Elliot Gould, Tom Skerritt, Sally Kellerman, Robert Duvall, Roger Bowen, René Auberjonois, David Arkin, Jo Ann Pflug, Gary Burghoff, Fred Williamson, Michael Murphy, Indus Arthur, Ken Prymus, Bobby Troup, George Wood, J.B. Douglas, Kim Atwood, Carl Gottlieb, John Schuck, Tamara Wilcox-Smith, Dawne Damon, Danny Goldman, Corey Fischer, Timothy Brown, Bud Cort    
location: Usa
voto: 6   

Durante la guerra di Corea, in un Ospedale Chirurgico da Campo dell'Esercito americano (questa la traduzione dell'acronimo M.A.S.H., ossia Mobile Army Surgical Hospital), due chirurghi (Doanld Sutherland ed Elliott Gould) tra un intervento in sala operatoria e l'altro danno fondo all'intero loro arsenale di creatività iconoclasta. Dopo qualche zingarata (presa in giro dei superiori; un dentista del campo militare che vuole suicidarsi credendosi gay; pubblicizzazione via radio degli amplessi di una coppia), una picaresca spedizione in Giappone e una partita a football americano vinta grazie a qualche astuto espediente, arriva il richiamo a casa.
Cucendo una gag dopo l'altra, Altman conobbe, a 45 anni, un successo planetario proprio con M.A.S.H., che non a caso vinse la Palma d'oro al festival di Cannes. Condito con uno humor nero degno di Bunuel, il film è una chiara turlupinatura dell'esercito americano e del suo prendersi eccessivamente sul serio, che "oggi si fa apprezzare per la sintassi liberissima e il ritmo stralunato" (Mereghetti), con episodi assai godibili. Inevitabile una lettura in controluce della guerra in Vietnam, sulla quale Altman intendeva fare del sarcasmo senza essere troppo diretto.    

domenica 9 febbraio 1997

Quattro bravi ragazzi

anno: 1993       
regia: CAMARCA, CLAUDIO  
genere: drammatico  
con R.Salerno, M.Chioatto, L.Bianchi, P.Fumagalli, Michele Placido, Tony Sperandeo, Nicola Pistoia, Giancarlo Dettori          
location: Italia
voto: *

Mentre durante il giorno sfottono i professori a scuola, di notte quattro diciottenni milanesi (Salerno, Chioatto, Bianchi e Fumagalli) riempiono la loro esistenza vuota con rapine, pestaggi ed omicidi, eliminando vecchie, omosessuali e barboni. Ovviamente il più ricco (Salerno) è anche il più efferato. Finale aperto, con la polizia che saprà fare giustizia di loro in un finale virtuale.
Le miserie del cinema italiano degli anni novanta messe brutalmente a nudo da gente come Camarca, regista assai più meschino di chi, per fare soldi dieci o vent'anni prima, mostrava culi e tette. Il sociologismo d'accatto qui si sposa con una lezione sulle cattive maniere, presieduta da un Michele Placido assolutamente pertinente nel ruolo del pappone e da un'interpretazione iperrealista di quattro bamboccioni protervi e incapaci. Purtroppo, Camarca sembra ignorare lo sguardo che sia il cinema americano (I giovani uccidono, Il selvaggio, Gioventù bruciata, Delitto nella strada, Il seme della violenza, La rabbia giovane, I ragazzi della 56^ strada, Rusty il selvaggio e Boyz'n'the hood) che quello italiano (I ragazzi della periferia Sud, Mery per sempre, Ragazzi fuori e Ultrà) hanno posato sulla condizione giovanile, denunciando uno strabismo capace soltanto di rappresentare con compiacimento una violentissima gioventù alla deriva.    

sabato 8 febbraio 1997

10 in amore (Teacher's pet)

anno: 1953   
regia: SEATON, GEORGE  
genere: commedia  
con Clark Gable, Doris Day, Gig Young, Mamie Van Doren, Nick Adams, Peter Baldwin, Marion Ross, Charles Lane, Florenz Ames, Harry Antrim, Vivian Nathan, Jack Albertson  
location: Usa
voto: 6,5

Un cronista sprovvisto persino del diploma scolastico (Clark Gable) vuole turlupinare una professoressa di giornalismo (Doris Day) andando sotto falso nome alle sue lezioni, con il preciso intento di dimostrare che il giornalismo si fa con l'esperienza e non con il titolo d'istruzione. Le due concezioni antagoniste della professione finiranno per conciliarsi e tra i "nemici" nascerà l'amore.
Scritto da Fay e Michael Kanin, Teacher's pet è una graziosa, spigliata e godibilissima commedia viziata soltanto da qualche stereotipo.

venerdì 7 febbraio 1997

Uomini sull'orlo di una crisi di nervi

anno: 1994       
regia: CAPONE, ALESSANDRO  
genere: commedia sexy  
07/02/1997    Claudia Koll, Pino Ammendola, Vincenzo Crocitti, G.Garofalo, Nicola Pistoia          
location: Italia
voto: 3

Quattro amici si riuniscono settimanalmente per giocare a poker. Contagiati da nevrosi matrimoniali più o meno acute, i sodali decidono di passare una serata "diversa" chiamando una squillo (Claudia Koll). Scopriranno che per la donna si tratta di un'insolita divagazione pre-matrimoniale.
Portato con successo in tournée sui palcoscenici italiani, Uomini sull'orlo di una crisi di nervi è stato prontamente - come già per le commedie di Umberto Marino - trasposto in versione cinematografica. Qui l'ennesima variante attorno al panno verde è interamente affidata ai (rari) guizzi comici dei quattro e a qualche numero cabarettistico non disprezzabile. Ma il vero motivo di interesse del film è la presenza della Koll: tra le tante sexy-star cerebrolese che popolano gli schermi nostrani, la conturbante Claudia è tra le poche a mostrare di avere talento in proporzione alle curve.    

mercoledì 5 febbraio 1997

Dal tramonto all'alba (From dusk till dawn)

anno: 1996       
regia: RODRIGUEZ, ROBERT   
genere: horror   
con Harvey Keitel, George Clooney, Quentin Tarantino, Juliette Lewis, Salma Hayek           
location: Messico, Usa
voto: 1   

Finalmente gli amanti del grand-guignol possono saziarsi al nutritissimo desco allestito per loro dalla mente malata di Quentin Tarantino e dalla direzione necrofila di Robert Rodriguez. La vicenda è quella risaputa e banale di due avanzi di galera, uno dei quali è un violentissimo e folle maniaco sessuale (Tarantino, perfettamente a suo agio in un ruolo che gli è tanto congeniale), che tentano la fuga per il Messico, prendendo prima in ostaggio una donna di mezza età che viene regolarmente trucidata e quindi un ex-pastore (Harvey Keitel) con prole. Arrivati in Messico, entrano in uno di quei posti che al confronto fanno sembrare il carcere di Poggio Reale un giardino d'infanzia e qui scoprono che i virtuosi che lo frequentano in realtà sono dei vampiri. A questo punto la penna di Tarantino - approvvigionata da Robert Kurtzman, ideatore della storia - va in avaria e la vicenda si consuma per un'ora a suon di scazzottate, mostri di ogni genere, morti ammazzati, con buona pace per gli stomachi dei fanatici di Tarantino.
Il neo divo di Hollywood dimostra ancora una volta di essere un inconsistente ectoplasma sempre in sella per cavalcare l'onda di tempi dominati dal cattivo gusto. Il regista, dal canto suo, riesce nell'improbabile impresa di fare recitare Harvey Keitel come se fosse il Franco Franchi di Il giustiziere di mezzogiorno.    

lunedì 3 febbraio 1997

Il vestito (De jurk)

anno: 1997   
regia: VAN WARMERDAM, ALEX
genere: grottesco
con Henri Garcin, Ingeborg Elzevier, Frans Vorstman, Peter Blok, Rudolf Lucieer, Ariane Schluter, Alex Van Warmerdam, Rijk De Gooyer, Jaap Spijkers, Khaldoun Elmecky, Olga Zuiderhoek, Ricky Koole, Eric Van Der Donk, Elizabeth Hoytink
location: Olanda
voto:10

Cosa succede addizionando sesso, perversione, vanità e follia? Succede di vedere l'effetto devastante del caso raccontato attraverso le storie di alcune persone, cucite insieme da un vestito. Partorito dalla mente appannata di un creativo che lavora per un'industria tessile, il disegno per l'abito femminile che fa da filo conduttore all'intera vicenda viene prima discusso ai piani alti dell'industria stessa e quindi messo in commercio. La prima acquirente, una donna anziana, spira tra le braccia affettuose del marito. La seconda, che se lo vede planare nel giardino dove fa le pulizie domestiche, diventa l'oggetto dell'ossessione erotica di un controllore delle ferrovie prima e di un conducente d'autobus poi e schiva lo stupro per miracolo. Il controllore torna in azione quando l'abito, accorciato, passa a rivestire le grazie giunoniche di un'adolescente, per poi finire ad una barbona che perirà anch'essa. Dell'abito iniziale rimarrà solo uno straccio, usato a mo' di foulard e indossato dallo stesso uomo che, per sua causa, era stato licenziato dall'industria tessile. L'effige finale, ritratta nel quadro dell'amante di una delle donne che lo avevano avuto, tornerà nelle mani del folle controllore. L'olandese Van Warmerdam allestisce uno spettacolo di altissimo livello, debitore verso Bresson (L'argent) e Kieslowski (Blu, Bianco e Rosso), "bunueliano nel suo humour anti-borghese" (Lusardi), costellato da personaggi assurdi, congegnato con precisione cronografica, mai pletorico, affollato da uomini che vivono con i maiali in casa, da madri ossessive, da artisti smidollati e case orrorifiche. Ossessionati dalla loro vanità e cupidigia, figli di un capitalismo cannibale metaforizzato dal vestito come merce, uomini e donne non si incontreranno mai e il film si risolve in un apologo sull'evanescenza dell'amore .