martedì 27 febbraio 2018

La legge della notte (Live by Night)

anno: 2017       
regia: AFFLECK, BEN  
genere: gangster  
con Ben Affleck, Elle Fanning, Brendan Gleeson, Chris Messina, Sienna Miller, Zoe Saldana, Chris Cooper, Scott Eastwood, Titus Welliver, Anthony Michael Hall, Derek Mears, Max Casella, Robert Glenister, Chris Sullivan, J.D. Evermore, Bruno Amato, Matthew Maher, Benny Ciaramello, Michael Mantell, Zak Lee, Anthony Palermo, Sam Towers, Massi Furlan, Peter Arpesella, Rene Napoli, Gabriel L. Silva, Peter Sabri, Giuseppe Losavio    
location: Usa
voto: 5  

A Boston, durante il Proibizionismo degli anni Venti, Joe Coughlin (Affleck) - figlio di un poliziotto (Gleeson) che avrebbe voluto dargli ben altra educazione - si trasforma in uno scaltro rapinatore, un battitore libero che non vuole alcuna affiliazione con i clan mafiosi. La sua strada si incrocia però con quella di un boss della mala, al quale cerca di soffiare la donna. La morte (almeno presunta) di quest'ultima lo fa spostare a Tampa, da dove inizia un colossale traffico di alcol che sta alla base della sua strategia di vendetta, finalizzata a regolare i conti con chi ha cercato di ucciderlo e gli ha assassinato l'amata.
Alla sua quarta regia Ben Affleck - qui, se possibile, più inespressivo del normale - prende spunto dal romanzo di Dennis Lehane per girare un gangster movie prolisso e a tratti piuttosto farraginoso, nel quale tuttavia vengono esaltate le ambientazioni sfarzose e i costumi d'epoca. Tra inseguimenti in auto, sparatorie, esplosioni, femmes fatales doppiogiochiste, personaggi trucidi e ambienti lussuosissimi, c'è tutto il repertorio del genere, messo a servizio di un film dal buon ritmo, ma che non aggiunge assolutamente nulla al cinema di genere e rimane ben lontano dagli eccellenti risultati di critica e di pubblico ottenuti con Argo.    

lunedì 26 febbraio 2018

David Gilmour. Wider Horizons

anno: 2015   
regia: EVANS, KIERAN   
genere: documentario   
con David Gilmour, Alan Yentob, Phil Manzanera, Jon Carin, Guy Pratt, Steve DiStanislao, Kevin McAlea, Bryan Chambers, Louise Marshall, Joao Mello, Theo Travis, Polly Samson, Paul Loasby, Andy Murray, Elena Bello, Claire Singers, Phil Taylor, Nick Belshaw, Roger Searle, Marion Neill    
location: Regno Unito
voto: 5   

Nel 2015, in occasione della pubblicazione dell'album Rattle that lock, il giornalista e conduttore televisivo Alan Yentob si reca in una delle tre ville faraoniche possedute da David Gilmour, chitarrista e voce dei Pink Floyd, per una chiacchierata sulla carriera musicale del musicista britannico, su come concepisce le sue idee musicali, sui rapporti con gli altri membri della band ma anche sulle sue abitudini e la sua famiglia. Se a stupire è la tecnologia di casa Gilmour, equipaggiata per essere anche uno studio di registrazione di primissimo ordine, tutto il resto scivola nell'ordinarietà delle solite immagini di repertorio, delle consuete testimonianze concesse pigramente e di un incedere quasi accidentale della chiacchierata tra intervistatore e intervistato. Ma ascoltare Gilmour mentre suona il sax è una chicca da non perdere e sentirlo mentre fa vibrare le corde della sua chitarra la consueta goduria.    

giovedì 22 febbraio 2018

The Post

anno: 2017       
regia: SPIELBERG, STEVEN   
genere: drammatico   
con Meryl Streep, Tom Hanks, Sarah Paulson, Bob Odenkirk, Tracy Letts, Bradley Whitford, Bruce Greenwood, Matthew Rhys, Alison Brie, Carrie Coon, David Cross, Jesse Plemons, Michael Stuhlbarg, Zach Woods, David Costabile, Pat Healy, Stark Sands, Michael Cyril Creighton, Austyn Johnson, James Riordan, Rick Holmes (Rick Vincent Holmes), Tom Bair, Jessie Mueller, Will Denton, Juliana Davies, Ben Livingston, Deborah Green, Peter Van Wagner, Philip Casnoff, Dan Bucatinsky, Deirdre Lovejoy, Kelly AuCoin, Jennifer Dundas, David Aaron Baker, Neal Huff    
location: Usa
voto: 2,5   

Siamo nel 1971 e il Washington Post è un piccolo giornale il cui editore è una donna (Streep) che ne ha preso il comando succedendo al padre e al marito, mentre a guidarlo c'è un direttore caparbio (Hanks), nient'affatto disposto a tirarsi indietro quando di sono da pubblicare alcuni documenti top secret trafugati dal Pentagono che riguardano quasi mezzo secolo di presidenze americane, tra i quali molti inerenti alla guerra in Vietnam. Insieme al New York Times e contro il parere dei vertici azionistici del giornale (tutti rigorosamente maschi…), il direttore e la sua editrice decidono di affrontare a testa alta le minacce che arrivano dall'amministrazione Nixon, determinata a limitare il Primo Emendamento.
Finisce dove cominciava Tutti gli uomini del presidente, il film di Alan J. Pakula sullo scandalo Watergate, questo The Post, opera fuori tempo massimo, ideologica ma senza passione, tutta mirata a sbandierare la sacralità dei principi della costituzione americana e la fierezza della lealtà in formato a stelle e strisce. Ma tolte le riprese delle rotative in azione e quelle della composizione degli articoli a piombo, lettera dopo lettera, tutto scorre con ritmo sonnolento e svogliato, verbosissimo, con due giganti della recitazione come Tom Hanks e Maryl Streep che sembrano andati sul set in vacanza premio solo per incassare la diaria.    

martedì 20 febbraio 2018

Nemesi (The Assignment)

anno: 2016       
regia: HILL, WALTER   
genere: gangster   
con Michelle Rodriguez, Sigourney Weaver, Tony Shalhoub, Anthony LaPaglia, Caitlin Gerard, Terry Chen, Ken Kirzinger, Paul McGillion, Hugo Ateo, Adrian Hough, Zak Santiago, Darryl Quon, Caroline Chan, Chad Riley, Eltie Pearce    
location: Usa
voto: 5   

A San Francisco, una donna che opera come chirurgo a beneficio di poveracci e diseredati (Weaver) che non possono permettersi un'assistenza sanitaria decente decide di vendicarsi del killer (Williams) che le ha ucciso il fratello. Mai rivalsa fu più crudele: la donna riesce a sequestrare il killer e lo opera, cambiandogli i connotati sessuali. Quest'ultimo perde la virilità alla quale teneva assai ma non la crudeltà belluina che lo caratterizzava altrettanto bene: sotto queste nuove spoglie, si metterà alla ricerca del medico che l'ha ridotta così.
A 75 anni e con un'attività registica ormai ridotta, Walter Hill propone - alla stregua di Jimmy Bobo  - un altro film tratto da un fumetto, del quale rimangono tracce evidenti nei fermi immagine che costellano la storia. Costato pochissimo e girato a tempo di record, il film va menzionato per l'impressionante numero di cambi di titolo che ha fatto registrare prima di arrivare in sala, l'ultimo dei quali è anche filologicamente inadeguato (avrebbe dovuto chiamarsi, semmai, contrappasso). Difficoltà produttive e tempi di lavorazione che si vedono tutti in questo revenge movie che ha fatto storcere il naso alla comunità LGBT e che risente di una protagonista nient'affatto convincente e di passaggi assai frettolosi in sede di sceneggiatura.    

lunedì 19 febbraio 2018

A casa tutti bene

anno: 2018       
regia: MUCCINO, GABRIELE
genere: drammatico
con Stefano Accorsi, Carolina Crescentini, Elena Cucci, Tea Falco, Pierfrancesco Favino, Claudia Gerini, Massimo Ghini, Sabrina Impacciatore, Gianfelice Imparato, Ivano Marescotti, Giulia Michelini, Sandra Milo, Giampaolo Morelli, Stefania Sandrelli, Valeria Solarino, Gian Marco Tognazzi, Christian Marconcini, Elena Minichiello, Renato Raimondi, Elena Rapisarda, Elisa Visari    
location: Italia
voto: 6

È un Muccino a denominazione di origine controllata, un Muccino che spara muccinate all'ennesima potenza quello di A casa tutti bene, che sancisce il benefico (nei limiti del possibile) ritorno in patria dopo la deludentissima parentesi americana. Ancora una volta - come era accaduto ne L'ultimo bacio, in Ricordati di me e in Baciami ancora - Muccino mette alla prova ugola e laringe dei suoi attori, costringendoli a berci, urla e cachinni forsennati, come si conviene al suo cinema tutto sopra le righe, giocato per accumulo di scene madri, erede indegno di Matarazzo.
Per l'occasione, ci troviamo a Ischia, dove babbo Pietro (Marescotti) e mamma Alba (Sandrelli) celebrano le nozze d'oro. A festeggiare con loro ci sono figli e nipoti e tutto sembra andare secondo convenienza finché si mangia e si intonano a squarciagola i motivi degli anni che furono (da Cocciante e Battisti fino a Paolo Conte). Ma il maltempo blocca tutti sull'isola e la convivenza coatta e prolungata di qualche ora scoperchia un vaso di Pandora fatto di dissapori mai appianati, ricatti, tradimenti. E così la festa si trasforma in un'orgia melodrammatica dalla quale emergono le debolezze, le frustrazioni e gli egoismi di tutti, nessuno escluso.
Muccino dirige con consumato mestiere, padroneggiando l'uso della macchina da presa con generosi dolly e movimenti fluidi della macchina da presa, mettendo peraltro il cast nelle condizioni di esprimere una gamma emotiva vastissima (Favino per overacting e Ghini che recita per sottrazione sopra a tutti gli altri). A una forma (quasi) ineccepibile corrisponde tuttavia un copione che ritaglia figure schematiche a un passo dalla caricatura (su tutte, curiosamente proprio quella di Sabrina Impacciatore, qui anche in veste di cosceneggiatrice), riducendo la sostanza a una banale questione di corna.    

domenica 18 febbraio 2018

Fabrizio De André. Principe Libero

anno: 2017   
regia: FACCHINI, LUCA
genere: biografico
con Luca Marinelli, Valentina Bellè, Elena Radonicich, Davide Iacopini, Gianluca Gobbi, Lorenzo Gioielli, Anna Ferruzzo, Laura Mazzi, Orietta Notari, Orsetta de Rossi, Elena Arvigo, Daniel Terranegra, Francesca Ziggiotti, Ciro Esposito, Roberto De Francesco, Matteo Martari, Tommaso Ragno, Ennio Fantastichini    
location: Italia
voto: 4

Non è bastato un attore versatile come Luca Marinelli a fare di Fabrizio De André - Principe libero, prodotto da Rai Fiction e proposto come evento in sala per un paio di giorni prima del passaggio televisivo - un film dignitoso. Il biopic su uno dei più grandi autori e interpreti della canzone italiana fa quasi interamente leva sulle sue vicende sentimentali, lasciando completamente sulle quinte il processo creativo, l'attività di dotatissimo traduttore, la poetica e la sensibilità letteraria del cantautore genovese. Partendo dalle scorrerie adolescenziali nei carruggi di Genova e dalla frequentazione dei bordelli locali, nella prima parte il film dell'esordiente Luca Fiacchini mette a fuoco il difficile rapporto con un padre ingombrante (Fantastichini), vicesindaco del capoluogo ligure e patron dello zuccherificio dell'Eridania: un uomo che avrebbe voluto vedere suo figlio "Bicio" con una laurea in avvocatura alla stregua del primogenito Mauro (Iacopini). Da lì il racconto si snoda sugli esordi da avanspettacolo insieme a Paolo Villaggio (Gobbi), con brevi richiami all'amicizia con Luigi Tenco (Martari), con il poeta Riccardo Mannerini (Ragno) e con Fernanda Pivano (Notari). Poi i primi successi, Mina che canta in tv La canzone di Marinella, la paura per le esibizioni dal vivo, rotta col famoso concerto alla Bussola di Viareggio, fino a che il film non finisce per  dipanarsi quasi interamente sui rapporti con le due mogli: Enrica, detta Puny (Radonicich) - che una sceneggiatura infingarda fa passare per una borghesuccia demente - e Dori Ghezzi, interpretata da una pessima attrice come Valentina Bellè. È a questo punto, alla metà del film, che il biopic si trasforma in una storiellina sentimentale nella quale si vede chiarissimamente l'impronta di Dori Ghezzi, capace di trasformare il lungometraggio in un'operina egoriferita nella quale si perde completamente di vista il lavoro di Faber sulla canzone (se non per qualche sottolineatura didascalica che ci racconta di Crêuza de mä e del concerto con la PFM) e gli unici spunti extra rimangono l'avvio dell'attività da allevatore in Sardegna, il successivo sequestro della coppia, qualche cenno al rapporto col primogenito Cristiano e la morte del padre.
C'è da domandarsi a chi e quanto possa interessare un film della durata di tre ore che ha l'unico merito di mostrare pervicacemente lo spirito libero e anarchico del protagonista, la sua determinazione ed estrema coerenza nell'andare "in direzione ostinata e contraria", di sentirsi davvero vicino agli ultimi. Per il resto, il film dimentica quasi completamente la prolungata estasi creativa del protagonista (non fu così per un eccellente prodotto di stampo televisivo, quello su Rino Gaetano), trascura quei minimi accorgimenti di finzione che dovrebbero derivare dal trucco degli attori, sempre identici, e si affida a un Luca Marinelli dall'accento romano, qui - dispiace dirlo - alla sua prova più opaca. L'autore di pietre miliari come Via del campo, La guerra di Piero e Il pescatore ne esce come un ubriacone accidioso, dedito unicamente a sigarette, alcol e sottane, refrattario alla lettura (esiste un archivio sterminato di foto di De André con qualche libro in mano): un autore così gigantesco avrebbe meritato ben altro…    

sabato 17 febbraio 2018

Downsizing - Vivere alla grande

anno: 2017       
regia: PAYNE, ALEXANDER
genere: fantastico
con Matt Damon, Kristen Wiig, Christoph Waltz, Hong Chau, Udo Kier, Laura Dern, Neil Patrick Harris, Rolf Lassgård, Jason Sudeikis, Maribeth Monroe, Joaquim de Almeida, Don Lake, Yvonne Gaudry, Paul Mabon, Ingjerd Egeberg, Rose Bianco, Diana Krall, Kerri Kenney-Silver, Brigette Lundy-Paine, Kevin Kunkel, Dave Sokolowski, Tim Driscoll, Michael Heathcote, Margareta Pettersson, Warren Belle    
location: Norvegia, Usa
voto: 3

"Size is matter", diceva John Holmes. Lo sa bene un team di scienziati norvegesi, che ha trovato la soluzione contro la sovrappopolazione: rimpicciolire gli umani fino a farli arrivare a un'altezza di una dozzina di centimetri. Per questa via, le risorse del suolo, quelle petrolifere e quelle alimentari non scarseggerebbero più e la vita costerebbe enormemente di meno. Dopo avere tentennato, Paul Safranek (Damon), piccoloborghese con qualche difficoltà economica, decide di sottoporsi al trattamento insieme a sua moglie (Wiig), che però rinuncia all'ultimo momento. Paul si troverà così ad andare da solo a Leisureland, la comunità di lillupuziani sita in New Mexico (Swift docet), dove conoscerà una donna delle pulizie sciancata (Chau) e un viveur serbo edonista e festaiolo (Waltz).
Parte da un'idea ottima, peraltro nobilitata da una venatura ambientalista, l'ennesimo lavoro ambizioso e mediocre di Alexander Payne (Election, A proposito di Schmidt, Sideways, Paradiso amaro): due ore e un quarto di durata che dopo una manciata di minuti mostra la corda e comincia a procedere per accumulo su derive narrative intorcinate e pretestuose, dalle quali emerge una love story che nulla ha a che fare con lo spunto iniziale, coniugata con una riflessione meno che superficiale sulle derive settarie dell'ecologismo con tanto di moralismi un tanto al chilo. La quasi totale assenza degli insetti (possibile che la miniaturizzazione degli umani non trasformi in un enorme problema il rapporto con mosche e scarafaggi?) rende ancora più balorda l'intera operazione.    

mercoledì 14 febbraio 2018

Ore 15:17 - Attacco al treno (The 15:17 to Paris)

anno: 2018      
regia: EASTWOOD, CLINT 
genere: drammatico 
con Spencer Stone, Alek Skarlatos, Anthony Sadler, Judy Greer, Jenna Fischer, Thomas Lennon, P.J. Byrne, Tony Hale, Ray Corasani, Paul-Mikél Williams, Lillian Solange Beaudoin, Bryce Gheisar, William Jennings (II), Jaleel White    
location: Afghanistan, Francia, Germania, Italia, Olanda, Usa
voto: 6,5 

Nell'estate del 2015 tre ragazzi di Sacramento, amici dall'infanzia, mentre erano in vacanza in Europa e da Amsterdam si stavano recando a Parigi, compirono un'azione eroica immobilizzando un attentatore dell'Isis che stava per compiere una strage. A partire dal loro racconto autobiografico, l'ormai ottantottenne Clint Eastwood conclude la sua trilogia dell'eroe dopo American sniper e Sully con un instant movie che ha una peculiarità assoluta: quella di collocare davanti alla macchina da presa gli stessi tre ragazzi che, ad avventura conclusa, furono insigniti della legion d'onore dal presidente Hollande in persona. Se la prova attoriale dei tre ha evidenti lacune, rappresentando al tempo stesso una dimostrazione di estrema capacità di sovvertimento delle regole da parte del regista, ciò che si riverbera nel risultato finale come un elemento evidentemente forzato e grossolano è la lunga parentesi vacanziera dei tre, con cartoline - soprattutto da Roma, ma anche da Amsterdam e Venezia - di sconcertante banalità. Ed è un peccato, perché la regia di Eastwood rimane classica e sobria come sempre, manifestando la consueta capacità narrativa che, in questa occasione, parte con un lungo prologo che racconta sia l'infanzia dei tre amici che le esperienze militari di due di loro, e arriva alla scena clou soltanto in sottofinale (prima delle immagini di repertorio in cui assistiamo alla cerimonia a Parigi), mostrando una volta di più come gli eroi possano essere persone del tutto normali, se non addirittura con qualche problema si banchi di scuola.    

lunedì 12 febbraio 2018

La forma dell'acqua - The Shape of Water

anno: 2017       
regia: DEL TORO, GUILLERMO 
genere: fantastico 
con Sally Hawkins, Michael Shannon, Richard Jenkins, Octavia Spencer, Michael Stuhlbarg, Doug Jones, David Hewlett, Nick Searcy, John Kapelos, Stewart Arnott, Nigel Bennett, Lauren Lee Smith, Martin Roach, Allegra Fulton, John Kapelos, Madison Ferguson, Jayden Greig, Brandon McKnight, Deney Forrest    
location: Usa
voto: 8

Nel 1962 una creatura anfibia dalle vaghe sembianze umane viene catturata in Amazzonia, dove è venerata come un dio, e portata in un laboratorio scientifico di Baltimora. Gli americani vorrebbero carpirne le proprietà taumaturgiche, ma temono le incursioni dei sovietici. Richard Strickland (Shannon), a capo del programma di vivisezione dell'alieno, non ha però previsto che una addetta alle pulizie muta (Hawkins) si sarebbe innamorata della creatura e avrebbe cercato di salvarla con l'aiuto di un amico (Jenkins), un artista omosessuale di mezza età, di una collega di colore (Spencer) e di uno scienziato doppiogiochista (Stuhlbarg).
Specialista nel genere fantasy e in quello horror, Guillermo Del Toro si è aggiudicato il  Leone d'oro a Venezia con questa favola carica di poesia, nella quale l'elemento dell'acqua è trasversale al racconto. Il film costituisce un deciso passo in avanti rispetto a Mimic e a Il labirinto del fauno, trattandosi di un'opera che ribadisce la forza d'immaginazione del regista messicano (straordinaria la scena dell'amplesso nel bagno colmo d'acqua fino al soffitto, anche se qualcosa di simile l'avevamo vista in Delicatessen), coniugandola stavolta con un plot più coerente che colloca al centro della scena personaggi destinati a vivere ai margini (per orientamento sessuale, per handicap, per colore della pelle, per attitudini morali). Il tutto servito da un cast perfettamente all'altezza della situazione, nel quale Michael Shannon giganteggia interpretando alla perfezione Michael Shannon, che somiglia in maniera impressionante a Michael Shannon.    

domenica 11 febbraio 2018

The party

anno: 2018       
regia: POTTER, SALLY
genere: drammatico
con Cillian Murphy, Emily Mortimer, Timothy Spall, Kristin Scott Thomas, Patricia Clarkson, Cherry Jones, Bruno Ganz    
location: Regno Unito
voto: 2

Ha un solo pregio The party, il film di Sally Potter, già regista di Orlando, Lezioni di tango e L'uomo che pianse: quello di avvalersi delle notevolissima fotografia in bianco e nero di Aleksei Rodionov. Già, perché nemmeno i 70 minuti secchi di durata sono una qualità, giacche in questa occasione sembrano durare un'eternità. The party ("la festa", ma anche "il partito") è uno di quei film di palmare impianto teatrale rispetto al quale il confronto con opere quali Il fascino discreto della borghesia, Trappola mortale, Carnage, Cena tra amici o Perfetti sconosciuti appare persino irriverente. Nel film della Potter non c'è alcuna capacità di scrittura, i personaggi sono bipedi ridotti a macchiette, i dialoghi financo imbarazzanti e la tensione posticcia. Quanto al plot, gratta gratta si tratta di una banale questione di corna: in occasione della promozione a ministro del governo ombra della padrona di casa (Scoitt-Thomas) vengono invitati nella sua abitazione londinese un'amica acida con il suo compagno tedesco dai modi da santone (Ganz), una coppia di lesbiche e un giovane promoter finanziario (Murphy). Non si arriverà neppure agli antipasti, perché dalla doppia confessione del padrone di casa (Spall) parte un crescendo di smascheramenti che conduce a un vero psicodramma. Accumulando banalità su banalità, senza la benché minima capacità di essere corrosivo, il film della Potter spinge sul pedale del grottesco con risultati imbarazzanti, sprecando un cast stellare nel quale Bruno Ganz sta comunque una spanna su tutti gli altri.    

Metro

anno: 2013       
regia: MEGERDICHEV, ANTON   
genere: dramma catastrofico   
con Sergey Puskepalis, Anatoliy Belyy, Svetlana Khodchenkova, Anfisa Vistingauzen, Aleksey Bardukov, Katerina Shpitsa, Elena Panova, Stanislav Duzhnikov    
location: Russia
voto: 1   

A Mosca una conduttura dell'acqua si rompe penetrando nel tunnel della metropolitana. È un'ecatombe. Tra coloro che lottano per la sopravvivenza ci sono l'amante e il marito della stessa donna con sua figlia, un'alcolizzata, una guida turistica e una studentessa.
Su Film Tv leggo che Metro è "considerato il primo film catastrofico russo capace di confrontarsi con le produzioni americane. Non solo per dispendio di effetti speciali, ma anche per l'importazione di stereotipi". Se su quest'ultima affermazione possiamo essere tutti d'accordo (come sempre, si parte ficcanasando nel quotidiano di personaggi ignari del fatto che la tragedia sia alle porte, in modo da essere indotti a prenderci a cuore i loro destini), c'è da domandarsi quale film abbiano visto gli espertoni del settimanale di cinema quanto a effetti speciali. Fin dalle primissime scene catastrofiche i prodotti del digitale sono evidenti come nei film su Maciste e vengono accompagnati da dialoghi inascoltabili e da un livello di recitazione di indicibile sciatteria.    

venerdì 9 febbraio 2018

Qualcosa di nuovo

anno: 2016       
regia: COMENCINI, CRISTINA  
genere: commedia  
con Paola Cortellesi, Micaela Ramazzotti, Eduardo Valdarnini, Eleonora Danco    
location: Italia
voto: 1  

Prosegue l'inarrestabile corsa di Cristina Comencini, figlia del tutto immemore della lezione paterna, a realizzare prodotti possibilmente peggiori di quelli di Neri Parenti, di Brizzi o dei Vanzina. Dopo la ridda di luoghi comuni di Bianco e nero e l'inguardabile pseudotributo ai grandi seduttori della settima arte (Latin lover), eccola ancora alle prese con una storiellina amorosa, riduzione in sedicesimi di un suo precedente lavoro teatrale (La scena). Protagoniste sono due amiche single dal temperamento opposto, unite dalla ricerca dell'anima gemella. Determinata nella vita e nel lavoro quanto sessuofoba l'una (Cortellesi), incasinata, con figli a carico quanto erotomane l'altra (Ramazzotti). Entrambe, dopo un casuale scambio di identità tra loro per rincorrere ciò che non sono, si legheranno a un diciannovenne (Valdarnini).
Macchiettistico (il toy boy mammone, il gineceo amicale di sole zitelle, le due protagoniste totalmente monodimensionali) e avvolto in un plot dalla banalità sconcertante, nel quale l'intero genere maschile sembra da bocciare, il film della Comencini non si avvale nemmeno di interpreti all'altezza: la Ramazzotti ripropone quasi la stessa figura de La pazza gioia, mentre la Cortellesi impersona con enfasi grottesca il suo personaggio di donna inamidata. Finisce che il ragazzetto esordiente è il migliore sulla scena.    

giovedì 8 febbraio 2018

Come un gatto in tangenziale

anno: 2017       
regia: MILANI, RICCARDO   
genere: commedia   
con Paola Cortellesi, Antonio Albanese, Claudio Amendola, Sonia Bergamasco, Luca Angeletti, Simone De Bianchi, Alice Maselli    
location: Italia
voto: 5   

Giovanni (Albanese) lavora in un think tank che ha come obiettivo il rilancio delle periferie italiane, abita al centro di Roma in una casa extra-lusso con sua figlia (Alice Maselli: dieci anni di lavori forzati in Siberia a chi ha fatto il casting), una tredicenne viziatissima che lo usa come un bancomat e gioca a polo. La pupa si è appena trovata un fidanzatino (De Bianchi) che risiede a Bastogi, enclave tra le più degradate della capitale. Il ragazzino vive con la madre Monica (Cortellesi) - una donna onesta che lavora in una mensa per anziani - e con due zie gemelle che rubano compulsivamente, mentre suo padre (Amendola) è in vacanza a Rebibbia. Tanto Giovanni quanto Monica non vogliono quella relazione tra i loro ragazzi che per la donna può durare "come un gatto in tangenziale" e fanno di tutto per ostacolarla: i loro mondi sono incompatibili. O almeno così sembrano.
Dopo il successo al botteghino di Mamma o papà?, Riccardo Milani imbastisce un nuovo copione per la coppia Albanese e Cortellesi (sua compagna nella vita), giocato ancora una volta su una dialettica antagonista. Abbondano gli stereotipi sulla borghesia d'alto bordo snob e piena di sussiego e sul proletariato ruspante e abituato all'arte d'arrangiarsi, ma non manca più di un momento divertente. A lasciare perplessi è la morale del film, che nel suo cerchiobottismo dà ragione allo sfogo di Giovanni durante un invito a pranzo: è l'indolenza di questi poveracci, uniformemente rifugiati nell'alibi che "tanto è tutto un magna-magna", a rendere tanto penosa la loro condizione. E infatti Monica riuscirà ad aprire un'attività propria grazie a una dritta di Giovanni sui fondi europei.    

mercoledì 7 febbraio 2018

I Am Bolt

anno: 2016       
regia: TURNER, BENJAMIN * TURNER, GABE  
genere: documentario  
con Usain Bolt, Pelé, Chronixx, Neymar, Serena Williams, Sebastian Coe, Ziggy Marley, Yohan Blake, Asafa Powell, Michael Johnson (V), Donovan Bailey    
location: Cina, Germania, Giamaica, Regno Unito
voto: 3  

L'uomo più veloce di tutti i tempi si chiama Usain Bolt, è nato in Giamaica e conduce una vita fatta soltanto di sacrifici. Lui non vede l'ora di smettere, di mangiare junk food e andare a dormire a notte fonda, di sballarsi un po' in discoteca e di condurre quella che oggi viene considerata la vita "normale" di un giovane. Il documentario tanto inguardabile quanto soporifero di Benjamin e Gabe Turner racconta, senza un ordine decifrabile, il quotidiano fatto di fatica e sudore agli ordini del suo coach: allenamenti durissimi con pesi attaccati ai fianchi durante la corsa, bagni nel ghiaccio, addominali a sfinimento, dieta rigidissima, con conseguente invecchiamento precoce (si rimane increduli nel vedere come siano cambiati i connotati di Bolt nel giro di soli dieci anni). Tutto questo per entrare nella leggenda, stabilendo record sui 100, 200, 400 e sulla staffetta, vincendo una quantità esagerata di medaglie d'oro, diventando insomma uno degli atleti più forti e dotati di tutti i tempi (guarda caso, anche lui nero come Cassius Clay e Pelè). Peccato che, nel film, alle imprese sportive venga dedicato uno spazio marginale, che viene divorato da una gran quantità di riprese casalinghe, nelle quali il nostro gigioneggia, cazzeggia con gli amici, straparla.    

lunedì 5 febbraio 2018

Pietro Mennea - La freccia del Sud

anno: 2015   
regia: TOGNAZZI, RICKY   
genere: biografico   
con Michele Riondino, Luca Barbareschi, Elena Radonicich, Gian Marco Tognazzi, Jerry Mastrodomenico, Nicola Rignanese, Alice Bellagamba, Emanuele Montagna, Fabrizio Traversa, Filippo Dini, Paolo Giangrasso, Guglielmo Pinelli, Mrius Bizau, Federigo Ceci, Angelo Corelli, Maria Sole Corelli, Lunetta Savino    
location: Germania, Italia, Messico, Unione Sovietica
voto: 7   

Biopic televisiva che racconta le straordinarie imprese, di sportivo ma anche - se non soprattutto - di uomo, di Pietro Mennea (Riondino), velocista sui 100 e sui 200 metri piani, che nel 1980, a Città del Messico, batté il record sui 200 del suo idolo Tommy Smith. Il record di Mennea rimase imbattuto a livello mondiale per 17 anni e, a livello europeo, è tuttora insuperato. Il film di Ricky Tognazzi racconta la vicenda sportiva del ragazzo di Barletta, non lasciando mai dietro le quinte quella umana: le origini umili, le scarpette inadeguate di quando era ragazzino, la recalcitranza della madre (Savino), l'affetto benevolo del padre e poi l'incontro con il professore Carlo Vittori (interpretato da Lica Barbareschi, qui anche in veste di produttore), che lo allenò portandolo al successo fino a quella gara straordinaria che fu l'oro olimpico conquistato a Mosca sui 200, con una rimonta leggendaria. Determinazione e sacrificio furono i due pilastri del carattere di Mennea, richiamati nel film in tutta la loro complessità e forieri di successi anche fuori dalla pista di corsa: quel ragazzo pugliese che voleva farsi portatore del riscatto di tutto il meridione italiano prese anche 4 lauree, studiava mentre preparava gli allenamenti, mostrava sensibilità e purezza di principi. Tognazzi, assemblando un cast non tutto all'altezza (specialmente nei ruoli femminili) ripercorre - a partire da La grande corsa, che lo stesso Mennea ha scritto con Valitutti - molti momenti salienti della vita del protagonista (l'attacco terroristico palestinese nel 1972 a Monaco, gli scontri con la federazione, la rivalità con Borzov), affidandosi a un interprete all'altezza della situazione, anche se poco somigliante.     

sabato 3 febbraio 2018

Nebbia in agosto (Nebel im August)

anno: 2016       
regia: WESSEL, KAI
genere: drammatico
con Ivo Pietzcker, Sebastian Koch, Fritzi Haberlandt, Henriette Confurius, David Bennent, Karl Markovics, Thomas Schubert, Branko Samarovski, Jule Hermann, Niklas Post    
location: Germania
voto: 6

La II guerra mondiale è ancora in corso e in un sanatorio tedesco Lossa (Pietzcker), un tredicenne yenish sano, svelto e intelligente, viene internato insieme a tanti altri ragazzi con problemi di salute e mentali. Inconsapevoli, questi ragazzi seguono il programma di eugenetica del dott. Veithausen (Koch), l'espressione incarnata della banalità del male. Come fosse ancora ai tempi della rupe Tarpea, l'uomo, in nome della difesa della purezza della razza ariana, dapprima causa il decesso dei ragazzi tramite barbiturici, quindi passa a una dieta rigorosamente ipocalorica. Ma Lossa ha capito il lugubre gioco del medico e cerca di sottrarsene, portando con sé un'amichetta.
Girato con uno stile classicissimo e a dir poco convenzionale, senza alcuna trovata visiva o di regia, Nebbia in agosto va a nutrire il breve elenco (I fiumi di porpora, Un'altra giovinezza, The german doctor) di quei film che hanno toccato il terribile capitolo dell'eugenetica nazista. Toccante senza essere stucchevole, il film - tratto da una storia vera che coinvolse un piccolo ragazzo nomade - indugia tuttavia su una serie di dettagli trascurabili, che ne portano la durata a oltre due ore.    

venerdì 2 febbraio 2018

Desconocido - Resa dei conti (El desconocido)

anno: 2015       
regia: DE LA TORRE, DANI 
genere: thriller 
con Luis Tosar, Javier Gutiérrez, Goya Toledo, Elvira Mínguez, Paula del Río, Fernando Cayo, Marco Sanz, Ricardo de Barreiro, Antonio Mourelos, Luis Zahera, María Mera    
location: Spagna
voto: 6,5   

A La Curuna, Carlos (interpretato da Luis Tosar, che ricordiamo ne I lunedì al sole e, soprattutto, in Cella 211), direttore di banca, sta portando le figlie a scuola quando gli arriva la chiamata da uno sconosciuto che lo avvisa che nell'auto che sta guidando c'è una bomba pronta ad esplodere nel caso in cui egli non depositi sul conto che gli è stato indicato una somma ingentissima. Carlos ce la mette tutta per risolvere la situazione e mettere in salvo i figli, ma gli eventi si complicano maledettamente dopo l'intervento della polizia e degli artificieri.
Al suo esordio dietro la macchina da presa, il galiziano Dani De La Torre firma - su copione dell'italiano Alberto Marini - un film claustrofobico con risvolti non banali sugli effetti provocati dalle truffe finanziarie. Girato in gran parte all'interno dell'abitacolo della macchina, Desconocido mantiene costantemente un tensione altissima, sfruttando al massimo le potenzialità della macchina da presa, anche a rischio di qualche virtuosismo di troppo. Il brivido scorre inalterato nel racconto per un'ora e quaranta, ma gli elementi implausibili annacquano l'impatto del film.