venerdì 30 marzo 2012

Romanzo di una strage

anno: 2012       
regia: GIORDANA, MARCO TULLIO
genere: storico
con Valerio Mastandrea, Pierfrancesco Favino, Michela Cescon, Giorgio Colangeli, Laura Chiatti, Fabrizio Gifuni, Omero Antonutti, Luigi Lo Cascio, Thomas Trabacchi, Giorgio Marchesi, Giorgio Tirabassi, Fausto Russo Alesi, Denis Fasolo, Giulia Lazzarini, Andreapietro Anselmi, Diego Ribon, Sergio Solli, Claudio Casadio, Antonio Pennarella, Arturo Gambardella, Corrado Invernizzi, Stefano Scandaletti, Giacinto Ferro, Luca Zingaretti, Edoardo Natoli, Benedetta Buccellato, Alessio Vitale, Bruno Torrisi, Francesco Salvi, Marco Zannoni, Fabrizio Parenti, Gianni Musy, Gianmaria Martini, Giovanni Visentin, Paolo Bonanni, Giovanni Federico, Angelo Pisani, Bob Marchese, Davide Paganini, Maurizio Tabani, Francesco Sciacca, Marcello Prayer, Giovanni Anzaldo, Angelo Costabile, Lorenzo Gioielli, Vittorio Ciorcalo, Gianluigi Fogacci, Irmo Bogino, Alessandro Bressanello, Roberto Sbaratto, Riccardo Maranzana, Riccardo Cicogna, Miro Landoni, Lollo Franco, Giovanni Capalbo, Edoardo Rossi
location: Italia
voto: 7,5

10 e lode a Marco Tullio Giordana per la sua encomiabile opera complessiva, partita trent'anni fa dal racconto di un reduce spaesato nel post '68 (Maledetti vi amerò) e proseguita con il racconto di molti momenti chiave della storia italiana, passati per l'uccisione di Pasolini (Un delitto italiano), la mafia (I cento passi), la strage dell'Heysel (Appuntamento a Liverpool), il respingimento di poveri e profughi sulle carrette del mare (Quando sei nato non puoi più nasconderti). Con Romanzo di una strage, Giordana - che ha scritto il copione con Rulli e Petraglia - ha il merito di riaprire un capitolo tragico e nerissimo della storia italiana, quello che avrebbe dato la stura alla strategia della tensione con la strage di Milano, alla banca dell'agricoltura di Piazza Fontana, il 12 dicembre del 1969. I protagonisti di quella storia ci sono tutti: da Aldo Moro (Gifuni), di cui in quegli anni tanto la DC quanto la Nato temevano le posizioni eccessivamente concessive nei confronti del PCI (eravamo all'alba del compromesso storico) ai due personaggi chiave del giallo giudiziario: Giuseppe Pinelli (Favino), ferroviere anarchico, e Luigi Calabresi (Mastandrea), commissario di polizia poco incline alle scorciatoie. I fatti dovrebbero essere ben noti a tutti: della bomba che causò la strage vennero subito accusati gli anarchici; Pinelli, durante l'interrogatorio "venne suicidato", eufemismo per dire che fu buttato giù dalla finestra del commissariato di polizia. Calabresi entrò nel mirino dei compagni di Lotta Continua e in carcere, accusati del suo delitto, finirono Sofri, Bompressi e Pietrostefani. Ma le indagini portarono anche a Pietro Valpreda (Scandaletti), un ballerino anarchico sostenitore della maniere forti, e ai fascisti veneti, Freda (Marchesi) e Ventura (Fasolo) in primis.
Il film racconta benissimo, e con piglio didascalico, il succo della vicenda, i depistaggi, le tante eminenze grigie pronte a insabbiare il complotto di Stato, il deragliamento a destra che il paese stava subendo in quegli anni, il rischio di un colpo di stato (il golpe Borghese sarebbe stato tentato l'anno successivo), l'impunità delle alte cariche. Più di ogni altra cosa, però, il film ha il merito di partire dall'ipotesi della doppia bomba e da un ordito ben più misterioso di quello che la storia ci ha consegnato. Senza avanzare pretese di protagonismo, Giordana dirige con stile sobrio e classico, affidandosi a un cast di grido nel quale, purtroppo, alcuni comprimari non sembrano affatto all'altezza delle prove maiuscole di Favino e Mastandrea.    

giovedì 22 marzo 2012

Emma


(Tommaso Labranca, da Film Tv, marzo 2012)

È appena uscito il nuovo disco di Bruce Springsteeen dedicato alla crisi che colpisce i lavoratori statunitensi. Springsteen è una persona seria e non si è messo a cavalcare un onda emotiva: sono anni che sta dalla parte della classe operaia e non solo a parole. In Italia, colpiti dal gran parlare che signore e signori in Tod’s fanno della miseria, un ragazzotto ha deciso di fare il grande e di scrivere una canzone impegnata. Si tratta di Kekko Silvestre e mi scusi il Boss se accosto il Suo nome accanto a quello della ululante frontman dei Modà. Poi Kekko passa il pezzo a tale Emma, idolo e prototipo delle nullafacenti che stazionano da Abercrombie per vedere i commessi seminudi. La canzone parla della disoccupazione, problema che non tocca né Kekko né Emma, visto che riescono a coniugare pranzo e cena urlando malamente nei microfoni. Il testo del brano è esilarante sin dall’inizio: «Ho dato la vita e il sangue per il mio Paese/e mi ritrovo a non tirare a fine mese». Chi parla? Un ex combattente del fronte grecoalbanese? Un donatore Avis? No, è Emma che pare si rivolga addirittura al Presidente della Repubblica, credendolo un giudice di Amici di Maria De Filippi «Se tu hai coscienza guidi e credi nel Paese/dimmi cosa devo fare per pagarmi da mangiare». Il verso vuole essere drammatico, ma cantato dalla florida Emma Marrone risulta credibile come Wanna Marchi quando vendeva dimagranti. Kekko, Emma Marrone, Alessandra Amoroso, Valerio Scanu. Tutti uniti da una stolta arroganza giovanilistica e da una inesistente autonomia. Tutti cantantini la cui data di scadenza sarà più breve di quella delle mozzarelle. Una si crede diva e blinda la sala trucco quando tocca a lei imbellettarsi. L’altra, dimostrando mancanza di spirito, non accetta le ironie di Fiorello e risponde offendendo. E questi vogliono dare lezioni di moralità al Paese? Signor Kekko e signorina Marrone, vi prego. Tornate a cantare storielle da tre metri sopra il cielo e lasciate perdere i mali della società. A proposito, il brano si chiama Non è l’inferno. Infatti non era l’inferno, ma qualcosa di peggio: Sanremo.

venerdì 9 marzo 2012

Henry

anno: 2011       
regia: PIVA, ALESSANDRO 
genere: poliziesco 
con Carolina Crescentini, Claudio Gioè, Aurelien Gaya, Pietro De Silva, Eriq Ebouaney, Paolo Sassanelli, Michele Riondino, Dino Abbrescia, David Coco, Sidy Diop, Vito Facciolla, Roberta Fiorentini, Susy Laude, Max Mazzotta, Alfonso Santagata 
location: Italia
voto: 8

Un pusher (Mazzotta) e sua madre (Fiorentini) vengono uccisi nel loro appartamento, nella periferia romana. Il commissario Silvestri (Gioè) e il suo vice (Sassanelli) indagano su una guerra tra malavita campana e un nuovo gruppo di africani per accaparrarsi il mercato della droga. La trama di Henry, termine in codice per eroina, è tutta qui. Il salernitano naturalizzato barese Alessandro Piva, tornato al lungometraggio dopo anni di assenza (l'ultimo suo film era stato Mio cognato), si propone come un Tarantino de noantri bissando quel capolavoro di genialità ritrattistica che era stato Lacapagira e firmando un poliziottesco che rievoca l'essenzialità e la brutalità del cinema che fu di Fernando Di Leo, Umberto Lenzi e Lucio Fulci, aggiungendovi una caratterizzazione impressionante e carica di sfumature a ogni personaggio. Ma a destare sorpresa è soprattutto lo straordinario livello recitativo dell'intero cast, nel quale spicca un Pietro De Silva in stato di grazia.
Premio del pubblico come miglior film al 28. Torino film festival (2010).    

mercoledì 7 marzo 2012

Posti in piedi in paradiso

anno: 2012       
regia: VERDONE, CARLO  
genere: commedia  
con Carlo  Verdone, Pierfrancesco  Favino, Marco  Giallini, Micaela  Ramazzotti, Diane  Fleri, Nicoletta  Romanoff, Nadir  Caselli, Valentina  D'Agostino, Maria Luisa  De Crescenzo, Giulia  Greco, Gabriella  Germani, Roberta  Mengozzi  
location: Francia, Italia
voto: 5

Se per raccontare la realtà è sufficiente parlare di crisi economica, padri rimasti single e con le pezze sul sedere dopo un passato sfavillante e costretti alla convivenza coatta, allora non si può dare torto a quella parte della critica che continua a vedere in Carlo Verdone il solo erede di quella straordinaria stagione che fu la commedia all'italiana di Monicelli, Comencini, Germi, Scola e Risi.
Il regista romano per l'occasione rispolvera passioni (la musica) e topoi classici del suo cinema (farmaci, medicina e dintorni) per raccontare le peripezie di tre uomini maturi che a stento arrivano a fine mese: chi per eccesso di testosterone (Giallini), chi per infelicità coniugale (Favino), chi per un'infatuazione esiziale (Verdone), tutti e tre si trovano a dover fare i conti con qualche scivolone di troppo. Ma alla fine, si sa, c'è sempre la famiglia a rimettere tutto a posto.
Con Posti in piedi in paradiso Verdone ritrova per un'oretta i momenti migliori del suo cinema, anche grazie all'interpretazione di un Giallini che - a dispetto delle condizioni in cui ha girato il film (la scomparsa improvvisa della moglie) - sembra in stato di grazia e di una Ramazzotti mai così in parte. Ma è tutto il contorno a non funzionare: dalla miriade di attricette prese per riempire i buchi di sceneggiatura, all'ultima mezz'ora - ambientata tra Roma e Parigi - che scivola inesorabilmente verso un happy ending telefonatissimo e nel quale, nemmeno a dirlo, i legami familiari magicamente si rinsaldano. Occhio al product placement: sfacciato come nei peggiori film dei Vanzina.    

giovedì 1 marzo 2012

Gli sfiorati

anno: 2012       
regia: ROVERE, MATTEO 
genere: drammatico 
con Andrea Bosca, Miriam Giovanelli, Claudio Santamaria, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Asia Argento, Chiara Brunamonti, Ugo De Cesare, Aitana Sánchez-Gijón 
location: Italia
voto: 5

Dopo il successo di Caos calmo, Sandro Veronesi torna al cinema in veste di autore di un romanzo, vecchio di vent'anni, aggiornato ai tempi nostri. Gli sfiorati del titolo sono una generazione, la stessa alla quale all'epoca apparteneva Veronesi, sulle cui esistenze qualsiasi esperienza vitale passa senza lasciare traumi né tracce, in una sorta di perenne impermeabilità alle emozioni della vita. Ed è proprio qui che il film fa uno scivolone clamoroso: ha cioè la pretesa di parlare di una generazione spostando in avanti l'asse temporale, ma non tenendo conto dello scarto ventennale che passa tra quella di Veronesi e i trentenni raccontati nel film. Al centro della trama c'è Mete (Bosca), grafologo con poco lavoro retribuito a disposizione, ma con appartamento a sbafo nel pieno centro di Roma, grazie a papi che fa l'allenatore di calcio (un inguardabile e sguaiatissimo Massimo Popolizio). In quell'appartamento va a piazzarsi per qualche giorno Belinda (i nomi ricordano tanto quelli dei romanzi di Federico Moccia), sorellastra di Mete (Giovanelli), che passa annoiata le giornate sul divano a guardare documentari e a farsi canne. Mete ne è attratto, l'attracco incestuoso è sempre dietro l'angolo e il giorno delle seconde nozze incombe, tra amici sfaccendati o inguaiati e dive in crisi.
Rispetto al precedente Un gioco da ragazze, qui Rovere azzarda qualche mossa di regia tutt'altro che disprezzabile e il montaggio è una mano santa. Ma tutta l'opera suona fasulla: dagli ambienti ultramondani alla Roma da cartolina alla recitazione dilettantesca di Asia Argento e Miriam Giovanelli.