domenica 30 dicembre 2018

L'onorevole Angelina

anno: 1947   
regia: ZAMPA, LUIGI    
genere: commedia    
con Anna Magnani, Nando Bruno, Ave Ninchi, Ernesto Almirante, Agnese Dubbini, Armando Migliari, Maria Donati, Maria Grazia Francia, Vittorio Mottini, Franco Zeffirelli, Gianni Glori, Ugo Bertucci, Anita Angius, Aristide Baghetti. Gino Cavalieri, Adalberto Tenaglia    
location: Italia
voto: 8    

Nella poverissima periferia romana di Pietralata, nell'immediato secondo dopoguerra, Angelina (Magnani), madre di famiglia che ha dovuto sfornare figli a ripetizione per godere degli incentivi economici del governo fascista, vive in condizioni meno che precarie insieme al marito (Bruno), un vicemaresciallo, e ai tanti altri "deportati" dopo gli sventramenti mussoliniani per costruire via della Conciliazione. La donna si fa portatrice delle istanze di quegli sventurati, reclamando l'occupazione di appartamenti di nuova costruzione, opera di uno speculatore edilizio (Migliari) con le mani in pasta nella politica. Quando Angelina, spinta dalle tantissime donne che ne sostengono le idee, sembra a un passo dall'entrare in politica, l'uomo riuscirà a farla spedire in galera.
Pur segnato da un finale riconciliatorio che attutisce lo scontro interclassista, L'onorevole Angelina è una commedia agrodolce stratificata e complessa, che - in una chiave stilistica squisitamente neorealista - chiama in causa i ruoli di genere, l'intrusività dei media, la borsa nera, la corruzione della politica e i meccanismi di invidia sociale, aggiungendo al tutto una spolverata di rosa con la sottotrama della relazione tra la figlia di Angelina (Francia) e il figlio idealista del palazzinaro, interpretato da un giovanissimo Franco Zeffirelli. La Magnani, grazie alle sue "baccagliate" energiche e decise, giganteggia con un'interpretazione memorabile che le regalò il Nastro d'argento come migliore attrice, ma anche il resto del cast fornisce un'ottima prova.    

venerdì 28 dicembre 2018

Il padrino - Parte III (The godfather – Part III)

anno: 1990   
regia: COPPOLA, FRANCIS FORD    
genere: gangster    
con Al Pacino, Diane Keaton, Talia  Shire, Andy Garcia, Eli Wallach, Joe Mantegna, George Hamilton, Bridget Fonda, Sofia Coppola, Raf Vallone, Franc D'Ambrosio, Donal Donnelly, Richard Bright, Al Martino, Helmut Berger, Don Novello, John Savage, Franco Citti, Mario Donatone, Vittorio Duse, Enzo Robutti, Michele Russo, Robert Cicchini, Rogerio Miranda, Carlos Miranda, Vito Antuofermo    
location: Italia, Usa
voto: 7    

A 16 anni di distanza dal secondo episodio (1974) e a 18 dal primo (1972), Francis Ford Coppola propone l'ultimo atto della saga della famiglia Corleone, saldamente nelle mani di un Michael (Pacino) ormai sul viale del tramonto, tra problemi di diabete e cardiologici. Siamo alla fine degli anni '70 e l'uomo vorrebbe abbandonare le attività criminali e rifarsi una reputazione mettendosi in affari con un'immobiliare legata alla Santa Sede. L'intreccio non aveva mai osservato tanto da vicino la realtà storica come in questo episodio, nel quale le vicende della famiglia Corleone si intrecciano con quelle della Banca Vaticana e della congiura - esplicitata senza alcun fronzolo - contro Giovanni Paolo I (Vallone), con inequivocabili riferimenti a Calvi e a Marcinkus. Ma il centro della scena lo occupa il rapporto ambiguo tra zio e nipote (Garcia): Michael Corleone, consapevole di avere ucciso il proprio fratello, prende sotto la sua ala protettiva il figlio di quest'ultimo, nonostante si tratti di un intemperante che per di più si è invaghito di sua figlia (Sofia Coppola), una cugina di primo grado. Tra congiure e tradimenti di gran parte dei vertici della cupola mafiosa e spostamenti tra gli Stati Uniti, il Vaticano e Bagheria, in Sicilia, il film approda a un finale durante la rappresentazione della Cavalleria Rusticana di Mascagni all'opera di Palermo che è un autentico capolavoro di montaggio alternato (con molte linee narrativa aperte), una di quelle pagine di cinema destinate a entrare a pieno diritto nei manuali. Ma non sono da meno le alternanze tra i toni chiaroscurali con cui vengono raccontati gli incontri diplomatici tra i vari mammasantissima e le esplosioni di violenza in scene di massa raccontate con grande maestria.
Ritenuto unanimemente inferiore ai due episodi precedenti, il film tratto dal romanzo di Mario Puzo non rinuncia ad accenti marcatamente shakespeariani, alternando pagine di grande cinema ad altre francamente più inpacciate e soprattutto affidando un ruolo centrale a un'inguardabile Sofia Coppola, atto nepotista che toglie molto al film. Nel cast numerosi attori italiani, tra cui Raf Vallone, Franco Citti, Vittorio Duse, Enzo Robutti e persino il pugile Vito Antuofermo.    

mercoledì 26 dicembre 2018

Nemico pubblico n°1 - L'ora della fuga (L'ennemi public n°1)

anno: 2009   
regia: RICHET, JEAN-FRANCOIS    
genere: gangster    
con Vincent Cassel, Ludivine Sagnier, Mathieu Amalric, Gérard Lanvin, Samuel Le Bihan, Olivier Gourmet, Georges Wilson, Michel Duchaussoy, Myriam Boyer, Anne Consigny    
location: Francia
voto: 7,5    

Secondo episodio della biopic dedicata a Jacques Mesrine (Cassel), uno dei più temuti ed efferati criminali di Francia, con scarto netto (in meglio) rispetto all'episodio precedente in questo che è un vero e proprio dittico fluviale della durata di quasi cinque ore.
Tra rapine, rapimenti, amori impossibili e ripetute fughe dal carcere, L'ora della fuga racconta il periodo compreso tra il 1973 e il 1979: l'epoca in cui il criminale, con azioni sempre più azzardate (compresa quella di prendere in ostaggio un magistrato durante un processo in tribunale) e continue strizzatine d'occhio ai suoi fan (Mesrine riusciva a risultare miracolosamente simpatico), fuggì dal carcere di massima sicurezza insieme a un altro pregiudicato (Amalric) seriale per poi costruirsi il personaggio - del tutto fittizio - del criminale rivoluzionario. Ed è proprio questo l'aspetto più interessante che la regia riesce e mettere a fuoco: l'ossessione del protagonista per la fama, la celebrità acquistata sulle prime pagine dei giornali, che lo porterà a un truculento omicidio ai danni di un giornalista di estrema destra che aveva cercato di screditarne "l'onorabilità" sulle pagine del Minute.
Regia secca, da action movie americano, che intervalla efficacemente scene d'azione e racconto biografico con ampi riferimenti al terrorismo europeo degli anni di piombo (vengono chiamati in causa le Brigate Rosse, la Rote Armee Fraktion e l'uccisione di Aldo Moro), con gran senso del ritmo e un Vincent Cassell trasformista che, nonostante tutto, riesce a non divorarsi il film come nell'episodio precedente, lasciando uno spazio intrigante al poliziotto che gli dà la caccia, interpretato da Olivier Gourmet.    

lunedì 24 dicembre 2018

Lilli e il vagabondo (Lady And The Tramp)

anno: 1955   
regia: GERONIMI, CLYDE * JACKSON, WILFRED * LUSKE, HAMILTON    
genere: animazione
voto: 6,5   

Lilly è una cagnetta di razza che vive con "tesoro" e "Johnny caro" (esilarante l'idea di chiamare i due umani stando ai reciproci vezzeggiativi, mostrandoli soltanto dalle ginocchia in giù). La sua vita va a meraviglia finché i suoi padroni non mettono al mondo un pargoletto, privandola di ogni attenzione. È così che Lilly si ritrova a vivere un'avventura accanto a un cane di strada, un rubacuori coraggioso e spavaldo che la socializzerà all'ebrezza della libertà.
Uno dei grandi classici d'animazione della Disney, il terzo con degli animali come protagonisti dopo Dumbo e Bambi e in largo anticipo su La carica dei 101 e Gli aristogatti. Ambientato nell'Inghilterra edoardiana e tratto da un racconto di Ward Greene, il film è un apologo interclassista che lambisce il tema del pregiudizio e mostra i canili come fossero lager.    

domenica 23 dicembre 2018

Parigi a piedi nudi (Paris pieds nus)

anno: 2016       
regia: ABEL, DOMINIQUE * GORDON, FIONA    
genere: grottesco
con Fiona Gordon, Dominique Abel, Emmanuelle Riva, Pierre Richard, Emmy Boissard Paumelle, Céline Laurentie, Charlotte Dubery, David Palatino    
location: Canada, Francia
voto: 1    

Fiona (Gordon), una bibliotecaria canadese, riceve una lettera da parte di una sua vecchio zia (Riva) che risiede a Parigi e che le chiede aiuto. Giunta nella capitale francese, Fiona apprende che la zia è scomparsa. Nel frattempo conosce un senzatetto (Abel) con il quale comincerà a cercare l'anziana donna e darà inizio a una sgangherata storia d'amore.
Se non sei Jacques Tati e, pur essendo donna, di Jacques Tati hai solo il fisico lungagnone, lascia perdere: rischi di annaspare per un'ora e venti in una serie di siparietti buffi e grotteschi, in stile slapstick, senza capo né coda. Una tristezza…    

sabato 22 dicembre 2018

Senza lasciare traccia (Leave No Trace)

anno: 2018       
regia: GRANIK, DEBRA    
genere: avventura    
con Ben Foster, Thomasin McKenzie, Jeffery Rifflard, Derek John Drescher, Michael Draper, Peter Simpson, Dana Millican, Jeff Kober, Dale Dickey, Isaiah Stone, Lane Stiemsma, Kyle Stoltz    
location: Usa
voto: 4,5    

Un reduce della guerra in medio oriente (Foster) vive insieme a sua figlia (McKenzie) tra le montagne dell'Oregon, sbarcando il lunario con un piccolo traffico di farmaci e recandosi di tanto in tanto in città. Un errore mette i servizi sociali sulle tracce dei due, imponendo loro un percorso regolare (una casa, un'istruzione formale per la figlia). In un primo tempo padre e figlia sembrano adattarsi a una vita uguale a quella di tutti gli altri, ma poi lo spirito inquieto del padre prevale e i due arriveranno a dover prendere decisioni drammatiche e importanti.
Tratto da una storia vera, diventata poi romanzo autobiografico per firma di Peter Rock, Senza lasciare traccia è la versione torva di Capitan Fantastic: una fiaba metropolitana piuttosto manierista per raccontare un Robinson Crusoe postmoderno, refrattario a qualsiasi regola di socializzazione eppure del tutto rispettoso della natura. Come già nel precedente film della regista, il pessimo Un gelido inverno, anche qui la natura si ritaglia un posto di primissimo piano, così come un ruolo cruciale viene consegnato a una giovanissima attrice (il film precedente lanciò Jennifer Lawrence). Ma il ritmo è fiacchissimo e le psicologie dei personaggi sono tagliate con l'accetta.    

mercoledì 19 dicembre 2018

Crosby, Stills & Nash & le leggende di Laurel Canyon

anno: 2009   
regia: BREWER, JON    
genere: documentario    
con David Crosby, Stephen Stills, Graham Nash, Gerry Beckley, Richard Davis, Ahmet Ertegun, David Geffen, Carl Gottlieb, John Hartmann, Danny Hutton, Mario Maglieri, Leslie Morris, Van Dyke Parks, Michelle Phillips, Ron Stone, Dallas Taylor, Leonard Waronkerm Nurit Wilde    
location: Usa
voto: 7    

"Well, I hear that Laurel Canyon / is full of famous stars, / But I hate them worse than lepers / and I'll kill them / in their cars". Così cantava Neil Young - vero convitato di pietra di questo documentario - nel 1974, in una canzone intitolata Revolution Blues. Il Laurel Canyon è il quartiere losangelino dove già tra la fine degli anni '60 e i primi anni '70 andò a stabilirsi il jet set dello spettacolo  e della musica. Ed è da lì che cominciò l'avventura sghemba di Crosby, Stills e Nash (più, appunto, Young), alfieri della West Coast insieme ai Jefferson Airplane, ai Mamas and Papas e ai tanti che diedero lustro e immortalità a quella straordinaria e irripetibile stagione musicale. Il documentario di Jon Brewer ricostruisce l'avventura di CSN, con impressionante ricchezza di aneddoti, abbondanza di fotografie e materiale filmico inedito e ogni altra succulenza che possa titillare la curiosità dei fan di quel supergruppo dalle impareggiabili doti nelle armonie vocali. Le storie raccontate non eludono passaggi scomodi come quello dell'abuso di droghe, né frecciatine trasversali tra i tre componenti del gruppo eponimo a proposito della sovraesposizione di Stills nella produzione del loro primo disco (il chitarrista suonò quasi tutti gli strumenti): tutto pepe che rende ancora più avvincente un prodotto dal format televisivo. Raccomandato ai fan.
Potete scaricarlo da qui.

domenica 16 dicembre 2018

Roma, ore 11

anno: 1952       
regia: DE SANTIS, GIUSEPPE    
genere: dramma catastrofico    
con Lucia Bosé, Carla Del Poggio, Maria Grazia Francia, Delia Scala, Elena Varzi, Lea Padovani, Raf Vallone, Massimo Girotti, Paolo Stoppa, Armando Francioli, Paola Borboni, Irène Galter, Eva Vanicek, Checco Durante, Alberto Farnese, Mino Argentieri, Renata Ciaffi, Maria Ammassari, Anna Maria Zigno, Teresa Ellati, Fausto Guerzoni, Ezio Rossi, Henri Vilbert, Marco Vicario, Hélène Vallier, Fulvia Trozzi, Donatella Trombadori, Maria Pia Trepaoli, Pietro Tordi, Michele Riccardini, Renato Mordenti, Nando Di Claudio, Bianca Beltrami, Cabiria Guadagnino    
location: Italia
voto: 6    

Nel 1951 a Roma, nella centralissima via Savoia, un paio di centinaia di ragazze si misero in fila per aggiudicarsi un posto da dattilografa che un ragioniere aveva bandito tramite un annuncio pubblicitario. La ressa lungo le scale della palazzina e qualche piccolo tafferuglio determinarono il cedimento della ringhiera, con rottura dei gradini e crollo dell'intera scala. Ci scappò anche il morto. Nemmeno un anno più tardi arrivò nelle sale il film che ricostruisce la vicenda in una chiave neorealista a tinte rosa, facendo dell'evento la cartina di tornasole di una società che già allora era assediata dai media in cerca di spettacolarizzazione del dolore, costretta da modelli ancora familiari fortemente patriarcali, da guerra tra poveri, dalla lotta di classe. Riadattando interamente in studio il luogo della sciagura, De Santis se ne serve per enfatizzare una realtà ancora fortemente provinciale e per mettere a fuoco alcune vicende: da quella della ragazza madre a quella della prostituta che vorrebbe cambiare mestiere. Un'operazione di indubbio interesse, che mira a raccontare un angolo del Paese nelle difficoltà rappresentate dal Dopoguerra, ma con un cast di attrici che - per quanto ai tempi portassero nomi altisonanti (Lucia Bosé, Carla Del Poggio, Delia Scala, Lea Padovani, Paola Borboni) - si produce in una recitazione imbarazzante, persino penosa.    

venerdì 14 dicembre 2018

Il labirinto del silenzio

anno: 2014   
regia: RICCIARELLI, GIULIO    
genere: drammatico    
con Alexander Fehling, André Szymanski, Friederike Becht, Johannes Krisch, Hansi Jochmann, Johann von Bülow, Robert Hunger-Bühler, Lukas Miko, Gert Voss, Tim Williams, Mathis Reinhardt, Hartmut Volle, Werner Wölbern, Timo Dierkes, Susanne Schäfer, Robert Mika, Stefan Wilkening, Elinor Eidt, Lisa Martinek, Udo Suchan, Fritz Scheuermann, Thomas Hessdörfer, Ricarda Klingelhöfer, Ellen Schulz, Josephine Ehlert    
location: Germania, Polonia
voto: 7    

Negli anni '60 del Novecento un avvocato idealista (Fehling), che lavora alle dipendenze del procuratore generale Fritz Bauer (Voss), sta dando la caccia ai nazisti che, tra cambi d'identità e fughe all'estero, meritano di finire sotto processo. Tra questi, in particolare, il giovane e promettente avvocato si concentra su Joseph Mengele e su Adolf Eichmann. Ma tra connivenza di alcuni suoi superiori e omertà, l'operazione sarà tutt'altro che semplice.
Nato in Italia ma cresciuto in Germania, dove si è formato come attore e come regista, Giulio Ricciarelli esordisce alla regia sul grande schermo con un film didascalico, quasi scolastico, ma assolutamente avvincente, che si colloca a metà strada tra Lo stato contro Fritz Bauer (che sarebbe tuttavia arrivato sugli schermi un anno più tardi) e The German Doctor. Grande tensione morale sul tema della memoria collettiva, un riuscito intreccio tra dimensione personale e pubblica del protagonista e il valore nobilissimo dell'impresa artistica sono elementi più che sufficienti a farne un titolo da passare tutt'altro che in secondo o piano    

giovedì 13 dicembre 2018

Il gemello

anno: 2012   
regia: MARRA, VINCENZO    
regia: documentario    
con Raffaele Costagliola, isp. Domenico Manzi, Gennaro Apollo    
location: Italia
voto: 7    

Il carcere come lo si è visto rarissimamente al cinema o in qualche servizio televisivo, ripreso con occhio iperrealista e senza dissimulare la presenza della macchina da presa. Siamo tra i detenuti della prima sezione del Reparto Adriatico del centro penitenziario di Secondigliano (Napoli). Il gemello del titolo è Raffaele Costagliola, chiamato così perché ha altri due fratelli gemelli. Sta in carcere da 12 anni e ne deve scontare ancora parecchi. Accetta la pena, non gli va giù che gli venga tolto il sesso, parla e si confida con l'umanissimo ispettore Domenico Manzi, chiede un cambio di "domicilio" per via di qualche dissapore con il suo compagno di cella  e si esprime soltanto in un vernacolo strettissimo.
Prodotta con il consueto coraggio da Gianluca Arcopinto e diretta da Vincenzo Marra (Vento di terra, L'ora di punta), questa docufiction rende tangibilissimo lo squallore della vita carceraria, i suoi magri riti, la labilità delle speranze, rendendo al tempo stesso macroscopico ed evidentissimo il degrado culturale, estetico e valoriale di questi personaggi che hanno tutti una loro umanità, ma che sono cresciuti e appartengono a mondi che non hanno dato loro la minima opportunità di evolversi.    

mercoledì 12 dicembre 2018

Un sacchetto di biglie (Un sac de billes)

anno: 2017   
regia: DUGUAY, CHRISTIAN    
genere: drammatico    
con Dorian Le Clech, Batyste Fleurial, Patrick Bruel, Elsa Zylberstein, Bernard Campan, Kev Adams, Christian Clavier, Cesar Domboy, Ilian Bergala    
location: Francia
voto: 7    

Nel 1941, durante l'occupazione nazista in Francia, una famiglia ebrea parigina è costretta a cercare di raggiungere una zona franca per sfuggire alla furia del nemico e ai campi di concentramento. Per Maurice (Fleurial) e Joseph (Le Clech), i più piccoli dei quattro fratelli ebrei, comincia un calvario che li porterà verso Nizza, nella speranza di riuscire prima o poi a ricongiungersi con i familiari.
Dopo una serie di film horror e di thriller, il canadese Christian Duguay gira ancora una volta - come nel precedente Belle & Sebastian - un'opera ad altezza di bambino, a tratti quasi didascalica e con un sentimentalismo vagamente olegrafico. Tuttavia, il lavoro tratto dal racconto autobiografico di Joseph Joffo (pubblicato nel 1973 e già soggetto per un altro film appena due anni più tardi) - a metà strada tra il racconto di formazione e il road movie - ha una sua forza, tocca con dignità il tema dell'olocausto, arriva dritto al cuore anche grazie alla straordinaria bravura dei due giovanissimi interpreti, collocandosi dalle parti de Il bambino con il pigiama a righe e La chiave di Sara.    

martedì 11 dicembre 2018

11.6 - The french job

anno: 2013   
regia: GODEAU, PHILIPPE    
genere: noir
con François Cluzet, Bouli Lanners, Corinne Masiero, Juana Acosta, Johan Libéreau, Mireille Franchino, Stéfan Wojtowicz, Jean-Claude Lecas, Eric Bernard, Karim Leklou, Jean-Michel Correia, Mohamed Makhtoumi, Christelle Bornuat    
location: Francia, Principato di Monaco
voto: 7    

Una guardia giurata addetta al traporto di valori (Cluzet) e con il chiodo fisso delle automobili di lusso decide di sottrarre 1,6 milioni di euro alle finanze francesi, nascondendoli in un garage e lasciandoli quasi tutti lì. Perché lo fa? Cosa lo muove? Perché un incensurato che per vent'anni si è recato al lavoro con la massima puntualità, non ha fatto assenze né creato grane decide di fare il Robin Hood? A fianco di un movente opaco (la vendetta contro un datore di lavoro che per anni gli ha sottratto minuti in busta paga?) c'è un piano perfetto, che contempla la fine di una relazione amorosa, quella di un'amicizia e nessuno spargimento di sangue.
Noir francese ispirato a una storia vera avvenuta nel 2009, giocato tutto per sottrazione dal laconico protagonista, con un intreccio spiazzante, basato sulle rigide capacità di calcolo della guardia giurata, alla quale lo spettatore non sa se guardare con diffidenza o con simpatia.    

lunedì 10 dicembre 2018

Il presidente (La Cordillera)

anno: 2017       
regia: MITRE, SANTIAGO    
genere: drammatico    
con Ricardo Darín, Walter Andrade, Dolores Fonzi, Christian Slater, José María Marcos, Fernando Contigiani García, Erica Rivas, Elena Anaya, Daniel Giménez Cacho, Alfredo Castro, Gerardo Romano, Paulina García, Manuel Trotta    
location: Argentina, Cile
voto: 6    

In occasione di un vertice diplomatico tra tutti i paesi del centro e Sudamerica che si tiene in Cile, il presidente argentino Bianco (Darin) deve gestire un problema personale, legato a un non meglio chiarito ricatto subito dall'ex genero, che infangherebbe la sua reputazione. L'uomo si fa raggiungere dalla figlia (Fonzi) a Santiago per cercare di risolvere la difficile situazione, mentre un emissario del governo americano (Slater) tenta di corromperlo in modo che gli Stati Uniti riescano a entrare senza grossi ostacoli nel programma di nuove trivellazioni per il petrolio.
Considerato l'enfant prodige dell'emergente cinema sudamericano, Santiago Mitre firma un'opera ampiamente ellittica, che prende ben due piste gialle che mal si fondono (il passato fosco del protagonista, denunciato durante l'ipnoterapia dalla figlia e gli intrighi del potere di un uomo all'apparenza specchiato) affidandone gli esiti alla fantasia dello spettatore. Mitre sembra più puntare alla dialettica tra apparenza e realtà che non alla tenuta della trama. Il film è infatti più interessato alle lordure della politica e alla capacità dei suoi rappresentanti di giocare con le parole, come nel caso dell'intervista che il protagonista rilascia a un'incalzante giornalista, che non alla plausibilità del racconto, che lascia in sospeso più di un aspetto.    

sabato 8 dicembre 2018

Foxtrot - La Danza del Destino

anno: 2017   
regia: MAOZ, SAMUEL    
genere: drammatico    
con Lior Ashkenazi, Sarah Adler, Yonatan Shiray, Gefen Barkai, Dekel Adin, Shaul Amir, Itay Exlroad, Danny Isserles, Itamar Rotschild    
location: Israele
voto: 6,5    

Due genitori di mezza età ricevono la notizia della morte del figlio, impegnato in un check point israeliano in un luogo isolato e lunare ai confini del mondo. Ma si tratta di un errore anagrafico: il morto non è lui. Alla disperazione e alla rabbia per come sono state date le notizie e condotte le operazioni, i genitori reagiscono alla notizia chiedendo che il ragazzo sia rimandato a casa. Stacco. Siamo nel luogo dove il giovane presta servizio insieme ad altri tre commilitoni, tra passaggi di dromedari e polvere. Un incidente pesa sulla coscienza della giovane sentinella. Poi un altro incidente. Stacco. I genitori - come nel ballo foxtrot che riporta sempre tutto al punto di partenza, devono elaborare il lutto.
Già in Lebanon l'israeliano Samuel Maoz aveva dato prova di una grande capacità formale, soprattutto nella lavorazione del sonoro, qui davvero impressionante, una sorta di interprete aggiunto e invisibile. Qui l'esercizio di stile per buoni tratti si mangia l'intero film, con scantonamenti di puro non sense, riprese dall'alto anche in ambienti chiusi, lunghissime pause di silenzio rotte soltanto da rumori fuori scena. Un patchwork che enfatizza lo stile visibilissimo di Maoz, messo a servizio di un racconto quasi afasico, lentissimo, ellittico, eppure di notevole suggestione, che va a chiudersi sulle note elegiache della splendida Spiegel im Spiegel di Arvo Pärt.    

mercoledì 5 dicembre 2018

Il testimone invisibile

anno: 2018       
regia: MORDINI, STEFANO    
genere: giallo    
con Riccardo Scamarcio, Maria Paiato, Miriam Leone, Fabrizio Bentivoglio, Ascanio Balbo    
location: Italia
voto: 6    

Giunto all'apice del successo economico, l'imprenditore Adriano Doria (Scamarcio) rischia di vedere evaporare tutto ciò che ha costruito quando entra nel mirino della giustizia e dell'opinione pubblica in seguito alla misteriosa sparizione di un ragazzo e all'accusa di avere ucciso la sua amante (Leone). Un'avvocatessa di rango (Paiato), prossima alla pensione, sembra l'unica in grado di toglierlo dai pasticci, a condizione che l'uomo confessi tutta la verità e non sorvoli sui dettagli. Che, stando alla versione dell'uomo, grosso modo sono questi: fuori dalla consueta residenza milanese dove si trovava con la sua amante, Adriano avrebbe avuto un incidente nel quale ha perso la vita proprio il ragazzo scomparso. Manipolato e puntino dalla sua amante, l'uomo ne fa sparire il cadavere, salvo doversela poi vedere con i genitori del giovane, poco inclini a credere a una messinscena degna dell'incipit di Psycho.
Con il remake dello spagnolo Contrattempo, Stefano Mordini, che aveva lavorato con Scamarcio in Pericle il nero, perde un'occasione ghiottissima: quella di portare alla sua massima potenzialità un film di ottima scrittura ma affidato a interpreti tutt'altro che all'altezza (d'altronde il film iberico fu pensato per la piattaforma Netflix). Qui, nonostante la presenza di Bentivoglio e dello stesso Scamarcio, sono le due donne protagoniste a destare le maggiori perplessità: Miriam Leone, la ex Miss Italia che dovrebbe essere cancellata da qualsiasi indicizzazione degli attori italiani, e la pur brava Maria Paiato, il cui gioco di identità è tuttavia troppo scoperto (responsabilità forse di trucco e regia). Atmosfere suggestive, suspense fiacca e risultato inferiore alle attese.    

lunedì 3 dicembre 2018

Vero dal vivo. Francesco De Gregori

anno: 2018   
regia: BARRACO, DANIELE    
genere: documentario    
con Francesco De Gregori, Francesca Gobbi, Federico De Gregori, Marco De Gregori, Vincenzo 'Chips' LOmbi, Guido Guglielminetti, Paolo Giovenchi, Alessandro Valle, Carlo Gaudiello, Francesca Rapetti, Roberto Izzo, Stefano Cabrera, Raffaele Rebaudengo    
location: Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Regno Unito, Usa
voto: 2    

Potrebbe chiamarsi La strategia dell'imbucato o anche Elegia del tabagismo quest'oggetto mostruoso dalle vaghe sembianze filmiche che riprende il cantautore Francesco De Gregori nel corso di una sua tournée in Europa e negli Stati Uniti. Già, perché il regista Daniele Barracco sembra essere stato accolto come un ospite indesiderato tra alberghi, pullman e backstage dei teatri dove il musicista romano si è esibito, tanto sono espressivi e perentori gli sguardi in cagnesco che De Gregori rivolge in macchina. Il ritratto che esce da questo breve documentario, presentato al Festival del cinema di Roma, ma senza un vero sbocco in sala, non aggiunge una sola virgola a quanto già si sapeva dell'autore di canzoni come La donna cannone, Rimmel e Alice non lo sa. Al contrario, il profilo umano di De Gregori ne risulta addirittura peggiore di quanto non sia apparso in occasioni analoghe (Banana Republic, Finestre rotte: erano già due i documentari che lo celebravano): un tabagista che cerca ogni occasione per fumare, scostante, antipatico, accompagnato da una moglie - Francesca Gobbi - che, potendo, è persino più accigliata di lui, con quella mutria ingrugnita costantemente stampata sul volto. E anche la musica non ci fa una gran figura, soprattutto se questa deve essere la versione scodellata a chi non conosce le prodezze di scrittura di De Gregori: si insiste moltissimo, anche per lanciare la sciagurata operazione commerciale del singolo venduto a 1200 euro, sul tradizionale napoletano Anema e core, propinato in tutte le salse dai due coniugi, mentre viene lasciato pochissimo spazio alla produzione autografa del cantautore romano: un accenno di Generale e frammenti quasi impercettibili di canzoni minori come Buenos Aires e Deriva. Né aiutano le interviste svogliate rivolte ai compagni della band o l'aspetto da malato terminale prelevato da Mauthausen che ritrae il protagonista, qui senza neppure la caratteristica barba: pelle e ossa di un uomo consumato da chissà cosa (è malato?) e che ha perso la bellezza scintillante che fino a vent'anni prima faceva delirare le ragazzine sotto i palchi di mezza Italia.    

domenica 2 dicembre 2018

Widows: Eredità criminale

anno: 2018       
regia: McQUEEN, STEVE    
genere: giallo
con Viola Davis, Liam Neeson, Jon Bernthal, Manuel Garcia-Rulfo, Coburn Goss, Michelle Rodriguez, Cynthia Erivo, Colin Farrell, Daniel Kaluuya, Elizabeth Debicki, Jacki Weaver, Robert Duvall    
location: Usa
voto: 7    

Siamo nel 2008 e a Chicago ci sono le elezioni municipali. Tra i contendenti il rampollo (Farrell) pluriindagato e scansafatiche di una famiglia che amministra la città da oltre sessant'anni e un nero della mala locale (Brian Tyree Henry) che, attorniato da scagnozzi della peggior specie, sogna di poter "mettere le mani in pasta" negli affari che riguardano appalti e costruzioni. Per farlo, quest'ultimo deve puntare sui soldi da investire in campagna elettorale che però gli sono stati sottratti da un rapinatore d'alto bordo (Neeson), che muore nella sua ultima "missione". L'aspirante sindaco va allora a bussare a casa della vedova (Davis), convinto di riuscire a trovare il bottino. La donna si trova costretta a mettere in atto un piano diabolico del marito, meticolosamente appuntato su un diario. Per farlo, recluterà le donne rimaste vedove nello stesso colpo dove morì suo marito.
Dopo Hunger, Shame e 12 anni schiavo, Steve McQueen gira un heist movie che soffre qualche verbosità di troppo nella parte centrale, ma che assesta una seri di colpi di scena che garantiscono suspense e divertimento fino all'ultimo minuto.    

domenica 25 novembre 2018

Il prigioniero coreano (Geumul (The Net))

anno: 2016   
regia: KI-DUK, KIM    
genere: drammatico    
con Ryoo Seung-bum, Lee Won-gun, Kim Young-min, Choi Guy-hwa    
location: Corea del Nord, Corea del Sud
voto: 7    


A causa di un problema al motore della sua barca, un pescatore nordcoreano (Ryoo Seung-bum) finisce involontariamente nelle acque del territorio della Corea del Sud. Qui viene prelevato e portato in un luogo nel quale, per giorni interi e nonostante le premurose attenzioni di un addetto alla sua sicurezza, viene sottoposto a interrogatori, vessazioni e torture di ogni genere. Il governo di quel paese, o per meglio dire un suo emissario, è convinto che il pescatore sia una spia. Dopo un'interminabile odissea, il pescatore si troverà a rivivere qualcosa di simile nel suo paese d'origine.
Kim Ki-Duk firma l'ennesima opera spiazzante, che - dopo One on one - ancora una volta abdica da qualsivoglia concezione estetica della settima arte per lasciare spazio unicamente ai contenuti. Col suo ritratto desolante e rassegnato di due Paesi che vivono forme diverse ma sovrapponili di dittatura e di violenza ideologica, il regista sudcoreano riesce a restituire in maniera possente lo strazio a cui è sottoposto il protagonista a causa dell'ennesima dimostrazione della banalità del male, la sua refrattarietà a subire il fascino del capitalismo sudcoreano tenendo permanentemente gli occhi chiusi in esterno (almeno finché potrà), la brutalità di un sistema di regole ottuse, l'ostinazione con cui - per ragioni unicamente ideologiche - lo Stato passa sul corpo di un cittadino di un altro paese senza alcun rispetto per i suoi diritti. Ma dall'altra parte, il film è girato con uno stile meno che spoglio non si potrebbe, con la macchina da presa spesso incollata al volto dei personaggi, inquadrature sghembe, scenografie approssimative, recitazione amatoriale (e anche il doppiaggio italiano non aiuta…). Una scelta che rimanda a distanze siderali quelle inquadrature di film come Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera o Ferro 3, che trasformavano ogni immagine in un'opera d'arte.    

giovedì 22 novembre 2018

Tutti lo sanno (Todos lo saben)

anno: 2018       
regia: FARHADI, ASGHAR    
genere: giallo    
con Penélope Cruz, Javier Bardem, Bárbara Lennie, Ricardo Darín, Jaime Lorente, Inma Cuesta, Eduard Fernández, Carla Campra, Elvira Mínguez    
location: Spagna, Francia
voto: 8    

Durante la festa di matrimonio in Spagna di Bea (Lennie), la sedicenne Irene (Campra) - figlia di Laura (Cruz), la maggiore delle sue sorelle, arrivata lì dall'Argentina senza marito (Darin) al seguito - sparisce. Poco dopo arriva un messaggio che avverte la donna che si tratta di un rapimento e nella zona non è il primo. Inizialmente si pensa a dei professionisti, ma non ci vuole molto a capire che l'artefice del rapimento è qualcuno che conosce abitudini e comportamenti della famiglia. Paco (Bardem), ex di Laura, si adopera febbrilmente per ritrovare la ragazza, al punto di decidere di mettere in pericolo il suo stesso lavoro di viticoltore.
Reduce dalla prova strepitosa de Il cliente, l'iraniano Asghar Farhadi compie la sua prima trasferta europea con un film che ricalca le tematiche di fondo della sua cinematografia: le relazioni difficili all'interno della famiglia (Una separazione, Il passato), i dilemmi morali, l'incatenamento ai ruoli. Se la stampa togata ha additato la prima esperienza del regista fuori patria - finalmente aperta anche a scene in esterno - a una sorta di feuilleton portato troppo per le lunghe, prendetela con la dovuta cautela: Tutti lo sanno è un film di squisita fattura, con un'impeccabile trama gialla che mette lo spettatore nelle condizioni di penetrare i dissapori tra familiari e amici di questi portandolo a sospettare di tutti. A questo aggiunge una sopraffina direzione degli attori, che vede Javier Bardem giganteggiare come nelle sue migliori interpretazioni (Non è un paese per vecchi, Carne tremula).    

martedì 20 novembre 2018

In Guerra (En guerre)

anno: 2018       
regia: BRIZE', STEPHANE    
genere: drammatico    
con Vincent Lindon, Mélanie Rover, Jacques Borderie, Olivier Lemaire, Bruno Bourthol, Sébastien Vamelle, Valérie Lamond, Jean Grosset, Guillaume Draux    
location: Francia
voto: 3    

La dirigenza di uno stabilimento dell'azienda Perrin, nel quale lavorano più di 1000 dipendenti, sigla un accordo con gli operai. Questi ultimi accettano una riduzione di stipendio in cambio della promessa che non ci saranno né licenziamenti né delocalizzazioni. Infedeli all'accordo siglato nonostante l'aumento dei profitti, i dirigenti dell'azienda per tutta risposta si troveranno a dover fronteggiare il blocco delle commesse e degli imballaggi da parte degli operai, guidati dal sindacalista Laurent Amédéo (un sempre efficace Vincent Lindon). Ma tra intrallazzi con la politica e l'uso spregiudicato del primo comandamento del potere - divide et impera - la guerra tra padroni e operai si farà durissima per questi ultimi, con un epilogo tragico.
Stephane Brizé aveva lasciato il segno con un'altra storia di lavoro, anch'essa affidata al ricchissimo bagaglio espressivo di Vincent Lindon: La legge del mercato. Stavolta però siamo alla pura accademia: dibattitti infuocati attorno a un tavolo, tachilalia inarrestabile, logomachie infinite, scene di massa di livello amatoriale con un unico attore professionista. Sembra di assistere più a un telegiornale che non a un film dei Dardenne o di Ken Loach. Per seguire la propria vocazione ideologica, pienamente condivisibile, Brizé si scorda il film, appiattendolo su un ritmo del tutto monocorde affidato a un perenne furore verbale, eliminando quasi del tutto le vicende personali che avrebbero permesso l'identificazione con i personaggi del film e, di conseguenza, non riuscendo mai ad emozionare, se non con il pugno allo stomaco dello spettatore sferrato a cinque minuti dalla fine.    

lunedì 19 novembre 2018

Red zone - 22 miglia di fuoco (22 mile)

anno: 2018       
regia: BERG, PETER    
genere: spionaggio    
con Mark Wahlberg, Lauren Cohan, Ronda Rousey, John Malkovich, Iko Uwais, Terry Kinney, David Garelik, Sala Baker, Graham Roland    
location: Russia, Usa
voto: 5    

In un immaginario paese asiatico, la spia locale Li Noor (Iko Uwais) è un agente segreto doppio se non triplogiochista che ha informazioni segretissime su alcune organizzazioni paramilitari che stanno architettando attentati con l'uso del cesio in varie parti del mondo. L'uomo chiede di essere scortato all'aeroporto per abbandonare il paese e mettersi in salvo in cambio di quelle preziosissime informazioni. Sono solo 22 miglia dal luogo nel quale l'agente della CIA James Silva (Wahlberg) e i suoi sodali lo prelevano. Ma per il corpo speciale della CIA - preposto a intervenire come un fantasma laddove falliscono diplomazia e operazioni militari - sarà una distanza piena di brutte soprese.
Quarto film consecutivo per la coppia Peter Berg / Mark Wahlberg dopo Lone Survivor, Deep water e Boston - Caccia all'uomo, ma anche il meno riuscito di tutti e l'unico che non sia tratto da una storia vera. Di vero ci sono invece gli espertoni di arti marziali, che per buona parte del film se le danno di santa ragione, pigiando forte sul pedale del Grand-Guignol. In bocca rimane il sapore di un'opera muscolare e fracassona, un blockbuster da un'inquadratura al secondo, debole sul piano narrativo e nipotino diversamente abile di 007.    

giovedì 15 novembre 2018

Papillon

anno: 2017       
regia: NOER, MICHAEL    
genere: drammatico    
con Charlie Hunnam, Rami Malek, Yorick Van Wageningen, Roland Møller, Tommy Flanagan, Eve Hewson, Michael Socha, Nina Senicar, Christopher Fairbank, Brian Vernel, Ian Beattie    
location: Colombia, Francia, Guyana Francese
voto: 4,5    

Ci vuole un bel fegato a girare il remake di un capolavoro del genere carcerario, per di più interpretato da due giganti come Steve McQueen e Dustin Hoffman. E ce ne vuole ancora di più nell'affidare l'intera operazione a una coproduzione serbo-montenegrina-maltese, con attori ben poco noti (sebbene Charlie Hunnam sia stato protagonista tutt'altro che carismatico di Civiltà perduta e Rami Malek sta per assurgere a massima notorietà grazie all'interpretazione di Freddy Mercury). La storia ricalca quasi filologicamente quella del film del 1973 firmata da Franklin Schaffner, con un lungo prologo che ci fa vedere il protagonista Henri Charriere (Hunnam), detto Papillon per via del vistoso tatuaggio che porta all'altezza dello sterno, che si muove con disinvoltura nella Parigi degli anni '30, rubando a destra e a manca al servizio di un boss vendicativo. Finisce ingiustamente in carcere e viene spedito nella Guyana Francese, dove conosce il falsario Louis Dega, omino pieno di soldi ma fragile e pauroso, minacciato continuamente. Papillon non fa che progettare la fuga. Ci riesce una prima volta, finisce in isolamento inizialmente per due e poi per cinque anni, fino a quando tenta l'impossibile.
Tratto dalla storia vera scritta dallo stesso Henri Charriere - un best seller da milioni di copie e traduzioni in 30 lingue - il film di Michael Noer si dilunga in dialoghi verbosi, pigia sul pedale del legame tra i due protagonisti accentuando la componente velatamente omosessuale, non risparmia all'occhio dello spettatore più di un particolare cruento ma non ha nerbo. Veleggia insomma su un registro drammaturgico piuttosto uniforme e con pochi sussulti, affidandosi a due personaggi con cui è difficile entrare in empatia.    

lunedì 12 novembre 2018

Styx

anno: 2018       
regia: FISCHER, WOLFGANG    
genere: avventura    
con Susanne Wolff, Gedion Oduor Wekesa    
location: Gibilterra
voto: 8    

Una dottoressa (Wolff) si mette in viaggio da sola a bordo della sua barca a vela di 12 metri, circumnavigando le coste d'Africa per arrivare nell'incontaminata isola di Assunzione, una meraviglia progettata da un allievo di Darwin. Non ci arriverà mai: strada facendo si imbatte in un peschereccio in avaria con a bordo centinaia di migranti. Ne salva uno (Wekesa), un ragazzino di 14 anni che, come tanti, si è gettato in mare nel disperato tentativo di salvarsi, pur non sapendo nuotare. Nonostante le continue chiamate di soccorso alla Guardia Costiera, la donna si trova nelle condizioni di non sapere se tentare un'impresa disperata (la sua barca non reggerebbe il peso di tutta quella gente) o attenersi al protocollo del diritto marittimo e abbandonare la scena.
Ci sono voluti nove anni al regista tedesco Wolfgang Fischer per portare nelle sale questo film di rara potenza fisica ed emotiva, con pochissimi dialoghi, basato soprattutto sulla fatica muscolare di una donna poliedrica, capace, volitiva. Un film spartiacque che riecheggia solo formalmente All is lost, ma tutto spostato sul sul tema dei flussi migratori alla ricerca di nuove rotte (le coste del Brasile, il giro lungo tutta la costa orientale dell'Atlantico) a seguito della chiusura almeno parziale delle porte del Mediterraneo. Quel Mediterraneo trasformato metaforicamente in Stige (lo Styx del titolo), il nome del fiume infernale che - per i greci - separava i morti dai vivi. Non a caso, il film parte da Gibilterra, le colonne d'Ercole che segnano il confine tra due mondi, con scimmie che girano liberamente a un passo dalla "civilissima" Spagna. A tanto rigore drammaturgico e di concept, si somma l'assenza quasi totale di effetti speciali, con scene - come quella della tempesta, terribile - girate "dal vero". Imperdibile.
Premio della Giuria Ecumenica al Festival di Berlino.    

giovedì 8 novembre 2018

Summer of Sam (S.O.S.)

anno: 1999   
regia: LEE, SPIKE    
genere: thriller    
con John Leguizamo, Adrien Brody, Mira Sorvino, Jennifer Esposito, Michael Rispoli, Saverio Guerra, Brian Tarantina, Al Palagonia, Ken Garito, Bebe Neuwirth, Patti LuPone, Mike Starr, Anthony LaPaglia, Roger Guenveur Smith, Ben Gazzara, Joe Lisi, James Reno, Arthur J. Nascarella, John Savage, Jimmy Breslin, Michael Badalucco, Spike Lee, Lucia Grillo, Nelson Vasquez, Darielle Gilad, Michael Harper, Jessica Galbreath, Evan Cohen, George Tabb, Michael Imperioli, Victor Colicchio, Peter Maloney, Christopher Wynkoop, John Turturro, Ernie Anastos, Jim Jensen, Melba Tolliver, Phil Rizzuto, Reggie Jackson, Danielle Burgio, Lisa France, Peter Epstein, Jill Stokesberry, Joseph Lyle Taylor, Kim Director, Bill Raymond, Mildred Clinton, Emelise Aleandri, Michael Sorvino, Phil Campanella, William H. Burns, Ernest Mingione, Frank Fortunato, Dan Zappin, Murielle Arden, Christina Klobe, Charlotte Colavin, Clayton J. Barber, Joie Lee, Rome Neal, Mark Breland, Susan Batson, Evander Holyfield, Toneda Laiwan, Janet Paparazzo, Jodi Michelle Pynn, Jennifer Badger, Jeff DeRocker, Nick Oddo, Damian Achilles, Joanne Lamstein, Gabriel Barre, Tara McNamee, John Michael Brown, Damian Branica, Lorne Behrman, Curtis Gove, James Baggs, Rozie Bacchi, Grace DeSena, Zoe Bournelis, Ashleigh Gloss, Frank Cadillac, Daniel J. Courtenay, Michael Prozzo, Kathryn Hud, Antonio Torres, Pamela Wehner, Dionna Colicchio, Victoria Galasso, Danielle Tutelian, John Martucci, Mario Macaluso, Andrew Lasky, Richard Paul, Ray Carlson, Alexander J. Vega, Steven Croft, Mary Jo Todaro, Jacqueline Margolis, Iris Braydon, Valerie Mazzonelli, Hal Sherman, Nicholas Brown    
location: Usa
voto: 4    

È l'estate del 1977 e a New York fa un caldo eccezionale, gli Yankees vincono il loro primo campionato ed esplode la disco music. In quel clima rovente la preoccupazione più diffusa è quella di incappare in un serial killer che spara e uccide le coppie che si appartano in macchina, senza distinzione di genere o di colore. Vinny (Leguizamo) - sottaniere e fedifrago compulsivo e impossibile da redimere - teme più di tutti di essere la prossima vittima, giacché una volta è fortunosamente scampato all'agguato del killer. Pur di dissipare i sospetti di essere stato testimone dell'agguato, Vinny preferisce mettere un suoi amico (Brody), dalle attitudini sessuali poco chiare, in pasto a un branco di sfaccendati vogliosi di menare le mani.
Fluviale, verboso e girato con uno stile tutt'altro che virtuosistico, al limite del paratelevisivo, Summer of Sam rovista tra le relazioni della lower class bianca a stelle e strisce con un registro da film giallo, pur non impiegando molto a squadernare la figura del killer allo spettatore. Pretestuose le scene in cui lo stesso Lee, nei panni di un giornalista, dà conto degli assalti ai negozi da parte della popolazione afroamericana e portoricana, a suggello di una polemica antirazziale mai sopita.    

lunedì 5 novembre 2018

Mountain

anno: 2017   
regia: PEEDOM, JENNIFER    
genere: documentario    
con la voce di Willem Dafoe    
location: Australia
voto: 8    

La montagna. Meraviglia e incanto, fonte di paura e di sfide. Temuta da sempre dagli umani per via del suo aspetto minaccioso, della mitologia costruita su di esse - era per definizione il luogo che ospitava dèi maligni - negli ultimi tre secoli la montagna si è trasformata progressivamente in una sorta di gioco alla ricerca del limite. Dapprima per ragioni scientifiche o legate all'attività esplorativa dell'uomo, quindi per puro piacere del brivido fino a diventare meta del più pecoreccio turismo di massa. Lo straordinario documentario diretto da Jennifer Peedom, ma girato da una pletora di eccellenti filmmakers, ricostruisce questo strabiliante percorso raccogliendo qualche immagine d'epoca ma soprattutto mostrando, con ordine quasi didascalico, i diversi aspetti della montagna: dal suo fascino al pericolo, dai free-climbers agli sciatori e a chi ne cavalca le vette in sella a una bici o le sorvola a volo d'angelo o in parapendio, ce n'è per tutti i gusti, con tecniche di ripresa che vanno dall'uso della go-pro al time lapse. È così che vediamo i ghiacciai letteralmente respirare, la lava uscire dai vulcani per trasformarsi in un mostruoso essere animalesco, assistiamo a slavine di proporzioni spaventose, vediamo torme di turisti dare l'assalto all'Everest, la montagna della sfida per eccellenza. A commentare tutto questo splendore c'è la voce (bellissima) di Willem Defoe e l'accompagnamento musicale di un'orchestra da camera che ci delizia passando da Beethoven, Vivaldi, Chopin e Schulthorpe alle musiche celestiali di Arvo Pärt. Un documentario imperdibile tanto per il suo valore antropologico quanto, soprattutto, per la qualità sopraffina di immagini che spesso diventano veri e propri quadri viventi. Non si vedeva nulla del genere dai tempi di Koyaanisqatsi.   

sabato 3 novembre 2018

Doppio amore (L'amant double)

anno: 2017   
regia: OZON, FRANÇOIS    
genere: horror    
con Marine Vacth, Jérémie Renier, Jacqueline Bisset, Myriam Boyer, Dominique Reymond    
location: Francia
voto: 7    

La venticinquenne Chloé (Vacth), ex modella manico di scopa, ha continui disturbi al pancino. Le medicine non fanno effetto e così decide di affidarsi a uno psicoterapeuta (Renier). Gli si affida talmente tanto che prima ci finisce a letto e poi ci va a viere insieme, con gatto annesso (che lui detesta anche perché il quadrupede imperversa sulle lenzuola e irrompe durante il coito). L'uomo sembra che abbia un passato segreto e Chloé comincia a indagare fino a scoprire l'esistenza di un fratello gemello del quale diventa l'amante. Dire di più del sedicesimo film del prolificisisso François Ozon equivarrebbe a un clamoroso spoiler. C'è invece da commentare il solito connubio tra idee assai originali, spesso portate a termine al prezzo di clamorosi buchi di sceneggiatura, e virate tra l'onirico, il paranormale e persino l'horror (in sottofinale assistiamo a una scena degna di Cronenberg, mentre l'incipit del film è affidato all'interno di una vulva che improvvisamente si fa dentata). L'abilità del regista transalpino sta tutta sia nel rigore del gioco visivo ai limiti dell'oleografico, nel quale gli specchi sono elemento imprescindibile, sia nel modo in cui egli riesce e tenere fino all'ultimo lo spettatore in equilibrio caduco tra una lettura psicanalitica (i due gemelli sono una proiezione della protagonista?) e una chiave thriller (i due fratelli sono d'accordo tra loro, come accadeva in Inseparabili?). In ogni caso, si tratta di uno dei film (adattato da un romanzo breve di Joyce Carol Oates) più riusciti del regista di Swimming pool, CinquePerDue e Giovane e bella, con quel suo consueto mix di mistero, paranormale, erotismo patinato e ambiguità.    

giovedì 1 novembre 2018

Soldado (Sicario 2: Day of the Soldado)

anno: 2018       
regia: SOLLIMA, STEFANO    
genere: poliziesco    
con Josh Brolin, Benicio Del Toro, Catherine Keener, Isabela Moner, Catherine Keener, Jeffrey Donovan, Christopher Heyerdahl, Matthew Modine, Ian Bohen, Manuel Garcia-Rulfo, Jake Picking, Bruno Bichir, David Castaneda, Howard Ferguson Jr., James Devoti, Jackamoe Buzzell, Diane Villegas, Ryan Jason Cook, J.D. Garfield, David Manzanares, Ibrahim Renno, Elijah Rodriguez, Manny Rubio, Sherman Allen, Ryan Begay, Mario Moreno    
location: Colombia, Messico, Usa
voto: 6    

Ci sono due adolescenti al centro della vicenda che viene raccontata nel sequel che segna il passaggio di testimone da Denis Villeneuve, regista di Sicario, a quelle del nostro Stefano Sollima, qui alla sua prima esperienza americana. Uno è un ragazzino che vuole farsi le ossa nella malavita messicana facendo transitare i clandestini oltre confine. L'altra (Moner) è la figlia di un boss dei cartelli della droga messicana che viene rapita facendo credere al genitore che l'azione è stata opera un'operazione dei cartelli rivali. In mezzo, un agente federale dell'FBI (Brolin) che opera in barba a qualsiasi regola - come nel film precedente - e un personaggio misterioso (Del Toro) al quale un trafficante ha ammazzato l'intera famiglia. L'operazione per scatenare la guerra tra cartelli e quindi trovare un alibi per intervenire avrà non poche complicazioni.
Sollima si conferma regista dalla tecnica solidissima e perfettamente a proprio agio nelle scene d'azione (perfettamente in linea con quelle dei migliori Blockbuster a stelle e strisce), come in ACAB e Suburra. In questa circostanza, tuttavia, Sollima sembra più in difficoltà nella gestione della doppia trama del racconto ed eccede in verbose lungaggini che spezzano in più occasioni il ritmo del film con spiegoni non sempre necessari.    

sabato 27 ottobre 2018

The Children Act - Il verdetto

anno: 2017       
regia: EYRE, RICHARD    
genere: drammatico    
con Emma Thompson, Stanley Tucci, Ben Chaplin, Fionn Whitehead, Honey Holmes, Jason Watkins, Rosie Boore, Nikki Amuka-Bird, Rupert Vansittart, Anthony Calf    
location: Regno Unito
voto: 2    

Fiona Maye (Tjompson) è una giudice dell'alta corte britannica che passa tutto il suo tempo a scartabellare sui casi da discutere in tribunale. Ovvio che non trovi mai il tempo per trastullarsi un po' sotto le lenzuola con quel sant'uomo di suo marito (Tucci), che le annuncia una scappatella per procurato priapismo. Va da sé che i due, data la scarsa consuetudine al congiungimento carnale, non abbiano figli. Ergo, che fa questa specie di Thatcher togata? Trova l'occasione per una discendenza surrogata in un diciassettenne leucemico (il pessimo Fionn Whitehead) i cui genitori - testimoni di Geova - rifiutano le cure (impagabile l'unica battuta buona nei dialoghi, quella in cui un avvocato, rivolgendosi a loro, dice "Ma se nell'età del ferro non c'erano le trasfusioni e il Vangelo è stato scritto poco dopo, come hanno fatto a vietarle?"). Il giovanotto - che sembra trasportato di peso dal set di un film di Dario Argento - è costretto a subire la decisione della giudice, guarisce e, per passare il tempo, si trasforma in uno stalker capace di avere accesso anche nei luoghi più esclusivi della borghesia inglese più parruccona.
Tratto da un romanzo di Ian McEwan, uno dei più sopravvalutati scrittori contemporanei, e interpretato (male e sempre con la stessa mutria) da una delle più sopravvalutate attrici di terra d'Albione, Il verdetto è un film che va goffamente a parare su una questione etica attraverso schematismi eccessivi, dialoghi bolsi e virate narrative imbarazzanti. Per il regista del discreto Diario di uno scandalo una prova tutta da dimenticare.    

venerdì 26 ottobre 2018

Euforia

anno: 2018       
regia: GOLINO, VALERIA    
genere: drammatico    
con Riccardo Scamarcio, Valerio Mastandrea, Isabella Ferrari, Valentina Cervi, Jasmine Trinca, Andrea Germani, Marzia Ubaldi, Iaia Forte    
location: Bosnia, Italia
voto: 7    

Matteo (Scamarcio) è un quarantenne omosessuale pieno di vita, con una posizione professionale invidiabile, tanti amici debosciati, una passione per la cocaina e per l'arte classica e un'enorme casa nel pieno centro di Roma. È lì che va a stare, su sua iniziativa, Ettore (Mastandrea), fratello che più diverso da lui non potrebbe essere: schivo, malinconico, un figlio e una separazione alle spalle, un lavoro da insegnante alle scuole medie. Ettore deve fare i conti con una malattia che gli è stata venduta come una cisti, ma si tratta di un tumore al cervello per il quale suo fratello vuole le cure migliori tenendolo all'oscuro del dramma reale che si prospetta.
A cinque anni di distanza dall'ottimo Miele, Valeria Golino torna dietro la macchina da presa con un film che ancora una volta parla di malattia e di morte. Dall'altra parte della cinepresa colloca il suo ex compagno di vita Riccardo Scamarcio, che le regala una prestazione strepitosa, vitalissima, con la quale snocciola un infinito caleidoscopio emotivo. Anche se divorato dall'attore pugliese, il film trova nell'arpeggio di sentimenti sul difficile rapporto tra i due fratelli la sua nota più intonata, ma non arriva mai a un acuto, a una scena madre in qualche modo memorabile, capace di far impennare il film da un registro a tratti monocorde.    

giovedì 18 ottobre 2018

Le Ardenne - Oltre i confini dell'amore (D'Ardennen)

anno: 2015       
regia: PRONT, ROBIN    
genere: drammatico    
con Kevin Janssens, Jeroen Perceval, Veerle Baetens, Jan Bijvoet, Viviane de Muynck, Sam Louwyck, Peter Van den Begin, Eric Godon, Rachid El Ghazaoui    
location: Belgio
voto: 5    

A seguito di una rapina finita male, Kenny (Janssens) è costretto a farsi quattro anni di galera, mentre suo fratello Dave (Perceval) riesce a scappare insieme a Sylvie (Baetens), la fidanzata di Kenny. Dave cerca di rigare dritto, trova un lavoro e si fidanza proprio con Sylvie. Ma quando Kenny esce dalla galera non accetta che la sua storia con la ragazza sia finita e torna a essere l'uomo violento che era prima, o anche di più, lasciandosi dietro una lunga scia di sangue.
Al suo esordio dietro la macchina da presa, Robin Pront firma un'opera sul tema del triangolo amoroso che è una variante in chiave thriller e con risvolti splatter di tanti altri film sullo stesso solco. Atmosfere cupe, attori in palla.    

martedì 16 ottobre 2018

The Wife - Vivere nell'ombra

anno: 2017       
regia: RUNGE, BJORN    
genere: drammatico    
con Glenn Close, Jonathan Pryce, Christian Slater, Max Irons, Elizabeth McGovern, Harry Lloyd, Morgane Polanski, Annie Starke    
location: Svezia, Usa
voto: 7    

Joan (Close) ha sempre vissuto all'ombra di suo marito Joe (Pryce), un uomo del quale si invaghì quando lui era un professore universitario e lei una studentessa. Il talento della donna per la scrittura ha portato avanti per decenni un'impostura esitata addirittura nel premio Nobel a suo marito. È il 1992 e la coppia deve trasferirsi a Stoccolma per ritirare il presitigiosissimo riconoscimento. I due hanno alle costole un giornalista (Slater) intenzionato a scrivere una biografia di Joe. L'aspirante biografo ha confrontato gli scritti giovanili di Joe con quelli della maturità che lo avrebbero poi portato al Nobel e sospetta fortemente che dietro questi ultimi ci sia la mano di sua moglie Joan.
Il gusto per l'intreccio di The wife viene fortemente attenuato dal sapere - fin dal titolo - dove va a parare la vicenda, sicché ogni sforzo della regia per tenere nascoste allo spettatore le reali dinamiche della coppia è pressoché vano. Ciò non toglie che proprio quelle dinamiche sadomasochiste - con la donna costretta a subire le continue scappatelle del marito, oltre che l'umiliazione per un così grande, mancato riconoscimento - siano l'ingrediente più saporito del film (tratto dal romanzo omonimo di Meg Wolitzer), che mette in campo anche il difficile rapporto dello scrittore patriarca con un figlio (Irons) costretto a un ridimensionamento continuo delle sue ambizioni. Da sola, l'interpretazione di Glen Close vale il prezzo del biglietto.    

domenica 14 ottobre 2018

Il codice del babbuino

anno: 2018       
regia: ALFONSI, DAVIDE * MALAGNINO, DENIS    
genere: noir    
con Denis Malagnino, Tiberio Suma, Stefano Miconi Proietti, Marco Pocetta, Fabio Sperandio, Alessandra Ronzoni, Cristina Morar, Lionello Pocetta, Daniele Guerrini    
location: Italia
voto: 5    

Una ragazza viene stuprata, abbandonata nei pressi di un campo rom e quindi portata in ospedale. Il suo compagno (Suma) è certo che i responsabili siano stati "quegli zingari de' mmerda" e cerca vendetta. L'unico argine alla sua rabbia sembra essere l'amico Denis (Malagnino), coscienzioso padre di famiglia con grossi problemi economici, costretto persino a scantonare dal binario della legalità per arrivare alla fine del mese. La ricerca dei colpevoli nella zona di Guidonia, periferia estrema e difficilissima di Roma, va avanti per tutta la notte. I due amici commettono l'errore di affidarsi a un losco boss locale che si fa chiamare "er tibetano" (Miconi Proietti), che renderà la situazione ancora più difficile.
Interprete e anche regista, Denis Malagnino firma con Davide Alfonsi un noir atipico ispirato a una storia vera, girato con pochissimi spiccioli e sempre in notturna, con i protagonisti ripresi quasi sempre con l'occhio della cinepresa incollato addosso, quasi da cinema espressionista. Unità di tempo, di luogo e di azione fanno da architrave a questa storia di amicizia sui generis, sempre esposta al tradimento, in un deserto di valori che condurrà a un finale paradossale e spiazzante.