sabato 8 dicembre 2012

Exit through the gift shop

anno: 2010   
regia: BANKSY 
genere: documentario 
con Banksy, Mr. Brainwash, Debora Guetta, Monsieur André, Zeus, Shepard Fairey, Ron English, Caledonia Curry, Borf, Buffmonster, Steve Lazarides, Wendy Asher, Roger Gastman, Laurent Nahoum-Vatinet, Amanda Fairey, Romain Lefebure, Clemence Janin, David Healy, Celeste Sparrow, Derek Walborn, Adam Lawrence, Justin Murphy, Justin Saliman, Sonja Teri, Grace Jehan, Rhys Ifans, Space Invader, Christina Aguilera, Beck, Victor Borrayo, Angie Crouch, Mary Cummins, Liam Gallagher, Noel Gallagher, Angelina Jolie, Jude Law, Jay Leno, Joshua Levine, Shaquille O'Neal, Brad Pitt, Alastair Stewart, Tai, Alex Thomson 
location: Regno Unito
voto: 8

Di Banksy, writer inglese ormai assurto a fama mondiale, si sa pochissimo, vista la caparbietà con cui riesce a nascondere la sua identità. Eppure i suoi disegni disseminati sui muri di mezzo mondo - compresi quelli dei territori palestinesi dove ha dipinto degli squarci esotici - rappresentano una delle pagine più innovative, rivoluzionarie e dissacranti della street art. Dai graffitari degli anni '90 alle mostre nei grandi spazi espositivi di Los Angeles e del Moma di New York, il suo documentario è una strana creatura tutt'altro che autocelebrativa: in esso, piuttosto, vi è un singolare gioco di specchi tra lui, che compare sempre rigorosamente in controluce e incappucciato, e Thierry Guetta, un francese mezzo pazzo con una mania compulsiva che lo spinge a filmare sempre e qualsiasi cosa. Filma di qua, filma di là, Thierry - trasformatosi poi in Mister Brainwash (il signor lavaggio del cervello) - si ritrova a filmare i writer nelle loro incursioni più acrobatiche (e, tra questi, lo stesso Banksy), fino a quando non decide di trasformarsi lui stesso in un marchio, arrivando a diventare una star a metà strada tra pop e street art, capace di rastrellare milioni di dollari saccheggiando Obey, Banksy e Andy Warhol.
La forza di questo straordinario documentario sta nel restituire un'immagine a tutto tondo della street art, mostrando - senza esplicitarla - la zona liminare tra arte e impostura. Si colgono il ruolo centrale della ripetizione dell'atto e i punti di contatto tra arte di strada e branding. È esemplificativo il caso di Invader, uno che incolla sui muri, nelle posizioni più inarrivabili, i personaggi del videogioco Space Invaders, piccoli mosaici realizzati con piastrelle colorate. Un documentario poco convenzionale, per nulla didascalico, eppure capace di ricostruire il percorso accidentato di questa forma d'arte che è la quintessenza della volatilità e al tempo stesso la summa della riproducibilità tecnica di cui parlava Benjamin: un vero coacervo di contraddizioni.    

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