venerdì 9 gennaio 2015

Nick Cave - 20.000 Days on earth

anno: 2014       
regia: FORSYTH, IAIN * POLLARD, JANE   
genere: documentario   
con Nick Cave, Susie Bick, Warren Ellis, Darian Leader, Ray Winstone, Blixa Bargeld, Kylie Minogue, Arthur Cave, Earl Cave, Thomas Wydler, Martyn Casey   
location: Australia, Regno Unito
voto: 4,5   

Prendete un 57enne che ha vissuto su per giù 20.000 giorni (quelli del titolo) e fatevi raccontare la sua giornata-tipo. Quel 57enne potrebbe essere Nick Cave, rockstar australiana trasferitasi in Inghilterra, Paese dal quale è poi nato il suo successo planetario. Il problema è che la sua giornata-tipo - con tanto di seduta (fasulla: si vede lontano un miglio) dallo psicoterapeuta, pranzo a casa del suo barbutissimo amico e collaboratore Warren Ellis e giri senza sosta in auto (ora con a fianco Ray Winstone, attore e amico, ora con Blixa Bargeld, con lui nei Bad Seeds, ora da solo) - è meno interessante di quella del fruttivendolo egiziano che smercia verdure avvizzite sotto casa mia. Il documentario - pur girato benissimo dai due filmmakers australiani Iain Forsyth e Jane Pollard, con ottima scelta delle luci, fotografia superba e montaggio efficace - procede rapsodicamente in un mare di chiacchiere inutili, una sorta di verboso flusso di coscienza nel quale gli unici elementi di interesse sono i ricordi della vita da giovane tossicodipendente frequentatore di chiese del protagonista, una riflessione su identità e memoria, la rievocazione dell'epoca punk vissuta col suo primo gruppo, i Birthday Party, il racconto della continua ebbrezza da palcoscenico e qualche aneddoto come quello dello spettatore che non trovò di meglio che urinare sul palco durante un concerto dei Bad Seeds, con conseguente reazione non esattamente misurata di Mick Harvey, polistrumentista al fianco di Cave per anni. Ma l'insieme non dice nulla di interessante a chi già conosce il tenebroso e sciamanico artista australiano, né fornirà alcun quadro d'insieme a chi, al contrario, non ne sa nulla. Sicché le cose migliori del documentario sono la durata (relativamente breve) e gli intervalli puramente musicali, fatta eccezione per l'ultimo, registrato dal vivo con un audio indecoroso, non degno neppure di un filmato amatoriale.    

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