regia: SCOLA, ETTORE
genere: grottesco
con Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Jean-Louis Trintignant, Stefano Satta Flores, Serge Reggiani, Stefania Sandrelli, Ombretta Colli, Carla Gravina, Galeazzo Benti, Milena Vukotic, Age, Leo Benvenuti, Ugo Gregoretti, Lucio Villari, Ghigo Alberani, Lucio Lombardo Radice, Francesco Maselli, Venantino Venantini, Helene Ronee, Ritza Brown, Marie Trintignant, Olimpia Carlisi
location: Italiavoto: 8
Sulla terrazza della casa di un esponente dell'alta borghesia si dà convivio l'intellighenzia romana e sinistrorsa, fatta di cinquantenni intellettuali, giornalisti, gente del cinema, predatori dell'altrui sapere, mogli insoddisfatte, politici e direttori di giornali e televisioni. Con riuscita alchimia narrativa, Scola racconta, con l'ausilio di Age e Scarpelli, le storie di cinque di loro, facendole partire - con una struttura ciclica - sempre dallo stesso punto (qualcosa di simile la rifarà Tarantino in Pulp Fiction): la convocazione a tavola da parte della padrona di casa. Le storie - diverse nei dettagli ma uguali nell'espressione di un disagio comune articolato sulla mancanza di valori, sul passaggio dal plurale dei grandi ideali del passato al singolare delle proprie inquiete solitudini, sul riflusso - cominciano da quella di Enrico (Trintignant), sceneggiatore di talento ora in panne. Nonostante le cure affettuose della moglie (Vukotic) e l'accondiscendenza sorniona del suo produttore (Tognazzi), Enrico finirà in una clinica psichiatrica dopo un exploit à la Van Gogh. La seconda storia è quella di Luigi (Mastroianni), giornalista di sinistra inviso ai giovani redattori del suo quotidiano e alla perenne rincorsa delle braccia protettive della ex-moglie (Gravina). Il terzo personaggio messo sotto inchiesta dal racconto di Scola è quello di Sergio (Reggiani), funzionario della Rai incapace di accettare la nuova ondata di immondizia televisiva, che si vede togliere spazio e programmi prima di togliersi egli stesso la vita. Quindi è la volta di Amedeo (Tognazzi), produttore stonato per la sua ignoranza disincantata al resto del sinedrio, disposto a investire denaro su film osceni proposti dalla moglie (Colli) pur di suscitare ancora l'attenzione di quest'ultima. La vicenda di chiusura, forse la più complessa ed avvincente, è affidata a Mario (un Vittorio Gassman che come al solito rende prodigiosamente sotto l'egida di Scola), deputato del P.C.I. in bilico tra la sicurezza matrimoniale e l'incertezza di un nuovo innamoramento. Ritroveremo i nostri tempo dopo, in un'epoca imprecisata, quando su tutti la voga del riflusso avrà lasciato un segno indelebile.
Mai sufficientemente apprezzato dalla critica e snobbato dal pubblico, La terrazza ha il respiro del film complesso e difficile, un gioiello nella filmografia di Scola in anticipo sui tempi. Con una struttura soltanto all'apparenza libera, il film possiede un rigore insolito, scandito dalla propensione passatista di tutti i protagonisti, dalla presenza di intellettuali che stanno al gioco (Lombardo Radice e Villari), da rimandi cinematografici di gusto (Totò, Chaplin), sbeffeggiature alla cultura alta, autoironia, trovate registiche da fuoriclasse. Con C'eravamo tanto amati e La famiglia, La terrazza costituisce un trittico ideale dal quale leggere la storia del costume di una certa Italia di sinistra, nostalgica ed ignara del proprio destino.
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