domenica 18 gennaio 2015

Pride

anno: 2014       
regia: WARCHUS, MATTHEW
genere: commedia
con Bill Nighy, Imelda Staunton, Dominic West, Paddy Considine, George MacKay, Joseph Gilgun, Andrew Scott, Ben Schnetzer, Chris Overton, Faye Marsay, Freddie Fox, Jessica Gunning, Joshua Hill, Lisa Palfrey, Liz White, Monica Dolan, Rhodri Meilir, Nia Gwynne, Kyle Rees, Karina Fernandez, Jessie Cave, Matthew Flynn, Menna Trussler, Jack Baggs, Joseph Wilkins, Bryan Parry, Derek Barr, Abram Rooney, Sophie Evans
location: Regno Unito
voto: 5

L'offensiva della Thatcher a suon di liberismo sfrenato e privatizzazione delle grandi imprese pubbliche nel 1984 mise alle strette i minatori di mezzo Regno Unito, che iniziarono uno sciopero a oltranza bloccando per un intero anno la produzione del carbone. Ai minatori si unì un gruppo di omosessuali che sotto l'acronimo di LGSM (Lesbiche e Gay a sostegno dei minatori) spalleggiò la campagna di sensibilizzazione per la condizione dei minatori, raccogliendo fondi ingenti e cavalcando l'onda della comune discriminazione in termini di diritti civili e sindacali ("Thatcher, polizia e stampa di destra: abbiamo gli stessi nemici", chiarisce uno di loro) e sfidando un muro di pregiudizi e l'imbarazzo di una comunità gallese in buona parte retrograda e parruccona.
Tratto da una storia vera, Pride, opera seconda di Matthew Warchus dopo Inganni pericolosi, è il più classico dei film che programmaticamente vogliono arrivare al grande pubblico a suon di carinerie e buoni sentimenti con l'occasione del tema impegnato: un film à là Ken Loach in sedicesimi, dunque, ma più sulla falsariga di Full monty e Billy Elliot che di Grazie, Signora Thatcher e Paul, Mick e gli altri. Warchus fa di tutto affinché il ciglio rimanga umido per gran parte del film, innesta in esso un siparietto musical a completare il debordare della musica di Christopher Nightingale e firma un copione (con Stephen Beresford) che richiede agli attori (tutti straordinari) risate continue. E quando gli attori ridono troppo, il pubblico non si diverte e l'innesco non funziona: tutto troppo macchiettistico, pretestuoso, edificante, con sottotrame bozzettistiche  (il giovane gay che non parla in famiglia, la lesbica sola, l'AIDS che serpeggia nella comunità omosessuale, le "conversioni" coatte, il coming out) e un tono concitato e scanzonato messo a servizio di una trama disordinatissima che su Pane e rose (l'espressione che si usa per indicare gli scioperi a oltranza) avrebbe potuto scegliere una strada meno ilare e più composta.    

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