lunedì 21 gennaio 2013

Quartet

anno: 2012       
regia: HOFFMAN, DUSTIN  
genere: commedia  
con Maggie Smith, Tom Courtenay, Billy Connolly, Pauline Collins, Michael Gambon, Sheridan Smith, Andrew Sachs, Gwyneth Jones, Trevor Peacock, David Ryall, Michael Byrne, Ronnie Fox, Patricia Loveland, Eline Powell, Luke Newberry, Shola Adewusi, Jumayn Hunter, Aleksandra Duczmal, Denis Khoroshko, Sarah Crowden, Colin Bradbury, Patricia Varley, Ronnie Hughes, Jack Honeyborne, John Rawnsley, Nuala Willis, Melodie Waddingham, Cynthia Morey, John Heley, Graeme Scott, John Georgiadis, Ita Herbert, Ania Duczmal, Cyril Davey, Esme Penry-Davey, Virginia Bradbury, Isla Mathieson, Iona Mathieson, Claudia Mellor, Penelope Zagoul, Helen Bradbury, Jennifer Spillane, Catherine Wilson, David Christian, Rashid Karapiet, Arther 'Arthuro' Nightingale, Vass Anderson, Desmond Longfield, Michael Pearn, Peta Bartlett, Jill Pert, Marina Banfield, Barbara Head, Martin Kennon, Valerie Barnes  
location: Regno Unito
voto: 8

A Beecham House, casa di riposo inglese per musicisti in pensione, l'arrivo della star Jean Horton (una superlativa Maggie Smith) mette tutti in subbuglio: vecchi rancori, antiche gelosie, amori interrotti rigurgitano nelle menti di molti. Il direttore artistico bonariamente tirannico (Gambon) sta organizzando un galà in onore di Verdi e il quartetto vocale che anni addietro furoreggiò portando il Rigoletto a uno strepitoso successo ha enormi difficoltà a ricomporsi: alla diva riottosa si dovrebbero unire il suo ex marito (Courtenay), un'amabile soprano svampita (Collins) e un simpaticissimo sessuomane, tanto incontinente quanto incontenibile (un Billy Connoly che è il vero mattatore del film). La loro presenza garantirebbe un tale afflusso di spettatori e sovvenzionatori da scongiurare l'ipotesi di chiusura della casa di riposo.
A 75 anni Dustin Hoffman passa per la prima volta dietro la macchina da presa girando una commedia deliziosa, gustosissima e curata fin dalle battute di testa, tratta dall'opera teatrale omonima di Ronald Harwood. È un tale tripudio di battute che sembra di assistere a una commedia di Neil Simon in salsa british, con attori tutti perfettamente in parte (che, scuola, quella inglese!) e una visione della terza età che riesce a non inciampare mai nella retorica buonista stile Cocoon e che, pur non dissimulando tutti i malanni, i toni malmostosi e le malinconie della vecchiaia, mantiene un registro costantemente spumeggiante, ilare, ancora abbastanza aperto alla vita da poter imparare a ottant'anni cos'è il rap e fare progetti di matrimonio.    

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