lunedì 3 dicembre 2018

Vero dal vivo. Francesco De Gregori

anno: 2018   
regia: BARRACO, DANIELE    
genere: documentario    
con Francesco De Gregori, Francesca Gobbi, Federico De Gregori, Marco De Gregori, Vincenzo 'Chips' LOmbi, Guido Guglielminetti, Paolo Giovenchi, Alessandro Valle, Carlo Gaudiello, Francesca Rapetti, Roberto Izzo, Stefano Cabrera, Raffaele Rebaudengo    
location: Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Regno Unito, Usa
voto: 2    

Potrebbe chiamarsi La strategia dell'imbucato o anche Elegia del tabagismo quest'oggetto mostruoso dalle vaghe sembianze filmiche che riprende il cantautore Francesco De Gregori nel corso di una sua tournée in Europa e negli Stati Uniti. Già, perché il regista Daniele Barracco sembra essere stato accolto come un ospite indesiderato tra alberghi, pullman e backstage dei teatri dove il musicista romano si è esibito, tanto sono espressivi e perentori gli sguardi in cagnesco che De Gregori rivolge in macchina. Il ritratto che esce da questo breve documentario, presentato al Festival del cinema di Roma, ma senza un vero sbocco in sala, non aggiunge una sola virgola a quanto già si sapeva dell'autore di canzoni come La donna cannone, Rimmel e Alice non lo sa. Al contrario, il profilo umano di De Gregori ne risulta addirittura peggiore di quanto non sia apparso in occasioni analoghe (Banana Republic, Finestre rotte: erano già due i documentari che lo celebravano): un tabagista che cerca ogni occasione per fumare, scostante, antipatico, accompagnato da una moglie - Francesca Gobbi - che, potendo, è persino più accigliata di lui, con quella mutria ingrugnita costantemente stampata sul volto. E anche la musica non ci fa una gran figura, soprattutto se questa deve essere la versione scodellata a chi non conosce le prodezze di scrittura di De Gregori: si insiste moltissimo, anche per lanciare la sciagurata operazione commerciale del singolo venduto a 1200 euro, sul tradizionale napoletano Anema e core, propinato in tutte le salse dai due coniugi, mentre viene lasciato pochissimo spazio alla produzione autografa del cantautore romano: un accenno di Generale e frammenti quasi impercettibili di canzoni minori come Buenos Aires e Deriva. Né aiutano le interviste svogliate rivolte ai compagni della band o l'aspetto da malato terminale prelevato da Mauthausen che ritrae il protagonista, qui senza neppure la caratteristica barba: pelle e ossa di un uomo consumato da chissà cosa (è malato?) e che ha perso la bellezza scintillante che fino a vent'anni prima faceva delirare le ragazzine sotto i palchi di mezza Italia.    

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