regia: GIBNEY, ALEX
genere: documentario
con Brady Bryson, Matthew Ryan Hughes, Larry Hunt
location: Usa
voto: 7
Come chiamereste un persona che pervicacemente protegge un criminale e nasconde i suoi misfatti? Qualcuno che per decenni si ostini a salvaguardare un pedofilo o, peggio, un manipolo di pedofili che hanno approfittato per anni di ragazzini? Questo qualcuno è Karol Wojtyla, uno dei più efferati e spregiudicati criminali dell'ultimo secolo, sostenitore di altri che, come lui, eccellono nell'arte dell'insabbiamento (vedi il suo amichetto Pinochet). Il film di Alex Gibney - considerato uno dei più grandi documentaristi viventi, uno che non le manda a dire alla CIA (Taxi to the dark side) o che scoperchia con somma disinvoltura il caso Enron (L'economia della truffa) - non è un atto d'accusa durissimo soltanto verso Giovanni Paolo II, ma nei confronti di tutta la Chiesa che per decenni ha messo a tacere la vicenda dei preti pedofili anche a costo di venire a patti economici con le famiglie delle vittime, con un esborso enorme.
Mea Maxima Culpa parte dal 1972, anno in cui un sordomuto, cresciuto in un istituto del Milwaukee per non udenti, scrisse al cardinale Angelo Sodano (altra figura loschissima, una sorta di Provenzano del Vaticano) una lettera di denuncia nella quale raccontava le nefandezze perpetrate per anni da Padre Murphy, direttore di quell'istituto, talmente diabolico da scegliere le sue prede soltanto tra coloro che in famiglia non avevano nessuno che conoscesse la lingua dei segni e che quindi non potessero raccontare le violenze sessuali subite. Sembrava un episodio isolato, ma non lo era: mezzo mondo cattolico si era macchiato di crimini simili, trovando sempre una Chiesa omertosa fino al parossismo. Ci volle l'inchiesta del Boston Globe - poi divenuta un film con Il caso Spotlight - per far esplodere il caso a livello mondiale e far conoscere i misfatti eclatanti di tanti preti pedofili, alcuni superprotetti dalle più alte sfere vaticane come il tossicodipendente e stupratore seriale Marcial Maciel, a capo dei potentissimi e ricchissimi Legionari di Cristo, o l'irlandese padre Walsh. Attraverso le testimonianze di quei ragazzi sordomuti che negli anni '60 subirono lo stupro di padre Murphy per poi denunciarlo molti anni dopo, nonché attraverso quelle di avvocati e testimoni, tramite ritagli di giornale e immagini di repertorio, il documentario ricostruisce i nodi più spinosi di questa torbidissima vicenda al centro della quale c'è anche Ratzinger, monarca indiscusso della Congregazione per la Dottrina della Fede (l'equivalente della vecchia Inquisizione), nonché per anni a capo dell'ufficio che si occupa di reati sessuali commessi da preti. La sua preoccupazione non andò mai alle vittime, bensì alle perdite finanziarie che la Chiesa subì per ottenere il silenzio delle famiglie dei bambini abusati e all'immediata beatificazione di Giovanni Paolo II, in modo da poter cancellare il più in fretta possibile le ombre foschissime che si erano addensate su di quest'ultimo. Quanto all'estetica del film, i contenuti sono coraggiosi e interessantissimi, il montaggio "morbido" con qualche testimonianza ripetitiva e il ritmo blando.
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