venerdì 4 febbraio 2011

Femmine contro maschi

anno: 2011       
regia: BRIZZI, FAUSTO
genere: commedia
con Claudio Bisio, Nancy Brilli, Salvo Ficarra, Valentino Picone, Francesca Inaudi, Luciana Littizzetto, Emilio Solfrizzi, Serena Autieri, Wilma De Angelis, Edoardo Cesari, Giuseppe Cederna, Paola Cortellesi, Fabio De Luigi, Chiara Francini, Lucia Ocone, Alessandro Preziosi, Paolo Ruffini, Carla Signoris, Nicolas Vaporidis, Giorgia Würth, Armando De Razza, Rosabell Laurenti Sellers, Hassani Shapi, Gigio Alberti, Edoardo Cesari, Massimo Franceschi, Massimo Morini, Fabrizio Rizzolo, Enzo Salvi, Matteo Urzia, Marta Zoffoli, Roberto Angelelli, Luca Biagini (III)
location: Italia       
voto: 1


Non so perché l'ho fatto. Forse perché speravo che Chiara Francini avesse una parte più consistente in questo film complemento al precedente Maschi contro femmine. Fatto sta che ho acquistato il biglietto per sorbirmi un filmaccio di proporzioni macroscopiche. Come nella precedente opera gemella, anche qui i tre episodi che compongono il film sono incollati con lo sputo dal pretesto dell'amicizia tra i vari protagonisti. Uno di questi è Piero (Solfrizzi, di gran lunga il migliore in campo), benzinaio pugliese trapiantato a Torino, con il debole per le sottane. Un'accidentale botta sulla testa gli fa perdere la memoria, mettendo la moglie (Littizzetto) nelle condizioni di "riformattarlo" secondo i suoi bisogni. Poi ci sono due amici (Ficarra e Picone), eterni Peter Pan che fanno parte di una cover band dei Beatles, che per via della loro passione rischiano di mettere a repentaglio le rispettive unioni con le loro compagne. E infine c'è Marcello (Bisio), chirurgo plastico che per anni ha fatto credere alla madre (De Angelis) che in casa tutto fila liscio. Quando a questa sembrano restare poche settimane di vita, per regalarle l'ultimo scampolo di felicità Marcello simula il ritorno a casa con tanto di armonia familiare. Per tutti è pronto un finale che avrebbe fatto la gioia di Banfield, nel segno del più corrivo familismo amorale.
Contrassegnato dal marchio del nazionalpopolare, nell'accezione più deteriore del termine, il cinema di Brizzi si nutre di sketch stantii, scopiazza sfiorando l'oltraggio (come possono Ficarra e Picone tentare di rifare la scena della dettatura della lettera in Totò, Peppino e la malafemmina, se non nella assoluta consapevolezza di avere a che fare con un pubblico analfabeta che non conosce nemmeno l'abbecedario del cinema?), è infarcito di un product placement sfacciato, si serve di canzoncine che fanno la gioia del pubblico di i-tunes (il motivetto di Noemi è uno stupro della trombra di Eustachio) e ammicca - a suon di tette (rigorosamente rifatte) e culi - alla volgarità del cinema che fu di Michele Massimo Tarantini, Nando Cicero e Mariano Laurenti senza averne il coraggio e volendo mantenere un'apparenza da cinema per famiglie. La provenienza televisiva dell'intero cast dice il resto su quanto questo genere di immondizia abbia ormai inondato anche le sale cinematografiche.

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