martedì 1 febbraio 2011

Il discorso del Re (The King's Speech)

anno: 2010       
regia: HOOPER, TOM
genere: storico
con Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter, Derek Jacobi, Robert Portal, Richard Dixon, Paul Trussell, Adrian Scarborough, Andrew Havill, Charles Armstrong, Roger Hammond, Calum Gittins, Jennifer Ehle, Dominic Applewhite, Ben Wimsett, Freya Wilson, Ramona Marquez, David Bamber, Jake Hathaway, Michael Gambon, Guy Pearce, Patrick Ryecart, Teresa Gallagher, Simon Chandler, Claire Bloom, Orlando Wells, Tim Downie, Dick Ward, Eve Best, John Albasiny, Timothy Spall, Danny Emes, Anthony Andrews, John Warnaby, Roger Parrott
location: Regno Unito       
voto: 7


Alla vigilia della seconda guerra mondiale il re d'Inghilterra lascia come erede al trono il figlio maggiore, costretto però ad abdicare perché intenzionato a sposarsi con una donna divorziata due volte. Gli succede allora re Giorgio VI (Firth), refrattario alla vita politica ma solerte e responsabile e al tempo stesso terrorizzato dall'idea di dover parlare in pubblico a causa della sua balbuzie. Consultati logopedisti di ogni ordine e grado, finisce col rivolgersi a Lionel Logue (Rush), un praticante australiano dai metodi eterodossi, che però sarà l'unico a riuscire nell'impresa al punto di prepararlo per un toccante e solenne discorso di entrata in guerra contro la Germania di Hitler.
La corona inglese continua a fornire costantemente materia per il cinema: basterebbe ricordare La pazzia di re Giorgio, La mia regina o The queen. Come nel caso di questi illustri precedenti, anche in questo lo sguardo va oltre le quinte della vita regale per offrirci uno scorcio di vita vissuta, con le tensioni e i patemi dei normali mortali. Il film, raffinatissimo e di solido impianto teatrale, è tutto giocato sulla sfida a colpi di fioretto tra un geniale quanto sedicente logopedista e un regnante diffidente quanto attratto dal gioco tutto di nervi della titanica impresa. Sullo sfondo ci sono Buckingham Palace e Westminster, suggello scenografico a un cinema di stampo rigidamente classico, con macchina da presa ben piantata a terra e montaggio essenziale che tuttavia non manca di sorprendere, vuoi per l'efficacia dei dialoghi vuoi per la prova magistrale offerta dai due protagonisti, con un Geoffrey Rush che conferma lo sterminato talento mostrato in Shine e Tu chiamami Peter. Golden Globe 2011 a Colin Firth come miglior attore protagonista di film drammatico.    

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