sabato 26 marzo 2011

Silvio forever

anno: 2011       
regia: FAENZA, ROBERTO * MACELLONI, FILIPPO
genere: documentario
con Silvio Berlusconi, Neri Marcorè (voce)
location: Italia           
voto: 6
 

Roberto Faenza, regista di un documentario del 1977 intitolato Forza Italia! avrebbe mai potuto immaginare dopo più di 30 anni dopo avrebbe girato un secondo documentario dedicato all'uomo che fondò un partito omonimo al titolo del suo film e che avrebbe devastato il Paese come un cancro per un periodo altrettanto lungo? La domanda è ovviamente retorica e il regista, coadiuvato in cabina di regia da Filippo Macelloni, sceglie una strada piuttosto originale per raccontare le vicende di questo delinquente in doppiopetto: quella di affidarsi a materiale quasi interamente di repertorio, sicché dai credits di apertura Silvio Berlusconi non solo risulta essere l'unico interprete, ma anche autore dei dialoghi e delle musiche. La ricostruzione di questa "autobiografia non autorizzata", il cui trailer non è andato in onda in una Rai arroccata come un esercito di pretoriani a difesa del capocupola - cose che non si vedevano nemmeno nei tempi scudocrociati di Ettore Bernabei - passa attraverso le vicende più note dello psiconano. Si parte dall'elegia da parte della madre - la signora Rosa Bossi Berlusconi, una donna che se all'epoca si fosse accoppiata con un senegalese ben dotato o magari avesse abortito ci avrebbe evitato tante sciagure - e si continua con l'autocelebrazione dei tempi della scuola (la voce berlusconiana è affidata a Neri Marcorè ma i testi si basano su interviste e materiale biografico). Dopo le tappe obbligate ai tempi del Berlusconi palazzinaro, quello di Milano2, del Milan, della Fininvest, si arriva al Berlusconi politico sui generis, quello della "discesa in campo", del contratto con gli italiani firmato davanti a un compiacente Bruno Vespa, delle barzellette penose. Il resto è cronaca di oggi: interi lustri di malgoverno, processi, corruzione, rapporti con prostitute e minorenni. A chi non abbia l'abitudine di seguire soltanto le reti Mediaset ma legga ogni tanto qualche giornale (non certo quello di Sallusti / Feltri) il film sceneggiato da Rizzo e Stella (gli autori del bestseller La casta) non dirà nulla di nuovo: ne esce il ritratto di un uomo inopinatamente pieno di sé, dall'ego ipertrofico, con un concetto del tutto personale di verità, come disse Montanelli che lo definì "il più grande piazzista del mondo". Al documentario va comunque riconosciuto il merito di avere scelto una prospettiva asettica, dalla quale soltanto chi è irrimediabilmente obnubilato da decenni di televisione spazzatura può non vedere. Fanno impressione le donne di mezza età - cioè la fascia culturalmente più povera e debole degli italiani - che si mobilitano per il ripristino dei canali Mediaset oscurati dal Pretore nei lontani anni '80, il linguaggio da suburra del ras di Arcore, la disinvoltura dei suoi voltafaccia, l'ossessione anticomunista e quella per i sondaggi del populista convinto di parlare sempre a nome di tutti.    

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