lunedì 19 marzo 2018

Punto di non ritorno (Before the flood)

anno: 2016       
regia: STEVENS, FISHER  
genere: documentario  
con Leonardo DiCaprio, Bill Clinton, John Kerry (II), Barack Obama, papa Francesco, John Kerry, Al Gore    
location: Canada, Cina, Francia, India, Indonesia, Italia, Kiribati, Usa
voto: 5  

Se non vivi sulla luna, non credi al miracolo del sangue di San Gennaro e al terzo segreto di Fatima, se nessuno finora è riuscito a convincerti che l'Olocausto è stata un'invenzione sionista, è difficile che i contenuti di Punto di non ritorno ti possano suonare come una novità. Prima che arrivi il diluvio (universale) del titolo, prima che le profezie del trittico di Hieronymus Bosch che Leonardo DiCaprio aveva nella sua cameretta da ragazzino si avverino, l'uomo deve fare qualcosa per salvare il pianeta. È questa la missione del documentario fortissimamente voluto dall'attore premio Oscar per Revenant, che tra una ripresa e l'altra del film con Iñárritu (le 200 persone della troupe si sono dovute spostare di 15.000 chilometri per trovare altra neve...) è andato in giro per il mondo a intervistare esperti, politici e persone comuni per farsi un'idea a tutto tondo delle condizioni del pianeta, ricevendo udienza persino da Bill Clinton, Barack Obama e Papa Francesco. L'affresco, prodotto dal National Geographic con Martin Scorsese nel ruolo di produttore esecutivo, è quello di un pianeta che, tra deforestazioni, aumento della temperatura e dei livelli di biossido di carbonio e sovrappopolazione, si trova a un punto cruciale. Per cambiare rotta occorre mutare i nostri comportamenti di consumo, guardare all'ambiente quando si va alle urne e mirare alla decrescita felice: tutti aspetti ben noti a chi è sensibile alla tematica ecologista, ma tuttavia non necessariamente sufficienti per scalfire il negazionismo che, dopo biechi personaggi come il presidente della commissione ambientale del senato americano James Inhofe, ha trovato nuovi epigoni niente meno che in Donald Trump. Le folli politiche ambientali di quest'ultimo vanno nella direzione opposta a quella del trattato di Parigi e si sommano alle nefandezze derivate dagli allevamenti intensivi di bovini (rileggere Ecocidio di Rifkin), alle coltivazioni di olio di palma, alle sabbie bituminose, all'azione scorrettissima delle corporazioni petrolifere. Finché non si ridurranno i costi altissimi che queste politiche provocano in termini di degrado ambientale, i cataclismi meteorologici non potranno che aumentare, come dimostrano le sempre più frequenti inondazioni di Miami, dove il manto stradale è stato sollevato di diversi metri in tutta la zona costiera per arginare provvisoriamente il problema.
Encomio dunque per DiCaprio, ambasciatore per l'ambiente alle Nazioni Unite: peccato però che il film non aggiunga molto in termini di documentazione e di impatto visivo a una tematica che è ormai dibattuta anche nel cinema da un più di un trentennio, ossia da quel lavoro seminale che fu Koyaanisqatsi, e che ha trovato in Thrashed, The end of the line, L'incubo di Darwin e Una scomoda verità alcune delle espressioni più riuscite.    

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