domenica 24 gennaio 2016

La corrispondenza

anno: 2015       
regia: TORNATORE, GIUSEPPE
genere: drammatico
con Jeremy Irons, Olga Kurylenko, Simon Johns, James Warren (II), Shauna MacDonald, Oscar Sanders, Paolo Calabresi, Simon Meacock, Florian Schwienbacher, Irina Karatcheva, Darren Whitfield, Patricia Winker, Marc Forde, Ian Cairns, Daphne Mereu    
location: Italia, Regno Unito
voto: 1

A Puppuccio Tornatore va riconosciuta la capacità di pensare quasi sempre in grande, di proporre film con ambizioni da cinema internazionale (Una pura formalità, La leggenda del pianista sull'Oceano, La sconosciuta, La migliore offerta), di riuscire a osare anche quando i mezzi a disposizione non sono faraonici. In più, gira e dirige come pochi altri della sua generazione sanno fare. È per questo che ogni suo film rappresenta sempre un appuntamento obbligato. Ma ogni tanto svirgola. Se Malena, il suo film più inguardabile, serviva a coniugare il fascino da aringa della Bellucci con le ambientazioni strapaesane a lui tanto care (da Nuovo Cinema Paradiso a Baaria, passando per L'uomo delle stelle), nel caso de La corrispondenza la posta in gioco sembra essere ancora più alta: cast internazionale, location suggestive (la Scozia e il Lago d'Orta), trama innervata da elementi tecnologici che al profano potrebbero apparire quasi fantascientifici, dialoghi sui massimi sistemi, con le stelle a fare da sponda. Eppure da La corrispondenza - storia d'amore tra un maturo (molto maturo) professore di astrofisica (Irons) e una giovane studentessa universitaria, stunt a tempo perso (Kurylenko) - intercetta soltanto gli elementi più deteriori del cinema del regista siciliano: la propensione al polpettone (come in Stanno tutti bene, L'uomo delle stelle e Baaria), quella alla magniloquenza della scrittura, i buchi di sceneggiatura con molti passaggi criptici o improbabili (come in Una pura formalità). In questo mystery a sfondo sentimentale tutto va oltre il ridicolo: dalla recitazione dei due protagonisti (Olga Kurylenko, già vista in Quantum of solace e Perfect day, è una presenza ancora una volta puramente ornamentale; Jeremy Irons raggiunge il massimo dell'espressività quando recita di spalle; i comprimari sembrano presi di peso dalla sceneggiatura de I soliti idioti) alla sciatteria della messa in scena. Ma l'abisso viene raggiunto dai dialoghi, che provano a far vibrare le corde della filosofia miscelando banalissime riflessioni sugli astri e faccende amorose. Sicché l'originale spunto di partenza da fiaba tecno, con il professore che, dopo un'unica scena iniziale nella quale lo si vede in compagnia della sua amata, continua a par pervenire a quest'ultima messaggi, doni e mail per molto tempo dopo la sua scomparsa, si perde completamente in un pasticciaccio inguardabile, bolso, ridicolo, prolungato allo spasimo.    

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