domenica 16 settembre 2018

Salò o le 120 giornate di Sodoma

anno: 1975       
regia: PASOLINI, PIER PAOLO    
genere: grottesco    
con Paolo Bonacelli, Giorgio Cataldi, Umberto Paolo Quintavalle, Aldo Valletti, Caterina Boratto, Elsa De Giorgi, Hélène Surgère, Sonia Saviange, Sergio Fascetti, Bruno Musso, Antonio Orlando, Claudio Cicchetti, Franco Merli, Umberto Chessari, Lamberto Book, Gaspare Di Jenno, Giuliana Melis, Faridah Malik, Graziella Aniceto, Renata Moar, Dorit Henke, Antiniska Nemour, Benedetta Gaetani, Olga Andreis, Tatiana Mogilansky, Susanna Radaelli, Giuliana Orlandi, Liana Acquaviva, Rinaldo Missaglia, Giuseppe Patruno, Guido Galletti, Efisio Etzi, Claudio Troccoli, Fabrizio Menichini, Maurizio Valaguzza, Ezio Manni, Paola Pieracci, Carla Terlizzi, Anna Maria Dossena, Anna Recchimuzzi, Ines Pellegrini    
location: Italia
voto: 2    

Quando, nel 1975, Salò o le 120 giornate di Sodoma arrivò nelle sale, Pasolini era appena stato ucciso all'idroscalo di Ostia. Si ventilò l'ipotesi che tra le ragioni dell'omicidio si fosse aggiunta quella per cui l'intellettuale friulano avesse ormai superato il livello di guardia del tollerabile. Il film scatenò immediatamente la reazione della censura e avviò un processo nei confronti del produttore Grimaldi, poi assolto. Al di là della cronaca, il testamento cinematografico del Pasolini regista ha pochissimo o nulla a che fare col suo lascito di intellettuale raffinatissimo e lungimirante, attento a cogliere le contraddizioni di una società in rapido disfacimento e sempre più attratta dalla formula del consumo di massa. Il Pasolini regista non valeva un'unghia del Pasolini intellettuale. Il suo cinema, nel caso di questo film come in molti altri, è meno che amatoriale nei movimenti di macchina, approssimativo, rapsodico e a scatti nel montaggio, non ha alcun controllo sulla recitazione. È un cinema che rasenta costantemente la pura sperimentazione, al tempo stesso algido, incapace di coinvolgere nonostante la potenza dei temi. Che, in questo caso, ci portano al sadismo messo in atto da quattro autorità dei repubblichini di Salò, tra il 1944 e il 1945, che - in una villa sorvegliata da alcuni uomini armati - rinchiudono giovani ragazzi e ragazze per poi sottoporli a qualsiasi nefandezza. Articolato in quattro tempi (antinferno, girone delle manie, girone della merda e girone del sangue), il film per due ore segue sempre la stessa struttura narrativa e il medesimo cerimoniale: a turno, diverse vecchie megere raccontano particolari scabrosi della loro vita sessuale, che innescano l'eccitazione dei depravati gerarchi i quali abusano con ogni mezzo dei malcapitati, tutti costretti a recitare in costume adamitico per gran parte del film. L'orrore si manifesta in un succedersi ininterrotto di stupri, sodomia violenta, eonismo coatto, coprofagia (la scena del banchetto con escrementi umani serviti su pitali è davvero raccapricciante e inguardabile), asportazione di organi e altre amenità. Nelle intenzioni del regista, si tratterebbe di un'allegoria potente sulla mercificazione dei corpi e sull'annichilimento delle classi popolari, sopraffatte dal Potere nel suo stesso palazzo. Visto a distanza di anni, Salò è uno zibaldone di feroci mostruosità tratte da uno dei libri "più noiosi della letteratura mondiale, portato alle stelle dalla cultura snob, Le 120 giornate di Sodoma scritte dal marchese De Sade nel 1785", come ha scritto Giovanni Grazzini, allora come oggi una delle poche voci fuori dal coro di apostoli pasoliniani per i quali qualsiasi opera del saggista e poeta friulano è intoccabile.
A margine, un dettaglio non trascurabile: caso più unico che raro, il film è anticipato, nei titoli di testa, dalla bibliografia di riferimento.    

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