regia: DOLAN, XAVIER
genere: drammatico
con Marion Cotillard, Léa Seydoux, Vincent Cassel, Nathalie Baye, Arthur Couillard, Gaspard Ulliel
location: Franciavoto: 1,5
Glielo dice? Non glielo dice? Glielo dice? Non glielo dice? Glielo dice? Non glielo dice? Va avanti così, per due ore che stremerebbero anche Giobbe, il sesto lungometraggio di Xavier Dolan, il regista ormai ventisettenne più sopravvalutato e miracolato dalla critica che esista al mondo. Il ragazzetto prende a prestito una pièce teatrale di Jean Luc Lagarce, morto giovanissimo di Aids, e tartassa l'apparato riproduttivo dello spettatore mettendogli davanti un trentenne (l'inespressivo Gaspard Ulliel) che torna nella casa avita dopo 12 anni di assenza per comunicare ai suoi non molto cari che sta per morire. Il malcapitato spettatore in poltrona si deve sorbire per un tempo che sembra dilatarsi a dismisura una paccottiglia posticcia e fasulla di berci e urla isteriche di un fratello maggiore (Cassel) assai malmesso sul piano neurologico, una madre svampita (Baye), una sorella sciroccata (Seydoux) e una cognatina inibita (Cotillard). Con l'eccezione di quest'ultima, tutti strepitano, mettendosi al servizio di una cinema cannibale che vorrebbe guardare a Bergman e a Chi ha paura di Virginia Woolf e che invece non è altro che furia disturbante su una famiglia disfunzionale dove ciascuno è pronto a sguainare il coltello e nessuno ascolta, lasciando posto al solo clangore di parole sempre più vuote. Questo kammerspiel da quattro soldi si prolunga infatti in una serie di dialoghi asfittici, che sembrano uscire dalla penna di un principiante tanto sono insulsi e privi di contenuto e per di più serviti da una forma filmica pastorizzata, tutta primissimi piani e luci di taglio che fanno molto cinema d'essai, con opportuno corredo di simbolismi imbarazzanti con quello che arriva sul finale. Amatissimo da quella parte di pubblico che recepisce il cinema solo con la pancia, Dolan rifila l'ennesima patacca dopo Mommy, dimostrando - con il premio ricevuto a Cannes - di essere un impostore senza eguali.
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