venerdì 10 gennaio 2014

Il capitale umano

anno: 2013       
regia: VIRZÌ, PAOLO  
genere: drammatico  
con Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino, Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Gifuni, Luigi Lo Cascio, Bebo Storti, Gigio Alberti, Giovanni Anzaldo, Matilde Gioli, Guglielmo Pinelli, Pia Engleberth, Nicola Centonze, Silvia Cohen, Vincent Nemeth, Paolo Pierobon  
location: Italia
voto: 10

Hanno tutti qualcosa da nascondere nella Brianza ultrabenestante, ipocrita e smargiassa dove al Bernaschi (Gifuni), mago dell capitalismo finanziario e "creativo", chiunque mostrerebbe gratitudine anche se a cena ricevesse il pappone per cani. E se il Bernaschi nasconde le frodi ai danni dei piccoli risparmiatori, grazie alle quali ha messo da parte una fortuna, sua moglie  Carla (Bruni Tedeschi, mai così pertinente) nasconde la tresca con un regista teatrale (Lo Cascio), il suo amico (ma poi non tanto) Dino (un Bentivoglio di incontenibile espressività) nasconde l'origine dei 700mila euro avuti per entrare nel "fondo Bernaschi", la figlia di Dino (Gioli) e suo figlio (Pinelli) nascondono la fine della loro storia e la ragazza, a sua volta, non fa sapere a nessuno di avere un rapporto con un piccolo sbandatello (Anzaldo) che, a sua volta, si è fatto il carcere minorile per nascondere la droga dello zio (Pierobon). E si nasconde la verità anche rispetto all'episodio che è al centro della vicenda: al termine di un galà scolastico un cameriere che ha appena finito di servire a tavola viene investito da un'auto di grossa cilindrata e ricoverato d'urgenza all'ospedale in gravissime condizioni. I sospetti ricadono sul figlio del Bernaschi.
Passato al cinema drammatico prendendo spunto dal romanzo di Stephen Amidon, che è invece ambientato in America, Virzì firma un autentico capolavoro ripartito in 4 capitoli che raccontano diversi tratti di storia da altrettanti punti di vista (Dino, Carla, Serena, Il capitale umano). La sceneggiatura (a cui hanno collaborato anche Francesco Bruni e Francesco Piccolo) è impeccabile, il ritmo del racconto tinto di giallo non ha un solo attimo di cedimento e la parabola di una generazione che "ha scommesso sulla rovina di questo paese", vincendo (così sentenzia Carla in sottofinale) e che è disposta a mandare al macello i propri figli pur di mantenere intatti i propri privilegi avendo come unica ossessione i danè, è raccontata con precisione chirurgica, con tutto il suo corredo di falsità e doppi giochi.    

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