mercoledì 5 settembre 2012

Control

anno: 2008   
regia: CORBJIN, ANTON 
genere: biografico 
con Sam Riley, Samantha Morton, Alexandra Maria Lara, Joe Anderson, James Anthony Pearson, Harry Treadaway, Craig Parkinson, Toby Kebbell, Andrew Sheridan, Robert Shelly, Richard Bremmer, Tanya Myers, Martha Myers Lowe, Matthew McNulty, David Whittington, Margaret Jackman, Mary Jo Randle, Ben Naylor, John Cooper Clarke, James Fortune, Angus Addenbrooke, Nicola Harrison, June Alliss, George Newton, Mark Jardine, Herbert Grönemeyer, Paul Arlington, Tim Plester, Joanna Swain, Joseph Marshall, Laura Chambers, Eliot Otis Brown Walters, Monica Axelsson, Lotti Closs, Eady Williams 
location: Regno Unito
voto: 6

Biopic di Ian Curtis (Riley), cantante e frontman dei Joy Division (il nome del gruppo era quello delle donne costrette a sollazzare i soldati tedeschi nei campi di concentramento, durante la seconda guerra mondiale…), rock band di spicco nell'ambito della new wave britannica della seconda metà degli anni '70. Fissato con Bowie e Iggy Pop, nato nei dintorni di Manchester, Curtis scoprì la propria vocazione canora quasi per caso, quando si unì ai Warsaw, che avrebbero poi cambiato il nome, appunto in Joy Division. Un'esistenza apparentemente normale, quella di Curtis: figlio unico, bravo a scuola, un matrimonio precocissimo (a 19 anni) con Debbie (Morton), un lavoro sicuro all'agenzia di collocamento locale, alternato alle prime esibizioni dal vivo del gruppo, poi la scoperta delle crisi convulsive dovute all'epilessia. Da lì la depressione, la relazione con una ragazza belga (Lara) e infine il suicidio, avvenuto dopo che le crisi epilettiche si erano manifestate anche sul palco e quando la band si accingeva a raggiungere il successo internazionale grazie a un tour in America.
Il film dell'olandese Anton Corbjin si fa apprezzare soprattutto per l'ottima fotografia in bianco e nero, per la confezione elegante, per il verismo con cui riesce a ricostruire ambienti e atmosfere di quegli anni e per il modo nient'affatto pruriginoso con cui mette in scena il perenne tormento del protagonista, peraltro incarnato da un Sam Riley che somiglia in maniera impressionante al vero Ian Curtis e al quale dobbiamo una vibrante interpretazione. Il ritmo piuttosto monocorde, l'atmosfera plumbea che aleggia su quasi tutto il film (le uniche eccezioni sono le uscite stravaganti del linguacciuto manager del gruppo) opacizzano parzialmente un'opera incentrata su uno dei tanti episodi della martirologia rock, avvenuta, nel caso di Curtis, a soli 23 anni. Va però detto che a chi non sa nulla di quella stagione del rock, il film tratto dalla biografia scritta dalla moglie di Curtis non sembrerà altro che la storia di un ragazzo depresso.    

Nessun commento:

Posta un commento