mercoledì 13 febbraio 2008

Parole sante. Storie di autorganizzazione e precarietà dentro il più grande call center d'Italia

anno: 2008   
regia: CELESTINI, ASCANIO
genere: documentario
con Emanuela, Valerio, Peppe, Gianluca, Cecilia, Andrea, Alessandra, Maurizio, Jimmy, Mara, Christian, Jerry, Ascanio Celestini e i ragazzi del Collettivo PrecariAtesia
location: Italia   
voto: 8

A Cinecittà, a due passi dal Grande Raccordo Anulare, c'è un edificio enorme, espressione della Roma palazzinara e ingorda degli anni '50 e '60. È la sede dell'Atesia, il più grande call center italiano, uno dei più grandi d'Europa, una macchina da 300mila telefonate al giorno e 4000 impiegati che con cornetta, mouse e tastiera rispondono ai clienti Tim. Questi impiegati sono per la quasi totalità dei lavori flessibili, eufemismo che dovrebbe indicare le moderne condizioni di schiavitù: offrono le loro prestazioni per 85 centesimi a telefonata, senza ferie, permessi, retribuzione per le malattie, speranze per il futuro. Sono persone di tutte le età; qualcuno ci porta avanti la famiglia; tutti lavorano in condizioni di estremo disagio.
Intorno al 2000 alcuni di loro hanno cominciato a organizzarsi per studiare la legge 30 sul lavoro. Cominciano a scioperare, diffondono un giornalino a circolazione interna, emettono un esposto all'Ufficio Provinciale del Lavoro, che dà loro ragione. La protesta va avanti per 7 anni. Risultato: contratti non rinnovati e licenziamenti.
Ascanio Celestini, folletto geniale, ironico ed eclettico, affabulatore capace come pochi di raccontare la contemporaneità in una prospettiva vichiana, è andato a raccogliere le testimonianze di questi ragazzi, riprendendo tutto con una semplicissima videocamera. "Questo documentario è venuto un po' loffio, un po' fiacco. Non ci sono sparatorie, non ci sono inseguimenti", dice lui, autoironico, in sottofinale. Non bisogna credergli: il film - pur con i suoi difetti formali soprattutto in fase di montaggio e di assemblaggio del sonoro - fotografa la goccia che, alla lunga, farà traboccare il vaso di un sistema capitalistico completamente degenerato. È il sistema dove i copper (i clienti pezzenti) ai quali le aziende concedono il minimo indispensabile sono gli stessi sui quali - dall'altra parte del filo telefonico - prosperano i profitti delle aziende stesse. Il film di Celestini - una sorta di De Seta del terzo millennio - documenta l'inganno a danno di questi lavoratori simpatici e persino sorridenti, servendosi delle loro testimonianze. Ne emerge un quadro deprimente costituito da assistenti di sala, moderni kapò in tempi di pace, che fanno da cuscinetto tra loro e lo staff dirigenziale, da parole usate per raggirare, da cambi di retribuzione senza preavviso. C'è da arrabbiarsi moltissimo a vedere questo documentario intensissimo e commovente che non si limita a essere un'operazione nobile, civile, profonda e poetica, ma che riesce spesso a strappare la risata nella sua rivendicazione dei diritti dei lavoratori. Parole sante, verrebbe da dire.
Imperdibile, come d'altronde lo è il disco di magnifiche canzoni che porta lo stesso titolo.    

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