martedì 24 aprile 2018

L'esodo

anno: 2017       
regia: FORMISANO, CIRO    
genere: drammatico    
con Daniela Poggi, Kiara Tomaselli, Carlotta Bazzu, Alice Valnte Visco, Francesco Alvaro, Simone Destrero, Ylenia Petrelli, David Mastinu, David White, Veronica Rega, Martina Palmitesta, Fulvia Patrizia Olivieri, Fabio Farronato, Ludovica Ruggeri, Christian Marazziti, Sara Ruggeri, Ilir Jacellari, Cinzia Susino, Alessandro Solombino, Ciro Buono, Emanuela Tittocchia, Rosaria De Cicco, Cinzia Mirabella, Vincenzo Giordano, Silvia Ieboah, Davide Petrucci,. Daene Bimbah    
location: Italia
voto: 3    

Come ti ammazzo la classe media. Ci volevano i professoroni del gruppo Bilderberg - Mario Monti ed Elsa Fornero - per mandare al tappeto chi, dopo aver lavorato per una vita intera, si è visto costretto a lasciare il posto anzitempo senza neppure ricevere la pensione, con qualche lacrimuccia telegenica ma soprattutto ipocrita. Si chiamano esodati, e nel 2017 - a 6 anni di distanza dalla riforma Fornero (come ci avverte la didascalia sui titoli di coda) - sono ancora in 5000 e non godono di alcun reddito. L'esodo è la storia di una di loro (Poggi): una sessantenne sola, con nipote adolescente a carico, che improvvisamente si vede costretta a chiede le elemosina nella centralissima piazza della Repubblica a Roma. Tra amicizie con altri diseredati, l'incontro con una giornalista che vuole portare il suo caso sulla ribalta mediatica, gli scontri con una zingara per l'occupazione di quel fazzoletto di marciapiede e un'assurda occasione di lavoro, le sue giornate scorrono nella più totale desolazione ma con qualche sprazzo di solidarietà umana.
Dispiace dirlo, data l'importanza e l'urgenza del tema, ma il film dell'esordiente Ciro Formisano, un esempio di cinema impegnato e militante, è di un pressapochismo tale da vanificare completamente i contenuti proposti. Dal sonoro in presa diretta (di Eleonora Torchio) alla recitazione degli attori, passando per gli assurdi tagli di montaggio, ne L'esodo - tratto dal romanzo eponimo dello stesso regista - manca la più elementare sintassi filmica, carenza a cui si sommano il registro didascalico dell'opera e l'eccesso di retorica. Chissà cosa sarebbe potuto diventare un film del genere nelle mani di un novello Petri o in quelle di Garrone. Qui non si va oltre un prodotto davvero imbarazzante, che rischia di trasformarsi in un autentico boomerang all'arrivo della scena più assurda: quella in cui, in sottofinale, la ministra si materializza davanti agli occhi dell'indigente protagonista.
   

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