regia: MARTONE, MARIO
genere: biografico
con Elio Germano, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Anna Mouglalis, Isabella Ragonese, Valerio Binasco, Iaia Forte, Federica De Cola, Edoardo Natoli, Paolo Graziosi, Sandro Lombardi, Raffaella Giordano, Andrea Renzi, Giorgia Salari, Giovanni Ludeno, Renato Carpentieri, Salvatore Cantalupo
location: Italia
voto: 5,5
Costretto per anni alla rigida erudizione coltivata nella prigione della gigantesca biblioteca del padre Monaldo (Popolizio), a Recanati, il giovane Giacomo Leopardi (Germano) coltiva desideri dì evasione, non vuole saperne di una possibile carriera da prelato e scalpita per fare esperienza del mondo, vellicato anche dal suo mentore-ammiratore Pietro Giordani (Binasco). Quando finalmente l'occasione arriva, lo troviamo con l'amico Antonio Ranieri (Riondino) sempre al suo fianco prima a Firenze, poi a Roma e infine a Napoli, dove morirà nel 1837 a 39 anni progressivamente piegato, letteralmente, dalla tubercolosi ossea.
La biopic che Mario Martone ha dedicato a uno dei più illuminati poeti italiani, quelli che tutti conosciamo grazie alle Operette morali, allo Zibaldone, e soprattutto per merito di poesie come L'infinito, La ginestra e Alla luna, è l'ennesimo tassello di una filmografia in buona parte in costume (Morte di un matematico napoletano, Teatro di guerra, Noi credevamo) viziata sempre dallo stesso stile algido, calligrafico e con attori che sembrano appartenere a una setta (Andrea Renzi, Iaia Forte, Salvatore Cantalupo, Renato Carpentieri, Michele Riondino). Nonostante la difficile prova di Elio Germano, costretto a stare sotto l'occhio della cinepresa per quasi due ore e mezza, mantenendosi costantemente a un passo dalla caricatura del giovane gracile e sfortunato, la complessità della figura del poeta ne esce ridotta a pochi tratti grossolani: la visione della natura come madre matrigna, il pessimismo, gli amori impossibili, la tentazione dell'ateismo. Se da un lato è encomiabile il tentativo di una ricostruzione tutta interiore di questo eretico e malinconico coltivatore del dubbio, dall'altra l'operazione sembra collocarsi all'interno di una cornice oleografica, spesso stucchevole, con divagazioni semioniriche assai dubbie (il golem di sabbia), scelte di casting discutibili e una colonna sonora che pesca tra epoche e stili diversissimi, creando un effetto di costante dissonanza.
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