venerdì 22 aprile 2011

L’Altra Verità (Route Irish)

anno: 2010       
regia: LOACH, KEN 
genere: guerra 
con Mark Womack, Andrea Lowe, John Bishop, Geoff Bell, Jack Fortune, Talib Rasool, Craig Lundberg, Trevor Williams, Russell Anderson, Jamie Michie, Bradley Thompson, Daniel Foy, Najwa Nimri, Maggie Southers, R David  , Anthony Schumacher, Gary Cargill, Donna Elson, Stephen Lord, Jaimes Locke, Tayf Basil, Ranj Hawra, Hind Kamil, Andy Dwyer, Ali Karami, Nick Baty, Nasredine Banda, Taban Othman, Natalie Flood 
location: Iraq, Regno Unito       
voto: 8

"Siamo dei criminali che si vendono come puttane per fare la guerra". Ci vuole la morte dell'amico fraterno Frankie (Bishop) sulla Route irish in Iraq ("la strada più pericolosa del mondo", quella dove morì Calipari e venne ferita la Sgrena) per far acquistare a Fergus (Womack) questa consapevolezza. Lui e il suo sodale sono dei contractors, soldati mercenari con licenza di uccidere grazie all'ordinanza 17 (dopo il secondo sparo di avviertimento, sei libero di trucidare chi vuoi). Fergus non riesce a farsi una ragione della morte dell'amico, indaga seguendo le prove raccolte su un cellulare, scopre qualcosa di davvero sordido, trame e interessi privati oltre l'immaginabile e decide di farsi giustizia da solo.
Dopo averci raccontato la guerra nelle versioni drammatiche della Spagna franchista, dell'Irlanda indipendentista e del Nicaragua sandinista, a 74 anni Loach firma il suo migliore film bellico, un durissimo atto d'accusa contro le forze alleate dell'Occidente che con la scusa di esportare la democrazia all'estero finiscono col portare anche fanatismo, interessi, sangue e distruzione. L'altra verità è un film a metà strada tra spy-story, buddy-movie e melodramma che ha tutta la forza delle opere migliori del regista britannico: la ricerca della verità, la voglia di riscatto del singolo, la frenesia d'azione, la regia secca e nervosa, lo svolgimento classico e lineare, l'esemplare direzione degli attori, la tensione senza sosta. Nonostante qualche didascalismo, un'epica a tesi e un eccesso di spettacolarizzazione (la scena della tortura è un pugno in faccia allo spettatore), Loach moltiplica i livelli di lettura non solo attraverso dei geniali colpi di scena, ma anche in relazione al tragico percorso esistenziale del protagonista, costretto alla vita consapevolmente schizofrenica di chi dal proprio mestiere ha imparato soprattutto la barbarie. Attraverso il prisma di Fergus la guerra diventa un virus endemico e accecante che non risparmia neppure il privato della persone.    

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