anno: 2018
regia: ROVERE, MATTEO
genere: storico
con
Alessandro Borghi, Alessio Lapice, Fabrizio Rongione, Massimiliano
Rossi, Tania Garribba, Michael Schermi, Max Malatesta, Vincenzo
Pirrotta, Vincenzo Crea, Lorenzo Gleijeses, Gabriel Montesi, Antonio
Orlando, Florenzo Mattu, Martinus Tocchi, Vincenzo Pirrotta, Vincenzo
Crea, Ludovico Succio, Emilio De Marchi
location: Italia
voto: 8
Tra mito, leggenda e brandelli di documentazione storica, arriva sul grande schermo il coraggiosissimo film di Matteo Rovere, che racconta la parabola che portò i due figli di Rea Silvia, Romolo (Lapice) e Remo (Borghi), alla nascita di Roma. Tutto ruota sulle avventure perennemente sul filo della sopravvivenza di una sparuta comunità di pastori che prima venne catturata dai guerrieri di Alba e più tardi si trovò a doverne fronteggiare l'esercito. Fino a quando Remo, legatissimo al fragile fratello, ma forte del suo carattere e della sua potenza fisica, non si autoproclamò primo re di quelle genti dopo averle sconfitte in battaglia. Un ruolo che lo portò a un'esagerazione esasperante e al conflitto con l'amatissimo Romolo, che fu il vero fondatore della città di Roma: come a dire che la leggenda suggerisce che la capacità di mediazione ha la meglio sulla forza ed il coraggio.
Interamente parlato in una lingua pre-latina per la creazione della quale al film ha collaborato un'intera squadra di linguisti, girato soltanto con luci naturali (da Oscar il lavoro compiuto d Daniele Ciprì) e con superbe scenografie (di Tonino Zera), Il primo re è la prova di un enorme passo in avanti di Matteo Rovere dai tempi di Un gioco da ragazze. Dalle poderose scene dell'inondazione del Tevere ai continui conflitti, spesso all'arma bianca, che non risparmiano allo sguardo dello spettatore immagini da Grand-Guignol, il film è un'opera epica straordinariamente potente e plumbea, fatta di viscere, carne e suoni, capace di raccontare un'epoca difficilissima nella quale la sopravvivenza era una scommessa quotidiana, la forza muscolare contava ben più di quella verbale e il rapporto con il soprannaturale e gli dei costituiva il perno del confronto verbale, come ci ricorda l'epigrafe in apertura di Maugham: "un dio che può essere compreso non è un dio".
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