giovedì 21 dicembre 2017

Detroit

anno: 2017       
regia: BIGELOW, KATHRYN
genere: drammatico
con John Boyega, Will Poulter, Anthony Mackie, Hannah Murray, Jack Reynor, Ben O'Toole, Algee Smith, Jason Mitchell, John Krasinski, Jacob Latimore, Kaitlyn Dever, Laz Alonso, Malcolm David Kelley, Jeremy Strong, Tyler James Williams, Nathan Davis Jr., Peyton 'Alex' Smith, Joseph David-Jones, Ephraim Sykes, Leon G. Thomas III, Gbenga Akinnagbe, Chris Chalk, Austin Hébert, Miguel Pimentel, Samira Wiley, Mason Alban, Bennett Deady, Tokunbo Joshua Olumide, Benz Veal, Dennis Staroselsky, Darren Goldstein, Karen Pittman, Zurin Villanueva, Eddie Troy, Ricardo Pitts-Wiley, Joey Lawyer, Will Bouvier, Morgan Taylor, David Adam Flannery (David Flannery), Timothy John Smith, Kris Sidberry, Lizan Mitchell, Chris Coy, Ato Blankson-Wood, Glenn Fitzgerald, Henry Frost III, Frank Wood    
location: Usa
voto: 7

Nel luglio del 1967 la città di Detroit fu teatro di scontri accesi e prolungati tra la popolazione di colore e le forze dell'ordine. La segregazione su base razziale era ancora dura a morire, Malcolm X era stato assassinato appena due anni prima e i diritti civili per i neri erano un'idea non facile da inculcare nella testa dei bianchi. In quello stesso mese, nell'hotel Algiers, due ragazzine bianche e sei neri passano la serata in allegria quando la polizia di Detroit fa irruzione con metodi che farebbero quasi rimpiangere Bolzaneto. Tra torture, umiliazioni e brutalità di ogni genere, ci scappano anche i morti. I tre principali responsabili, aiutati dall'ignavia quasi senza eccezioni degli uomini dell'esercito, vanno a processo. Vietato lo spoiler sull'esito di quest'ultimo.
Sono ormai 15 anni che Katryn Bigelow ha imboccato la strada dell'impegno civile e del racconto della storia americana, lasciandosi alle spalle prodotti di genere (Blue steel, Point break, Strange days, Il mistero dell'acqua). Qui siamo stilisticamente a metà strada tra il riuscitissimo The hurt locker e il ripetitivo Zero Dark Thirty: Detroit è un film di durata fluviale (quasi due ore e mezza) con un lunghissimo prologo (accompagnato da molte immagini di repertorio), un intermezzo che è il nucleo del film capace di tenere ottimamente la tensione, e un epilogo da dramma giudiziario davvero troppo frettoloso. Meritevolissimo sul piano dei contenuti - una metafora sulla nuova ondata razzista dell'era Trump - il film pecca su quello della struttura, alla quale avrebbe giovato un taglio netto nella mezz'ora iniziale.    

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