mercoledì 18 maggio 2011

The tree of life

anno: 2011       
regia: MALICK, TERRENCE 
genere: drammatico 
con Brad Pitt, Sean Penn, Jessica Chastain, Fiona Shaw, Kari Matchett, Joanna Going, Dalip Singh, Kimberly Whalen, Jackson Hurst, Crystal Mantecon, Brenna Roth, Jennifer Sipes, Zach Irsik, Brayden Whisenhunt, Danielle Rene, Will Wallace, Hunter McCracken, Tamara Jolaine, Lisa Marie Newmyer, Michael Showers, Tom Townsend, Adam Kang, Cole Cockburn, Alex Draguicevich, Jodie Moore, Margaret Hoard, Erinn Allison, Hannah Wells, Chris Orf, Patrick Bertucci, Robin Read, Michael E. Harvey, Christopher Ryan, Anne Nabors, Sonja Mlenar 
location: Usa
voto: 3

C'è da domandarsi cosa faranno quegli spettatori che al sabato sera, entrati in sala con un quarto d'ora di ritardo, si troveranno davanti a dinosauri e sequenze che stanno tra Superquark e il National Geographic. È probabile che gli avventori dei multiplex gireranno i tacchi pensando di aver sbagliato sala, mentre gli altri sospetteranno del caffé preso poco prima al bar. Già, perché abituato al letargo cinematografico (5 film in 40 anni), il regista Terrence Malick cerca proseliti nel campo della narcolessia propinando improbabili film d'autore che frullano insieme tematiche cosmogoniche con 2001 odissea nello spazio (non a caso tra le maestranze che hanno calcato il set c'è Douglas Trumbull, che curò gli effetti speciali del film di Kubrick), prediche da oratorio sulla dialettica tra Natura e Grazia e sul senso della vita, reminiscenze degli anni del catechismo. Tanto sfoggio di mezzi, citazionismo (il regista ha tradotto Heidegger - e si vede - e ha conseguito la laurea ad Harvard), tanta maestosa potenza figurativa per raccontare il rapporto difficile tra un padre autoritario e manesco (un Brad Pitt inerte) e il più grande dei suoi tre figli maschi, l'undicenne Jack (interpretato da adulto da uno Sean Penn ridotto a poco più di un cammeo), nel Midwest americano degli anni '50. La linearità narrativa è un optional: quello che nel film sembra contare - e che ha vellicato l'entusiamo di schiere di fanatici - è un estetismo fine a se stesso, accompagnato da dialoghi afasici, algido e incapace di emozionare - non fosse appunto per le immagini - per un solo istante. Sarà per tutti questi motivi che al Festival di Cannes lo hanno sonoramente fischiato.    

3 commenti:

  1. La linearità narrativa è un optional: quello che nel film sembra contare": barabbovich è un altro residuo della vecchia estetica morta e sepolta da oltre mezzo secolo, se non addirittura un secolo fa, forse tre secoli fa, - se si è letto il "Tristram Shandy". Un secolo fa "Ulisse" di Joyce fece a pezzi la 'linea narrativa' (vuoi ancora 'la trama', barabbovich?). Nel 1956 Thomas Pinchon abbatte per sempre con "V" il continuum spazio-temporale. Ma è a Faulkner di "L'urlo e il furore" che si ispira Malick nel caleidoscopio di voci che non sai mai bene di chi siano: punti di vista disseminati, che non sai se sia un uomo a parlare o un ramoscello che assistono alla violenza brutale su un povero scemo. Ci sono molti motivi per criticare il film di Malick, ma nessuna critica negativa tra le otto che ho letto su FilmTv è convincente, tutte sono opache, scritte male, vituperose, assurde (tranne la divertente stroncatura di marlucche); soprattutto, non è molto elegante tacciare quelli cui il film è piaciuto di 'narcolessia', perché chi si è addormentato su qualche tomo vetusto polveroso di secoli sei proprio tu, barabbovich. Devo aggiungere che l’iscrizione di fake (strikers, alines, mijok) a supporto degli opinionisti cui TOL non è andato giù è una pratica balorda, messa in atto da chi non accetta che su un manufatto d'arte ci sia una ragguardevole unità di vedute. Una nuova forma di anestetica che, incapace di demolire criticamente un film, demolisce e demonizza gli estimatori di Malick.

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  3. Potrei aver letto Joyce, Pinchon o David Foster Wallace. Il punto è che per i saputelli come Marcel Duchamp o la pensi come loro o sei da buttare al cesso.
    Il problema di questi poveretti è sempre lo stesso: che se scopassero un po' più di una volta ogni 4 anni non sprecherebbero tutte le loro energie a insultare chi la pensa diversamente.

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