lunedì 28 marzo 2016

Harold e Maude

anno: 1972   
regia: ASHBY, HAL   
genere: grottesco
con Bud Cort, Ruth Gordon, George Wood, Ray Goman, Henry Dieckoff, Vivian Pickles, Sonia Sorrell, Barry Thomas Higgins, Gordon Devol, Judy Engles, Charles Tyner, Shari Sumjmers, Philip Schultz, Marjorie Morley Eaton, Ellen Geer, Harvey Brumfield, Cyril Cusack, Eric Christmas    
location: Usa
voto: 6,5   

In perenne conflitto con la madre edonista e frivola (padre: non pervenuto), Harold (Cort) è il giovane rampollo di una famiglia ricchissima al quale la genitrice sta cercando di procacciare l'anima gemella. Lui risponde simulando continui suicidi, andandosene a zonzo con un carro funebre e trastullandosi presenziando a funerali di perfetti sconosciuti. È in una di queste occasioni che conosce l'ottuagenaria Maude (Gordon), vecchietta più arzilla che mai, impermeabile alle regole. Tra i due scatterà la più improbabile delle scintille.
Film cult degli anni '70 per via di quel suo spirito iconoclasta, antiborghese e libertario, Harold & Maude è una di quelle opere che soffrono irrimediabilmente la polvere del tempo (sebbene già nel 1972 Tullio Kezich l'avesse definita "una sciocca storiella"). Le gag suicidomani di Harold e le scorribande stradali dell'anziana signora restano godibili, ma lo stile grottesco con cui vengono veicolate le istanze sovvertitrici a distanza di tempo appaiono programmatiche e ingenue. Come del resto risulta poca cosa la colonna sonora composta dalle canzoni di Cat Stevens, che all'epoca contribuì a decretare il successo planetario del film tratto dal romanzo di Colin Higgins.

domenica 27 marzo 2016

La macchinazione

anno: 2016       
regia: GRIECO, DAVID
genere: biografico
con Massimo Ranieri, Libero De Rienzo, Matteo Taranto, François-Xavier Demaison, Milena Vukotic, Roberto Citran, Tony Laudadio, Alessandro Sardelli, Paolo Bonacelli, Catrinel Marlon, Luca Bonfiglio, Marco D'Andrea, Carmelo Fresta, Carlo D'Onofrio, Massimiliano Pizzorusso, Pietro Ingravalle, Laura Pellicciari, Cristiano Pizzorusso, Gianluigi Fogacci, Fabio Gravina, Emidio Lavella, Guido Bulla, Livio Brandi, Giulia Lapertosa, Francesco D'Angelo    
location: Italia
voto: 1,5

Tornato dietro la macchina da presa a 12 anni di distanza da Evilenko, il biopic sul "mostro della striscia di bosco", David Grieco si conferma autore inesistente e meno che dilettantistico. La sua opera seconda è incentrata sulla figura di Pier Paolo Pasolini e sulla cospirazione che portò al suo assassinio il 2 novembre del 1975. Lo scrittore, poeta e regista friulano stava indagando su Eugenio Cefis, il presidente della Montedison a capo della P2, tra i mandanti dell'omicidio di Enrico Mattei e colluso con la banda della Magliana. Nel frattempo, Pasolini stava lavorando al montaggio del suo ultimo film, Salò o le 120 giornate di Sodoma e alla scrittura di quel libro cruciale e incompiuto che fu Petrolio. La macchinazione ricostruisce meticolosamente il teorema della congiura, dimenticando completamente l'aspetto filmico: recitazione inaccettabile, buchi di sceneggiatura, vernacolo sotto la soglia minima di sorveglianza (col protagonista inevitabilmente risucchiato nella sua cadenza partenopea e lo spezzino Matteo Taranto più esilarante di Boldi quando cerca di rifare la parlata romanesca), personaggi infilati nella narrazione in maniera del tutto decontestualizzata, come se fossero stati reclutati per passare loro la diaria, scenette involontariamente grottesche (su tutte, quelle dell'incontro in un osteria tra PPP e uno studente). Se la forma - con concessioni eccessive tanto alla vita privata di Pasolini (il rapporto con la madre, quello con Pino Pelosi, la passione per il calcio) quanto alla musica dei Pink Floyd (con un finale che sembra essere visivamente ispirato al parkeriano The wall) - è inaccettabile, il contenuto non è da meno. Preoccupatissimo di dare al film una veste da thriller e di dimostrare la reale esistenza di una macchinazione per uccidere un intellettuale scomodo e scandaloso come Pasolini, Grieco dimentica di dare spessore al ruolo della politica, di raccontare le trame nere, di far emergere la figura profetica di PPP limitandosi a un ridicolo bigino. Dopo il Pasolini di Ferrara e questo massacro, sarà  bene rispolverare l'opera di finzione meglio riuscita tra quelle dedicate al poeta friulano: Pasolini, un delitto italiano, di Giordana.    

sabato 26 marzo 2016

Un paese quasi perfetto

anno: 2016       
regia: GAUDIOSO, MASSIMO 
genere: commedia 
con Fabio Volo, Silvio Orlando, Carlo Buccirosso, Nando Paone, Miriam Leone, Francesco De Vito, Gea Martire, Antonio Petrocelli, Maria Paiato    
location: Italia
voto: 6 
A Pietramezzana, un paesino di fantasia della Basilicata abitato da un centinaio di anime, la popolazione è in cassintegrazione da un paio d'anni. Da quando la miniera locale ha chiuso i battenti, infatti, per gli autoctoni non c'è più lavoro. La possibile riapertura della miniera sembra però interessare alcuni investitori a condizione che nel paese risieda un numero minimo di abitanti e che vi sia almeno un medico. Per ovviare al problema, viene ingaggiato con l'inganno un chirurgo plastico milanese di passaggio (Volo), spiato sistematicamente per assecondarne i gusti e garantirgli ogni comfort per convincerlo a restare: dalla passione per il cricket a quella per il sushi.
Al suo esordio solista a vent'anni di distanza dal fortunato esordio de Il caricatore (diretto con Eugenio Cappuccio e Fabio Nunziata), Massimo Gaudioso firma un'opera corale, remake del canadese La grande seduzione di Jean-François Pouliot. Siamo a metà strada tra il tentativo di bissare il successo di un altro film di ispirazione francofona (Benvenuti al Sud) e un Pane, amore e fantasia reloaded, con un registro scanzonato sull'arte di arrangiarsi tipicamente italiana in una situazione difficile come quella della disoccupazione. Un'ora e mezza da trascorrere tra qualche stereotipo, alcune battute indovinate e un cast affiatato nel quale figura anche la ex-Miss Italia Miriam Leone, limitata a semplice statuina di questo simpatico presepe umano.    

lunedì 21 marzo 2016

Miss Violence

anno: 2013       
regia: AVRANAS, ALEXANDROS 
genere: drammatico 
con Themis Panou, Reni Pittaki, Eleni Roussinou, Sissy Toumasi, Kalliopi Zontanou, Konstantinos Athanasiades, Chloe Bolota, Maria Skoula, Giorgos Gerontidakis, Maria Kallimani, Anna Koutsaftiki, Rafika Chawishe, Stefanos Kosmidis, Christos Loulis, Martha Bouziouri, Nikos Hatzopoulos, Yota Festa, Minas Hatzisavvas, Kostas Antalopoulos, Giorgos Symeonidis, Vasilis Kuhkalani, Vaso Iatropoulou    
location: Grecia
voto: 6 

Nel giorno in cui sta festeggiando il suo undicesimo compleanno sulle note composte da Leonard Cohen, Angeliki si suicida buttandosi dal balcone. Il padre si sforza di dare un contegno di normalità a moglie e nipoti che vivono con lui, fino all'indifferenza. Ma le crepe si vedono, le porte della casa non possono essere chiuse a chiave, le uscite delle figlie sono disciplinate dall'inflessibile rigore del padre/nonno/orco, un ragioniere semidisoccupato. A mano a mano che il film va avanti capiamo che in quella casa sta accadendo qualcosa di raggelante, che i soldi non bastano mai, che le parentele non sono quelle che sembrano, mentre la sindrome di Stoccolma è in agguato.
Leone d'argento per la migliore regia, meritatissima Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile (Themis Panou), premio Arca cinema giovani come miglior film e premio Fedeora per il miglior film europeo dell'area mediterranea alla mostra di Venezia, il film del greco Alexandros Avranas è un'opera di sconvolgente violenza psicologica, algida e crudele. I soprusi sono raccontati quasi sempre per sottrazione, con silenzi e macchina da presa fissa, nascosti dietro le pareti o nel chiuso dell'abitacolo di un'automobile. Allo stesso tempo, le relazioni tra il pater familias e il gineceo domestico sono raccontate attraverso il contrasto feroce tra l'autocontrollo del protagonista e la mostruosità delle sue azioni, in una rappresentazione iperbolica dell'istituzione familiare come luogo di potere arbitrario, sopraffattorio e di isolamento dal mondo. Un durissimo colpo allo stomaco dello spettatore, con uno stile algido che sta tra i Funny games di Haneke, la Canicola di Seidl e Salò di Pasolini.    

domenica 20 marzo 2016

Storie sospese

anno: 2015       
regia: CHIANTINI, STEFANO  
genere: drammatico  
con Marco Giallini, Maya Sansa, Alessandro Tiberi, Antonio Gerardi, Pietro Bontempo, Simonetta Solder, Giorgio Colangeli, Sandra Ceccarelli    
location: Italia
voto: 5  

Rimasto disoccupato dopo che una frana gli ha portato via un collega e ha costretto alla chiusura l'azienda per la quale lavorava, Thomas (Giallini), un esperto rocciatore, per mantenere la famiglia si vede costretto ad accettare un lavoro in Abruzzo offertogli da un costruttore senza scrupoli (Gerardi), responsabile della progrettazione di un traforo che sta mettendo a serissimo repentaglio la sicurezza di un intero paese, nel quale le case cominciano a creparsi e le condutture idriche a saltare. Thomas sarà costretto a scegliere tra etica e sopravvivenza.
Primo film impegnato per Stefano Chiantini (Forse sì... forse no..., L'amore non basta, Isole), che raccoglie in questa sua opera tutte la storia delle istanze lungamente inascoltate delle popolazioni vessate da una progettazione scriteriata di infrastrutture e quella di appaltatori senza scrupoli. Sineddoche della speculazione mafiosa che si nasconde dietro le grandi opere nonché dell'impermeabilità della politica alla voce della cittadinanza, la trama ha tuttavia uno sviluppo convenzionale, prevedibile, con personaggi - a cominciare dalla maestra interpretata come sempre in maniera inaccettabile dalla pessima Maya Sansa - che sono delle caricature a cui si accompagna una regia iperconvenzionale.   

giovedì 17 marzo 2016

Attraversando il bardo. Sguardi sull'aldilà

anno: 2015       
regia: BATTIATO, FRANCO  
genere: documentario  
con Lama Geshe Jampa Gelek, Guidalberto Bormolini, Lama Khangser Rimpoche, Lama Ciampa Monlam, Stanislav Grof, Fabio Marchesi, Ensitiv, Jack Sarfatti, Manlio Sgalambro, Alba Rohrwacher. Voce: Anna Menichetti    
location: Italia
voto: 5,5  

"Le sento più vicine le sacre sinfonie del tempo con un'idea: che siamo esseri immortali", cantava nel 1992 Franco Battiato. Nel 2016, al suo quarto film da regista (gli altri sono Musikanten, Perduto Amor e Niente è come sembra), ribadisce lo stesso concetto espresso ne Le sacre sinfonie del tempo: la morte è uno stato di passaggio. E questo passaggio è il bardo del titolo, ossia il  Bardo Todol, il testo più noto della letteratura tibetana, con il quale si fa riferimento a quello stato della mente nel quale, dopo la morte, la coscienza si separa dal corpo. Sguardi sull'aldilà, come recita il sottotiolo, si interroga sulla morte e sul suo significato scomodando monaci tibetani e teologi, ma anche fisici, filosofi e psichiatri. Difficile prendere le misure al film - al di là dell'aspetto squisitamente cinematografico, sostanzialmente inesistente - senza tenere conto delle fortissime antinomie in campo tra una visione (quella dell'autore) tutta spostata sul versante del misticismo, dell'impermanenza, dell'antimaterialismo e delle filosofie orientali e quella in larga parte radicata nella tradizione occidentale formatasi sul modello razionalista dell'antica Grecia, a dispetto dell'apparente elemento di che potrebbe fungere da ponte tra l'una e l'altra, rappresentato dal fisico quantistico Fabio Marchesi (oggi a capo di un'associazione denominata Entusiasmologia…). Per alcuni il film di Battiato potrebbe essere visto come una riflessione seria e ad ampio raggio sul tema della morte, declinato esclusivamente nella sua accezione spirituale; per altri puà trattarsi di un'occasione per spiluccare in un oceano di simbolismi, metafore e arditissime affermazioni apodittiche; per altri ancora, Attraversando il bardo potrebbe essere nient'altro che la summa del Battiato-pensiero, una ridda di affermazioni deliranti e vagamente supponenti, anche se elargite con mano felpata.    

martedì 15 marzo 2016

The Lesson - Scuola di vita (Urok)

anno: 2014       
regia: GROZEVA, KRISTINA * VALCHANOV, PETAR   
genere: drammatico   
con Margita Gosheva, Ivan Burnev, Ivanka Bratoeva, Ivan Savov, Deya Todorova, Stefan Denolyubov    
location: Bulgaria
voto: 7,5   

Nadia (Gosheva) insegna inglese nelle scuole medie e per arrotondare fa anche qualche traduzione. Nello stesso giorno in cui prova a dare una lezione di condotta civica ai suoi alunni, uno dei quali reo di aver rubato il borsellino a una compagna, scopre che l'ufficiale giudiziario ha messo in vendita la casa nella quale abita per insolvenza. Le rate del mutuo, affidate al marito perdigiorno (Burnev), sono state usate per bere a dismisura. Per Nadia ha così inizio un calvario che la porrà di fronte a una miriade di umiliazioni e a enormi dilemmi morali, che continuerà ad affrontare a schiena dritta e testa alta.
Al loro secondo film dopo Glory (inedito in Italia), la coppia di registi bulgari Kristina Grozeva e Petar Valchanov firma un'opera di altissimo valore etico che parte in sordina e si arricchisce di spunti drammaturgici e di nuovi dilemmi morali a mano a mano che avanza verso un finale spiazzante. Con macchina a spalla e colonna sonora assente, il film con un occhio pedina la sua protagonista alla maniera dei Dardenne, mentre con l'altro ne racconta l'apocalisse esistenziale, memore della lezione del Bresson di L'argent, proponendosi come un ritratto iperrealista della piccolissima borghesia bulgara, quella costretta a lottare con l'arroganza delle istituzioni, l'ottusità della burocrazia e la crudeltà del potere economico. Durissimo, leggermente arrancante nella prima mezz'ora, The lesson meriterebbe di essere proposto e riproposto nelle nostre scuole e magari anche in parlamento.    

sabato 12 marzo 2016

Regali da uno sconosciuto - The Gift

anno: 2015       
regia: EDGERTON, JOEL
genere: giallo
con Jason Bateman, Rebecca Hall, Joel Edgerton, Allison Tolman, Busy Philipps, Beau Knapp, Wendell Pierce, David Denman, Katie Aselton, Tim Griffin, Adam Lazarre-White, Mirrah Foulkes, Nash Edgerton, David Joseph Craig, Susan May Pratt, P.J. Byrne, Felicity Price    
location: Usa
voto: 5,5

Lasciata Chicago per cambiare aria dopo avere perso l'attesissimo figlio prima della nascita, Robyn (Hall) e Simon (Bateman) tornano nella città natale di quest'ultimo. Il quale ritrova Gordon (Edgerton), un compagno di studi dei tempi del liceo. Sulle prime il vecchio compagno di studi si dimostra accogliente e premuroso (anche troppo), poi i suoi modi stravaganti diventano equivoci fino a generare nella coppia il sospetto di essere vittime di un'ossessione. Ma Simon ha i suoi scheletri nell'armadio e la verità è ben altra, nascosta nelle pieghe degli anni.
Esordio alla regia per l'attore Joel Edgerton (già interprete di film come Zero Dark Thirty, Il Grande Gatsby e Black mass), che confeziona una miscela filmica ad alto tasso di suspense che sta tra Le verità nascoste, La terrazza sul lago, Niente da nascondere e The box. Fiacchissimo e ripetitivo nella prima parte, il film si accende nella seconda, quando va a rovistare nell'inconscio dei protagonisti con il (parziale) ribaltamento del rapporto tra buoni e cattivi in una chiave che trova nel bullismo il suo tema portante. Tutto assolutamente implausibile, con sceneggiatura scritta a colpi d'accetta e finale semiaperto.    

sabato 5 marzo 2016

Banksy Does New York

anno: 2014   
regia: MOUKARBEL, CHRIS 
genere: documentario 
location: Usa
voto: 7,5 

Nel 2013 il writer inglese Banksy decise di lasciare il suo inconfondibile marchio artistico a New York per l'intero mese di ottobre. Una diversa opera al giorno. Il film di Chris Moukarbel documenta con un montaggio serrato quell'incredibile avventura come fosse una caccia al tesoro, concentrandosi sulle reazioni delle persone alle opere di Banksy, sempre spiazzanti. Dalle più banali istantanee ottenute con gli smartphone prima che l'efficientissimo servizio di pulizia della Grande Mela riverniciasse sgraziatamente le opere sui muri appena un paio di ore dopo, alle squadre di immigrati disagiati che le prelevano nella speranza di potersele rivendere a cifre astronomiche, fino alla rimozione di intonaci e laterizi contenenti le opere, destinate a figurare in qualche galleria all'insegna dello slogan "meglio dentro che fuori", il film è un carosello di trovate geniali che fornisce un quadro a tutto tondo dell'opera dello street artist più famoso al mondo. La sua è un'attività che si articola in tutte le possibili forme espressive, dai graffiti alla scultura, passando per il remix, la videoarte e l'arte itinerante (semplicemente incredibile l'idea del camioncino che fa tappa davanti alle macellerie trasportando animali di peluche che emettono versi prima di finire nei mattatoi), sempre a fortissima caratura simbolica e a enorme impatto come forma di comunicazione politica. Fantomatico, imprendibile, capacissimo di orchestrare la curiosità dei media a proprio piacimento e di trasformare il suo lavoro in fenomeni virali, costantemente impegnato nell'esprimere messaggi forti attraverso la propria arte, Banksy si conferma la massima espressione del ritorno dell'arte contemporanea al suo carattere universalistico, dopo che per troppo tempo questa è stata costretta entro il particolarismo degli atelier. Non a caso, dopo Exit through the gift shop, Banksy Does New York è già il secondo documentario dedicato nel giro di pochi anni a uno dei maggiori artisti contemporanei.  

venerdì 4 marzo 2016

Lo chiamavano Jeeg Robot

anno: 2015       
regia: MAINETTI, GABRIELE  
genere: fantascienza  
con Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi, Maurizio Tesei, Francesco Formichetti, Daniele Trombetti, Antonia Truppo, Salvo Esposito, Gianluca Di Gennaro    
location: Italia
voto: 8  

Esordio col botto (sul ponte della musica). Enzo Ceccotti (Santamaria) è un ladruncolo asociale che vive a Tor Bella Monaca (periferia romana altamente degradata), non ha amici e mangia quantità gigantesche di yogurt. Un giorno, braccato dalla polizia, finisce nel Tevere, in un punto dell'acqua dove sono nascosti dei misteriosi barilotti che gli fanno acquisire una forza erculea. Quando conosce Alessia (Ilenia Pastorelli, reduce dal Grande Fratello), una ragazza pluriabusata dal padre (Ambrogi) che si è rifugiata in un mondo fantastico popolato dai personaggi dei manga degli anni '80, la vita di Enzo cambia. Anche perché i suoi poteri fanno gola a un criminale balordo ossessionato dall'apparire in televisione (Marinelli).
Tanto di cappello a Gabriele Mainetti, che coraggiosamente dirige e produce (componendo anche la colonna sonora) un'opera ultrapop ad alto impatto spettacolare, aggiugendosi al nugolo di cineasti che stanno meritoriamente ridisegnando il cinema di genere in Italia (i fratelli Manetti, Alessandro Piva, Stefano Sollima) e alla sparuta ciurma di autori che hanno tentato la via italiana ai supereroi (Ivan Cotroneo con La kryptonite nella borsa e Gabriele Salvatores con Il ragazzo invisibile). Il quarantenne romano è un Tarantino de' noantri capace di confezionare un fantathriller insolito e coraggioso che, tra splatter, grandguignol e un calcato registro grottesco, recupera l'immaginario televisivo caro alla sua generazione (quello dei manga giapponesi) per riadattarlo a un antieroe borgataro filtrato dallo sguardo di una ragazzetta sciroccata. Ma alla coppia protagonista la scena viene rubata dal diabolico antagonista interpretato da un Luca Marinelli che si conferma attore dalle capacità stratosferiche.    

giovedì 3 marzo 2016

1981: Indagine a New York (A Most Violent Year)

anno: 2014   
regia: CHANDOR, J.C.
genere: thriller
con Oscar Isaac, Jessica Chastain, David Oyelowo, Alessandro Nivola, Elyes Gabel, Albert Brooks, Catalina Sandino Moreno, Peter Gerety, Christopher Abbott, Ashley Williams, John Procaccino, Glenn Fleshler, Jerry Adler, Annie Funke, Matthew Maher, David Margulies, Pico Alexander, Ben Rosenfield, Giselle Eisenberg, Elizabeth Marvel, Robert Clohessy, Daisy Tahan, Taylor Richardson, Jason Ralph, Jimmy Palumbo, William Hill, Patrick Pitu, Linda Marie Larson, Myrna Cabello, Suzanne Cerreta    
location: Usa
voto: 5

Avrebbe potuto essere Il padrino o Quei bravi ragazzi, non sarebbe cambiato nulla: un film visto in assenza del proprio io cosciente è come un film non visto. Provo a raccontarlo. Un immigrato dai sani principi che commercia petrolio a New York con una ditta di camion (Isaac) è stretto nella morsa tra l'ossessione di un repulisti fortissimamente voluto dalle alte sfere governative cittadine che cercano di metterlo spalle al muro a suon di controlli e carte bollate e una moglie meschina (Chastain) che lo pressa affinché l'uomo adotti metodi più spregiudicati. In quello che fu uno degli anni in cui si registrò un picco di violenza a New York, l'uomo cerca comunque di andare avanti per la sua strada in una trafila di contraddizioni. Ma quando uno dei suoi camionisti gli si suicida davanti, preferisce usare il fazzoletto per tamponare la fuoriuscita di petrolio piuttosto che asciugare il sangue.
Acclamato dalla critica ed eluso dagli esercenti (distribuzione al minimo sindacale), il film di J.C.Chandor conferma - dopo Margin call e All is lost - la vocazione all'impegno del cineasta del New Jersey. Nell'occasione, tuttavia, il film - visto col solo occhio sinistro e 4/10 di ipermetropia - su un uomo elegantissimo in costante cappotto cammello e solo apparentemente tutto d'un pezzo sembra incedere in maniera farraginosa sulle orme del cinema di Lumet, con ritmo blando e colpi di scena forzati in una New York livida e invernale. Pessimo, meno che dilettantistico, il doppiaggio italiano.