venerdì 26 dicembre 2014

Quando c'era Berlinguer

anno: 2014   
regia: VELTRONI, WALTER
genere: documentario
con Enrico Berlinguer, Giorgio Napolitano, Bianca Berlinguer, Luigi Bettazzi, Jovanotti, Silvio Finesso, Arnaldo Forlani, Alberto Franceschini, Richard Newton Gardner, Mikhail Gorbachev, Pietro Ingrao, Emanuele Macaluso, Alberto Menichelli, Eugenio Scalfari, Sergio Segre, Claudio Signorile, Aldo Tortorella
location: Italia
voto: 6

Fin dalle prime immagini, che ritraggono la sconcertante ignoranza di molti (non tutti) i giovani d'oggi che non hanno alcuna idea su chi fosse Berlinguer ("la mafia", "il presidente della Corea", rispondono), il primo film da regista di Walter Veltroni punta interamente sull'effetto nostalgia. Quando c'era Berlinguer, sembra suggerire implicitamente, eravamo un partito forte. E forse anche onesto, aggiungiamo noi, se non l'avessero rovinato persone come te, Uolter, trasformandolo in un partito di destra.
Il documentario, che pure si avvale di qualche scelta registica pregevole (il fluido passaggio dalle immagini di oggi a quelle di ieri), ricostruisce in maniera piuttosto didascalica la traiettoria politica di uno dei più noti segretari del Partito Comunista Italiano, il sardo che traghettò il partito di Gramsci e Togliatti verso la soglia del 34% dei voti, che lo portò alle vittorie nei referendum sul divorzio e l'aborto, che tentò la discussa via del compromesso storico con la DC nel tentativo non riuscito di arrivare finalmente a governare il Paese. Una traiettoria politica non sempre facile, come non furono facili i rapporti con l'Unione Sovietica, con la sinistra extraparlamentare e con il PSI di Craxi, che pur di non appoggiare il PCI scelse la strada del pentapartito (e della P2).
Proposto a 30 anni dalla morte di Berlinguer, il documentario si avvale di numerose testimonianze, tra le quali quelle discutibilissime della tracotante figlia Bianca (dal 2009 alla direzione del TG3) e del notissimo maître à penser Jovanotti, oltre che del migliorista Napolitano, che a Berlinguer fece una guerra costante all'interno del partito, e di Franceschini, che mette sul tappeto i durissimi rapporti tra le Brigate Rosse e il PCI. Un'elegia firmata da un noto frequentatore del cinema come forma culturale (sua una delle voci nel doppiaggio di Chicken Little e suo anche il romanzo dal quale è tratto Piano, solo), che tocca l'acme nella lunga sequenza finale, quella che ricostruisce la tragica morte del segretario del PCI avvenuta a Padova, nel 1984, all'indomani di un tour forsennato di comizi che misero il leader comunista a durissima prova. Ne seguirono funerali oceanici a S.Giovanni: inevitabili i lucciconi.    

giovedì 25 dicembre 2014

Hannah Arendt

anno: 2012       
regia: VON TROTTA, MARGARETHE 
genere: biografico 
con Barbara Sukowa, Janet McTeer, Julia Jentsch, Axel Milberg, Timothy Lone, Megan Gay, Nicholas Woodeson, Tom Leick, Ulrich Noethen, Nilton Martins, Leila Schaus, Harvey Friedman, Victoria Trauttmansdorff, Sascha Ley, Friederike Becht, Fridolin Meinl, Michael Degen, Shoshana Shani-Lavie, Eliana Schejter, Pini Tavger, Patrick Hastert, Gad Kaynar, Clyde Prescod, Klaus Pohl, Pitt Simon, Marie Jung, Matthias Bundschuh, Claire Johnston, Ralph Morgenstern, Germain Wagner, Gilbert Johnston, Alexander Tschernek 
location: Germania, Israele
voto: 3,5 

Fuggita dalla Germania a seguito delle persecuzioni naziste, la filosofa ebrea Hannah Arendt (Sukova) trova riparo insieme all'amatissimo marito (Milberg), docente universitario come lei, negli Stati Uniti. Da qui, a guerra finita, l'autrice de Le origini del totalitarismo decide di recarsi a Gerusalemme come inviata del New Yorker per raccontare il processo ad Adolf Eichmann, il gerarca nazista catturato in America Latina dal Mossad e portato in Israele per i suoi crimini contrò l'umanità e lo sterminio degli ebrei sotto il diktat di Himmler. Da quell'esperienza nasceranno le idee per il discusso La banalità del male, che la comunità ebraica americana (e non solo) accolse malissimo.
Tornata al grande schermo 8 anni dopo Rosenstrasse, la Von Trotta conferma la sua vocazione per il cinema d'impegno (Sorelle, Anni di piombo, Rosa Luxenburg) con un film che fotografa una delle vicende più discusse che coinvolsero la grande filosofa tedesca. Il problema è che alla banalità del male corrisponde una banalità della regia che suscita stupore: non solo per il livello appena scolastico delle riprese (intervallate dalle immagini del documentario sul processo Eichman girato da Eyal Sivan e intitolato Uno specialista), ma anche per le incursioni nella trama dei risvolti sentimentali trattati alla maniera di rubriche scandalistiche, i cenni vacui all'ambiguo rapporto della Arendt con il suo maestro Heidegger, che tanto flirtò col nazismo, e per la scelta di una protagonista bollita e imbalsamata come Barbara Sukowa, attrice feticcio della Von Trotta da oltre un trentennio: la sigaretta che porta continuamente in bocca è l'apice di espressività del suo volto. A peggiorare il tutto concorre il doppiaggio italiano, di livello meno che amatoriale.    

giovedì 18 dicembre 2014

Il ragazzo invisibile

anno: 2014       
regia: SALVATORES, GABRIELE
genere: fantastico
con Ludovico Girardello, Valeria Golino, Fabrizio Bentivoglio, Ksenia Rappoport, Aleksei Guskov, Noa Zatta, Raicho Vasilev, Hristo Jivkov (Christo Jivkov), Assil Kandil, Filippo Valese, Enea Barozzi, Riccardo Gasparini, Vernon Dobtcheff, Vilius Tumalavicius, Vincenzo Zampa, Diana Höbel
location: Italia, Russia
voto: 6

Sono quasi 20 anni, dai tempi di Nirvana, che Salvatores cerca di perseguire una sua strada originale nell'ambito del cinema italiano. Quasi sempre, tuttavia, inciampando nello stesso difetto: il magma caotico dello script. Se da una parte se ne ammira il coraggio e il tentativo di innovazione (dalle prime commedie alla fantascienza di Nirvana, passando per il registro grottesco di Denti, il pulp in una chiave quasi western di Amnèsia, il noir di Quo vadis baby e Come Dio comanda, fino al meta-cinema di Happy family e ai documentari 1960 e Italy in a day), dall'altra si avverte sempre la mancanza di qualcosa, un'incompletezza quasi disturbante e, appunto, caotica, segnata da un gusto sempre meno dissimulato per il citazionismo.
Non fa eccezione questo Il ragazzo invisibile (il debito nei confronti dell'idea di fondo de L'uomo invisibile, film del 1933, è palese), ennesimo racconto di formazione (dopo Io non ho paura ed Educazione siberiana) che parte come una storia di bullismo tra i banchi di scuola, prosegue come un fantasy e si chiude come un racconto distopico su un gruppetto di fanatici che vuole sfruttare il "dono" del piccolo protagonista per utilizzarlo a scopi militari. Il problema è che i cattivi non sanno chi sia il ragazzino con questo dono e il dodicenne protagonista (Girardello) crede di avere ricevuto la capacità di diventare invisibile grazie a un costume di quart'ordine acquistato in occasione della festa di Halloween. Ecco allora arrivare il diluvio a massima entropia dello script: una madre single (Golino) che non è la sua vera madre, un padre cieco e sensitivo (Jivkov) che lo guida da lontano, Chernobyl, le mutazioni genetiche, un losco personaggio che artiglia le menti altrui, il bullo che si sbulla, i ragazzini rapiti, la sottotrama amorosa e chi più ne ha, più ne metta. Un'operazione sprecata, caratterizzata da un uso sorvegliato degli effetti speciali, da una irritante trascuratezza nella direzione degli attori (soprattutto i più piccoli) e da un finale sibillino e pretestuoso che sembra voler indicare la strada per un possibile sequel.    

mercoledì 17 dicembre 2014

Storie pazzesche (Relatos salvajes)

anno: 2014       
regia: SZIFRON, DAMIAN
genere: grottesco
con Ricardo Darín, Liliana Ackerman, Luis Manuel Altamirano García, Alejandro Angelini, Damián Benítez, Cristina Blanco, Gustavo Bonfigli, César Bordón, Pablo Bricker, María Laura Caccamo, Camila Sofía Casas, Pablo Chao, Juan Pablo Colombo, Rita Cortese, Gustavo Curchio, Alan Daicz, Germán de Silva, Diana Deglauy, Claudio Delan, Miguel Di Lemme, Walter Donado, Héctor Drachtman, Nancy Dupláa, Graciela Fodrini, Camila Franco, Marcelo Frasca, Ángel Frega, Andrea Garrote, Lucrecia Gelardi, Diego Gentile, Martín Gervasoni, Darío Grandinetti, Paula Grinszpan, Silvina La Morte, Juan Santiago Linari, Federico Liss, María Rosa López Ottonello, Pablo Machado, Lucila Mangone, Oscar Martínez, María Marull, Luis Mazzeo, Daniel Merwicer, Margarita Molfino, Pablo Moseinco, Carlos Moyá, Horacio Nin Uria, Osmar Núñez, María Onetto, Javier Pedersoli, Fiorella Pedrazzini, Miguel Ángel Platinado Grando, Marcelo Pozzi, Erica Rivas, Victoria Roland, Noemí Ron, Leonardo Sbaraglia, Mariano Sigman, Emilio Soler, Diego Starosta, Ricardo Truppel, Abian Vain, Carlos Alberto Vavassori, Horacio Vay, Ramiro Vayo, Diego Velázquez, Mónica Villa, Liliana Weimer, Julieta Zylberberg
location: Argentina
voto: 8,5

Rubacchiando qua e là e sotto l'egida di Pedro Almodovar (qui in veste di coproduttore) che campeggia a caratteri cubitali sulla locandina del film, al punto da indurre molti a pensare che sia lui il regista, ecco arrivare nelle sale questa sfrontata commedia grottesca in sei episodi firmata dal giovane cineasta argentino Damián Szifrón. Minimo comun denominatore sono la vendetta e l'ira, peccato capitale contagioso che sembra essere l'epitome di un'intera epoca di diffusa inciviltà. Si parte con un aereo all'interno del quale tutti i viaggiatori scoprono di avere conosciuto in momenti diversi delle loro vite lo stesso musicista fallito. Si prosegue con la vicenda di un usuraio che incontra una cameriera e una cuoca con il dente avvelenato nella tavola calda dove queste lavorano. Il terzo episodio sembra prendere spunto da Duel e mostra le conseguenze parossistiche di un diverbio per problemi di viabilità. Il quarto episodio (e stavolta siamo dalle parti di Un giorno di ordinaria follia) ha come protagonista l'attore argentino forse più noto in Europa, il fenomenale Ricardo Darin (Nove regine, XXY, Il segreto dei suoi occhi, Cosa piove dal cielo?), qui nei panni di un ingegnere esperto di esplosioni che si vede brutalmente sottrarre i suoi diritti di cittadino a suon di multe e rimozioni dell'auto assolutamente ingiustificate. Nel quinto episodio (in questo caso lo spunto è assai simile a quello de Le tre scimmie) un miliardario si trova nei pasticci dopo che suo figlio ha investito, uccidendola, una donna incinta. Tenta allora di convincere un povero Cristo che lavora da lui come tuttofare ad assumersi la colpa in cambio di una consistentissima retribuzione. L'ultimo episodio mette in scena un matrimonio sfarzoso durante il quale la sposa scopre che tra gli invitati c'è anche l'amante del marito: si sfiora la tragedia.
Ritmo serrato, originalità degli angoli di ripresa, ottima direzione degli attori, coerenza tematica (oltre al soggetto della vendetta, metà degli episodi hanno come fulcro un'automobile, icona della civiltà della barbarie) sono gli addenti di questa galleria sanguigna e plebea di nuovi mostri disposti a qualsiasi forma di individualismo esasperato che dà come somma un film adrenalinico e dai risvolti pulp, di grandissimo pregio e con il solo difetto di non arrivare a graffiare fino in fondo.    

martedì 16 dicembre 2014

Musei Vaticani 3D

anno: 2013       
regia: PIANIGIANI, MARCO   
genere: documentario   
con Antonio Paolucci   
location: Città del Vaticano
voto: 4   

Da romano quale sono, è da anni che vivo il senso di colpa per non essere mai tornato a visitare i Musei Vaticani: le file interminabili di turisti che in ogni mese dell'anno sono capaci di sfidare il sole rovente o le alluvioni per guardare i capolavori raccolti in quelle stanze, nonché i sette chilometri di gallerie da percorrere non sono mai state un incentivo. Mi dico: meno male che è arrivato questo film, così mi faccio passare i sensi di colpa con una sola ora sulla poltrona in pelle umana (non può essere di altro materiale, dato il costo quasi proibitivo del biglietto) e gli occhialetti 3D. Quello che ho visto è invece un marchettone sponsorizzato dal Vaticano, nel quale - oltre a una manciata di capolavori (sempre gli stessi) che vanno dal Laocoonte del I secolo d.C. a Dalì passando per il San Girolamo di Leonardo, i quadri di Caravaggio, i dipinti di Giotto, gli affreschi di Raffaello e quelli di Michelangelo nella Cappella Sistina - tocca assistere agli sproloqui pieni di imprecisioni del "professor" Antonio Paolucci (direttore dei musei), a una serie di immagini in chiave new age con un tizio seminudo e lo sguardo da stoccafisso che maneggia scalpelli e sposta polvere intervallate da apoftegmi sull'arte tra i quali si distingue quello di Francis Pope, critico d'arte di fama internazionale noto ai più come Papa Francesco. Di quella panoplia di opere d'arte, non tutte di provenienza lecita (non una parola, ovviamente, su come si spolpa e rapina l'altrui patrimonio artistico per poi riempire la casse vaticane), si vede pochissimo e in modo confuso, in totale assenza di un filo conduttore, con pochi riferimenti storici (la data di inizio dei Musei, il 1506, sotto Giulio II, e quella della loro apertura al pubblico nel XVIII secolo) e un uso talmente spinto del 3D da fare sembrare le pitture bidimensionali degli stupidi ologrammi. Il senso di colpa mi è passato. Gli altri capolavori me li cercherò in rete.    

lunedì 15 dicembre 2014

Il venditore di medicine

anno: 2013   
regia: MORABITO, ANTONIO 
genere: drammatico 
con Claudio Santamaria, Isabella Ferrari, Evita Ciri, Marco Travaglio, Roberto De Francesco, Ignazio Oliva, Giorgio Gobbi, Vincenzo Tanassi, Leonardo Nigro, Ippolito Chiarello, Alessia Barela, Paolo De Vita, Pierpaolo Lovino, Beniamino Marcone, Roberto Silvestri 
location: Italia
voto: 7 

Il secondo film di Antonio Morabito, arrivato nelle sale a dieci anni dai registri dissacranti e grotteschi da cinema ultra low-cost di Cecilia, comincia con un'antologia di quella pagina sordida della cronaca che ci riporta i casi di truffe e speculazioni da parte di case farmaceutiche senza scrupoli e medici compiacenti che, in cambio di lussuosi gadget - dal convegno con amante nella località esclusiva alla collezione di video porno - traffica sulla salute delle persone prescrivendo farmaci con pericolosissimi effetti collaterali. Poi cavalca il tema della crisi che agevola facili tagli di personale senza alcun peso sulla coscienza, passando in cavalleria anche un eventuale suicidio. In una situazione del genere può allora capitare che uno come Bruno (Santamaria, molto in parte), rampante informatore medico romano con indole torva da autentico piazzista sul quale grava la minaccia del licenziamento, possa passare dalla corruzione al ricatto, in una deriva senza rete che nel suo delirio solipsistico lo porta anche a imbottire la moglie (Ciri) di anticoncezionali a insaputa della stessa donna che invece vorrebbe quell'intralcio alla carriera di Bruno che si chiama figlio.
Antonio Morabito torna al lungometraggio di finzione con un film-pamphlet da cinema civile che, pur inciampando su qualche luogo comune e qualche personaggio stereotipato e rasentando a tratti il bigino dello svilimento etico della nostra civiltà, ha il merito di non scegliere la strada del racconto didascalico, ma di mettere in scena quello stesso schifo che, per altri versi e con altro registro, si era visto ne Il medico della mutua e, soprattutto, in Bisturi: la mafia bianca, attraverso il prisma dell'esistenza affannata del protagonista, costretto a sedare le sue ansie a suon di neurolettici.    

sabato 13 dicembre 2014

Gone girl - L'amore bugiardo

anno: 2014   
regia: FINCHER, DAVID
genere: giallo
con Ben Affleck, Rosamund Pike, Neil Patrick Harris, Tyler Perry, Carrie Coon, Kim Dickens, Patrick Fugit, David Clennon, Lisa Banes, Missi Pyle, Emily Ratajkowski, Casey Wilson, Lola Kirke, Boyd Holbrook, Sela Ward, Lee Norris, Jamie McShane, Leonard Kelly-Young, Kathleen Rose Perkins, Pete Housman, Lynn Adrianna, Mark Atteberry, Darin Cooper, Kate Campbell, Brett Leigh, Antonio St. James, Lauren Glazier, Julia Prud'homme, Cooper Thornton, Casey Ruggieri, Cyd Strittmatter, Ashley Didion, Lexis Nutt, L.A. Williams, Blake Sheldon, Sean Guse, Ricky Wood, Fred Cross, Scott Takeda, Donna Rusch, Kathy Sweeney Meadows, Mark T Anderson, Scoot McNairy
location: Usa
voto: 7

È facile fare la coppietta felice quando vivi in un lussuosissimo appartamento di Manhattan e hai un conto in banca da capogiro. Ma se poi arriva la crisi e sei costretto a trasferirti in Missouri, il giorno del tuo quinto anniversario di matrimonio potrebbe anche riservarti una brutta sorpresa. Per esempio, potresti tornare a casa e non trovare più tua moglie (Pike), venire sospettato di omicidio e avere i media addosso che cercano il mostro da sbattere in prima pagina e in prima serata. È ciò che succede a Nick (Affleck), fedifrago da un anno e mezzo, che porta stancamente avanti un rapporto asfittico dopo essersi sentito parte della coppia più bella del mondo, alla maniera dei Wheeler di Revolutionary Road. Tutt'altro che convinto della presunta sparizione della moglie, Nick decide di ingaggiare un principe del foro, convinto che la moglie si sia nascosta da qualche parte.
Uno dei migliori film di Fincher (Se7en, The social network) prende le mosse dal difficile romanzo di Gillian Flynn, rispetto al quale al contrappunto tra la prospettiva di lui e quella di lei sostituisce la visione soggettiva della moglie (le pagine del suo diario che sembrano essere un'implacabile accusa al crescendo del marito come potenziale minaccia) e quella oggettiva del marito. Partito come un mistery, scoccata la prima ora il film vira su un registro giallo per poi chiudere in una chiave granguignolesca da apologo satirico sulla vita matrimoniale. Grande tensione, molti colpi di scena ben assestati e il ritratto di una donna così diabolica da far sembrare delle educande la Glen Close di Attrazione fatale e Crudelia Demon. Peccato per i due protagonisti, Ben Affleck e Rosamund Pike (la ricorderete in Jack Reacher e We Want Sex), che hanno l'espressività delle sardine in scatola. Premio 
Farfalla d'oro Agiscuola alla IX edizione del festival internazionale del film di Roma (2014).    

lunedì 8 dicembre 2014

Cattedrali della cultura (Kathedralen der Kultur)

anno: 2014       
regia: AINOUZ, KARIM * MADSEN, MICHAEL * WENDERS, WIM
genere: documentario
con la voce di Alessio Boni
location: Francia, Germania, Norvegia
voto: 8

Dopo Pina, Wim Wenders ritorna sulle possibilità offerte dal 3D con l'idea di un film che abbia come oggetto proprio gli spazi che ne valorizzano le potenzialità tecniche. Ancora una volta l'ex enfant prodige del nuovo cinema tedesco porta sul grande schermo l'ennesima variazione sul tema dello sguardo con un doppio documentario composto da due trittici affidati a sei registi diversi e imperniati sulle cattedrali della cultura.
Nel primo dei due trittici è lo stesso Wenders a fare gli onori di casa con l'episodio di apertura, dedicato alla Filarmonica di Berlino, architettura futuristica costruita all'inizio degli anni '60 proprio mentre a due passi da lì veniva eretto, nel 1961, il muro di Berlino. L'idea che sta alla base del progetto di Hans Scharoun, l'architetto eccentrico e utopista che la realizzò senza vederla finita, era quella di enfatizzare la pluralità di prospettive come metafora di una società aperta.
Il secondo quadro, diretto da Michael Madsen (attore americano che abbiamo visto recitare in Sin City e nei due episodi di Kill Bill), è anche quello più toccante. Si tratta dell'impressionante ritratto della casa circondariale di Halden, in Norvegia, indicata dalla rivista Time come la prigione più umana del mondo, senza grate alle finestre e con ambienti tutt'altro che sgradevoli alla vista.
L'ultimo episodio, diretto dall'algerino-brasiliano Karim Aïnouz, fornisce una ricostruzione di quel gigante architettonico che è il Centro Pompidou, progettato dal nostro Renzo Piano e da Richard Rogers e costruito negli anni '70 nel bel mezzo di Parigi, spazio titanico nel quale trovano alloggio sale cinematografiche, biblioteche, spazi espositivi e teatrali, il tutto in una cornice da industriale senza facciata.
All'idea originalissima voluta da Sky Arte HD si aggiunge quella di una voce fuori campo (affidata, nella versione italiana, ad Alessio Boni) che fa parlare gli edifici stessi, raccontandone mirabilmente l'essenza in una miscela narrativa che coniuga riflessione architettonica, urbanistica e sociologica.    

Affari d'oro

anno: 1988   
regia: ABRAHAMS, JIM   
genere: commedia   
con Bette Midler, Lily Tomlin, Fred Ward, Edward Herrmann, Michele Placido, Daniel Gerroll, Barry Primus, Michael Gross, Deborah Rush, Nicolas Coster, Patricia Gaul, J.C. Quinn, Norma MacMillan, Joe Grifasi, John Vickery, John Hancock, Mary Gross, Seth Green, Leo Burmester, Lucy Webb, Roy Brocksmith, Lewis Arquette, Eddie Cordell, Ritch Brinkley, Tony Mockus Jr., Carmen Argenziano, Maureen McVerry, Fred Parnes, Danny Chambers, Lois De Banzie, Al Mancini, Nicholas Rutherford, Hunter von Leer, Andy Epper, Andi Chapman, Chick Hearn, Troy Damien, Ryan Francis, Louis Rukeyser, Kymberly Gold, Michelle Gold, Traci Lee Gold, Crystal Field, Everett Quinton, Sandy Davis, Natalie Dolishny, Nancy Lazarus, Shirley Mitchell, Charles Middleton, Irving Hellman, Judy Armstrong, Tom La Grua, Matthew James Carlson, Brianne Sommers, Alice Gruenberg, Jane Butenoff, Louise Yaffe   
location: Usa
voto: 7   

Come funzione narrativa, il tema del doppio si presta a un'infinità di declinazioni, dalle Metamorfosi di Ovidio a Pirandello, passando per Stevenson e Dostoevskij, nella letteratura come nel cinema. Ma è anche insidioso. In questa garbata commedia sulla dialettica in chiave tönnesiana tra città e campagna il regista Jim Abrahams evita i rischi del gioco troppo facile arpeggiando sulla trama, grazie al copione di Dori Pierson e Marc Rubel, con l'espediente di un doppio sdoppiamento. Un'infermiera un po' troppo distratta scambia due bambine nate da due diversi parti gemellari, affiancandole alla gemella sbagliata: due sono figlie di un villico, le altre di un riccone. Anni dopo, quando le due plutocrate stanno per varare un'operazione miliardaria che farebbe scomparire una piccola comunità rurale e metterebbe sulla strada i suoi abitanti, la coppia di gemelle che da Jupiter Hollow si sposta alla volta di New York per intralciare l'operazione. Inevitabile colossale girandola di equivoci, con le gemelle "dalla parte sbagliata" perennemente a disagio.
Affidato all'irresistibile mimica di Bette Midler, perennemente sopra le righe, e al buon supporto di Lily Tomlin, questa graziosa commedia che sembra scritta da Neil Simon e ha momenti degni di Frank Capra (la riunione degli azionisti che si mettono una mano sul cuore) crea una serie di variazioni e situazioni di sdoppiamento senza mai perdere ritmo, con l'innesto di gustose macchiette di contorno.

venerdì 5 dicembre 2014

Hercules: Il guerriero (Hercules: The Thracian Wars)

anno: 2014   
regia: RATNER, BRETT 
genere: fantastico 
con Dwayne Johnson, Ian McShane, John Hurt, Rufus Sewell, Aksel Hennie, Ingrid Bolsø Berdal, Reece Ritchie, Joseph Fiennes, Tobias Santelmann, Peter Mullan, Rebecca Ferguson, Isaac Andrews, Joe Anderson, Stephen Peacocke, Nicholas Moss, Robert Whitelock, Irina Shayk, Christopher Fairbank, Ian Whyte, Karolina Szymczak, Matt Devere, Máté Haumann, Barbara Palvin, Tonia Sotiropoulou, Caroline Boulton, Robert Maillet, Oliver Doherty, Tom Doherty, Panka Kovacs, Mark Phelan, John Cross, Peter Ivanyi, Erika Marozsán, Nóra Lili Hörich, Athina Papadimitriu, Anna Trokán, Judit Viktor, Csilla Baksa, Elena V. Holovcsak, Petra Piringer, Erika Lajos, Dora Kanizsa, Sydney van den Bosch, Lilla Bozoki, Dalma Lörincz, Patricia Hegedus, Timea Palacsik, Benjamin Blankenship, Erik Orgovan, Shay Sabag, Anna Zsíros, Jean Pigozzi, Anna Skidanova, Kristina Starostina, Dorottya Podmaniczky, Lilla Babos, Aden G. Wright 
location: Grecia
voto: 6 

L'Ercole semidio, l'Ercole delle dodici fatiche, l'Ercole eroe giusto erano tutte baggianate e propaganda: viene a dircelo questo film di Brett Ratner (After the sunset, The family man), che dopo un breve incipit in cui si dà conto dell'uccisione del leone di Nemea, dell'Idra di Lerna e del cinghiale di Erimanto, vira su una lettura postmodernista in chiave pseudofumettistica e psicologica che propone un Ercole mercenario, seguito da un nugolo di fedelissimi, allettato dalla proposta di difendere la Tracia dal cattivissimo Reso (Santelmann). Perseguitato dai fantasmi dello sterminio della sua amatissima famiglia, il semidio si renderà conto di avere combattuto dalla parte sbagliata.
Da Mussolini a Padre Pio, gli italiani hanno sempre guardato con condiscendenza alle figure presuntamente carismatiche e ai salvatori della Patria. Sarà per questo che la "gloriosa" stagione del peplum ha portato ripetutamente il figlio di Zeus sul grande schermo, grazie a Carlo Ludovico Bragaglia, Giorgio Ferroni, Osvaldo Civirani, Mario Caiano, Domenico Paolella, Giorgio Capitani, Luigi Cozzi, Alberto De Martino, Vittorio Cottafavi, Gianfranco Parolini, Alvaro Mancori, Pietro Francisci e Mario Bava. Mai sentiti? Stavate pensando all'elenco scritto dei partecipanti all'ultima riunione condominiale? Niente affatto: si tratta dei registi che si sono cimentati col soggetto facilissimo dell'eroe testosteronico, non a caso spesso affidato ad autori che non hanno fatto esattamente la storia del cinema. Stavolta - nelle mani di Renny Harlin - sono botte da orbi e scene di massa con uso di effetti digitali extralarge a servizio di un cinema fracassone e inevitabilmente muscolare nel quale il tentativo di potenziare la lettura psicologica del protagonista (interpretato dall'ex wrestler Dwayne Johnson) è direttamente proporzionale alla sua espressività. Però ci si diverte.    

mercoledì 3 dicembre 2014

Earth - La nostra terra

anno: 2009   
regia: FOTHERGILL, ALASTAIR * LINFIELD, MARK  
genere: documentario  
con la voce di Paolo Bonolis  
location: Usa
voto: 6  

Come il suo padre putativo, delatore e maccartista, mentore di generazioni allevate nel segno del più vieto tradizionalismo, così la Disney Pictures è la quintessenza della capacità di infiocchettare l'ovvio e il banale. Non fa eccezione questo lungometraggio che assembla alcuni dei momenti più godibili della serie Tv "Pianeta Terra" raccontando la vita animale sul pianeta con una particolare attenzione per gli esemplari di grandi dimensioni: balene, elefanti e orsi. Tanto è magica la miscela di scenari mozzafiato e riprese impossibili, tanto è rozzo il testo che la commenta, peraltro affidato - nella versione italiana - alla voce di un pessimo Paolo Bonolis, a ribadire la tendenza tutta nostrana del primato della televisione sul resto del panorama mediatico (basterebbe sentire come Fiorello ha massacrato La marcia dei pinguini o come Aldo, Giovanni, Giacomo abbiano reso irritante Oceani 3D). Ma se alla pista audio non fosse bastata l'enfasi esitante di Bonolis, al film si aggiunge una colonna sonora tonitruante e perennemente sopra le righe, firmata da George Fenton e suonata dalla Filarmonica di Berlino, che ampollosamente sottolinea il messaggio: attenzione, il pianeta è magnifico ma rischia di essere distrutto dal'unico animale che non appare sulla scena: l'uomo.    

lunedì 1 dicembre 2014

Il figlio perduto (The lost son)

anno: 1999       
regia: MENGES, CHRIS   
genere: giallo
con Daniel Auteuil, Nastassja Kinski, Katrin Cartlidge, Marianne Denicourt, Ciarán Hinds, Billie Whitelaw, Cyril Shaps, Bruce Greenwood, Jamie Harris, Hemal Pandya, Billy Smyth, Cal Macaninch, Mark Benton, Michael Liebmann, Joe White, Natalie Rogers, Charlotte Carew-Gibbs, Gregory McFarnon, Marsha Fitzalan, Will Welch, Ray MacAllan, David Hayman, Christine Perez, Júlio Garcia   
location: Francia, Messico, Regno Unito
voto: 5   

Una ricchissima famiglia londinese ha perso le tracce del suo unico figlio maschio, un fotografo scapestrato con qualche passato problema di droga. Assolda così Xavier Lombard (Auteuil), un cinico investigatore privato francese di stanza a Londra, con alle spalle la perdita traumatica della sua famiglia, per risolvere il caso e trovare l'uomo. Lombard scopre una pista che lo porta nell'inferno della pedofilia.
Caricato tutto sulla spalle di Auteuil, il film di Menges è un giallo impegnato su un tema delicato, che però viene trattato con troppa enfasi e alcuni cliché in eccesso: i bambini abusati sono diventati tutti muti, la psicologia del protagonista col passato traumatico è piuttosto spicciola, la sua conversione dall'impudenza alla crociata a favore dei bambini nient'affatto credibile e i colpi di scena alquanto telefonati.