giovedì 31 marzo 2011

Il verdetto (The verdict)

anno: 1982  
regia: LUMET, SIDNEY
genere: drammatico
con Paul Newman, Charlotte Rampling, Jack Warden, James Mason, Milo O'Shea, Lindsay Crouse, Edward Binns, Julie Bovasso, Roxanne Hart, James Handy, Wesley Addy, Joe Seneca, Lewis J. Stadlen, Kent Broadhurst, Colin Stinton, Burtt Harris, Scott Rhyne, Susan Benenson, Evelyn Moore, Juanita Fleming, Jack Collard, Ralph Douglas, Gregor Roy, John Blood, Dick McGoldrick, Edward Mason, Patty O'Brien, Maggie Task, Joseph Bergmann, Herbert Rubens, J.P. Foley, Leib Lensky, H. Clay Dear, J.J. Clark, Gregory Doucette, Tony La Fortezza, Marvin Beck, Herb Peterson, Tobin Bell, Kevin Fennessy, Willow Hale, Jon Hopwood, Bruce Willis
location: Usa      
voto: 6


Frank Galvin (Newman), un avvocato di mezza età dal passato brillante ma dal presente davvero poco edificante che lo tiene perennemente attaccato alla bottiglia, ha la grande occasione per riscattarsi: citare in giudizio una rinomata clinica cattolica di Boston i cui medici hanno ridotto in fin di vita una donna durante il parto. Contro i titani della clinica, peraltro legati a doppio filo con la Chiesa, Galvin sembra avere scarsissime chance, tanto più che una donna (Rampling) si infiltra nella sua vita per fare da talpa. Ma la vicenda avrà un esito inatteso.
Lumet ritorna a farci respirare l'aria polverosa dei tribunali del suo primo film, La parola ai giurati, con un dramma giudiziario (sceneggiato da David Mamet) dalle molte imperfezioni e un po' schematico, nel quale nella prima ora non accade pressoché nulla, ma che si riscatta con una seconda parte avvincente e una prova maiuscola di Paul Newman. La figura della Rampling - che qui ricorda moltissimo la recitazione della Dietrich - sembra piuttosto pretestuosa: infiltrata nella vita del protagonista come nel film.

mercoledì 30 marzo 2011

Sotto la sabbia (Sous la sable)

anno: 2000       
regia: OZON, FRANÇOIS
genere: drammatico
con Charlotte Rampling, Bruno Cremer, Jacques Nolot, Alexandra Stewart, Pierre Vernier, Andrée Tainsy, Maya Gaugler, Damien Abbou, David Portugais, Pierre Soubestre, Agathe Teyssier, Laurence Martin, Jean-François Lapalus, Laurence Mercier, Fabienne Luchetti, Jo Doumerg, Michel Cordes, Maurice Antoni, Patricia Couvillers, Patrick Grieco, Axelle Bossard, Charlotte Gerbault, Nicole Lartigue
location: Francia       
voto: 5,5

Marie (una Rampling memorabile e ancora assai bella) e Jean (Cremer) stanno insieme da 24 anni. Hanno una casa spartana vicino al mare, in Francia, una vita fatta di intesa e poche parole e a loro questo basta. Un giorno, mentre sono sulla spiaggia, Jean si allontana per andare a fare un bagno. Marie non lo vede tornare, si allarma, avverte le autorità che iniziano le ricerche ma di Jean non c'è traccia. Marie prosegue la sua vita come se lui esistesse ancora, ne avverte le presenza persino quando ingaggia una relazione con un altro uomo (Nolot) e si ostina a credere che lui ci sia ancora.
Il cinema di Ozon è cinema ellittico per antonomasia: sospensioni, diffrazioni temporali, accelerazioni brusche, simbolismi disseminati qua e là con magistrale disinvoltura: se da un lato tutto questo contribuisce a costruire un'atmosfera inquietante e sospesa, carica di suspense, dall'altro gli scantonamenti fantastico-onirici, come anche in questa quarta oipera del regista francese, eludono qualsiasi nesso logico-narrativo. È il manifesto del postmoderno, ma anche di quella che Eco definirebbe un'opera aperta: allo spettatore il compito di riempire i (tantissimi) buchi del racconto e di stabilire le ragioni dei personaggi.    

lunedì 28 marzo 2011

Michele Serra - Al cuore della satira


(da Il mucchio selvaggio, aprile 2011: un'intervista di Simone Mercurio a Michele Serra che non è nulla di eccezionale ma che è comunque un tributo a questo grande giornalista)

Era il 1975 - “Ero studente, volevo guadagnare qualche lira” commenta - quando entra a “L’Unità”: in breve tempo Serra diventa prima inviato, poi corsivista e commentatore del quotidiano fondato da Antonio Gramsci. Giornalista, scrittore, autore televisivo ma anche, come si autodefinisce ironicamente, “vecchia gloria della satira politica in Italia”, Serra è oggi uno dei commentatori politici più caustici e seguiti nel giornalismo italiano. Un reale punto di riferimento per molti lettori-elettori, ma anche un osservato speciale dai politici che leggono con attenzione le sue riflessioni spesso sferzanti, nonché cartina tornasole della base del (disincantato) popolo della Sinistra. “Ho avuto molta fortuna! - si schermisce Serra - Mi piaceva scrivere, sognavo di farlo per lavoro, ma il mio ingresso nella redazione di un giornale è stato pressoché casuale”. Nel 1989, direttore Massimo D’Alema, Serra fonda e dirige l’inserto satirico “Cuore”, glorioso e inarrivabile “settimanale di Resistenza Umana”, come recitava la testata già nel sottotitolo. Il “Cuore” di Serra (col quale collabora il gotha della satira italiana da Gino & Michele a Paolo Hendel, da Vauro a Vincino, fino a Ellekappa e Altan…) cavalca a modo suo gli anni di Tangentopoli e la “discesa in campo” di Silvio Berlusconi nel 1994. Anno in cui lo stesso Serra abbandona la direzione del settimanale, che “resiste” altri due anni fino alla sua chiusura definitiva. Dal 1997 il giornalista approda a “La Repubblica” e dunque al Gruppo Espresso dove, tra l’altro, cura la seguitissima rubrica “L’Amaca”. Ha pubblicato numerosi libri, soprattutto per Feltrinelli, come Il ragazzo mucca, Il nuovo che avanza, e alcune raccolte di articoli (Tutti al mare, Che tempo fa e Tutti i santi giorni). Come autore, ha scritto testi teatrali per Antonio Albanese, Luca De Filippo, Beppe Grillo, Claudio Bisio, Milva, Davide Riondino e Andrea Brambilla. In televisione ha lavorato con Adriano Celentano, Antonio Albanese, Gianni Morandi, Luciana Littizzetto e molti altri artisti. Da oltre quattro anni è co-autore della trasmissione di Fabio Fazio “Che tempo che fa”.
Dai tempi di “Cuore” e “Il Male”, a parte qualche eccezione come “Il Misfatto” e “Il Vernacoliere”, in Italia non esiste più una stampa satirica. Lei pensa che quel tipo di pubblicazione potrebbe funzionare ancora oggi, o non c’è davvero più niente da ridere in questo Paese? Il personaggio Cetto Laqualunque di Antonio Albanese, di cui lei è co-autore, è un esempio lampante di come ormai la più perversa fantasia satirica risulta superata…
La televisione ha assorbito molte delle energie e del talento che una volta restavano confinate nei giornali satirici. La satira c’è ancora, ma è disseminata un po’ ovunque. Anche in Rete, dove siti come Spinoza.it fanno un ottimo lavoro. Certo, un giornale di satira nuovo e forte avrebbe il suo spazio, a patto che segnasse un cambiamento di linguaggio, uno “scarto logico” in grado di spiazzare. Tocca ai giovani. Noi vecchie glorie possiamo garantire un decente livello, ma non siamo in grado di incarnare, per ovvie ragioni di anagrafe, lo sguardo mutato, e mutante, dei nostri figli. La satira dei padri ha fatto il suo tempo. Eppure ci sarebbe un grande bisogno di un nuovo “Cuore” in questo periodo.
Potrebbe rifondarlo...
No, per carità! Ho lavorato come una bestia, dai vent’anni a oggi. Ho 56 anni e vorrei passare il resto della mia vita anche a leggere, non solo a scrivere. Tra teatro, televisione, giornali, libri, ho già scritto anche troppo. Aspetto di trovare in edicola o in Rete, prima o dopo, qualcosa che non conosco, che mi sorprende, mi coglie impreparato. E non posso certo essere io a sorprendere me stesso...
La sua rubrica “L’Amaca” su “la Repubblica” è un appuntamento quotidiano per molti: la ispira di più la rabbia o l’indignazione?
L’indignazione, da sola, non basta, mi creda. Da sola non produce satira, di solito produce retorica. L’ingrediente decisivo è il senso del ridicolo, che è parente stretto del senso della misura. Non so parlare per conto di altri, ma per quanto mi riguarda faccio satira perché cerco, e non trovo, una misura e dunque uno stile nei comportamenti umani e nella vita sociale. Di tutti, non solo dei potenti. In democrazia, ogni popolo ha i capi che si merita. Benigni, Rossi, Celentano, i Guzzanti, Grillo, Luttazzi, Albanese, Cornacchione: una definizione per ognuno. Benigni è un padre della patria. Un classico in vita. Paolino Rossi: libero come pochi al mondo. Celentano: un magnifico naïf, mi piace per la sua totale assenza di calcolo quando apre la bocca. Corrado Guzzanti: genio e pigrizia. Sabina Guzzanti: genio e rabbia. Grillo: ormai fa un altro mestiere. Luttazzi: eccellente traduttore dall’americano, e lo dico senza malizia: il suo Woody Allen (Bompiani, Ndr) è un capolavoro. Albanese non vale, lavoro con lui da una vita e parlare bene di lui sarebbe come parlare bene di me stesso. Cornacchione fa ridere anche quando tace, come i guitti antichi.
Ascolta la radio? La satira in radio Rai è molto presente: “Il Ruggito del Coniglio”, “Un Giorno da pecora” su Radio 2. Anche se con tutta probabilità quando questa intervista uscirà una trasmissione satirica cult di Radio Uno come “Ho perso il Trend” con Ernesto Bassignano (grande amico de Il Mucchio) ed Ezio Luzzi sarà già chiusa dopo undici anni di dirette...
Ascolto molto la radio, anche perché sto molte ore in automobile e la radio è una compagnia preziosa. Spero proprio che Bassignano e Luzzi non chiudano perché la loro trasmissione è un formidabile mix di humour plebeo (romano) e acume politico. Ma Radio Rai è in pieno declino, le trasmissioni epurate o sospese sono tante, soprattutto quelle che puzzano di cultura e di irrequietezza politica. I nuovi ingressi di Radio Rai sono Pupo e Simona Ventura. Hai detto tutto.
Se potesse e ne avesse la libertà, che tipo di programma televisivo di satira farebbe e con chi?
Rifarei un varietà in smoking, quasi in bianco e nero, elegante come “Studio Uno”, senza parolacce, feroce nei contenuti ma “borghese” nella forma. Non sopporto più le urla, i culi, il conformismo caciarone, l’ignoranza ostentata dei concorrenti dei reality. L’ignoranza è una colpa, i poveri di una volta lo sapevano e cercavano di emendarsene, i poveri di adesso la rivendicano. Non sanno di star rivendicando la loro servitù. Le “olgettine” sono cameriere sessuali che si credono emancipate e più in gamba delle operaie perché hanno una borsetta firmata. Ma le operaie sono cento volte più libere di loro. E più sexy, per quanto mi riguarda.
Se glielo proponesse Mediaset, dandole la massima libertà, accetterebbe?
No.
Gaber diceva: “Non temo tanto Berlusconi in sé, quanto il Berlusconi in me”… Pensando al cupo finale de Il Caimano di Moretti, il Cavaliere che paese lascia?
Il ventennio berlusconiano si lascerà alle spalle macerie sociali e umane. Quando a un paese come l’Italia levi anche quel poco di principio della responsabilità individuale che era riuscito faticosamente a costruirsi nonostante la Chiesa cattolica, lo condanni a tornare quel paese di sudditi, di vassalli, di cosche, di famiglione e famigline che è sempre stato. La Sinistra è conciata malissimo, ma nessuno dice che la Destra italiana, dal berlusconismo, esce distrutta nei suoi stessi fondamenti, che erano lo spirito di legalità e il senso del dovere. Se fossi di destra, disprezzerei Berlusconi ben più di quanto già lo disprezzo da sinistra.
Si sentono ancora uno commenti al caso Ruby del tipo “meglio un Presidente puttaniere che frocio”, magari ci vorrebbe un esamino preliminare prima di ottenere il diritto di voto?
È una battuta, quella sulla patente per votare, che si sente fare continuamente, ma è solo una battuta. La fece anche “Cuore” con un titolone di prima pagina: “Il limite della democrazia: troppi coglioni alle urne”. La realtà è che la democrazia è una costruzione faticosa, e continuamente contraddetta e ostacolata da chi non vuole pagarne i costi, e ha bisogno di un’opinione pubblica ignorante e asservita. La democrazia è una lotta ininterrotta contro l’ignoranza e la soggezione. Non ci sono altre strade. E non bisogna avere paura di dire ai nostri concittadini berlusconiani: “lo voti perché non sai chi è, perché non leggi abbastanza, non pensi abbastanza. Ripensaci. Non essere pigro. Lavora su te stesso”. Ci odierà, penserà che siamo spocchiosi e snob. Pazienza. Meglio correre il rischio di essere odiati che quello di avere taciuto.
Fini. Due anni fa parlava di “comiche finali” ma poi - come ha scritto anche lei su “L’Amaca” - “come un gatto che sente l’odore dei bruscolini, ha sentito profumo di elezioni ed è corso dal suo padrone”. Crede nella sua buona fede oggi?
Credo che voglia ridare dignità alla Destra, da uomo di destra. Non so se ci riuscirà, l’elettorato di destra ha la testa rintronata da vent’anni di propaganda. Ma glielo auguro.
Tasto dolente: Sinistra e Centrosinistra. Nel peggior momento della storia di Berlusconi, trovano sempre qualcosa per cui litigare.
Tolto Di Pietro, che considero un arruffapopoli e ha messo insieme un partito di qualità scandalosa (vedi Scilipoti), c’è bisogno di tutti. Vendola mi piace. Il suo linguaggio “alto” viene deriso da chi è rassegnato a parlare basso e vivere basso. Ma senza il PD, per ovvie ragioni, non si va da nessuna parte. Spero che si mettano d’accordo. Qualcuno definisce la Sinistra troppo salottiera e triste… La Sinistra è molto radicata nei ceti intellettuali, e in questo clima chiunque usi bene i congiuntivi viene accusato di essere “radicalchic”, snob e lontano dal popolo. Frequentare la cultura non è una colpa, frequentare i salotti nemmeno, e se lo fosse sarebbe una colpa largamente condivisa anche dalla Destra. Quanto alla tristezza, de gustibus... Non riesco a immaginare niente di più triste delle cene di Arcore, con vecchietti vanitosi che si circondano di ragazzotte prese in affitto.
Conta più nella partita politica reale la Chiesa di Don Sciortino, Don Ciotti e Zanotelli o quella di Ruini, Bagnasco e Fisichella?
Se la politica è potere, conta infinitamente di più la seconda, quella di Bagnasco. Se la politica è società, allora per fortuna credo che conti di più Don Ciotti. Quando la società tornerà a presentare i suoi conti alla politica, e non credo che manchi molto - vedi i moti degli studenti e dei precari, i movimenti antimafia, il malcontento operaio - la Chiesa di Don Ciotti sarà pronta, quella di Bagnasco non credo proprio. In generale, penso che il Paese cambierà quando la realtà riprenderà il suo primato, e il berlusconismo apparirà quello che è, un’invenzione colorata e posticcia come la televisione commerciale.
Fiat: con la Fiom o con Marchionne?
Con qualche ragionevole dubbio, perché quella partita è molto complicata, con la Fiom. Più per istinto che per ragionamento. Perché si sta con gli indiani e non con i cow-boy. Con Ettore e non con Achille.
D’Alema parla e propone tante soluzioni. Cerca di sedurre l’UDC e Fini. Pensa di escludere Vendola e Di Pietro, e in ultimo ha lanciato anche una proposta alla Lega per una megacoalizione elettorale che Giuliano Ferrara su “il Foglio” ha definito “TTB - Tutti tranne Berlusconi”. Forse il suo ex direttore a “l’Unità” dovrebbe - come dicono in tanti - chiudersi in uno stanzino e star zitto per non resuscitare mr B. per l’ennesima volta?
D’Alema è troppo intelligente per me, che sono stupido. Dice e fa cose che travalicano di parecchio la mia capacità di capire. Sogno una politica meno machiavellica, meno cinica, più leggibile dallo sguardo delle persone semplici e integre che credono fortemente che nella vita ci siano delle ragioni e ci siano dei torti. Non si tratta di essere manichei, o rozzi. Si tratta di avere rispetto per le identità individuali e sociali: la Lega, per me e per milioni di elettori di Sinistra, è un partito razzista, anti-unitario, intollerante. Assessori leghisti chiedono di far sparire libri sgraditi dalle biblioteche. Perché mai la Sinistra dovrebbe desiderare o anche solo ingoiare un’alleanza con Borghezio e Matteo Salvini?
Rai: è sempre di più lo specchio di vizi e virtù dell’Italia?
La Rai è un patrimonio di questo Paese. Al suo interno ci sono energie professionali formidabili. In questo momento è espugnata da uomini di Berlusconi e della Lega che cercano di raderla al suolo e spargere sale sulle rovine. Non hanno e non avranno vita facile, perché la Rai è di tutti e perché non è semplice riuscire a normalizzarla. Resta la vergogna, assoluta, totale, di un paese che ha permesso al proprietario di Mediaset di mettere i suoi uomini in Rai.
Obama ha perso le elezioni di midterm. Ora, a due anni dalla scadenza del suo mandato, promette: “Investimenti massicci nell’innovazione, nell’istruzione, nell’energia pulita, nelle infrastrutture, nella ricerca, e posti di lavoro per i giovani”. Ennesima lezione di politica agli scalcinati allievi italiani del PD?
Sono molti i governi, non tutti di Sinistra, che nel mezzo della crisi considerano decisivo investire nella cultura, nella ricerca, nell’istruzione pubblica. Qui da noi la cultura viene vista dai governanti come un coacervo molto sospetto di strumenti critici (dai berlusconiani) e di inutile ciarpame (la Lega, che è il primo partito al mondo, credo, a non avere intellettuali tra le sue fila). La lotta per la cultura e per l’istruzione, specie in un momento storico come questo, che tende a escludere i giovani dalla partita sociale, è secondo me il cuore della lotta politica”.
Grillo e il suo Movimento 5 stelle può essere un ostacolo al Centrosinistra se non si allea con nessuno? Che consigli ha per Grillo?
Grillo non è consigliabile. Sa già tutto lui... Per fortuna vedo che Vendola gli sta levando una buona fetta di elettorato, soprattutto tra i ragazzi. La politica è politica, non si inventano da un giorno all’altro soluzioni salvifiche. E non è che Internet sia, in sé, un sostituto integrale, e impeccabile, dei vecchi modi di entrare in relazione con gli altri. Grillo crede troppo nella Rete e troppo in se stesso.
Saviano: vede per lui un futuro politico? E per Marina Berlusconi?
Spero proprio di no, e per entrambi. Per Saviano perché gli voglio bene e credo debba fare lo scrittore. Per la signora Berlusconi perché ci sprofonderebbe ulteriormente nel ridicolo con una soluzione “dinastica” della crisi. Berlusconi non è un re e i suoi figli non sono eredi al trono.
“Il Giornale”, “Libero”… Possibile che né loro né nessuno che conta nel PDL osi pronunciare non dico una critica ma un dubbio sui comportamenti del Premier?
Esprimono le opinioni e i gusti di un blocco sociale che mette l’odio per la Sinistra in primo piano, e tutto il resto è relativo. Finché Berlusconi gli sembrerà il modo migliore per combattere la Sinistra, lo voteranno. Se no, voterebbero chiunque altro, anche Corona.
Che progetti ha in lavorazione?
Sto cercando di scrivere, con molta fatica, un libro sugli adolescenti. Non certo un saggio, non sarei in grado. Diciamo un collage di frantumi letterari e psicologici.
Ultima curiosità: ha mai conosciuto personalmente Berlusconi?
Sì, quando presentava di persona i palinsesti di Canale 5. Andavo alle sue conferenze stampa. Sorrideva a tutti, cercava di piacere a tutti. Dev’essere terribile cercare di piacere a tutti. Una vita infernale, per giunta esposta a tremende delusioni. Perché se non sei preparato a dispiacere a qualcuno, vuol dire che sei un bambino, che della vita non sai niente. E quando qualcuno ti dice “no”, diventi cattivo.

domenica 27 marzo 2011

Stone

anno: 2010       
regia: CURRAN, JOHN 
genere: poliziesco 
con Robert De Niro, Edward Norton, Milla Jovovich, Frances Conroy, Enver Gjokaj, Pepper Binkley, Sandra Love Aldridge, Greg Trzaskoma, Rachel Loiselle, Kylie Tarnopol, Bailey Tarnopol, Madison Tarnopol, Peter Lewis, Sarab Kamoo, Richard Murphy, Richard Goteri, Ron Lyons, David A. Hendricks, Wayne David Parker, Madeline Loiselle, Linda Boston, Jan Cartwright, Wallace Bridges, James Oscar Lee, Marcus Sailor, Brian Peters, David Strohschein, Jason Waugh, Lamont Bell, John Bostic, Jordyn Thomas, Rory Mallon, Trudy Mason, Sammy A. Publes, Tevis R. Marcum, Jonathan Stanley, Rod McIntosh, Jane Burkey, Connie Cowper, Bonnie Clevering, John 'Punch' Lewis, Chris Nolte, Tobiasz Daszkiewicz, Troy Coulon, Mike Shreeman, Thomas D. Mahard, Kitty Joy Schur, Tom Lowell, Banzai Vitale 
location: Usa           
voto: 3

A un passo dalla pensione, Jack Mabry (DeNiro), agente di un istituto correzionale, deve redigere il suo ultimo rapporto su un detenuto finito in carcere per aver dato fuoco alla casa dei nonni (Norton). Per dare un buon indirizzo alla causa, la moglie del detenuto (Jovovich) seduce Jack, che finisce con cacciarsi in un pasticcio, riaprendo un'antica ferita con la moglie (Conroy).
Fiacchissimo thriller di ambientazione carceraria, totalmente privo di nerbo, con una caratterizzazione psicologica dei personaggi a dir poco approssimativa e una trama scontatissima. Certo, c'è De Niro, che ormai da anni lavora un tanto al chilo, ma non basta: Norton è inespressivo come al solito e la Jovovich, col consueto aspetto da trans, non potrebbe recitare nemmeno in certi filmetti di serie Z di cui siamo specialisti noi italiani. Non sarà stato un caso se in Italia il film sia riuscito a circolare soltanto in versione home-video.    

sabato 26 marzo 2011

Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere (Everything you always wanted to know…)

anno: 1972   
regia: ALLEN, WOODY  
genere: comico
con Woody Allen, John Carradine, Lou Jacobi, Louise Lasser, Anthony Quayle, Tony Randall, Lynn Redgrave, Burt Reynolds, Gene Wilder, Jack Barry, Elaine Giftos, Erin Fleming, Tony Holt, Robert Q. Lewis, Heather MacRae, Pamela Kellino, Sidney Miller, Regis Philbin, Titos Vandis, Stanley Adams, Oscar Beregi Jr., Alan Caillou, Dort Clark, Geoffrey Holder, Jay Robinson, Ref Sanchez, Don Chuy, Baruch Lumet, Tom Mack, Robert Walden, H.E. West, William Beckley  
location: Usa   
voto: 5

Il sesso visto attraverso il prisma comico di Woody Allen: afrodisiaco, omosessuale, perverso, eonista, feticista e prblematico. Costruito come un film a episodi (sette), diseguali per ambientazioni, casting e vis umoristica, il film parte con la tresca tra un buffone (Allen) di corte medievale e la sua regina, raggirata con una magica pozione afrodisiaca e prosegue con un medico (Wilder) che si innamora di una pecora. E poi, ancora: un uomo si traveste da donna proprio nel giorno in cui va a conoscere i consuoceri; in un concorso televisivo un rabbino si concede allegramente a pratiche sadomaso; un rapporto di coppia decolla soltanto quando i due si trovano a fare l'amore in situazioni sconvenienti; una gigantesca tetta assassina semina il terrore. Conclusione in bellezza con un resoconto "dal di dentro" di ciò che accade a un uomo sessualmente eccitato.
Discontinuo e a tratti ingenuo, il film punta più sulla forza dei dialoghi che sulla comicità delle situazioni, con un ultimo episodio davvero esilarante che si eleva di una spanna su tutti gli altri.

Silvio forever

anno: 2011       
regia: FAENZA, ROBERTO * MACELLONI, FILIPPO
genere: documentario
con Silvio Berlusconi, Neri Marcorè (voce)
location: Italia           
voto: 6
 

Roberto Faenza, regista di un documentario del 1977 intitolato Forza Italia! avrebbe mai potuto immaginare dopo più di 30 anni dopo avrebbe girato un secondo documentario dedicato all'uomo che fondò un partito omonimo al titolo del suo film e che avrebbe devastato il Paese come un cancro per un periodo altrettanto lungo? La domanda è ovviamente retorica e il regista, coadiuvato in cabina di regia da Filippo Macelloni, sceglie una strada piuttosto originale per raccontare le vicende di questo delinquente in doppiopetto: quella di affidarsi a materiale quasi interamente di repertorio, sicché dai credits di apertura Silvio Berlusconi non solo risulta essere l'unico interprete, ma anche autore dei dialoghi e delle musiche. La ricostruzione di questa "autobiografia non autorizzata", il cui trailer non è andato in onda in una Rai arroccata come un esercito di pretoriani a difesa del capocupola - cose che non si vedevano nemmeno nei tempi scudocrociati di Ettore Bernabei - passa attraverso le vicende più note dello psiconano. Si parte dall'elegia da parte della madre - la signora Rosa Bossi Berlusconi, una donna che se all'epoca si fosse accoppiata con un senegalese ben dotato o magari avesse abortito ci avrebbe evitato tante sciagure - e si continua con l'autocelebrazione dei tempi della scuola (la voce berlusconiana è affidata a Neri Marcorè ma i testi si basano su interviste e materiale biografico). Dopo le tappe obbligate ai tempi del Berlusconi palazzinaro, quello di Milano2, del Milan, della Fininvest, si arriva al Berlusconi politico sui generis, quello della "discesa in campo", del contratto con gli italiani firmato davanti a un compiacente Bruno Vespa, delle barzellette penose. Il resto è cronaca di oggi: interi lustri di malgoverno, processi, corruzione, rapporti con prostitute e minorenni. A chi non abbia l'abitudine di seguire soltanto le reti Mediaset ma legga ogni tanto qualche giornale (non certo quello di Sallusti / Feltri) il film sceneggiato da Rizzo e Stella (gli autori del bestseller La casta) non dirà nulla di nuovo: ne esce il ritratto di un uomo inopinatamente pieno di sé, dall'ego ipertrofico, con un concetto del tutto personale di verità, come disse Montanelli che lo definì "il più grande piazzista del mondo". Al documentario va comunque riconosciuto il merito di avere scelto una prospettiva asettica, dalla quale soltanto chi è irrimediabilmente obnubilato da decenni di televisione spazzatura può non vedere. Fanno impressione le donne di mezza età - cioè la fascia culturalmente più povera e debole degli italiani - che si mobilitano per il ripristino dei canali Mediaset oscurati dal Pretore nei lontani anni '80, il linguaggio da suburra del ras di Arcore, la disinvoltura dei suoi voltafaccia, l'ossessione anticomunista e quella per i sondaggi del populista convinto di parlare sempre a nome di tutti.    

mercoledì 23 marzo 2011

Lilya 4-Ever

anno: 2002       
regia: MOODYSSON, LUKAS
genere: drammatico
con Oksana Akinshina, Artyom Bogucharsky, Lyubov Agapova, Liliya Shinkaryova, Elina Benenson, Pavel Ponomaryov, Tomasz Neuman, Anastasiya Bedredinova, Tõnu Kark, Nikolai Bentsler, Aleksander Dorosjkevitch, Yevgeni Gurov, Aleksandr Sokolenko, Margo Kostelina, Veronika Kovtun, Jelena Jakovlena, Tamara Solodnikova, Nikolai Kutt, Oleg Rogatchov, Aleksander Okunev, Herardo Contreras, Madis Kalmet, Bo Christer Hjelte, Sten Erici, Hermie Acereda, Gert Bondesson, Anders Brinning, Johan Edlund, Henryk Gwiazada, Rickard Mattila, Michael Merikan, Jeff Norman, Truls Rosén, Jacob Ryer, Farhad Sina, Johan Åkerblom, Jaanika, Olga, Otto Andersson, Virko Annus, Ljljana Culev, Lidija Cvitanovic, Maria Karlsson Thörnqvist, Kajsa Lundberg, Lars-Gunnar Mostrom, Rein Nettan, Åsa Olsson, Jay B. Yarnel,
location: Russia, Svezia       
voto: 3

Abbandonata dalla madre che se n'è andata con il suo compagno in America, la 16enne russa Lilya (Akinshina) coltiva il sogno di raggiungerla. Ma le va tutto storto: viene buttata fuori di casa, alcuni ragazzi approfittano brutalmente di lei e quando ne conosce uno che sembra a posto e che le promette una vita da sogno, non sa che sta per cadere nel più atroce degli inganni. L'uomo, infatti, la avvia alla prostituzione coatta. Per completare il quadro, il suo unico amico, che non regge la delusione per la partenza di Lilya, si suicida.
Dopo gli apprezzabili Fucking Amal e Together, lo sguardo lucido di Lukas Moodysson si stempera in un film che è un ricettacolo di sciagure d'ogni genere, un concentrato di aberrazioni umane a fronte delle quali la giovane Lilya non riesce che a opporre la sua ingenuità inerte. Se sul piano dei contenuti il film si lascerebbe apprezzare per gli intenti di denuncia (la dedica finale - rivolta a tutti i bambini sfruttati - chiosa espressamente le intenzioni del regista), sul piano del linguaggio cinematografico e su quello narrativo Lilya 4-ever dice davvero pochissimo, ricorrendo a molta macchina a spalla, ambientazioni scarne e scantonamenti onirici.    

martedì 15 marzo 2011

Jackass - The Movie

anno: 2002       
regia: TREMAINE, JEFF 
genere: grottesco 
con Johnny Knoxville, Bam Margera, Steve-O, Chris Pontius, Ryan Dunn, Jason 'Wee Man' Acuña, Preston Lacy, Dave England, Ehren McGhehey, Brandon Dicamillo, April Margera, Phil Margera, Jess Margera, Chris Raab, Rakeyohn, Loomis Fall, Rick Kosick, Manny Puig, Stephanie Hodge, Jason 'J2' Rasmus, Dorothy Barnett, Tony Hawk, Mat Hoffman, Eric Butterbean Esch, Henry Rollins, Eric Koston, Clyde Singleton, Rip Taylor, Spike Jonze, Jeff Tremaine, Trip Taylor, Michelle Klepper, Greg Iguchi, Dimitry Elyashkevich, Sean Cliver, Mark Rackley, Mike Kassak, Jack Polick, Jason Fijal, Gene LeBell, Cory Nastazio, Scott Silveira, David A. Kipper 
location: Usa          
voto: 1

La domanda non vuole sollevare una questione morale. La domanda è: fa ridere? Fa ridere un uomo che si sostituisce a una palla da bowling andandosi a schiantare contro i birilli? E uno che distrugge una macchina a nolo? E un altro che si applica degli elettrostimolatori sui genitali fa ridere? Fa ridere uno che si fa addentare i capezzoli da un coccodrillo?
Arrivato in sala direttamente dai successi riscossi su MTV - come se l'emittente televisiva non avesse contribuito a sufficienza a coventrizzare il panorama musicale mondiale - il "cinema" scatologico e pelvico di Jeff Tremaine e dei suoi sballatissimi stuntmen, votati alle imprese più demenziali e disgustose, è un campionario di scorribande a suon di scurrilità, acrobazie dell'inutile, automutilazioni, coprolalia, coprofilia, berci e cachinni. I record del cinema trash, quelli da due parolacce al minuto di certi cinepanettoni, vengono polverizzati da questo campionario immondo che desta un solo interesse: quello di capire chi siano i suoi estimatori. Con una raccomandazione a questi ultimi che è involontariamente un paradosso pedagogico: che non si arrischino a ripetere le imprese. Scatologico.    

sabato 12 marzo 2011

Modà


(Dalla rubrica Collateral di Tommaso Labranca FilmTV, n. 946, marzo 2011)

La cronaca macina uno scandalo dopo l’altro e quando presenta il più recente relega nell’oblio quello che fino al giorno prima sembrava un esecrabile motivo di indignazione. È lo stesso procedimento messo in atto dalla discografia quando offre alla venerazione del pubblico meno preparato gruppi di scarso valore presentati però come coloro che faranno impallidire Euterpe. Giusto per limitarci agli ultimi anni, abbiamo visto esplodere Le Vibrazioni subito sepolti da quella operazione di marketing, degna del lancio di un nuovo prosciutto, con cui si sono imposti i Negramaro. Dopo un dischetto pieno di motivetti mediocri eseguiti con un accento strascicato talmente irritante da farti rimpiangere il vibrato budinoso di Riccardo Fogli ai tempi dei Pooh, ecco i salentini già in fase down che incolpano la mancanza di promozione perché schiacciati dal lancio dei Modà. Che poi sarebbero l’ultima puntata in questa vertiginosa successione di carne da playlist radiofonica. Credo che i Modà meritino una attenzione entomologica. Noi che non frequentiamo le radio fatte con le divette televisive, con le prese in giro agli ascoltatori che telefonano e con le canzoncine imposte dalle case discografiche, ci siamo visti esplodere tra le mani troppo tardi questo ennesimo Progetto Bufala. Da quando nei supermercati, nelle pubblicità truffaldine di suonerie telefoniche e nelle autoradio periferiche a palla abbiamo sentito note sparse di una canzonecollage, tale La notte. Pare che abbia fatto impazzire eserciti di shampiste, troppo giovani per rendersi conto di alcune cose. Che la canzone, con i suoi toni infuocati, sembra Se bruciasse la città, antico successo di Massimo Ranieri. Che, come dimostrato dall’imperdibile sito plagimusicali.net, contiene un taglia-e-incolla da un noto brano di Elton John. E che il cantante, tale Kekko, urla troppo. Ogni tanto nel corso della Storia si urla. Negli anni 60 artisti come Tony Dallara e la prima Mina erano definiti urlatori perché avversavano il bel canto italiano e festivaliero, sussurrato e melodico, con un’onda energica e davvero rivoluzionaria. Oggi gente come i Modà e i loro sodali Emma Marrone e Francesco Renga quando sul palco urlano in maniera belluina non fanno la rivoluzione, ma credono di essere i portabandiera del bel canto italico. Purtroppo non basta lanciare grida lancinanti da film horror giapponese per porsi a eredi di Claudio Villa. Serve scuola, educazione, esercizio, preparazione. Leggete invece cosa scrive sul sito della band il Kekko: «Beh io sono un perito informatico ma non ci capisco molto... per quanto riguarda la musica... boh... schiaccio i tasti e mi vengono le parole... poi non so... a volte vengono le canzoni, altre le porcate. In pratica non sono un figlio d’arte o uno di quei maniaci che hanno studiato una vita...». Se avete studiato dieci anni al conservatorio siete solo dei poveri cretini perché per avere successo nella vita basta frequentare svogliatamente un Itis di periferia, girare tutto il giorno in motorino e ogni tanto pestare dei tasti a caso. Un bel messaggio educativo. Grazie, Kekko. E complimenti per le k nel tuo nomignolo, un ammiccamento all’ormai sbiadito giovanilismo da sms. Te l’ha suggerito Federiko Moccia? Rozzi, periferici, incolti, ma senza la forza animale dei Rolling Stones, i Modà si definiscono una band rock. Ma la loro musica sta al rock come Giampiero Galeazzi sta all’anoressia. Si definiscono allo stesso tempo romantici, ma a Sanremo hanno saputo proporre solo un’altra canzone-collage di frammenti già sentiti, rubati al patrimonio musicale degli anni 60. Noi abbiamo amato il citazionismo postmoderno, dichiarato e ironico di Franco Battiato. Non si può fare lo stesso con il continuo taccheggio dei Modà, anche perché in loro non c’è ironia, ma l’arroganza di chi si sente forte solo perché giovane. Anche se a ben vedere coSì giovani non sono stando alle capigliature in rapida fuga. Moda, fate qualcosa subito per salvare i capelli! Non fate come me che ho commesso un errore: non ho mai usato la brillantina Linetti (non l’avete capita? Era uno slogan pubblicitario molto in voga nel periodo in cui andavano le canzoni che oggi impunemente depredate).

Tutti al mare

anno: 2011       
regia: CERAMI, MATTEO 
genere: grottesco 
con Marco Giallini, Ilaria Occhini, Vincenzo Cerami, Anna Bonaiuto, Libero De Rienzo, Francesco Montanari, Ambra Angiolini, Claudia Zanella, Franco Pistoni, Sergio Fiorentini, Elena Radonicich, Giorgio Gobbi, Rodolfo Laganà, Ninetto Davoli, Ennio Fantastichini, Gigi Proietti, Raffaele Vannoli, Clarita Ziniti Gatto, Olga Ohura, Simon Makkhonen, Abrham Andebrahan, Victor Palynsky, Marlene Ngo Momha, Al Yamanouchi, Toni Fornari, Sylvia De Fanti, Alessandro Gruttadauria, Tayo Yamanouchi, Mitsue Yoshida, Dino Spinella, Rosario Altavilla, Davide Paganini, Roberto Attias, Gianfranco Teodoro, Pierluigi Palla, Francesco Tordela, Pippo Baudo, Valerio Mastandrea 
location: Italia       
voto: 1

In uno stabilimento balneare di Ostia, gestito da Maurizio (Giallini), si avvicenda un variegato bestiario umano. C'è il cleptomane smemorato (Proietti), la diva dello spettacolo (Bonaiuto), lo iettatore (Pistoni), due amici non proprio leali, una coppia di lesbiche, un uomo con un pappagallo, un aspirante suicida (Fantastichini), la madre tretraplegica del gestore (Occhini) e altri ancora.
Vincenzo Cerami - che come sceneggiatore è morto e defunto da oltre vent'anni (da allora solo pessimi copioni con Benigni, Veronesi e Albanese, a mortificare gli ottimi lavori cofirmati con Citti, Monicelli, Bellocchio, Giuseppe Bertolucci e Amelio) - ritorna col figlio Matteo sulle ambientazioni di Casotto, diretto nel 1977 da Sergio Citti, con un film che vorrebbe aggiornare quell'umanità strampalata ai vezzi dell'italiano degli anni '10. L'operazione si muove tra il pecoreccio e le banalità più spinte, toccando l'apice con il pappagallo che dice vaffanculo e l'ormai immancabile carretta del mare che scarica clandestini sul litorale laziale. Senza un briciolo di satira e di analisi sociale. Balneare.    

venerdì 11 marzo 2011

Sitcom – La famiglia è simpatica

anno: 1998   
regia: OZON, FRANÇOIS  
genere: grottesco  
con Évelyne Dandry, François Marthouret, Marina de Van, Adrien de Van, Stéphane Rideau, Lucia Sanchez, Jules-Emmanuel Eyoum Deido, Jean Douchet, Sébastien Charles, Vincent Vizioz, Kiwani Cojo, Gilles Frilay, Antoine Fischer  
location: Francia   
voto: 6,5

Una famiglia della borghesia francese sembra vivere un'esistenza tranquilla, almeno fino a quando uno dei due figli non rivela pubblicamente la propria omosessualità e l'altra figlia non tenta il suicidio. L'atmosfera di casa, con la madre (Dandry) che impazza e sovrasta, si fa sempre più difficile e il padre, apparentemente mite, rischia di trasformarsi in un mostro omicida.
Al suo primo lungometraggio Ozon parte bene con un ritratto borghese degno di Bunuel. Poi scarica sul film quel tratto che ne rappresenterà, da ora in avanti, una marcata cifra stilistica, quello scantonamento verso una dimensione onirico-simbolica francamente illeggibile. Se in filigrana si riesce a decifrare un qualche riferimento kafkiano, la metafora del topo non sembra andare oltre la simbologia di un banale elemento di disturbo alla quiete borghese. Kafkiano.    

mercoledì 9 marzo 2011

Jackass number two

anno: 2006   
regia: TREMAINE, JEFF
genere: grottesco
con Johnny Knoxville, Bam Margera, Steve-O, Chris Pontius, Ryan Dunn, Jason 'Wee Man' Acuña, Preston Lacy, Dave England, Ehren McGhehey, Jess Margera, Brandon Dicamillo, Mat Hoffman, Tony Hawk, Mark Zupan, Jeff Tremaine, Spike Jonze, Brandon Novak, Loomis Fall, Dimitry Elyashkevich, Sean Cliver, Trip Taylor, Greg Iguchi, Rick Kosick, Manny Puig, Mark Rackley, Mike Kassak, Stephanie Hodge, Jack Polick, Clyde Singleton, Jason Taylor, Patty Perez, Thor Drake, Jim Karol, Slater Davis, Seamus Frawley, Scott Manning, Jordan Houston, Paul Beauregard, Project Pat, Roger Alan Wade, Jay Chandrasekhar, John Waters, Luke Wilson, Mike Judge, Rip Taylor
location: Usa           
voto: 1

La domanda non vuole sollevare una questione morale né etica. La domanda è: fa ridere? Fa ridere una donna anziana piuttosto malmessa che con nonchalance entra nuda in un bar? Fa ridere un pene camuffato come un topolino e manovrato dall'alto per stimolare l'aggressività di un serpente? Fa ridere uno che prende un dildo nel sedere facendoselo saettare a 80 km orari? Fa ridere un ciccione che si fa fare uno shampoo di escrementi direttamente elargiti dagli sfinteri di un suo amichetto? E un uomo che per scommessa si mangia la cacca fresca di cavallo fa ridere? E uno che si sgargarozza un bicchierone di liquido seminale equino? Il "cinema" scatologico e pelvico di Jeff Tremaine e dei suoi sballatissimi stuntmen, votati alle imprese più demenziali e disgustose, arriva al cinema direttamente dai successi riscossi su MTV. L'emittente televisiva, non contenta di avere coventrizzato lo scenario musicale a colpi di videoclip, riducendo il pubblico a un ammasso di ectoplasmi inconsapevoli, licenzia il secondo episodio con il consueto campionario di scorribande a suon di scurrilità, acrobazie dell'inutile, automutilazioni, coprolalia e coprofagia, bestemmie. I record del cinema trash, quelli da due parolacce al minuto di certi cinepanettoni, vengono polverizzati da questo campionario immondo che desta un solo interesse: quello di capire chi siano i suoi estimatori. Con una raccomandazione a questi ultimi che è involontariamente un paradosso pedagogico: che non si arrischino a ripetere le imprese. Scatologico.

martedì 8 marzo 2011

Il vento, di sera

anno: 2004   
regia: ADRIATICO, ANDREA
genere: drammatico
con Corso Salani, Francesca Mazza, Luca Levi, Paolo Porto, Giovanni Lindo Ferretti, Ivano Marescotti, Sergio Romano, Alessandro Fullin, Marina Pitta, Fabio Valletta, Francesca Ballico, Paolo Billi, Giancarlo Cauteruccio, Daniela Cotti, Franco Laffi, Claudio Marchione, Carlotta Miti, Gino Paccagnella, Antonio Quarta, Ilie Rizan, Davide Sorlini, Elena Souchilina, Matteo Tosi
location: Italia       
voto: 2

Mentre sta rientrando nella sua casa di Bologna in bicicletta, un politico (Marescotti) viene ucciso a colpi di pistola (il riferimento al caso di Marco Biagi è fin troppo esplicito). Un passante che assiste alla scena viene anch'egli freddato. Il suo compagno (Salani) non riesce a farsene una ragione e passa la notte a girare per la città tra bar, discoteche, un'amica (Mazza) e pensieri affollatissimi.
L'esordiente Andrea Adriatico dovrebbe denunciare il suo pusher per avergli passato sostanze psicotrope tanto perniciose. Il film è una ridda di dialoghi deliranti, scene senza senso, inserti allucinati (il top  viene raggiunto con Giovanni Lindo Ferretti - il frontman dei CSI - che in piena notte gioca da solo a freccette contro il portone di casa mentre canticchia Del mondo). Adriatico, docente al DAMS, sfiora ripetutamente il ridicolo, gli è impossibile dirigere attori ipodotati e gioca a fare un po' Antonioni e un po' Malle, senza dimenticare di copiare per intero una scena di Kieslowski ripresa da Film blu, quella in cui il protagonista si scortica la mano contro un muro.   

domenica 6 marzo 2011

Benvenuti al Sud

anno: 2010   
regia: MINIERO, LUCA
genere: comico
con Claudio Bisio, Alessandro Siani, Angela Finocchiaro, Valentina Lodovini, Nando Paone, Giacomo Rizzo, Teco Celio, Fulvio Falzarano, Nunzia Schiano, Alessandro Vighi, Francesco Albanese, Salvatore Misticone, Riccardo Zinna, Naike Rivelli
location: Italia       
voto: 4

Pur di accontentare la moglie Silvia (Finocchiaro), che da anni desidera il trasferimento a Milano, Alberto (Bisio) - funzionario di un ufficio postale brianzolo - è disposto a farsi passare per handicappato. La trovata gli costa il trasferimento nella sede di Castellabate, vicino Napoli. Qui Alberto teme una vita impossibile e invece trova gente semplice, disponibile e che sa godersi la vita.
Remake di Giù al Nord, blockbuster francese diretto e interpretato da Dany Boon (che qui compare in un cammeo), Benvenuti al Sud ha ottenuto un altrettanto strepitoso successo commerciale anche da noi. Merito soprattutto dell'interpretazione di Bisio, di alcune trovate sui diversi registri linguistici, di qualche gag esilarante assente nel film originale (Alberto/Bisio che va a dormire col giubbotto antiproiettile) e di una comicità sempre garbata che non scantona mai nel turpiloquio. Mette però tristezza pensare che gli italiani possano premiare così sontuosamente opere inoffensive come questa o come i film di Checco Zalone, giocate interamente sui luoghi comuni e sugli stereotipi, quegli stessi che il film di Miniero avrebbe la pretesa di scardinare, nonché su una comicità davvero esilissima. E infatti distribuisce Medusa…
Nella colonna sonora compare la bellissima Sunrise di Norah Jones.    

sabato 5 marzo 2011

Terra madre

anno: 2009       
regia: OLMI, ERMANNO
genere: documentario
con Ampello Bucci, Maurizio Gelati, Carlo Petrini, Pier Paolo Poggio, Marco Rizzone, Aldo Schiavone, Vandana Shiva, Angelo Vescovi, Primo Gaburri, Omero Antonutti (voce narrante)
location: Italia       
voto: 5

Nel 2008 a Torino si è tenuto il secondo summit internazionale denominato Terra Madre, fortissimamente voluto da Carlo Petrini, numero uno di Slow Food. In quell'occasione persone provenienti da ogni angolo del pianeta e con pedigree diversissimi - dai campesinos al mondo dell'equo e solidale - hanno ribadito l'urgenza di invertire le rotta suicida che l'umanità sta prendendo attraverso scelte dissennate nel campo agro-alimentare. Ermanno Olmi e la sua troupe, cercando anche di mettere ordine nel cospicuo materiale di repertorio radunato, hanno documentato quell'esperienza (alla quale partecipò anche il Presidente Napolitano) cucendola con contributi esterni, da quello di Zaccaro a quello di Piavoli. L'operazione, al di là degli indiscutibili meriti sul piano dei contenuti, è riuscita molto parzialmente. Innanzitutto perché la mission della stessa risulta opaca e non aggiunge nulla a chi, recandosi in edicola, non si limiti all'acquisto di Visto, Chi o Novella 2000: i temi sono arcinoti a chi abbia un minimo di accortezza quando va a fare la spesa e per giunta sono accompagnati da una buona dose di retorica sul mondo contandino. Poi perché il materiale - che miscela contributi documentaristici, spezzoni di Superquark, interviste e altro ancora - è organizzato in maniera disorganica. Ciò nonostante, non mancano momenti di alta scuola, dalla tavolozza di colori, facce e vestiti dei partecipanti al summit, al toccante discorso di un 15enne del Massachusetts, autore - con i suoi compagni di scuola - di un progetto sperimentale che sfama l'intera scuola, fino alla chiusura affidata a L'orto di Flora, un momento di altissimo omaggio alla terra e ai suoi frutti filmato dall'inconfondibile occhio di Franco Piavoli.    

venerdì 4 marzo 2011

Il gioiellino

anno: 2011       
regia: MOLAIOLI, ANDREA
genere: drammatico
con Toni Servillo, Remo Girone, Sarah Felberbaum, Fausto Maria Sciarappa, Lino Guanciale, Vanessa Compagnucci, Lisa Galantini, Renato Carpentieri, Gianna Paola Scaffidi, Maurizio Marchetti, Igor Chernevich, Jay O. Sanders, Adriana De Guilmi, Alessandro Adriano, Roberto Sbaratto, Alessandro Signetto
location: Italia, Russia, Usa       
voto: 5


Inizio anni '90. La Leda è una delle aziende agroalimentari che meglio rappresentano il made in Italy. Produce latte e derivati ma quando i bilanci cominciano a scricchiolare, i fornitori bussano alle porte e le mosse per invadere nuovi mercati - a cominciare da quello russo e americano - si rivelano incaute, ad Amanzio Rastelli (Girone) e al suo delfino, il ragionier Botta (Servillo), non rimane che darsi a quella "finanza creativa" che è stata la sciagura di milioni di risparmiatori, e non solo in Italia. Tra quotazioni in Borsa, aggiotaggio, acquisto di una squadra di calcio, intrallazzi con la politica e con la Chiesa, piani di risanamento fasulli, l'azienda non riesce a salvarsi e i suoi responsabili vengono arrestati.
Dopo il discreto La ragazza del lago, Andrea Molaioli ricostruisce a modo suo, senza il coraggio di fare nomi e cognomi, una delle vicende più assurde che hanno investito il mondo della finanza dopata, nel quale - come ci ricordano i titoli di coda - il rapporto tra valuta virtuale e beni effettivi erogati è di dieci a uno. Il mondo di questi capitalisti arraffoni è descritto in maniera talmente asettica da sembrare per certi versi assolutoria: il patron della Parmalat (pardon: della Leda) in fin dei conti sembra un buon padre di famiglia consigliato male; il ragionier Botta appare tanto mefistofelico quanto fedele alle sorti dell'azienda, la giovane manager rampante che lo affianca (Felberbaum) sembra in grado di far fruttare al meglio gli insegnamenti ricevuti alla Bocconi e c'è persino il direttore commerciale idealista (Guanciale). Un campionario di personaggi troppo stereotipati e netti per sembrare credibili, tutti vittime di esistenze più o meno solitarie che smuovono persino qualche sentimento di pena da parte degli spettatori. Con Servillo che ormai recita sempre e soltanto la stessa parte a prescindere dal film e gli attori di contorno assolutamente non all'altezza della situazione. Se la riderà Calisto Tanzi, a rivedersi in questa fiction piuttosto loffia dagli arresti domiciliari di una villa miliardaria…    

giovedì 3 marzo 2011

127 Ore (127 Hours)

anno: 2011        
regia: BOYLE, DANNY
genere: avventura
con James Franco, Kate Mara, Amber Tamblyn, Sean Bott, Koleman Stinger, Treat Williams, John Lawrence, Kate Burton, Bailee Michelle Johnson, Rebecca C. Olson, Parker Hadley, Clémence Poésy, Fenton Quinn, Lizzy Caplan, Peter Joshua Hull, Pieter Jan Brugge, Jeffrey Wood, Norman Lehnert, Xmas Lutu, Terry S. Mercer, Darin Southam
location: Usa       
voto: 8

Via dalla pazza folla. Senza avvisare nessuno e dimenticando persino il coltellino svizzero a casa. Into the wild. Alla ricerca della pienezza che soltanto il deserto sa darti. Così partì in un giorno del 2003 Aaron Ralston dallo Utah, prima in auto, poi in bici e infine a piedi, zaino in spalla. Nel deserto puoi persino fare amicizia con un paio di ragazze, se hai sufficiente faccia tosta da millantare credenziali come guida, puoi farti un bagno in un lago sotterraneo e proseguire da solo il tuo cammino. A meno di non strafare. Aaron rimane incastrato nel crepaccio di un canyon per 127 ore, il braccio stretto nella morsa di una pietra, poi la cancrena e la drammatica decisione di amputare l'arto per salvarsi.
Secondo una consuetudine ormai consolidata nella sua filmografia, Boyle alterna le megaproduzioni in stile The millionaire, a film a basso costo come questo, in cui comunque riesce a fare miracoli. Intanto perché la sintassi filmica è talmente ricca da toccare un'infinita girandola espressiva che non va mai alla ricerca del virtuosismo fine a se stesso: a suon di split screen, accelerazioni in montaggio, impressionanti movimenti in dolly, alternanza di riprese in pellicola e in video (anche se funzionali al racconto: il protagonista, con una cospicua dose di umorismo, si riprende mentre fa la cronaca di quelle che crede saranno le sue ultime ore di vita). E poi, o forse soprattutto, per come la sua regia energica e muscolare riesce a tenere incollato lo spettatore alla poltrona per un'ora e mezza, con un film estremo girato in unità di tempo e di luogo - siamo dalle parti di Prigionieri dell'oceano, Duello nel Pacifico e Cast away - e praticamente con un solo attore (uno strepitoso James Franco che inscena ogni sfumatura espressiva possibile, con qualche merito anche dei truccatori). Mentre è in trappola nella gola del canyon, Aaron rievoca ricordi, ha qualche allucinazione, fa i conti con i millilitri d'acqua che gli rimangono, intona un mantra per poter rimanere lucido e calmo, escogita soluzioni, mostra un invidiabile senso dell'umorismo. Un inno alla vita, coronato dalle immagini di chiusura, con il vero Aaron che continua a fare l'escursionista. Solo che adesso lascia sempre detto dove va.    

martedì 1 marzo 2011

Lebanon

anno: 2009       
regia: SHMULIK, MAOZ 
genere: guerra 
con Reymond Amsalem, Ashraf Barhom, Oshri Cohen, Yoav Donat, Michael Moshonov, Zohar Shtrauss, Dudu Tassa, Itay Tiran 
location: Libano
voto: 3

Libano, 1982. Il soldato Shmulik (Donat) non vorrebbe sparare, si è esercitato soltanto su dei grossi bidoni, ma adesso è costretto a fare fuoco dal lurido carro armato che condivide con tre commilitoni e osserva gli orrori della guerra unicamente dal periscopio.
Parabola antimilitarista che ricostruisce il conflitto mediorientale tra Israele, Siria e Libano, costruita attraverso la lenta prismatica del dramma esistenziale di un uomo costretto alla guerra. Per raccontarla, l'esordiente regista 47enne Maoz Shmulik opta per una scelta radicale: quella di non mostrare il mondo esterno se non dal puntatore del mezzo bellico. Chapeau per tanto coraggio stilistico. Peccato che Shmulik trascuri tutto il resto: dalla recitazione, di livello a dir poco amatoriale, ai dialoghi, impregnati di un patetismo corrivo che mira tanto al fazzoletto quanto all'effetto "noi uomini duri", fino alla visibilità dell'artificio, troppo smaccato per risultare credibile. Per non dire delle riprese che coinvolgono la popolazione civile, macabre quanto gratuite nella loro efferatezza. Ottimo però il lavoro sul sonoro.
Leone d'oro come miglior film alla 66. mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia (2009). Ma, si sa, quello di Venezia è un festival degno di un Paese come l'Italia…